Il box auto, per essere considerato pertinenza, non deve essere distante più di un chilometro e 300 metri dall’abitazione. Questa è la risposta dell’Agenzia delle Entrate a un interpello (interpello n. 33 del 19 gennaio).
Nell’interpello l’istante spiega che i due immobili si trovano a una distanza di circa 1300 metri (percorso stradale) e precisa che “è sua abitudine usare una biciletta elettrica pieghevole” per raggiungere il box.
Egli dichiara che il suddetto appartamento costituisce il proprio domicilio e chiede se il box auto che intende acquistare può essere destinato a pertinenza della descritta abitazione potendosi avvalere della disposizione di cui all’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che calcola la base imponibile secondo i principi di favore indicati nell’articolo 52, commi 4 e 5, del Dpr n. 131/1986. La disposizione deroga all’articolo 43 del Tur, che lega la base imponibile delle imposte di registro, ipotecaria e catastale al valore venale del bene o del diritto trasferito, individuando detta base imponibile nel “valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5” del Tur, comunemente denominato valore catastale.
L’Agenzia delle Entrate specifica che, come chiarito dalla risoluzione 11 aprile 2008, n. 149/E in campo fiscale non esiste una nozione di pertinenza divergente da quella di cui agli articoli 817 e seguenti del codice civile, secondo cui “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”.
Per la qualificazione della natura pertinenziale di un bene anche da un punto di vista fiscale si deve verificare la sussistenza di due requisiti:
a) uno oggettivo, per cui il bene pertinenziale deve porsi in collegamento funzionale o strumentale con il bene principale;
b) uno soggettivo, consistente nella effettiva volontà dell’avente diritto di destinare durevolmente il bene accessorio a servizio od ornamento del bene principale (cfr. anche Cass. n. 13742 del 2019).
Con la risoluzione è stato precisato che affinché il meccanismo del ” prezzo-valore” risulti applicabile alle pertinenze di un immobile abitativo, nell’atto di cessione deve essere evidenziato il vincolo che rende il bene servente una proiezione del bene principale (cfr. circolare 1 marzo 2007, n. 12/E) e l’immobile pertinenziale deve essere suscettibile di valutazione automatica, dotato quindi di una propria rendita catastale.
La Suprema Corte ha più volte sottolineato l’esigenza che nella “relazione pertinenziale”, l’utilità sia arrecata dalla cosa accessoria a quella principale e non al proprietario
Infatti, seppure, nella pronuncia richiamata dall’istante n. 5550 del 2021 (tra l’altro, con riferimento all’ICI), la Corte di Cassazione ha precisato che “il vincolo pertinenziale non presuppone necessariamente contiguità fisica tra i due beni, in quanto il collegamento tra il bene principale e quello pertinenziale non è di tipo materiale ma di natura economico-funzionale”, la stessa giurisprudenza di legittimità ha ribadito che al fine della configurabilità del vincolo pertinenziale la destinazione del bene accessorio a servizio di quello principale deve essere durevole, attuale ed effettiva e l’utilità deve essere oggettivamente arrecata al bene principale e non al proprietario di questa.
In materia fiscale, la prova dell’asservimento pertinenziale, che grava sul contribuente deve essere valutata con maggior rigore rispetto alla prova richiesta nei rapporti di tipo privatistico
Con riferimento al trattamento fiscale previsto per l’acquisto della “prima casa”, con circolare n. 38/E del 12 agosto 2005, è stato chiarito che, di regola, il bene servente non può ritenersi oggettivamente destinato in modo durevole a servizio o ornamento dell’abitazione principale qualora sia ubicato in un punto distante o addirittura si trovi in un Comune diverso da quello dove è situata la “prima casa”.
Tale precisazione è volta a chiarire che, affinché si possa concretizzare un effettivo rapporto di pertinenzialità e il bene accessorio possa accrescere durevolmente ed oggettivamente l’utilità dell’abitazione principale è, comunque necessario, che i due beni siano ubicati in luoghi “prossimi” tra loro, non rilevando la sola volontà manifestata dalla parte.
Nella fattispecie in esame, non sono stati forniti elementi sufficienti per la valutazione della sussistenza del requisito oggettivo per il riconoscimento della pertinenzialità nel senso indicato dalla Cassazione ai fini del quale il bene accessorio deve arrecare un’utilità al bene principale e non al proprietario di esso.
Alla luce di tali argomentazioni, non si ritiene che siano integrati i requisiti per il riconoscimento della pertinenzialità nel senso indicato e, pertanto, non possa essere riconosciuta l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005 richiesta dall’istante.
FONTE: Agenzia delle Entrate
Può succedere che la richiesta del contributo a fondo perduto per la riduzione dell’affitto del 2021 venga respinta dalla procedura web. Di solito avviene perché l’istante ha pattuito una prima riduzione per l’anno 2020 e una seconda per il 2021, ma il sistema riporta in automatico un canone iniziale errato, non consentendo quindi la conclusione dell’operazione. Il contribuente, tenuto conto dell’importo della rinegoziazione in diminuzione rispetto al canone iniziale pattuito, può richiedere l’indennizzo, a patto che trasmetta via Pec all’Agenzia delle Entrate una istanza volta alla revisione, in autotutela, dell’esito del rigetto o, in alternativa, invii la domanda in forma cartacea, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, con gli allegati previsti. E’ la sintesi della risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 38 del 20 gennaio 2022.
L’istante fa sapere che per l’anno 2020 ha accettato e registrato la riduzione del canone da 9.000 a 6.800 euro. Lo sconto è stato riproposto anche per il 2021 con una diminuzione del canone da 9.000 a 7.200 euro. Tuttavia la procedura automatica per l’istanza di ottenimento del Cfp per riduzione del canone di affitto delle abitazioni, prevista dal decreto “Ristori” (articolo 9-quater del Dl n. 137/2020), non riconosce la riduzione, in quanto il sistema propone in automatico un canone iniziale ridotto e non quello originario di 9.000 euro.
L’Agenzia ritiene che l’istante, rientrando nei parametri stabiliti dalla norma che prevede l’erogazione del contributo per i locatori che dal 25 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021 hanno ridotto l’importo del canone del contratto di affitto, per tutto o parte dell’anno 2021, e avendo rispettato anche il requisito temporale per l’ammissione alla richiesta del contributo, in quanto il contratto “iniziale” era ancora in essere alla data del 29 ottobre 2020, considerando l’importo della rinegoziazione in diminuzione rispetto al canone iniziale pattuito, possa senz’altro ottenere il beneficio presentando all’Agenzia delle entrate una istanza volta alla revisione, in autotutela, dell’esito del rigetto, sulla base di quella già trasmessa in pendenza dei termini (cfr. anche risoluzione n. 65/2020).
In particolare, il contribuente dovrà trasmettere l’istanza via Pec alla Dp competente per il domicilio fiscale, firmata digitalmente e contenente tutti i dati previsti dal provvedimento dell’Agenzia del 6 luglio 2021, allegando la documentazione probatoria relativa alla rinegoziazione del canone di locazione. Il modello inoltre dovrà essere accompagnato da una nota in cui sono spiegati i motivi dell’errore.
https://www.fiscooggi.it/rubrica/normativa-e-prassi/articolo/fondo-perduto-riduzione-affitto-sanabile-listanza-respinta-dal
Le Associazioni della filiera termoidraulica, dalla fabbricazione e distribuzione alla progettazione fino alla costruzione e installazione di impianti (AiCARR, ANGAISA, Assistal, Assoclima e Assotermica federate Anima Confindustria, CNA Installazione Impianti, Confartigianato Impianti), reclamano maggior stabilità soprattutto in un ambito nel quale, negli ultimi mesi, sono state ripetutamente modificate le regole intervenendo talvolta anche sui contratti in essere.
La stretta sullo sconto in fattura e la cessione del credito contenuta nell’art. 28 del DL sostegni-ter, pubblicato lo scorso 27 gennaio in Gazzetta Ufficiale, è solo l’ultimo e più lampante esempio di come si cerchi di affrontare un problema, quello delle frodi legate al meccanismo della cessione dei crediti, penalizzando però la stragrande maggioranza delle imprese che lavorano seriamente e cercano di pianificare le loro attività su basi certe.
“Chiediamo con forza che quanto previsto dall’art. 28 possa essere ritirato al più presto. Sappiamo che potranno esservi modifiche nel corso dell’esame in Parlamento per la conversione in legge, ma abbiamo bisogno di certezze fin da subito perché l’impatto negativo lungo tutta la filiera è reale e si sta già facendo sentire” hanno dichiarato i portavoce delle Associazioni della filiera. “È indubbio che tutto ciò introduca incertezze tra gli operatori e blocchi un mercato che ha invece bisogno di chiarezza e semplificazioni; basti pensare che ancor prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo molte imprese si sono viste rinegoziare le condizioni finanziarie inizialmente pattuite per la cessione del credito con notevoli perdite.
Come ampiamente riconosciuto siamo nella “decade decisiva” per contenere l’aumento della temperatura globale e abbattere le emissioni di CO2 e dobbiamo prioritariamente cercare di accelerare il tasso di riqualificazione impiantistica ed efficientamento energetico del parco immobiliare italiano, ancora oggi molto datato. Oggi sappiamo infatti che il problema non è l’offerta tecnologica, ampia ed eterogenea e vero punto di forza di tutta la nostra filiera, che l’Europa ci invidia, ma la consapevolezza da parte dell’utente finale di poter avere un ruolo nella sfida della transizione ecologica e di poterlo esercitare con strumenti di supporto semplici, tangibili e immediati.
La conclusione delle citate Associazioni della filiera termoidraulica, sottolineata a gran voce e con convinzione è pertanto che “si faccia maggiormente sistema tra chi opera quotidianamente lungo tutta la catena del valore e chi stabilisce le regole del settore perché, ancor più in un momento così delicato, i risultati si raggiungono solamente con una vera unità d’intenti. Al contrario il rischio è di introdurre interventi come quelli dell’art. 28, che sono molto lontani dagli obiettivi auspicati.
Per questo la filiera si mette a completa disposizione delle Istituzioni non solo per quanto riguarda gli incentivi, ma per tutta la complessa partita della transizione energetica”.
FONTE: Comunicato Stampa
In un intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio, sprovvisto di Ape, composto da due unità immobiliari di categoria F/2 collabenti, comprensivo di lavori di efficientamento energetico e riduzione del rischio sismico, l’ammontare massimo di spesa ammessa alla detrazione, ai fini del Superbonus, va riferito all’unità abitativa e alla sua pertinenza unitariamente considerate, anche se accatastate separatamente, quindi il limite massimo sarà di 96mila euro. È uno dei quesiti chiariti dall’Agenzia con la risposta n. 59 del 31 gennaio 2022.
L’istante precisa che delle 2 unità del fabbricato pericolante, di cui è proprietario, una si trova al primo piano ed è dotata di impianto di riscaldamento e l’altra, pertinenziale, è al piano terra e non riscaldata.
In merito ai lavori da eseguire l’istante chiede quale sia il limite di spesa detraibile, se l’agevolazione vale anche per la realizzazione dell’impianto elettrico ed idraulico, dell’impianto di smaltimento reflui e dell’impianto di adduzione d’acqua, per il recupero delle acque piovane e loro riutilizzo per le cassette di scarico dei bagni.
L’Agenzia nell’ambito delle misure per il Superbonus ricorda che per i lavori di riqualificazione energetica è necessario che gli edifici siano dotati di impianti di riscaldamento funzionante o riattivabile, condizione richiesta anche per gli edifici collabenti, nei quali il riscaldamento non funziona.
Per le spese ammesse viene ricordata la circolare n. 30/2020, secondo la quale nel caso di lavori finalizzati all’accorpamento di più unità vanno considerate quelle censite al catasto all’inizio dei lavori e non a intervento ultimato. Di conseguenza, il limite massimo di spesa ammesso in detrazione, da riferirsi alla casa e alla pertinenza unitariamente considerate, sarà pari a 96mila euro.
Nel predetto limite il Superbonus spetta anche per i costi sostenuti per la realizzazione degli impianti, purché i lavori siano strettamente collegati alla realizzazione e al completamento dell’intervento agevolato, come chiarito dalla stessa circolare n. 30/2020. L’individuazione delle spese connesse deve essere effettuata da un tecnico abilitato.
La detrazione spetta, inoltre, anche per la realizzazione di impianti fotovoltaici e di sistemi di accumulo. In base alle disposizioni normative vigenti, nel caso in cui, come rappresentato dall’istante, sia installato un impianto solare fotovoltaico, contestualmente a un intervento “trainante” antisismico, il limite massimo di spesa ammesso al Superbonus sarà costituito dalla somma degli importi previsti per ciascuno di tali interventi, fermo restando che rientrando l’intervento antisismico nella “ristrutturazione edilizia” (articolo 3, comma 1, lett. d), Dpr n. 380/2001) opera la riduzione prevista dal medesimo comma 5 dell’articolo 119 del decreto “Rilancio”.
Con riferimento, inoltre, agli interventi di efficienza energetica, l’Agenzia richiama il parere n. 1156 del 2 febbraio 2021 della Commissione consultiva per il monitoraggio dell’applicazione del decreto ministeriale n. 58/2017 e delle linee guida ad esso allegate, secondo cui in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, sia pure inquadrabili come “ristrutturazione edilizia”, il Superbonus per interventi trainanti e trainati di efficienza energetica non si applica alle spese riferite alla parte eccedente il volume ante-operam.
In tal caso, il contribuente deve distinguere le fatture prima e dopo i lavori, limitazione che non si applica, invece, agli interventi antisismici ammessi al Superbonus.
Considerato, inoltre, che per la maxi-detrazione gli interventi trainati e trainanti di efficienza energetica devono assicurare il miglioramento di due classi energetiche o, ove non possibile, il conseguimento di quella più alta da dimostrare tramite Ape, , ante e post intervento, rilasciato da un tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata, nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione con aumento volumetrico, l’Ape convenzionale post operam deve essere redatto considerando l’edificio nella sua configurazione finale.
https://www.fiscooggi.it/rubrica/normativa-e-prassi/articolo/ricostruzione-due-unita-collabenti-tetto-entrambe-e-96mila-euro
Pronte le istruzioni operative per ottenere il credito d’imposta destinato ai titolari di impianti pubblicitari privati (o concessi a privati) che hanno versato il canone patrimoniale dovuto per il 2021 per l’affissione di manifesti commerciali in aree pubbliche o aperte al pubblico.
Con la circolare firmata dal direttore dell’Agenzia, vengono forniti chiarimenti sulle modalità di fruizione del bonus, introdotto dal Dl Sostegni bis con uno stanziamento complessivo pari a 20 milioni di euro per favorire la ripresa del mercato della pubblicità, anche in considerazione delle ripercussioni economiche dovute all’emergenza sanitaria.
Il tax credit, che è utilizzabile esclusivamente in compensazione, potrà essere richiesto dal 10 febbraio al 10 marzo 2022 comunicando l’importo versato per lo scorso anno tramite i canali telematici dell’Agenzia, come stabilito con il provvedimento del 29 ottobre 2021.
Il credito d’imposta, specifica l’Agenzia delle Entrate in una nota, è rivolto ai titolari di impianti pubblicitari privati o concessi a soggetti privati, destinati all’affissione di manifesti e alle installazioni pubblicitarie di natura commerciale.
Al fine di favorire la ripresa del mercato della pubblicità effettuata sulle aree pubbliche o aperte al pubblico, l’agevolazione spetta anche nei casi in cui il versamento del canone per il 2021 sia stato effettuato tardivamente – purché comprensivo di interessi e sanzioni – ma comunque entro la data di presentazione della comunicazione dell’importo versato per lo scorso anno a titolo di canone.
In ogni caso, ai fini del riconoscimento del credito di imposta va preso in considerazione solo l’importo versato a titolo di canone e non anche quello riferito a interessi e sanzioni dovuti per il tardivo pagamento.
Fonte: Agenzia delle Entrate
Quando registra un contratto di locazione con” cedolare secca” presso l’Agenzia delle Entrate, il locatore di un immobile ad uso abitativo ha la possibilità di pagare un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e addizionali e ottenere l’esenzione dal pagamento dell’Imposta di Registro e dell’Imposta di Bollo per la registrazione, la risoluzione e la proroga del contratto. L’Agenzia delle Entrate, in sede di registrazione di un contratto di locazione con regime fiscale ordinario, calcola l’imposta di registro che il locatore è chiamato a pagare. Se l’immobile è ad uso abitativo, l’imposta di registro è pari al 2% del canone annuo. Per ogni copia da registrare, inoltre, è previsto il pagamento di un’imposta di bollo pari a 16,00€.
Dal momento che la “cedolare secca” è un regime di tassazione alternativo, il locatore che registra un contratto d’affitto con questa formula fiscale non è chiamato a pagare né l’imposta di registro, né l’imposta di bollo. Gli immobili per i quali è prevista l’applicazione del regime di cedolare secca devono appartenere alle categorie catastali A1 e A11 e devono essere locati ad uso abitativo. Se sono presenti pertinenze congiunte all’immobile, anch’esse devono essere locate ad uso abitativo per consentire la stipula di un contratto con cedolare secca.
È possibile optare per la cedolare secca in fase di registrazione del contratto o negli anni successivi. In quest’ultimo caso è bene specificare che la registrazione segue le regole ordinarie e che, quindi, le spese di registrazione del contratto di locazione cedolare secca comprendono tutte le imposte dovute.
FONTE: Idealista
Una buona notizia per gli asseveratori impegnati nelle operazioni di verifica degli stati avanzamento lavori nei cantieri incentivati dal superbonus. L’Enea ha infatti messo sul proprio sito web una nota in cui dichiara che le asseverazioni relative agli stati di avanzamento lavori al 30% o al 60% possono essere trasmesse anche nel 2022, a condizione che le relative fatture siano state emesse e pagate entro il 31 dicembre 2021.
La trasmissione dell’asseverazione dovrà essere effettuata in tempo utile per la comunicazione dell’opzione della cessione del credito, o dello sconto in fattura, all’Agenzia delle Entrate. Considerato che la comunicazione deve avvenire entro il 16 marzo 2022, e valutati i tempi tecnici connessi all’invio dell’asseverazione e all’apposizione del visto di conformità, si può cautelativamente porre la settimana compresa tra il 28 febbraio e il 7 marzo 2022 come spazio di tempo limite se non si vogliono correre rischi.
FONTE: Enea
Il settore delle aste immobiliari fatica a uscire dalla crisi innescata dal Covid. Tuttavia gli esperti prevedono che nei prossimi anni saranno in aumento gli immobili che verranno posti all’asta, proprio a causa delle conseguenze sull’economia create dalla pandemia.
In particolare, secondo Astasy, il mancato recupero di capitali da aste giudiziarie nell’anno 2020 è potenzialmente stimabile in 8.600.378.123,25 di euro. Secondo Reviva, il 2021 si è chiuso con 44.714 aste sospese per una perdita complessiva di 6,6 miliardi di euro, con ancora una grande incertezza e ripresa ancora lenta. Inoltre, secondo Banca d’Italia, il prezzo delle case all’asta è sempre più scontato rispetto al mercato, svalutandosi anche del 60 per cento.
Il segmento delle aste immobiliari vede fiorire in Italia una serie di nuove realtà e di business destinati a durare nel tempo. Ad esempio sbarcano nel nostro Paese le aste immobiliari tra privati, simili a delle eBay delle case. Il connubio tra aste e tecnologia si trova nella blockchain: in futuro si sentirà sempre più parlare di tali applicazioni nel mondo dello scambio di immobili all’asta, soprattutto privata.
Le aste immobiliari restano comunque una fonte di investimento interessante se si sa dove cercarle in Italia. Le riqualificazioni dei borghi possono ad esempio essere agevolate dalle aste immobiliari. Un altro pezzo di patrimonio nazionale riqualificabile tramite le aste sono le caserme, nel 2021 interessate da un apposito bando Anas.
A decorrere dal primo gennaio 2022 il limite per l’utilizzo del denaro contante è stato ridotto da 1.999,99 euro a 999,99 euro. E’ inoltre stata ripristinata la soglia di 3.000,00 euro per i cambiavalute.
Il limite di euro 999,99 vale anche quando il trasferimento sia effettuato tramite più pagamenti inferiori alla soglia, che appaiano artificiosamente frazionati. Al riguardo, si considera frazionata un’operazione unitaria dal punto di vista economico, di valore pari o superiore al limite di 1.000,00 euro, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori al predetto limite, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo, fissato per legge in sette giorni.
Per le operazioni effettuate nei confronti di turisti stranieri, resta applicabile il regime di deroga, che consente l’utilizzo dei contanti fino a 15.000,00 euro, nel rispetto delle previste condizioni.
Dal primo gennaio del 2023 saranno inoltre applicabili le sanzioni nei confronti dei soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, che non accettano pagamenti tramite “carte di pagamento”.
Per richiedere le agevolazioni fiscali non bisogna possedere un’altra abitazione nel territorio del Comune in cui si trova l’immobile da acquistare, o un altro immobile su tutto il territorio nazionale acquistato con i benefici prima casa.
Pertanto, chi possiede un immobile acquistato a titolo oneroso usufruendo dei benefici fiscali potrà richiedere le stesse agevolazioni, in occasione della stipula di un atto di donazione di un’abitazione, se in tale atto dichiara di impegnarsi a vendere entro un anno dal nuovo acquisto l’immobile già posseduto.
E’ quanto precisa il Fisco, al quale una contribuente ha posto un quesito: “I miei genitori intendono donarmi un immobile che utilizzerò come abitazione principale. Posso richiedere le agevolazioni prima casa, essendo già proprietaria di altro immobile nello stesso Comune e per l’acquisto del quale ho usufruito delle stesse agevolazioni?”.
Nel rispondere al quesito, il Fisco ha spiegato, “chi possiede un immobile acquistato a titolo oneroso usufruendo dei benefici fiscali” può “richiedere le stesse agevolazioni, in occasione della stipula di un atto di donazione di un’abitazione, se in tale atto dichiara di impegnarsi a vendere entro un anno dal nuovo acquisto l’immobile già posseduto”.
Si ricorda infatti che la condizione fondamentale per poter beneficiare delle agevolazioni prima casa è quella di non possedere un’altra abitazione nel territorio del Comune in cui si trova l’immobile da acquistare o un altro immobile su tutto il territorio nazionale acquistato con i benefici prima casa.
In caso di donazione e agevolazioni prima casa, dunque, se si possiede un altro immobile nello stesso Comune, è necessario procedere alla vendita dell’immobile posseduto entro un anno dalla donazione della nuova abitazione.
FONTE. FiscoOggi