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Superbonus: errori nella comunicazione di cessione del credito

  • Redazione
  • 1 dicembre 2023

La nuova risposta n. 440 del 28 settembre 2023 fornita dall’Agenzia delle Entrate approfondisce e chiarisce cosa accade nel caso in cui siano stati commessi degli errori nella comunicazione della cessione del credito in relazione al Superbonus.

Nel caso analizzato l’Istante, beneficiario del Superbonus, dopo aver provveduto alla cessione del credito di un SAL relativo a un importo superiore al 30% delle spese agevolabili, si è accorto di alcuni errori relativi alle somme indicate nelle comunicazioni. Di conseguenza, il tecnico incaricato a redigere le asseverazioni, rilevando queste inesattezze, ha provveduto ad annullare la prima asseverazione sostituendola con una nuova.

A seguito di tale correzione si è creata una differenza tra i crediti relativi alla prima comunicazione fatta all’Agenzia delle Entrate e già ceduti e i crediti realmente maturati. Considerato che l’istituto di credito cessionario si trova nell’impossibilità di annullare l’accettazione dei crediti derivanti dalle comunicazioni di cessione non corrette e, quindi, di ridurre il plafond del credito compensabile a sua disposizione, l’Istante chiede al Fisco cosa può fare per regolarizzare l’errore commesso.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate, dopo aver richiamato il quadro normativo di riferimento, ha ricordato che la circolare n. 33/E del 6 ottobre 2022, in riferimento alla comunicazione della cessione del credito ha stabilito che: “L’errore ¬ o l’omissione ¬ relativo a dati della Comunicazione che incidono su elementi essenziali della detrazione spettante e quindi del credito ceduto può essere definito sostanziale (ad esempio, è un errore sostanziale l’errata indicazione del codice dell’intervento da cui dipende la percentuale di detrazione spettante e/o il limite dispesa, oppure del codice fiscale del cedente). Al fine di consentire la corretta circolazione dei crediti ed evitare difficoltà ai titolari delle detrazioni, oltre che ai cessionari e ai fornitori, è consentito l’annullamento, su richiesta delle parti, dell’accettazione di crediti derivanti da comunicazioni di prime cessioni o sconti non corrette”.

Nel caso di annullamento su richiesta da entrambe le parti, il credito utilizzabile dal cessionario è ridotto dell’importo annullato, pertanto sarà necessario inviare una nuova comunicazione. Nel caso in cui i termini fossero scaduti, si può procedere con la remissione in bonis pagando la sanzione pari a 250 euro.
L’Agenzia delle Entrate prosegue spiegando che: “Con riferimento alle criticità relative ai rapporti tra cedente e cessionario, si ricorda che l’Agenzia delle entrate è estranea al rapporto di natura privatistica intercorrente tra tali soggetti. Ciò comporta che l’Agenzia, tra l’altro, non può:
• sostituirsi al cessionario che non effettui l’accettazione o il rifiuto del credito;
• intervenire per annullare le comunicazioni delle opzioni (o i relativi effetti), in base a una richiesta unilaterale, dopo che i crediti sono stati messi a disposizione del cessionario”.

Ciò detto, quindi, nel caso in cui il contribuente segnalasse l’insussistenza dei presupposti per beneficiare della detrazione alla Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate, tale segnalazione verrà valutata nell’ambito delle attività di analisi del rischio ai fini dell’eventuale attivazione delle attività di controllo.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito anche che qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione, questa provvederà al recupero dell’importo dei crediti illegittimamente compensati. In tal caso rientra l’eventuale situazione in cui l’importo delle comunicazioni errate è superiore rispetto a quello corretto.

Di conseguenza, il beneficiario dovrà, quindi, riversare tramite modello F24 l’importo indebito maggiorato di interessi e sanzione. Gli interessi e la sanzione non vengono applicati solo nel caso in cui venga provato che il credito ceduto non è ancora oggetto di compensazione alla data del riversamento, difatti nell’ipotesi in cui non sia così, si dovrà provvedere al pagamento di interessi e sanzione in misura ridotta in applicazione dell’istituto di ravvedimento operoso.

In risposta al caso esaminato nel presente interpello, l’Agenzia delle Entrate ha quindi concluso affermando che: “Nel caso di specie, sarà interesse dell’istante, al fine di beneficiare dell’esimente sanzionatoria, recuperare e conservare la prova della non avvenuta compensazione del suddetto credito da parte del cessionario alla data del ”riversamento”, da effettuare mediante l’utilizzo del Modello F24, con l’indicazione del codice tributo 6921, esponendo le somme a debito nella sezione ”Erario” colonna ”importi a debito versati” (istituito con la risoluzione 28 dicembre 2020 n. 83/E)”.

Pertanto, visto che nel caso descritto il credito non è stato utilizzato in compensazione, ma il cessionario non collabora, il cedente dovrà comunque riversare tramite modello F24 l’importo dell’indebita detrazione ceduta e sarà suo onere e suo interesse dimostrare che il cessionario non ha utilizzato il credito in compensazione, così da non dover pagare gli interessi e la sanzione.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

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