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La clausola di esonero dalle spese: non è vessatoria purchè non favorisca il costruttore

  • Quotidiano Del Condominio
  • 12 agosto 2019

La clausola di regolamento che esonera un condomino dalle spese non è vessatoria purché non sia a favore dello stesso costruttore-venditore. Questa la massima espressa nella sentenza del 23 luglio scorso, emessa dalla Corte di Cassazione. Di seguito l’estratto con le motivazioni della decisione.

————–
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 23.7.2019, n. 19832
————–

Fatti di causa

1. Il Tribunale di Catania, con sentenza pubblicata il 18 novembre 2014, ha rigettato l’appello proposto dal Condominio …, avverso la sentenza del Giudice di pace di Giarre n. 312 del 2013 e nei confronti di C. s.r.l.

1.1. Il giudizio di primo grado, avente ad oggetto l’opposizione proposta da C.s.r.l. avverso il decreto ingiuntivo che le intimava di pagare euro 4.799,48 a titolo di oneri condominiali, come da delibera in data 27 maggio 2012, era stato definito con pronuncia che dichiarava la cessazione della materia del contendere per alcune delle unità immobiliari di proprietà C. s.r.l., e condannava la stessa C. s.r.l. a pagare la minor somma di euro 272,56.

2. Il giudice d’appello ha ritenuto che la delibera condominiale del 27 maggio 2012 fosse nulla, perché a maggioranza aveva previsto criteri di riparto degli oneri in contrasto con il regolamento condominiale; che, di conseguenza, fosse ammissibile l’opposizione a decreto ingiuntivo che su tale delibera era fondato; che, infine, fosse valida la clausola prevista dal regolamento condominiale richiamato nei contratti di acquisto dei singoli condomini, che esonerava C. s.r.l. dal pagamento degli oneri condominiali su tutte le unità immobiliari di sua proprietà rimaste invendute, se non utilizzate.

3. Ricorre per la cassazione della sentenza il Condominio sulla base di due motivi, ai quali resiste C. s.r.l.. Il ricorso è stato rimesso alla pubblica udienza dalla Sottosezione Sesta, ai sensi dell’art. 380-bis, terzo comma, cod. proc. civ.

Ragioni della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Con il primo motivo il Condominio denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 cod. civ. per contestare l’ammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo, a fronte della mancata impugnazione della delibera 27 maggio 2012 sulla quale il decreto ingiuntivo era fondato.

2.1. La doglianza è priva di fondamento.

Come correttamente evidenziato dal giudice d’appello, la delibera condominiale 27 maggio 2012 è nulla in quanto ha modificato a maggioranza, e non all’unanimità, il criterio convenzionale di riparto delle spese condominiali (tra le molte, Cass. 04/08/2017, n. 19651, Cass. 04/08/2016, n. 16321; Cass. 17/01/2003, n. 641; da ultimo, Cass. 04/07/2018, n. 29217 ha ulteriormente precisato che sono nulle, per impossibilità dell’oggetto, le deliberazioni dell’assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell’organo collegiale). In sede di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, non operava pertanto il limite alla rilevabilità anche officiosa dell’invalidità della sottostante delibera, trattandosi di elemento costitutivo della domanda di pagamento (Cass. 10/01/2019, n. 470; Cass. 20/12/2018, n. 33039; Cass. 12/09/2018, n. 22157; Cass. 12/01/2016, n. 305).

3. Con il secondo motivo il Condominio denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 33 d.P.R. n. 206 del 2005 e 1123 primo comma, cod. civ., assumendo la vessatorietà della clausola di esonero di C. s.r.l. dalle spese condominiali, in ragione sia della durata illimitata dell’esonero, sia della posizione di consumatore del Condominio. Secondo il ricorrente, la clausola di esonero violerebbe il principio sancito dall’art. 1123 cod. civ., producendo un significativo squilibrio tra i condomini, con conseguente indebito arricchimento del costruttore, che è uno dei condomini.

3.1. La doglianza è inammissibile.

È stato affermato più volte da questa Corte regolatrice che le norme del Codice dei consumo sono applicabili alle convenzioni di ripartizione delle spese condominiali predisposte dal costruttore, o dall’originario unico proprietario dell’edificio condominiale, in quanto oggettivamente ricollegabili all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale da quello svolta, e sempre che il condomino acquirente dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva rivesta lo status di consumatore, agendo per soddisfare esigenze di natura personale, non legate allo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale (ex plurimis, Cass. 07/07/2016, n. 16321; Cass. 24/06/2001, n. 10086). Tuttavia, nella fattispecie in esame, il Tribunale ha escluso che la vessatori età della clausola potesse essere fatta valere nei confronti della C. s.r.l., che è il soggetto beneficiario dell’esonero dalle spese, ma non è il soggetto che ha venduto gli immobili, e l’affermazione non è censurata.

Costituisce infine questione nuova, e come tale inammissibile, la questione dell’arricchimento indebito di C. s.r.l.. Il Tribunale non l’ha trattata nella sentenza impugnata e il Condominio ricorrente non ha dimostrato di averla prospettata nel giudizio di appello (ex plurimis, Cass. 13/06/2018, n. 15430; Cass. 18/10/2013, n. 23675).

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 1.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

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  • delibera assembleare
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  • sentenza di cassazione
  • spese condominiali
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