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L’androne condominiale? È pertinenza (pro quota) degli alloggi

  • Quotidiano Del Condominio
  • 25 gennaio 2019

L’androne di uno stabile rientra nell’ambito della tutela dei beni predisposta dall’art. 624 bis c.p., essendo, in ogni caso, incontrovertibile la sua natura pertinenziale delle abitazioni collocate nello stabile condominiale. È il principio di diritto espresso dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul caso di un furto di bicicletta messo a segno, appunto, nell’androne dell’edificio condominiale. Di seguito un estratto della sentenza 1278/2019.

—————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 1278/2019
—————

Ritenuto in fatto

  1. Con sentenza del 14.03.2017 la Corte d’appello di Cagliari -Sezione distaccata di Sassari confermava la sentenza del Tribunale di Sassari, che aveva condannato S.L. per il reato di cui all’art. 624-bis, così riqualificata l’originaria imputazione ex art. 648 c.p., per essersi appropriato di una bicicletta, sottraendola a M.P., e lo condannava alla pena alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 320 di multa, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
  2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando:
    • con il primo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett. b) ed e), c.p.p., per violazione dell’art. 624 bis c.p. e motivazione apparente e illogica sul punto; invero, a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 31345 del 23 marzo 2017, l’androne di uno stabile non è più sussumibile nel concetto di privata dimora, venendo tale luogo utilizzato transitoriamente solo per il passaggio, non potendo ritenersi che vi si svolgano atti della vita privata; inoltre, il rapporto tra il luogo e la persona è strettamente occasionale, in particolar modo per la persona offesa che non aveva la propria dimora nello stabile ove si è verificato il furto; infine, si tratta nella fattispecie di un luogo aperto ad un pubblico indefinito, dove il ricorrente è potuto entrare liberamente senza alcuna autorizzazione o effrazione;

(omissis)

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato.

1. Il primo motivo di ricorso – con il quale si contesta nella fattispecie la ricorrenza del reato di cui all’art. 624 bis c.p., non potendo ritenersi l’androne del condominio ove abitava la nonna della p.o., nel quale si trovava la bicicletta oggetto di furto, assimilabile ad una privata dimora, anche alla luce della nota pronuncia della S.U. n. 31345/2017 – è palesemente infondato. In proposito, va subito detto che l’art. 624 bis c.p. – che punisce chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto, mediante introduzione in un edificio o in un altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa – intende tutelare non solo la privata dimora in sé ma, come si evince testualmente dalla formulazione della norma, anche i luoghi costituenti pertinenza di essa.

1.1. Non si ritiene in proposito pertinente il richiamo alla pronuncia delle S.Un. n. 31345/2017 – con la quale è stato affermato il principio secondo cui rientrano nella nozione di privata dimora di cui all’art. 624-bis cod. pen. esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico, né accessibili a terzi senza il consenso del titolare – atteso che nella fattispecie, non essendo in contestazione che il fabbricato ove era risposta la bicicletta oggetto di furto fosse destinato a dimora, abitando lì la nonna della p.o., viene in questione piuttosto il tema relativo all’inquadramento o meno nell’ambito di una “pertinenza” dell’androne di un edificio destinato ad abitazioni, essendo stata asportata appunto la bicicletta dall’androne.

1.2. Al quesito va data risposta positiva, atteso che l’androne di uno stabile rientra nell’ambito della tutela dei beni predisposta dall’art. 624 bis c.p., essendo, in ogni caso, incontrovertibile la sua natura pertinenziale delle abitazioni collocate nello stabile condominiale, sebbene pro quota, per tutti gli appartamenti dell’anzidetto complesso” (Sez. 5, n. 28192 del 25/03/2008). Invero il rapporto tra cosa principale e pertinenza non attiene ad una connessione materiale o strutturale, come nell’incorporazione, ma si configura come rapporto di strumentalità e complementarietà funzionale, sicché il vincolo pertinenziale può sussistere anche tra opere dotate di autonomia strutturale (omissis).

Ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del requisito soggettivo dell’appartenenza di entrambi al medesimo soggetto, nonché del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale è necessario che il bene accessorio arrechi una “utilità” al bene principale, come appunto nella fattispecie dell’edificio condominiale, ove l’androne assolve appunto a tale funzione ed è strumentale e complementare alle abitazioni dello stabile condominiale.

(omissis)

3. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile e l’imputato va condannato al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità, riconducibile a colpa del ricorrente, al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 2000, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000 in favore della Cassa delle ammende.

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  • androne
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  • giurisprudenza in condominio
  • pertinenze
  • sentenze di cassazione
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