Scoprire che la CILA-S (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata per il Superbonus) è incompleta può sembrare un colpo durissimo. In molti casi, questo errore formale fa perdere l’accesso alla maxi-agevolazione. Ma attenzione: non tutto è perduto!
Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 122/2025, spiegando che, se l’immobile è comunque legittimo e si regolarizza la propria posizione fiscale, è possibile ricorrere ad altre agevolazioni, come Ecobonus, Sismabonus e Bonus Ristrutturazioni.
Il caso: un errore nella CILA-S e la perdita del Superbonus
Un contribuente ha avviato lavori di riqualificazione energetica nel biennio 2021-2022, usufruendo del Superbonus tramite la cessione del credito a una banca. Dopo la presentazione della pratica, però, ha scoperto che la sua CILA-S era incompleta, perché mancava la compilazione del quadro F, necessario per certificare la legittimità edilizia dell’immobile.
L’interessato si è quindi chiesto:
– L’errore annulla del tutto l’agevolazione?
– È possibile sanare la situazione con il ravvedimento operoso?
– Se vende l’immobile, il guadagno sarà soggetto a tassazione?
Il Superbonus salta, ma ci sono Ecobonus e Sismabonus
L’Agenzia delle Entrate ha confermato che l’omessa compilazione del quadro F comporta la decadenza dal Superbonus . Tuttavia, il contribuente non perde ogni possibilità di agevolazione. Se l’immobile risulta comunque legittimo (ad esempio, per una sanatoria precedente), è possibile usufruire di:
– Ecobonus (art. 14 DL 63/2013) → Per interventi di efficienza energetica.
– Sismabonus e riqualificazione edilizia (art. 16 DL 63/2013) → Per lavori di messa in sicurezza e miglioramento strutturale.
– Bonus Ristrutturazioni → Per interventi generali sul patrimonio edilizio.
Il contribuente dovrà scegliere una sola agevolazione alternativa e rispettare i relativi obblighi documentali.
Cessione del credito indebita? C’è il ravvedimento operoso
Se il Superbonus è stato fruito in modo improprio , ad esempio perché il credito è già stato ceduto, l’Agenzia delle Entrate conferma che è possibile sanare la situazione tramite ravvedimento operoso.
Ciò significa:
– Restituire il credito indebitamente usufruito.
– Pagare gli interessi e le sanzioni ridotte, calcolate dalla data di invio del modello di cessione.
Vendita dell’immobile: la tassazione sulle plusvalenze
Se l’immobile viene venduto dopo aver perso il Superbonus, non si applica la nuova tassa del 26% sulle plusvalenze per gli immobili ristrutturati con il Superbonus (art. 67, comma 1, lett. b-bis TUIR).
Tuttavia, potrebbe comunque essere soggetta a tassazione se venduta entro 5 anni dall’acquisto o costruzione, secondo le regole ordinarie sulle plusvalenze immobiliari (art. 67, comma 1, lett. b TUIR).
Conclusione: anche senza Superbonus, ci sono soluzioni
Un errore nella CILA-S può far perdere il Superbonus, ma non tutte le detrazioni fiscali. Se l’immobile è legittimo, si può ancora ottenere Ecobonus, Sismabonus o Bonus Ristrutturazioni, a patto di regolarizzare la propria posizione fiscale.
Chi ha ceduto il credito in modo improprio può evitare problemi con il ravvedimento operoso, mentre la vendita dell’immobile potrebbe essere tassata solo in determinati casi.
Il consiglio? Verificare sempre la documentazione e, in caso di errori, sfruttare le agevolazioni alternative disponibili.
Dal gennaio 2025, l’importo del canone Rai è tornato a 90 euro annui. Una tassa che devono pagare tutti coloro che possiedono una televisione o qualsiasi apparecchio in grado di ricevere il segnale televisivo. Tuttavia, esistono alcune esenzioni, tra cui quella riservata agli anziani con più di 75 anni d’età.
Questa agevolazione permette a migliaia di pensionati di non pagare il canone, offrendo un piccolo ma significativo sollievo sul bilancio familiare. Ma quali sono i requisiti richiesti per ottenere l’esenzione e quali passi bisogna seguire per inviare la domanda?
Chi può ottenere l’esenzione dal pagamento del canone Rai
Come accade ormai da diversi anni, anche nel 2025 gli anziani over 75 possono essere esonerati dal pagamento del canone Rai, a patto di rispettare alcune condizioni. Il beneficio è riservato a chi:
– Ha compiuto almeno 75 anni
– Ha un reddito annuo complessivo inferiore a 8mila euro, considerando non solo quello personale ma anche quello del coniuge
Oltre al requisito economico, è importante tenere presente che l’anziano non deve convivere con altre persone che abbiano un reddito proprio, fatta eccezione per il coniuge. Inoltre, l’esenzione non è concessa a chi ha assunto collaboratori domestici, colf o badanti, poiché la loro presenza implica condizioni economiche più stabili.
Quando presentare la domanda di esonero
Per ottenere l’esenzione del canone Rai 2025, è necessario presentare un’apposita domanda, tenendo conto della data di compimento del 75° anno di età.
– Chi ha compiuto 75 anni entro il 31 gennaio 2025 potrà beneficiare dell’esonero per tutto l’anno;
– Chi raggiunge il requisito anagrafico entro il 31 luglio 2025 avrà diritto all’esonero solo per il secondo semestre;
– Infine, chi compirà 75 anni dopo il 31 luglio, potrà chiedere l’esenzione a partire dall’anno successivo e dovrà inviare la domanda entro il 31 gennaio 2026.
È importante rispettare le scadenze, per evitare di dover pagare il canone e successivamente richiederne il rimborso.
Come inviare la richiesta di esenzione o rimborso
L’Agenzia delle Entrate ha stabilito diverse modalità per presentare la domanda:
– Invio postale, tramite plico raccomandato senza busta, da spedire all’indirizzo: Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Torino – Ufficio Canone TV – Casella postale 22 – 10121 Torino. È necessario allegare una copia di un valido documento di riconoscimento.
– Trasmissione via PEC, firmando digitalmente la richiesta e inviandola all’indirizzo cp22.canonetv@postacertificata.rai.it.
– Consegna diretta presso un qualsiasi ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate.
Per chi ha già inviato la domanda negli anni precedenti, non è necessario ripresentarla, a meno che non siano intervenute variazioni nei requisiti.
Tempi di elaborazione e interruzione dell’addebito in bolletta
Considerati i tempi tecnici necessari per la lavorazione delle dichiarazioni, il canone verrà rimosso dalla bolletta seguendo queste tempistiche:
– Domande inviate entro il 15 del mese: l’esonero sarà applicato a partire dal mese successivo.
– Domande inviate dopo il 15 del mese: la rimozione dell’addebito scatterà due mesi dopo l’invio della richiesta.
Per chi ha già effettuato il pagamento ma rientra nei criteri di esenzione, sarà possibile richiedere il rimborso, seguendo le stesse modalità di presentazione della domanda.
Buone notizie per chi ha acquistato casa con le agevolazioni fiscali: la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto un’importante modifica, concedendo più tempo per vendere la precedente abitazione senza perdere i benefici fiscali. Il termine per la vendita è stato raddoppiato, passando da uno a due anni. Grazie alla risposta ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, anche chi aveva acquistato nel 2024 potrà beneficiare della proroga, evitando la pressione della vendita immediata e potendo gestire l’operazione con maggiore strategia.
Più tempo per vendere senza perdere le agevolazioni
Prima di questa modifica normativa, chi acquistava un immobile con le agevolazioni prima casa aveva solo un anno per vendere la precedente abitazione, pena la perdita delle agevolazioni fiscali. Dal 1° gennaio 2025, però, il tempo a disposizione è stato esteso a 24 mesi, permettendo di gestire la vendita in modo più sereno e senza l’urgenza che spesso porta a svendere gli immobili.
Il nuovo termine vale anche per chi ha acquistato casa nel 2024 e si trovava già sotto il vincolo della scadenza annuale. Per questi contribuenti, la proroga rappresenta un’opportunità concreta di completare la vendita senza incorrere nella revoca dei benefici.
Il caso concreto: chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Un contribuente, che aveva acquistato un nuovo immobile il 25 gennaio 2024 con le agevolazioni prima casa, si è rivolto all’Agenzia delle Entrate chiedendo se la proroga si applicasse anche a lui. Il problema era evidente: il precedente termine di un anno sarebbe scaduto a fine gennaio 2025, mettendo a rischio i benefici fiscali.
Con la risposta n. 127 del 5 maggio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che la proroga si applica anche agli atti stipulati nel 2024, purché il termine annuale non fosse ancora scaduto al 31 dicembre 2024.
Nel caso specifico, la nuova normativa concede al contribuente tempo fino a gennaio 2026 per finalizzare la vendita del precedente immobile, evitando così la revoca delle agevolazioni.
Un vantaggio concreto per gli acquirenti della prima casa
Questa proroga rappresenta un cambio significativo per chi ha acquistato un immobile con le agevolazioni prima casa. La possibilità di avere due anni per vendere la precedente abitazione è un vantaggio reale, specialmente in un mercato immobiliare caratterizzato da fluttuazioni di prezzi e tempi di compravendita spesso lunghi.
Grazie a questa modifica, i contribuenti possono gestire con maggiore tranquillità la vendita del vecchio immobile, evitando decisioni affrettate e senza il timore di perdere i benefici fiscali.
Possiedo in Italia da più di vent’anni una seconda casa, che vorrei vendere. Sono cittadino italiano fiscalmente residente in Gran Bretagna fino al 2027, quando diventerò fiscalmente residente in Lussemburgo. Vorrei sapere se, alla luce dei trattati sulla doppia imposizione con Gran Bretagna e Lussemburgo, la plusvalenza è tassata.
Ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. f), del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), ai fini dell’applicazione delle imposte dirette ai non residenti, si considerano prodotti nel territorio dello Stato, tra l’altro, i redditi diversi derivanti da beni che si trovano nel territorio dello Stato.
Alla luce di queste disposizioni, quindi, le plusvalenze generate dalla cessione dell’immobile detenuto in Italia sarebbero soggette ad imposta in Italia ai sensi di quanto previsto dall’art. 67 del TUIR per cui:
• la plusvalenza è soggetta a tassazione, in quanto reddito derivante da bene immobile situato in Italia;
• se l’immobile è stato posseduto per almeno 5 anni la plusvalenza non è soggetta a tassazione;
• se si tratta di immobile con destinazione abitativa, adibito, per la maggior parte del periodo di possesso, ad abitazione principale di un familiare del soggetto alienante, anche se la rivendita ha luogo prima del quinquennio dall’acquisto la plusvalenza non è soggetta a tassazione.
Supponendo che tale reddito sia imponibile, secondo le normative fiscali vigenti, anche nel Regno Unito, occorre, dunque, analizzare la convenzione bilaterale tra l’Italia, Stato in cui è localizzato l’immobile, e il Regno Unito stato in cui lei è residente.
Da una lettura combinata degli arti. 6 e 13 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito si evince l’imponibilità delle plusvalenze da cessione onerosa di immobili nello Stato in cui questi sono situati, quindi, nel suo caso, in Italia.
Qualora lei vendesse l’immobile dal 2027 in avanti, essendo lei a questo punto residente in Lussemburgo, si applicherà la Convenzione contro le Doppie Imposizioni tra Italia e Lussemburgo che, anche in questo caso, prevede che la tassazione spetti allo Stato in cui è localizzato l’immobile, quindi, nel suo caso, in Italia.
Nel 2024 le frodi sui contributi pubblici hanno raggiunto livelli senza precedenti, con 277,2 milioni di euro contestati per indebite percezioni, in gran parte legate ai bonus per le ristrutturazioni edilizie. Secondo un report del Centro studi di Unimpresa, questa impennata riflette un rafforzamento delle indagini da parte delle procure contabili, che hanno avviato 271 giudizi di responsabilità, il numero più alto dal 2010.
Guardando al periodo 2010-2024, l’ammontare complessivo delle somme contestate ha superato 1,75 miliardi di euro, con ben 2.566 procedimenti aperti. L’incremento delle contestazioni registrato nell’ultimo anno è strettamente legato alle frodi nei bonus edilizi, in particolare a crediti fiscali fittizi e indebite compensazioni negli incentivi per la riqualificazione energetica e la ristrutturazione immobiliare.
Le indagini hanno rivelato schemi fraudolenti su larga scala, con aziende e privati che hanno ottenuto crediti fiscali non spettanti, spesso attraverso fatture gonfiate o lavori mai realmente eseguiti. Questo fenomeno ha portato le autorità a intensificare i controlli e a rafforzare le misure di contrasto alle frodi sui fondi pubblici, per evitare ulteriori abusi nel sistema degli incentivi.
Il bonus sicurezza 2025 è un’agevolazione fiscale mirata ad offrire degli incentivi per l’installazione di sistemi di sicurezza, come ad esempio videocamere e sistemi di allarmi utilizzati per prevenire furti e aumentare la sicurezza delle abitazioni.
Con questo tipo di agevolazione fiscale il Governo consente ai cittadini di detrarre una percentuale delle spese sostenute per l’installazione di sistemi di sicurezza e dispositivi volti a migliorare la protezione della proprietà.
La Legge di Bilancio 2025 ha confermato il bonus sicurezza con una detrazione pari al 36% delle spese sostenute, da ripartire in 10 quote annuali di pari importo, su un tetto massimo di spesa di 48.000 euro.
Tale agevolazione è cumulabile con altre detrazioni fiscali a condizione che le spese siano separate e riferite a interventi distinti, inoltre, per poter usufruire del bonus sicurezza non è necessario che siano avviati lavori di ristrutturazione edilizia.
Nello specifico, gli interventi per i quali si può fruire del bonus sicurezza sono:
• rafforzamento, sostituzione e installazione di recinzioni murarie o cancellati;
• installazione o sostituzione di grate sulle finestre;
• porte blindate o rinforzate di classe 4 o superiori;
• tapparelle metalliche con sistema di bloccaggio, nonché installazioni di saracinesche;
• vetri antisfondamento;
• casseforti a muro;
• installazione di videocamere di sorveglianza, videocitofoni e spioncini elettronici;
• installazione di sistemi di antifurto e allarme con relative centraline.
Nell’agevolazione non rientrano i costi relativi ai servizi di sicurezza, come ad esempio il canone pagato all’istituto di vigilanza o i canoni mensili per impianti di allarme in comodato.
Possono accedere al bonus sicurezza tutti i contribuenti soggetti al pagamento Irpef, senza limiti di reddito, inoltre, possono richiederlo non solo i proprietari degli immobili ma anche gli inquilini o i comodatari che sostengono le spese per gli interventi.
Per poter usufruire del bonus sicurezza non è necessario presentare alcuna richiesta specifica, ma bisogna effettuare il pagamento delle spese tramite bonifico parlante, contenente tutti i dati che servono per dimostrare che la spesa è inerente ad uno degli interventi sopracitati. Il bonifico parlante deve contenere la causale del versamento con riferimento alla normativa (articolo 16-bis del Dpr 917/1986), i dati della fattura e i codici fiscali di chi emette la fattura e del soggetto beneficiario.
L’agevolazione si richiede tramite la dichiarazione dei redditi con presentazione del Modello 730 o del Modello Redditi Persone Fisiche. Infine, i soggetti interessati potranno beneficiare del bonus sicurezza fino al 31 dicembre 2025.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Se hai sempre rimandato la sostituzione delle porte interne di casa per paura di affrontare una spesa troppo alta, il Bonus Ristrutturazione 2025 è l’opportunità perfetta per rinnovarle senza svuotare il portafoglio.
Questo incentivo fiscale permette di detrarre parte delle spese sostenute per la manutenzione straordinaria, il restauro e la ristrutturazione edilizia, includendo anche la sostituzione delle porte. Vediamo come funziona e come richiederlo.
Come funziona il Bonus porte
La detrazione è attiva dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025 e copre fino a 96.000 euro per unità abitativa. Le aliquote di detrazione fiscale diretta sono:
– 50% per le prime case (fino a 48.000 euro recuperabili).
– 36% per le seconde case (fino a 34.560 euro recuperabili).
bonus è attivo dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025 .
La sostituzione delle porte interne è ammessa solo se parte di un intervento più ampio, che richieda autorizzazioni comunali come CILA, SCIA o permesso di costruire.
Quali spese sono detraibili
– Costo delle porte interne, se incluse in lavori autorizzati.
– Spese di posa in opera (l’aliquota agevolata al 10% si applica solo sulla manodopera e sui materiali fino al valore del costo totale della prestazione; la parte eccedente è soggetta a IVA al 22%).
Chi può richiedere il bonus
– Proprietari e nudi proprietari.
– Titolari di diritti reali sugli immobili.
Il Superbonus 110% è stato ridimensionato e ora prevede una detrazione del 65% solo per demolizione e ricostruzione avviate entro il 15 ottobre 2024. La sostituzione delle porte può rientrare solo se collegata a interventi di efficientamento energetico o sismico, con CILA presentata entro la data limite.
Quali documenti servono per ottenere il bonus
– Autorizzazioni comunali → CILA, SCIA o permesso di costruire (se richiesti).
– Fatture e ricevute → Devono essere intestate al richiedente e contenere la descrizione degli interventi.
– Bonifico parlante → Deve includere:
– Causale del versamento.
– Codice fiscale del beneficiario della detrazione.
– Partita IVA o codice fiscale del fornitore.
– Certificazioni tecniche → Obbligatorie per interventi con migliorie energetiche o isolamento termico.
– Dichiarazione dei redditi → Necessaria per ottenere la detrazione.
La Legge di Bilancio 2025, all’articolo 1, comma 55, ha previsto che la detrazione per gli interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici spetta anche per le spese documentate sostenute nel 2025, ad esclusione di quelle per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, nella misura fissa pari al 36% delle spese sostenute.
A ricordarlo è la rivista online dell’Agenzia delle Entrate con una risposta pubblicata il 28 aprile 2025.
Tali interventi possono essere realizzati anche in assenza di opere edilizie propriamente dette, acquisendo idonea documentazione attestante il conseguimento di risparmi energetici in applicazione della normativa vigente in materia e inviando la comunicazione ad ENEA.
La detrazione è elevata al 50% nel caso in cui le spese siano sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
Per fruire dell’agevolazione occorre effettuare i pagamenti con bonifico bancario o postale indicando la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione, il numero di partita Iva o il codice fiscale del destinatario delle somme (cioè, della ditta o del professionista che ha effettuato i lavori), il numero e la data della fattura a cui il bonifico si riferisce.
In relazione alla variazione della rendita catastale, per chi ha usufruito del Sperbonus 110 per cento, in caso di omissioni ci sarà il ravvedimento operoso.
Mentre, se il comportamento è stato corretto, andranno presentati i propri conteggi, supportati da una perizia tecnica.
L’agenzia delle Entrate sta verificando se sia stata presentata, ove prevista, la dichiarazione Docfa per i lavori di superbonus, per aggiornare, se necessario, la rendita dell’immobile riportata negli atti del catasto dei fabbricati.
Per arrivare alle lettere, le informazioni derivanti dalle comunicazioni di opzione saranno confrontate con le risultanze delle banche dati catastali.
All’esito di questo controllo, qualora si rilevasse l’assenza di una richiesta di adeguamento della rendita catastale, l’Agenzia invierà al contribuente una comunicazione, la cosiddetta lettera di compliance, per informarlo sugli elementi e le informazioni a suo carico, consentendogli di rimediare a eventuali omissioni.
A questo punto, il contribuente avrà diverse opzioni a disposizione.
La prima, in ordine cronologico, è quella di rivolgersi a un professionista tecnico qualificato (generalmente lo stesso che lo ha assistito nei lavori) che lo affianchi in questa prima fase di verifica.
Con l’aiuto del tecnico, o avvalendosi dell’assistenza dello sportello comunale, ove istituito, il contribuente dovrà accertare l’esistenza o meno dell’obbligo di aggiornamento del classamento catastale.
Nel caso in cui, all’esito della verifica, si condivida quanto indicato nella comunicazione ricevuta dall’Agenzia delle Entrate, il contribuente (o il suo delegato) dovrà correggere spontaneamente l’omissione, presentando la dichiarazione di variazione catastale e avvalendosi del ravvedimento operoso.
Diversamente, se la verifica confermasse la correttezza del comportamento tenuto dal contribuente e, di conseguenza, l’assenza di un obbligo di aggiornamento catastale, sarà necessario fornire chiarimenti e precisazioni utilizzando gli appositi canali messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.
Gli esiti delle verifiche effettuate e i relativi conteggi, eventualmente supportati da una perizia tecnica, permetteranno di dimostrare all’ufficio l’assenza di omissioni da parte del contribuente.
In caso di mancata risposta (inerzia del contribuente), l’Agenzia delle Entrate potrebbe notificare un avviso di accertamento, attribuendo d’ufficio la nuova rendita catastale.
Qualora l’avviso fosse ritenuto non corretto, si potrà valutare l’opportunità di presentare un ricorso in autotutela.
Tuttavia, è importante ricordare che questo ricorso non sospende i termini (60 giorni dalla notifica dell’atto di accertamento) per la presentazione del ricorso formale presso la Corte di Giustizia Tributaria competente per territorio.
Nel 2025 il bonus prima casa per gli under 36 ha subito importanti modifiche. La nuova legge di Bilancio ha eliminato le agevolazioni fiscali previste fino al 31 dicembre 2024, mentre ha prorogato fino al 31 dicembre 2027 la possibilità di richiedere la copertura del Fondo di garanzia per i mutui.
Le restrizioni introdotte non hanno scoraggiato le banche, che continuano a concedere mutui agli under 36 con la copertura del Fondo di garanzia, garantendo finanziamenti fino all’80% del valore dell’immobile.
Il bonus prima casa fino al 2024
Fino al 31 dicembre 2024, i giovani acquirenti potevano beneficiare di:
– Esenzione dalle imposte catastali, ipotecarie e di registro per atti di acquisto e costituzione di diritti reali.
– Credito d’imposta pari all’IVA pagata sull’acquisto di immobili soggetti a questo tributo.
– Azzeramento delle imposte sostitutive per i mutui prima casa.
Questi vantaggi, ora eliminati, si applicavano esclusivamente agli atti stipulati prima del 1° gennaio 2025.
Chi può ancora beneficiare delle agevolazioni
Gli sconti fiscali e la garanzia del Fondo restano validi per:
– Gli atti stipulati tra il 26 maggio 2021 e il 31 dicembre 2023.
– I contratti definitivi firmati entro il 31 dicembre 2024, purché il preliminare sia stato registrato entro la fine del 2023.
– Gli atti di compravendita firmati tra il 1° gennaio e il 29 febbraio 2024, con possibilità di richiedere credito d’imposta sulle imposte già versate.
Quali agevolazioni restano nel 2025
Anche se le agevolazioni fiscali sono state eliminate, i giovani possono ancora beneficiare del Fondo di garanzia per i mutui prima casa, attivo fino al 31 dicembre 2027.
Questa misura offre una garanzia fino all’80% del valore dell’immobile, facilitando l’accesso al finanziamento.
Requisiti per accedere al Fondo di garanzia
– Età inferiore a 36 anni nell’anno del rogito.
– ISEE inferiore a 40.000 euro.
– L’immobile acquistato deve essere prima casa.
La domanda si presenta direttamente alla banca, che valuterà l’accesso al fondo e le condizioni del mutuo.