L’inquinamento e i relativi problemi di salute continuano ad aumentare in Europa. Fanalino di coda per l’Italia, dove secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) l’inquinamento atmosferico miete più vittime nel nostro Paese che nel resto del continente. A questa notizia si aggiunge anche il report Mal’aria 2022 di Legambiente, il quale afferma che nelle 13 città italiane monitorate nessuna di queste rispetta i valori suggeriti dall’Oms e 3 li hanno “ampiamente” superati.
IL REPORT DI LEGAMBIENTE
I livelli di inquinamento atmosferico nel nostro Paese sono estremamente preoccupanti. A lanciare l’allarme è Legambiente, che nel suo report afferma: “In Italia l’emergenza smog è sempre più cronica e con la stagione autunnale-invernale la situazione rischia di peggiorare”.
Il documento fa il punto, da inizio anno ai primi di ottobre 2022, sulla qualità dell’aria di 13 città italiane, ponendo l’attenzione anche sul tema delle politiche sulla mobilità urbana.
CODICE ROSSO PER LE TRE CITTÀ PIÙ INQUINATE
Per quanto riguarda il PM10 (materiale particolato solido o liquido disperso finemente nella bassa atmosfera), la soglia di 35 giorni da non superare con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo, è stata ampiamente superata con almeno una delle centraline, in 3 delle 13 città analizzate. Le tre città in codice rosso, che si trovano quindi fuori dai limiti di legge sono Torino, Milano e Padova, rispettivamente con 69, 54 e 47 giornate di sforamento.
CODICE GIALLO: TUTTE LE ALTRE 10 CITTÀ
Va leggermente meglio per le altre 10 città prese in considerazione. Ma anch’esse, seppur in misura minore, superano i limiti di legge.
Codice giallo quindi per Parma (25), Bergamo (23), Roma (23) e Bologna (17), che hanno già consumato la metà dei giorni di sforamento. A seguire, Palermo e Prato (15), Catania e Perugia (11) e Firenze (10).
TUTTI I LIMITI NON RISPETTATI
Nessuna delle 13 città monitorate rispetta poi nessuno dei tre valori suggeriti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): il PM10 (15 microgrammi/metro cubo), il PM2,5 (5 microgrammi/metro cubo) e l’NO2 (10 microgrammi/metro cubo).
Il PM10 – afferma la ricerca – ha una media annuale, eccedente il valore Oms, che oscilla dal +36% di Perugia, passando per città come Bari (+53%) e Catania (+75%), fino ad arrivare al +121% di Torino e +122% di Milano.
Situazione ancora più critica per quanto riguarda il PM2,5 (ovvero le particelle di diametro aerodinamico inferiore o uguale ai 2,5 micron), dove lo scostamento dai valori Oms oscilla tra il +123% di Roma al +300% di Milano.
Male anche per il biossido di azoto (NO2): l’eccedenza dei valori medi registrati rispetto al limite dell’Oms varia tra il +97% di Parma fino al +257% di Milano.
L’IMPATTO SULLA SALUTE
Questi dati, oltre a rendere l’Italia suscettibile a nuove procedure d’infrazione e multe miliardarie, porta con sé anche importanti ricadute anche sulla salute. Infatti, secondo le ultime stime dell’Agenzia europea ambiente (Eea), il 17% dei morti per inquinamento in Europa è italiano (1 su 6).
L’Italia, afferma l’Eea, è tra i Paesi con i maggiori rischi per la salute in termini di decessi prematuri e anni di vita persi attribuibili all’esposizione sia del PM2,5 che dell’NO2 e dell’ozono (O3).
In particolare, nel 2019 in Italia l’esposizione al PM 2,5 è stata collegata a: 49.900 morti premature, 504.400 anni di vita persi e 843 anni di vita persi per 100.000 abitanti.
L’esposizione all’NO2, invece, è stata collegata a: 10.640 morti premature, 107.600 anni di vita persi e 180 anni di vita persi per 100.000 abitanti.
Infine, all’esposizione all’O3 sono attribuiti: 3.170 morti premature, 33.200 anni di vita persi e 55 anni di vita persi per 100.000 abitanti.
L’INSOSTENIBILE MANCANZA DI SOSTENIBILITÀ
Intervenire subito non è più un’opzione ma una necessità. Infatti, per ridurre le emissioni di gas serra del 55% (rispetto al 2005) entro il 2030, come stabilito a livello europeo, secondo il direttore generale di Legambiente, bisogna agire su due fronti distinti, ma complementari.
“Il primo – ha detto Zampetti – riguarda la formulazione di misure di incentivo che favoriscano la scelta del trasporto pubblico locale e altre forme di mobilità sostenibile, nonché disincentivi all’utilizzo dell’auto privata. Il secondo è relativo alla formulazione di mobilità alternativa all’automobile. Necessaria, soprattutto, un’accelerazione negli investimenti a sostegno del Traporto Pubblico Locale e delle infrastrutture, come tram e ferrovie urbane. Il nuovo governo ha dunque un’importante sfida di fronte a sé: avviare la transizione green della mobilità del Paese, adottando le linee guida del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili”.
Articolo ripreso da EnergiaOltre
Gli investimenti in costruzioni hanno segnato due anni di “crescita record”, del 20% nel 2021 e del 12% nel 2022, secondo i dati dell’Osservatorio congiunturale dell’Ance. Ma nel 2023 il centro studi dell’associazione dei costruttori prevede un ritorno del segno negativo con un calo degli investimenti del 5,7%.
In particolare “la riqualificazione degli immobili, con lo scadere degli incentivi per le unifamiliari, subirà una brusca frenata (-24%)” mentre è atteso un “incisivo aumento delle opere pubbliche (+25%) von l’avvio dei cantieri Pnrr”.
A trainare il settore delle costruzioni sono i bonus edilizi, secondo l’osservatorio congiunturale dell’Ance. Il “protagonista principale” della ripresa degli investimenti è il comparto della riqualificazione immobili residenziali (+22% nel 2022) che rappresenta il 40% dell’intero mercato delle costruzioni. “Tale risultato – per l’Ance – è stato raggiunto grazie ai bonus edilizi e al meccanismo della cessione del credito”.
Fonte: Agenzia Ansa
Un accordo di collaborazione esclusiva è stato siglato tra I-am, società di Altea Federation specializzata in monitoraggio delle infrastrutture e sicurezza impianti, e Confedilizia, associazione che riunisce i proprietari immobiliari in Italia.
L’obiettivo – si legge in una nota – è realizzare strumenti digitali e tecnici per la valorizzazione degli immobili. Il progetto si basa su tre punti cardine, per offrire una migliore gestione del patrimonio immobiliare italiano: gestione predittiva e preventiva dei rischi; gestione dei cicli manutentivi; gestione della sostenibilità degli interventi.
La collaborazione sarà in primo luogo volta a informare i proprietari immobiliari sulle potenzialità dei servizi per gli edifici, in relazione ai processi di digitalizzazione, monitoraggio, manutenzione e gestione predittiva dei rischi, conformità ed efficientamento del ciclo di gestione degli investimenti, sostenibilità e salvaguardia della vita umana.
Confedilizia e I-am si sono inoltre impegnate a definire proposte normative sulle tematiche di reciproco interesse da sottoporre all’attenzione dell’esecutivo e del Parlamento. “Confedilizia ha sempre avuto nella sua strategia di servizio associativo la volontà di sviluppare la cultura della qualità nel campo immobiliare”, commenta Domenico Andreis, ceo e General Manager di I-am. “In perfetta coerenza con questa logica di crescita e collaborazione, I-am ha sviluppato innovativi strumenti digitali e tecnici di gestione avanzata della proprietà e di asset immobiliari complessi”. “L’innovazione e la tecnologia sono elementi imprescindibili per lo sviluppo dei servizi negli edifici. Se adeguatamente governati, potranno fungere da moltiplicatori di conoscenza e da volano per la crescita dei valori immobiliari e del comparto”, rileva Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia.
Fonte: Agenzia Ansa
A chi spettano la manutenzione, la riparazione e la sostituzione della caldaia? Al proprietario o all’inquilino? Se per quanto riguarda la sostituzione e la riparazione la risposta può sembrare scontata, non è così per quanto riguarda la manutenzione, che può essere ordinaria o straordinaria.
La manutenzione ordinaria della caldaia spetta all’inquilino, così come la sostituzione di piccoli componenti che con il corso del tempo e l’utilizzo si possono usurare. Anche la pulizia periodica dei filtri a ogni cambio di stagione è di competenza dell’inquilino, così come la Certificazione di conformità obbligatoria e il pagamento della tassa alla Asl.
Diverso, invece, il caso di riparazione di una caldaia o di sostituzione di pezzi più importanti. Lo ha stabilito la sentenza n. 19.744 del 2014, che differenzia la manutenzione ordinaria da quella straordinaria. Per “manutenzione straordinaria” si intende proprio il rifacimento dell’impianto in seguito alla rottura di uno dei componenti dell’impianto. Può accadere anche che la responsabilità non sia dell’inquilino, è che la caldaia sia rimasta danneggiata da fulmini o sbalzi di corrente, e quindi in questi casi sarà comunque il proprietario a dover pagare le spese di riparazione.
L’adeguamento dell’impianto della caldaia spetta sempre al locatore. Se invece il guasto alla caldaia è dovuto all’inquilino, cioè alla mancanza di manutenzione ordinaria, le spese dovrà pagarle l’inquilino.
In sintesi, dunque, l’inquilino è responsabile della manutenzione ordinaria; mentre il proprietario dell’abitazione è responsabile della manutenzione straordinaria.
Con gli aumenti delle bollette, l’inflazione alle stelle e i prezzi record dei beni alimentari, risparmiare è la parola d’ordine. È fondamentale, quindi, bilanciare i costi ed evitare gli sprechi.
I metodi per risparmiare energia e abbattere i costi degli aumenti in bolletta sono molti. È comunque importante sapere che molto spesso fino al 75% del consumo totale di elettricità è dovuto ai cosiddetti carichi fantasma: gli apparecchi consumano energia anche quando sono in stand-by, quindi è necessario staccare le prese per evitare di consumare anche quando i dispositivi non vengono utilizzati.
Per risparmiare energia in cucina, lasciando da parte la cottura della pasta senza fuoco, è possibile adottare molti metodi. Per esempio, utilizzando il forno è bene non aprirlo inutilmente quando è in funzione, oppure utilizzare la cottura ventilata, che consente di velocizzare la cottura degli alimenti e quindi di risparmiare sui tempi di funzionamento. Una buona abitudine è anche quella di pulire il forno dopo ogni utilizzo così da mantenerlo sempre pulito: i residui di cibo provocano infatti un notevole dispendio di energia durante l’accensione. Inoltre, è bene ricordare che il forno a microonde consuma la metà rispetto a quello tradizionale. Per risparmiare tra i fornelli, è inoltre necessario ricordare di utilizzare soltanto pentole metalliche; cucinare grandi quantità di cibo da conservare e consumare in seguito; utilizzare il coperchio quando è possibile; utilizzare il fornello adeguato alle dimensioni della pentola che si sta utilizzando; assicurarsi che la fiamma del fornello sia di colore blu (una fiamma di colore diverso indica un’inefficienza nella combustione); mantenere le pentole lucide e pulite; utilizzare pentole a pressione.
Cala la bolletta gas per le famiglie ancora in tutela. Nonostante i record nei mercati all’ingrosso della scorsa estate, con l’applicazione del nuovo metodo di aggiornamento mensile dell’ARERA si sono potute intercettare le significative riduzioni di costo della materia prima delle ultime settimane.
La famiglia tipo (che ha consumi medi di gas di 1.400 metri cubi annui), per i consumi effettuati nel mese di ottobre, riceverà una bolletta con una riduzione del -12,9% rispetto al costo del III trimestre 2022.
In base al nuovo metodo di calcolo introdotto a luglio dall’ARERA, la componente del prezzo del gas a copertura dei costi di approvvigionamento (CMEMm), applicata ai clienti ancora in tutela, viene aggiornata come media mensile del prezzo sul mercato all’ingrosso italiano (il PSV day ahead) e pubblicata entro i primi 2 giorni lavorativi del mese successivo a quello di riferimento.
Per il mese di ottobre il prezzo della materia prima gas (CMEMm), per i clienti con contratti in condizioni di tutela, è quindi fissato in 78,05 €/MWh*, pari alla media dei prezzi rilevati quotidianamente durante tutto il mese appena trascorso.
In termini di effetti finali, la spesa gas per la famiglia tipo nell’anno scorrevole (compreso tra il 1° novembre 2021 e il 31 ottobre 2022) è di circa 1.702 euro, +67% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell’anno precedente (1° novembre 2020 – 31 ottobre 2021).
Per chi avesse ricevuto, nelle scorse settimane, una bolletta con il valore in acconto della componente CMEMm, il ricalcolo sarà effettuato nella prima bolletta utile con il valore effettivo (più basso) pubblicato oggi. Lo stesso valore CMEMm dovrà essere usato dai venditori per fatturare, a titolo di acconto, i consumi del mese di novembre nelle bollette inframensili.
“Non abbassiamo la guardia. Il costo del gas per ottobre registra un calo rispetto al trimestre precedente – afferma Stefano Besseghini, presidente di ARERA – ma le percentuali non devono trarre in inganno. I valori rimangono molto alti rispetto al passato e, se è vero che hanno avuto un impatto modesto per le famiglie nel periodo estivo, determineranno bollette più impegnative con il crescere dei consumi della stagione invernale, con prezzi che sono previsti in risalita per la maggiore domanda dei mesi freddi. L’invito resta quindi quello a fare attenzione al risparmio e all’efficienza energetica. L’impegno dell’Autorità resta massimo, per garantire la tenuta dell’intero sistema energetico quale prima condizione necessaria per la tutela del consumatore”.
Si ricorda che, come previsto dal decreto “Aiuti Bis”, per tutto il IV trimestre ARERA ha azzerato gli oneri generali di sistema anche per il settore gas, confermando anche l’applicazione della componente negativa UG2 a vantaggio dei consumi gas fino a 5.000 smc/anno.
Interventi che, assieme alla conferma della riduzione Iva sul gas al 5%, supportano la generalità delle utenze gas. Sempre in rispetto del DL Aiuti bis, fino alla fine dell’anno è confermato anche il potenziamento del bonus sociale per il gas, rivolto alle famiglie con un livello di ISEE fino a 12.000 euro (soglia che sale a 20.000 euro per le famiglie numerose). I bonus sono erogati direttamente in bolletta a tutte le famiglie aventi diritto, a condizione che abbiano richiesto un ISEE per l’anno 2022.
Comunicato Stampa Arera
Il peso dell’inflazione si farà sentire in maniera particolare per chi è in affitto, considerando che l’importo del canone dovuto può essere soggetto ad adeguamento periodico sulla base dell’aumento dei prezzi al consumo calcolato dall’ISTAT.
L’adeguamento degli affitti riguarda i contratti che prevedano espressamente tale possibilità, e ammonta fino al 100 per cento della variazione registrata dall’ISTAT per quelli a canone libero, mentre non può superare il 75 per cento per i contratti a canone concordato.
Questa la regola generale che, però, lascia fuori i contratti d’affitto per i quali il locatore ha optato per il regime di tassazione a cedolare secca.
Il comma 11, articolo 3 del decreto legislativo n. 23/2011 prevede infatti: “Nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente.”
La cedolare secca blocca quindi l’adeguamento del canone all’inflazione.
L’aumento del costo della vita registrato nel corso del 2022, e che ad agosto ha toccato la soglia del +8,1 per cento rispetto allo scorso anno, non avrà quindi ripercussioni sui contratti d’affitto assoggettati all’imposta sostitutiva del 21 o del 10 per cento.
Bisognerà invece valutare caso per caso la convenienza della cedolare secca.
Considerando il parametro registrato ad agosto, pari all’8,1 per cento, su un canone di importo pari a 1.000 euro la rivalutazione monetaria è pari a 81 euro mensili, ossia 972 euro all’anno. Questo l’importo al quale dovrebbe “rinunciare” chi sceglie di applicare la cedolare secca in luogo delle ordinarie aliquote IRPEF.
La convenienza del regime di tassazione sostitutivo di IRPEF, addizionali, imposte di bollo e di registro dovrà quindi essere valutata considerando il risparmio garantito dalla cedolare secca, rispetto all’incremento del canone d’affitto previsto in caso di tassazione ordinaria.
In linea di massima risulta quasi sempre più vantaggiosa l’applicazione della cedolare secca del 10 per cento, prevista tuttavia in pochi e specifici casi.
Più cautela invece se si applica la cedolare secca del 21 per cento e, in questo caso, per valutare se conviene o meno la tassazione sostitutiva sarà fondamentale valutare il proprio scaglione IRPEF e le eventuali deduzioni o detrazioni spettanti che riducono l’imposta dovuta.
Un calcolo da fare quindi caso per caso, valutando la propria situazione specifica. Quello che è certo è che l’aumento del costo della vita registrato dall’ISTAT nel 2022, e che potrebbe salire ben oltre l’8,1 per cento di agosto, avrà più conseguenze e impatterà anche sul fronte delle scelte fiscali delle famiglie.
Televisori, forni a microonde, telefoni cordless, computer, console videogiochi, stampanti, anche se spenti, finiscono quindi per incidere sulla bolletta. Di solito non ci si fa caso, nella convinzione che il loro consumo sia davvero irrisorio. Ma con il costo dell’energia elettrica salito alle stelle, ecco che l’incidenza sulla bolletta si fa importante, soprattutto se i dispositivi in stand by sono cinque o sei. In questo periodo, risparmiare sul costo delle bolletta energetica è diventato importante. È quindi fondamentale gestire correttamente anche i dispositivi solitamente lasciati in stand by, staccandoli dalla presa di corrente quando abbiamo finito di utilizzarli. Si tratta di piccoli e semplici accorgimenti, che se adottati permettono di ricevere una bolletta più economica.
I dispositivi che consumano di più in stand by, sono, nell’ordine: Forno a microonde: circa 27 kWh; Console videogiochi: circa 10 kWh; Caffettiera elettrica: 8 kWh; Televisore: circa 5 kWh; Cordless: 2,9 kWh; Computer desktop: da 1,5 a 5,5 kWh; Caricabatterie: 0,26 kWh.
Anche il caricabatterie del cellulare sempre inserito in corrente ma non utilizzato consuma, così come il modem wi-fi per connettersi ad internet e spesso lasciato accesso h24.
Tutti questi elettrodomestici lasciati in corrente, anche quando non è necessario, sprecano un’enormità di energia. Si stima che a livello mondiale lo spreco valga circa 60 miliardi di euro. Per una singola famiglia italiana, le lucine degli elettrodomestici in stand by incidono sul costo della bolletta per circa l’8%.
Quanto ai consumi annui un’analisi effettuata dal team di E.ON su 1300 clienti domestici ha stimato che ogni utente consuma in media 2400 kWh/anno. Su questo consumo, il totale sprecato dagli elettrodomestici lasciati in stand by è di 600 kWh/anno. Che vuol dire circa il 25%.
Responsabilità solidale e concorso nella violazione solo in caso di dolo o colpa grave per il superbonus 110% e per i bonus edilizi ordinari che dal 12 novembre 2021 sono in possesso di visto di conformità e asseverazione di congruità delle spese o, se ceduti prima di questa data, nel caso il cedente/fornitore, diverso da un istituto bancario e similari, acquisisce “ora per allora” la stessa documentazione.
A prevederlo è l’art. 33-ter del Decreto Legge n. 115/2022 (Decreto Aiuti-bis), inserito durante il percorso di conversione in legge, con il quale il Parlamento ha provato a risolvere una problematica che si è manifestata solo a seguito della circolare n. 23/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate. Una circolare che, fornendo un’interpretazione molto estensiva della normativa, ha stabilito che la responsabilità dei cessionari potesse essere esclusa solo nel caso si dimostri una verifica “diligente” dei crediti da acquistare.
Una verifica che, come ormai è noto, ha generato storture e vessazioni documentali di alcuni cessionari con richieste al limite della decenza normativa. Si pensi alla asseverazione video richiesta da Deloitte (società che cura gli interessi di molte banche cessionarie), o alla asseverazione del responsabile dei servizi di asseverazione (figura neanche prevista dal Decreto Rilancio) voluta da Poste Italiane.
Per fare il punto sulle ultime novità normative in tema di cessione dei crediti edilizi, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ha realizzato un dossier, che rappresenta un vero e proprio vademecum. In esso vengono trattati nel dettaglio temi di estrema importanza, quali: il processo dettagliato della cessione del credito e l’operatività della quarta cessione da banche a correntisti con partita IVA; il divieto di cessione parziale del credito; la compensazione del credito; la responsabilità solidale del cessionario del credito.
Le quattro possibili cessioni del credito
Relativamente al procedimento di cessione dei crediti, Ance fa un riepilogo di tutti i passaggi (fino ad un massimo di 4), compreso il caso di credito maturato a seguito di sconto in fattura praticato dall’impresa:
-1 sola volta ad altri soggetti terzi di qualsiasi tipologia (soggetto privato/impresa, ecc…), comprese banche ed intermediari finanziari (prima cessione, cd ”jolly”);
-2 ulteriori volte, a condizione che le cessioni siano effettuate nei confronti di banche, intermediari finanziari, società appartenenti a gruppi bancari e assicurazioni (seconda e terza cessione);
-1 volta ancora, solo da parte delle banche e a favore dei propri correntisti, diversi dai “consumatori o utenti”, senza possibilità per questi ultimi di ulteriore cessione del credito (quarta cessione).
Ance ricorda le modifiche arrivate dal Decreto Legge n. 50/2022 (Decreto Aiuti), per le quali banche e società appartenenti ad un gruppo bancario possono cedere, in qualunque momento, il credito ricevuto a tutti i soggetti esercenti attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la stessa banca ovvero con la banca capogruppo.
Concludendo, i costruttori ricordano che la quarta cessione da parte delle banche ai propri correntisti, titolari di partita IVA, può avere ad oggetto tutti i crediti già detenuti o acquistati dalle banche stesse a partire dal 17 febbraio 2022.
Ricapitolando, dal 17 febbraio 2022:
-prima cessione libera;
-due cessioni a soggetti “qualificati” + una ulteriore cessione (in qualsiasi momento) da banca, o società di un gruppo bancario, a clienti correntisti con partita IVA.
Il divieto di cessione parziale del credito
ANCE, nel dossier, si sofferma con un’intera sezione sul “divieto di cessione parziale del credito”, definisce nei dettagli i contorni. In particolare:
-per le comunicazioni di prima cessione o di sconto in fattura, trasmesse all’Agenzia delle Entrate dopo il 1° maggio 2022, opera il divieto di cessione parziale dei crediti fiscali, ed ai crediti oggetto di cessione viene attribuito un codice identificativo univoco, da riportare nelle comunicazioni relative alle successive cessioni;
-solo il beneficiario originario, anche dopo il 1° maggio, può cedere parzialmente il credito corrispondente alla detrazione a lui spettante, ovvero può optare per uno sconto parziale relativo al corrispettivo dei lavori. Diversamente, l’acquirente del credito fiscale, ovvero l’impresa che ha praticato lo sconto, può procedere alla successiva cessione o per l’intero importo del credito, ovvero solo per singole rate.
Anche per le cessioni del credito che derivano da singoli SAL occorre rispettare la regola secondo la quale le singole rate annuali del credito non possono essere oggetto di cessione parziale.
Tenuto conto che il divieto di cessione parziale opera con riferimento alle prime comunicazioni di opzione per la cessione/sconto effettuate dal 1° maggio 2022, l’Agenzia delle Entrate specifica ulteriormente che questa limitazione non opera per le comunicazioni trasmesse entro il 30 aprile 2022.
Fonte: Ance