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Coronavirus e Cura-Italia: la lettera aperta di UPPI per tutelare proprietari e inquilini

  • Quotidiano Del Condominio
  • 28 marzo 2020

Detto fatto. Dopo la riunione straordinaria dei suoi vertici associativi, rigorosamente in videoconferenza, l’UPPI – Unione Piccoli Proprietari Immobiliari ha deciso di passare all’azione, scrivendo una lettera al premier Giuseppe Conte e ai ministri Di Maio (Affari Esteri), Lamorgese (Interno), Gualtieri (Economia), Patuanelli (Sviluppo Economico) Bonafede (Giustizia) e ai sottosegretari e ai parlamentari.

Obiettivo: fare da cassa di risonanza al grido di allarme lanciato dai proprietari immobiliari a seguito dell’emergenza sanitaria Coronavirus.

Perchè il DL Cura-Italia non serve ai proprietari

Come anticipato ieri su Quotidiano del Condominio, anche nella nuova missiva rivolta alla Politica, l’UPPI tiene a ribadire che «i provvedimenti assunti nel D.L. “Cura Italia” stanno fortemente penalizzando l’intero comparto della proprietà privata immobiliare. L’UPPI ha già denunciato pubblicamente l’inadeguatezza delle misure introdotte dal D.L. “Cura Italia” per sostenere il pagamento dei canoni di locazione delle attività commerciali chiuse a causa dell’emergenza Coronavirus. L’infondatezza di detto provvedimento è manifesta laddove non si è tenuto conto che:

  • molti dei proprietari, come si è denunciato, già ora non hanno incassato, sia per l’uso abitazione che per l’uso diverso dall’abitazione, i canoni di locazione del mese di marzo 2020, nonostante, ad esempio, per le botteghe e i negozi, rientranti nella categoria C/1, gli inquilini abbiano avuto un riconoscimento di un credito di imposta del 60% sull’ammontare del canone, nonostante non vi sia certezza, né certificazione alcuna, del pagamento del predetto canone (posto che nulla è detto in merito all’art. 65, D.L. n. 18 del 17/03/2020);
  • con l’attuale normativa sulle locazioni i proprietari sono tenuti a dichiarare come redditi di locazione anche i canoni non percepiti, per l’uso abitazione fino alla convalida dello sfratto, per l’uso diverso dall’abitazione, addirittura, fino al rilascio dell’immobile a seguito dell’esecuzione forzata dopo aver ottenuto la convalida dello sfratto. Allo stato non è esperibile alcuna azione giudiziaria stante l’intervenuta sospensione di tutte le azioni, e, rimanendo così la situazione, non vi è altra alternativa per i proprietari per tutelare i propri diritti. Certo è che un inasprimento delle azioni giudiziarie non è nelle intenzioni dei proprietari di immobili perché non serve a risolvere la drammatica situazione in cui versa l’Italia e il popolo italiano;
  • i proprietari sono, inoltre, tenuti al pagamento dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali pur non avendo incassato i canoni di locazione, mentre i conduttori, nella stragrande maggioranza, porteranno in deduzione i canoni non pagati dal loro reddito d’impresa».

E ancora, nella lettera, firmata dal presidente nazionale avv. Gabriele Bruyère (in foto) si legge:

«L’U.P.P.I., nel tentativo di arginare le problematiche di cui sopra e rendendosi conto che le azioni giudiziali, anche quando potranno essere esperite, non risolverebbero il gravissimo problema economico e sociale che riguarda indifferentemente i proprietari e gli inquilini, nel tentativo di trovare una soluzione, ha formulato ragionevolmente delle proposte. Sono purtroppo rimaste del tutto inascoltate le richieste fatte al Governo di introdurre una cedolare secca al 5% per i canoni di locazione per tutti i contratti ad uso diverso dall’abitazione, relativamente all’anno 2020, per i quali i proprietari avessero concordato con i conduttori una riduzione del canone con l’assistenza obbligatoria e la relativa attestazione rilasciata dalle organizzazioni sindacali dei proprietari e degli inquilini riconosciute e firmatarie degli accordi di cui all’art. 2, comma 8, del D.M. 16.01.2017, secondo le singole esigenze territoriali».

>> Scarica qui il testo completo della lettera inviata al presidente del Consiglio <<

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