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Appropriazione dell’amministratore. Condòmini da rimborsare anche se le “carte” sono sparite

  • Quotidiano Del Condominio
  • 19 aprile 2019

“Pur in assenza della documentazione contabile e della ricostruzione dei bilanci, andata dispersa nel corso del procedimento, e che non consentiva di affermare la sussistenza di condotte appropriative, era onere del giudice di appello disporre la ricostruzione degli atti per non addossare alle incolpevoli parti civili (i condòmini vittime della appropriazione) la conseguenza dello smarrimento degli atti”.

È quanto puntualizzato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 15821/2019, di cui riportiamo un estratto.

——————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 15821/2019
——————-

Ritenuto in fatto

1.1. La corte di appello di Torino, con sentenza in data 12 gennaio 2018, in parziale riforma della pronuncia dell’11 luglio 2016 del tribunale di Torino, dichiarava non doversi procedere nei confronti di A.A. in ordine a tutti i reati di appropriazione indebita allo stesso ascritti perché estinti per intervenuta prescrizione, revocava la liquidazione specifica dei danni disposta dal giudice di primo grado nei confronti dei singoli condòmini costituiti parti civili, confermando la condanna generica e rimettendo le parti dinanzi al giudice civile per la quantificazione.

1.2. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’A.A. lamentando, con il primo motivo, violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla confermata responsabilità civile pur in assenza della documentazione contabile e della ricostruzione dei bilanci, andata dispersa nel corso del procedimento, e che non consentiva di affermare la sussistenza di condotte appropriative con conseguente manifesta illogicità della pronuncia impugnata.

1.3. Proponeva ricorso per cassazione anche la parte civile, condominio di via …, in persona dell’amministratore pro tempore M.P.; con il primo motivo deduceva erronea applicazione degli artt. 112 e segg. cod. proc. pen. in ordine alla surrogazione e ricostituzione degli atti mancanti poiché allo smarrimento degli atti del procedimento non aveva fatto seguito la rituale attività di ricostituzione, mai prospettata alle parti e mai disposta con ordinanza. Con il secondo motivo, lamentava erronea applicazione della legge penale in relazione alla declaratoria di prescrizione poiché, a fronte della precisa ricostruzione operata in primo grado in forza delle dichiarazioni testimoniali e della documentazione contabile, la corte di appello aveva riformato la decisione di condanna al risarcimento dei danni quantificati a causa del solo smarrimento degli atti ed aveva dichiarato la prescrizione senza indicare con precisione da quali elementi desumere l’anticipazione delle date di consumazione. Inoltre, si deduceva ancora, come il giudice di appello, travisando il proprio ruolo, aveva revocato le statuizioni civili sebbene la difesa dell’imputato non avesse fornito alcun elemento di prova atto a smentire la ricostruzione precisa dei fatti operata in primo grado, anche in ordine alla precisa quantificazione dei danni patiti dalle parti civili. Si concludeva pertanto chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

(omissis)

2.2. Parzialmente fondato nei termini che verranno esposti è il ricorso della parte civile legittimamente proposto in osservanza della disciplina dettata dall’art. 576 cod. proc. pen. in relazione alle statuizioni civili e quindi nel rispetto dei principi in tema di interesse all’impugnazione.

(omissis)

2.3. Fondata è invece la doglianza, avanzata sempre dalla parte civile, e con la quale si lamenta l’illegittimità della revoca della liquidazione dei danni disposta dal giudice di appello. Invero posto che secondo l’insegnamento delle sezioni unite di questa corte la sentenza di appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l’obbligo di rinnovare l’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017) non pare che nel caso in esame tali principi siano stati rispettati dalla corte di appello torinese.

Invero, la pronuncia di appello, emessa all’esito di un giudizio di secondo grado nel quale non veniva disposta la rinnovazione della prova dichiarativa, in assenza di qualsiasi motivazione adeguata e puntuale, perveniva alla decisione di revocare la liquidazione dei danni in misura specifica adottata dal giudice di primo grado affermando a pagina 7 che “l’assenza della documentazione contabile e della ricostruzione dei bilanci 2009 e 2010 effettuata dagli amministratori che hanno sostituito l’appellante non consente di verificare se í conteggi effettuati in primo grado siano corretti” così finendo per addossare alle incolpevoli parti civili la conseguenza dello smarrimento degli atti non ricostruiti.

E la sentenza di appello appare anche viziata sul punto poiché, a fronte della puntuale ricostruzione dei fatti e delle appropriazioni indebite rilevate per ciascun condominio descritte alle pagine da 3 a 6 della pronuncia di primo grado, si è pervenuti ad una decisione di ribaltamento della condanna con liquidazione dei danni, sulla base di una valutazione generica e per nulla argomentata non venendo meno nel giudizio di secondo grado l’efficacia probatoria delle dichiarazioni testimoniali che il tribunale risulta avere puntualmente riportato nella indicata pronuncia e che era onere del giudice di appello valutare. Sicché non poteva sbrigativamente assumersi che l’assenza della documentazione contabile impediva la conferma della condanna ai danni liquidati in primo grado, senza tenere conto anche delle predette testimonianze che risultano invece totalmente pretermesse dal giudice di appello.

Alla luce delle predette considerazioni, pertanto, l’impugnata sentenza deve essere annullata limitatamente alla revoca delle liquidazioni dei danni subiti dalla parte civile con rinvio al giudice civile competente in grado di appello.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso di A.A. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila alla Cassa delle ammende.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla revoca della liquidazione dei danni in favore della costituita parte civile condominio di via …, con rinvio al giudice civile competente in grado di appello.

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  • amministratore di condominio
  • appropriazione indebita
  • sentenze di cassazione
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