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ABOLIZIONE DEGLI STUDI DI SETTORE: IN SOSTANZA CHE COSA CAMBIA?

[A cura di: Andrea Cartosio – Istituto nazionale tributaristi]

Giorni addietro l’Agenzia delle Entrate ha provveduto alla pubblicazione delle bozze relative agli studi di settore anno di imposta 2016, esclusivamente per attività del settore manifatturiero, commercio e servizi, i quali dovranno essere utilizzati per la “campagna” dichiarativa anno 2017.

Da una prima attenta analisi è possibile riscontrare alcune novità in particolar modo relative alla semplificazione delle informazioni in esso contenute e al fatto che verranno incrementate le informazioni disponibili per il contribuente nel proprio cassetto fiscale.

Discorso differente per quanto concerne i liberi professionisti, per i quali si ipotizza l’abolizione degli stessi attraverso una correzione da attuare nel minor tempo possibile alla legge delega. Si ventila la possibilità che ciò avvenga già dall’anno prossimo. Ad oggi, a più riprese, associazioni di categorie e ordini professionali hanno continuamente contestato l’attendibilità di tale istituto: in primis poiché il principio contabile applicato al singolo professionista è quello di cassa per la determinazione del reddito, complicando la possibilità di rilevare spese sostenute nell’anno e compensi ricevuti. 

Come già previsto da provvedimenti emanati dal Governo tempi addietro, tale semplificazione vorrà incrementare e rendere definitivo per tutti i liberi professionisti l’utilizzo della fatturazione elettronica, sia in riferimento alle fatture emesse/attive che per quelle ricevute/passive. Questo sistema, tracciabile e palese, consentirebbe all’amministrazione finanziaria di ridurre l’evasione fiscale e di poter predisporre la dichiarazione IVA pre-compilata e successivamente il modello Unico (poiché ad oggi i dati presenti nel modello precompilato non risultano attendibili completamente).

L’abolizione tout court, appena enunciata, degli studi di settore, comporterà la “nascita” dell’indicatore di compliance, ossia un dato che indicherà il grado di affidabilità fiscale del contribuente espresso in un valore numerico da 1 a 10. I contribuenti che attraverso tale indicatore avranno una votazione alta potranno godere di un sistema premiale che prevedrà agevolazioni inerenti i rimborsi fiscali, la riduzione della tempistica e l’esclusione da alcune tipologie di accertamenti fiscali.

CASA: LE SCHEDE DEL MEF SULLE AGEVOLAZIONI E LE OPPORTUNITÀ

Consumi energetici troppo alti in casa? La banca non concede il mutuo? Qualche mobile da cambiare dopo una ristrutturazione? Sono queste alcune delle situazioni in cui può trovarsi chiunque nel rapporto con la casa. Gli strumenti pubblici a disposizione dei cittadini proprietari di immobili, o che intendono acquistarne, sono numerosi e talvolta poco conosciuti. Si tratta di fondi di garanzia, agevolazioni fiscali e strumenti giuridici innovativi come il leasing immobiliare. 

Ebbene, il Ministero dell’Economia ha raccolto in un pacchetto organico le informazioni su tutti questi strumenti e ha avviato nei giorni scorsi la campagna informativa: “Casa? Cosa possibile!”, riassunta sui social network con l’hashtag “#CasaConviene”. 

La diffusione delle informazioni è stata realizzata in collaborazione con 30 partner che hanno aderito all’iniziativa: organizzazioni di produttori, associazioni di consumatori e ordini professionali. Quindi, la Direzione della Comunicazione Istituzionale del MEF ha messo a disposizione dei partner i materiali realizzati internamente e, in collaborazione con il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, li ha pubblicati sul sito www.casa.governo.it.

Riportiamo di seguito una sintesi dei contenuti principali, ripartiti per aree tematiche ed elencati in ordine alfabetico. Tutti gli ulteriori approfondimenti possono essere reperiti direttamente on line, sui canali dedicati.

ACQUISTARE/AFFITTARE

Benefici prima casa anche prima di vendere la precedente. La disposizione introdotta dal comma 55 della Legge di Stabilità 2016 consente di beneficiare dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa (applicando l’imposta di registro con aliquota del 2% invece che del 9% ovvero, qualora si compri dall’impresa costruttrice, l’Iva al 4% anziché al 10%) anche nel caso in cui, al momento dell’atto, se ne possegga un’altra per la quale si è fruito della stessa agevolazione. L’unica condizione imposta è che la “vecchia” abitazione venga ceduta entro un anno dal nuovo acquisto. Se l’impegno a vendere il precedente immobile non viene rispettato, si decade dall’agevolazione e bisogna corrispondere l’imposta di registro nella misura ordinaria, con l’aggiunta degli interessi di mora e di una sanzione pari al 30% della maggiore imposta. In caso di operazione soggetta all’imposta sul valore aggiunto, l’ufficio delle Entrate competente recupererà, maggiorata dei relativi interessi, la differenza tra l’Iva calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, e irrogherà la sanzione amministrativa, pari al 30% della differenza medesima.

Sconto Irpef per l’acquisto di abitazioni efficienti. Il comma 56 della Legge di Stabilità 2016 ha istituito un premio fiscale per le persone fisiche che, entro il 31 dicembre 2016, compreranno dall’impresa costruttrice unità immobiliari a destinazione residenziale di classe energetica A o B. Il premio consiste nella possibilità di detrarre dall’Irpef lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, il 50% dell’Iva pagata in relazione all’acquisto. Il beneficio dovrà essere suddiviso in dieci quote costanti, a partire dall’anno in cui la spesa è stata sostenuta.

Meno imposte per chi compra in leasing l’abitazione principale. Il pacchetto di misure per il leasing immobiliare abitativo prevede agevolazioni fiscali e garanzie civilistiche finalizzate a favorire l’utilizzo dello strumento del leasing per l’acquisto dell’abitazione principale. Accesso al mutuo prima casa più facile con le garanzie statali. Il Fondo di garanzia per l’acquisto e la ristrutturazione della prima casa consente di richiedere mutui ipotecari fino a 250.000 euro avvalendosi delle garanzie statali per la metà dell’importo. 

Sospensione rate mutui. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) mette a disposizione uno strumento che permette di sospendere per un tempo determinato il pagamento delle rate del mutuo in caso si verifichino situazioni di temporanea difficoltà economica: il Fondo di solidarietà per i mutui prima casa. 

IMU e TASI agevolate per le case in comodato. Chi concede in comodato un immobile non di lusso ad un familiare che la adibisce ad abitazione principale può godere della riduzione della base imponibile dell’IMU e della TASI al 50%.

Cedolare Secca. La cedolare secca è un regime facoltativo che prevede, per le persone fisiche che affittano un immobile ad uso abitativo, il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef, delle addizionali, dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo. 

ARREDARE

Ristrutturazione edilizia e bonus mobili. La Legge di Stabilità 2016 ha prorogato fino al 31 dicembre 2016 la detrazione del 50% delle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia fino a un massimo di 96.000 euro di spese. Con lo stesso provvedimento è stata confermata, per gli immobili oggetto di ristrutturazione, anche la possibilità di detrarre le spese sostenute fino al 31 dicembre 2016 (da calcolare su un importo massimo di 10.000 euro per unità immobiliare e fruito in dieci quote annuali di pari importo), per acquistare mobili e grandi elettrodomestici di classe energetica non inferiore ad A+ (A per i forni). 

Bonus mobili per le giovani coppie. È stato istituito per il 2016 il bonus mobili per le giovani coppie (nelle quali almeno uno dei due non ha superato i 35 anni di età) che acquistano la prima casa. L’agevolazione consiste in una detrazione Irpef pari al 50% delle spese sostenute nel 2016 per l’acquisto di mobili destinati alla propria abitazione, da calcolare su un ammontare complessivo non superiore a 16.000 euro e da fruire in dieci quote annuali di pari importo. Il bonus mobili non è cumulabile con quello relativo all’acquisto di arredi (mobili e grandi elettrodomestici) per l’immobile ristrutturato. 

RISPARMIO ENERGETICO

Riqualificazione energetica degli edifici. La Legge di Stabilità 2016 ha prorogato la detrazione fiscale pari al 65% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Per gli interventi alle parti comuni degli edifici condominiali e per quelli che riguardano tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio, si potrà godere dell’agevolazione fino al 31 dicembre 2016. 

Quanta energia puoi risparmiare. Una famiglia di 4 persone consuma annualmente circa 3.000 kWh elettrici, 6.000 kWh termici per il riscaldamento degli ambienti e 3.000 kWh termici per il riscaldamento dell’acqua calda sanitaria. La stessa famiglia, utilizzando elettrodomestici a basso consumo e dispositivi per il risparmio dell’acqua e realizzando interventi di riqualificazione energetica dell’immobile, potrebbe arrivare a consumare annualmente circa: 1.500 kWh elettrici, 3.500 kWh termici per il riscaldamento degli ambienti, 2.000 kWh termici per il riscaldamento dell’acqua calda sanitaria. 

RISTRUTTURARE

Adeguamento antisismico. La detrazione del 65% è riconosciuta se gli interventi sono effettuati per il miglioramento o l’adeguamento antisismico e per la messa in sicurezza degli edifici o se gli interventi sono effettuati su edifici ricadenti in zone sismiche ad alta pericolosità adibiti ad abitazione principale o ad attività produttiva.

Cosa puoi detrarre. L’agevolazione fiscale consiste in detrazioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) o dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) ed è concessa quando si eseguono interventi:

* di ristrutturazione edilizia e acquisto mobili ed elettrodomestici connesso alla ristrutturazione;

* di riqualificazione energetica degli immobili;

* di miglioramento e adeguamento sismico.

Le detrazioni, da ripartire in dieci rate annuali di pari importo, sono riconosciute nelle
seguenti misure:

* 50% per le ristrutturazioni edilizie e l’acquisto di mobili ed elettrodomestici;

* 65% per miglioramento energetico;

* 65% per miglioramento e adeguamento sismico.

Cosa devi ricordare. È fondamentale tenere presente le seguenti disposizioni:

* Quando gli interventi consistono nella prosecuzione di lavori appartenenti alla stessa categoria, effettuati in precedenza sullo stesso immobile, ai fini del computo del limite massimo della detrazione occorre tener conto anche delle detrazioni fruite negli anni precedenti.

* Come tutte le detrazioni d’imposta, l’agevolazione è ammessa entro il limite che trova capienza nell’imposta annua derivante dalla dichiarazione dei redditi. In sostanza, la somma eventualmente eccedente non può essere chiesta a rimborso.

* La norma non stabilisce quali opere o impianti occorre realizzare per raggiungere le prestazioni energetiche richieste. L’intervento, infatti, è definito in funzione del risultato che si consegue in termini di riduzione del fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale dell’intero fabbricato. Pertanto, la categoria degli “interventi di riqualificazione energetica” ammessi al beneficio fiscale include qualsiasi intervento, o insieme sistematico di interventi, che incida sulla prestazione energetica dell’edificio, realizzando la maggior efficienza energetica richiesta dalla norma.

* Per beneficiare dell’agevolazione fiscale per il risparmio energetico è necessario acquisire i seguenti documenti:

a) lasseverazione, che consente di dimostrare che l’intervento realizzato è conforme ai requisiti tecnici richiesti. Se vengono eseguiti più interventi sullo stesso edificio l’asseverazione può avere carattere unitario e fornire in modo complessivo i dati e le informazioni richieste. In alcuni casi, questo documento può essere sostituito da una certificazione dei produttori, per esempio, per interventi di sostituzione di finestre e infissi o per le caldaie a condensazione con potenza inferiore a 100 kW (vedi più avanti).

NB: l’asseverazione del tecnico abilitato può essere sostituita dalla dichiarazione resa dal direttore dei lavori (D.M. 6 agosto 2009). Inoltre, nelle ipotesi di autocostruzione dei pannelli solari, è sufficiente l’attestato di partecipazione a un apposito corso di formazione.

b) l’attestato di certificazione (o qualificazione) energetica, che comprende i dati relativi all’efficienza energetica propri dell’edificio. Tale certificazione è prodotta dopo l’esecuzione degli interventi, utilizzando procedure e metodologie approvate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano ovvero le procedure stabilite dai Comuni con proprio regolamento antecedente l’8 ottobre 2005. Per gli interventi realizzati a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008, l’attestato di certificazione energetica degli edifici, ove richiesto, è prodotto, successivamente all’esecuzione degli interventi, utilizzando le procedure e le metodologie indicate dall’articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, ovvero approvate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano, ovvero le procedure stabilite dai Comuni con proprio regolamento antecedente l’8 ottobre 2005. In assenza delle citate procedure, dopo l’esecuzione dei lavori può essere prodotto l’attestato di “qualificazione energetica” in sostituzione di quello di “certificazione energetica”. Il certificato deve essere predisposto in conformità allo schema riportato nell’allegato A del decreto attuativo ed asseverato da un tecnico abilitato. Gli indici di prestazione energetica, oggetto della documentazione indicata, possono essere calcolati, nei casi previsti, con la metodologia semplificata riportata dall’allegato B (o allegato G) dei decreti attuativi.

NB: per le spese effettuate dal 1° gennaio 2008, per la sostituzione di finestre in singole unità immobiliari e per l’installazione di pannelli solari non occorre più presentare l’attestato di certificazione energetica (o di qualificazione) energetica. Tale certificazione non è più richiesta per gli interventi, realizzati a partire dal 15 agosto 2009, riguardanti la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale.

Come avere diritto alla detrazione. I contribuenti devono eseguire i pagamenti mediante bonifici bancari o postali soggetti a ritenuta, con le medesime modalità già previste per i pagamenti dei lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati. Nei bonifici, pertanto, dovranno essere indicati:

* la causale del versamento attualmente utilizzata dalle banche e da Poste Italiane SPA per i bonifici relativi ai lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati;

* il codice fiscale del beneficiario della detrazione;

* il numero di partita Iva ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato.

I contribuenti titolari di reddito di impresa, per beneficiare dell’agevolazione fiscale per il risparmio energetico, sono invece esonerati dall’obbligo di pagamento mediante bonifico bancario o postale. In tal caso, la prova delle spese può essere costituita da altra idonea documentazione.

Quanto puoi detrarre. Il Governo, con la Legge di Stabilità 2016, ha prorogato fino al 31 dicembre 2016 la possibilità di usufruire della detrazione fiscale del 50% e per un importo fino a 96.000 euro per interventi di ristrutturazione edilizia, per ogni unità immobiliare. La detrazione va spalmata in 10 annualità di pari importo.

Inoltre è prevista, fino al 31 dicembre 2016, la detrazione del 50%, entro un massimo di 10.000 euro, per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, indipendentemente dall’importo complessivo delle spese sostenute per la ristrutturazione edilizia e fino ad un massimo di 16.000 euro per l’acquisto di mobili nuovi, effettuato dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per le giovani coppie acquirenti di un immobile da adibire ad abitazione principale.

La detrazione è invece pari al 65% se gli interventi sono effettuati per il miglioramento o l’adeguamento antisismico e per la messa in sicurezza antisismica degli edifici o se gli interventi sono effettuati su edifici ricadenti in zone sismiche ad alta pericolosità adibiti ad abitazione principale o ad attività produttiva.

La Legge di Stabilità 2016 ha prorogato al 31 dicembre 2016 la detrazione fiscale del 65% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, e ha introdotto, per i lavori di efficientamento energetico sulle parti comuni degli stabili, il credito d’imposta cedibile per i condomini, incapienti ai fini fiscali, in favore delle ditte realizzatrici degli interventi. Rimangono invariate le categorie di interventi detraibili aggiunte con la Legge di Stabilità 2015: acquisto e posa in opera delle schermature solari e di impianti di climatizzazione dotati di generatori di calore alimentati a biomasse combustibili. L’agevolazione fiscale consiste in una detrazione dall’imposta lorda, che può essere fatta valere sia sull’Irpef che sull’Ires, in misura pari al 65% delle spese sostenute. Per gli interventi effettuati a partire dal 2011 è obbligatorio suddividere questa detrazione in dieci rate annuali di pari importo. 

Il limite massimo di risparmio ottenibile con la detrazione (100.000, 60.000 e 30.000 euro, a seconda del tipo di intervento) va riferito all’unità immobiliare oggetto dell’intervento stesso. Pertanto, va suddiviso tra i soggetti detentori o possessori dell’immobile che partecipano alla spesa, in ragione dell’onere effettivamente sostenuto da ciascuno. Anche per gli interventi condominiali l’ammontare massimo di detrazione deve essere riferito a ciascuna delle unità immobiliari che compongono l’edificio. Tuttavia, quando si tratta di un intervento di riqualificazione energetica, per il quale è prevista la detrazione di 100.000 euro – e lo stesso intervento si riferisce all’intero edificio e non a “parti” di edificio – tale somma costituisce anche il limite complessivo di detrazione e va ripartita tra i soggetti che hanno diritto al beneficio.

Se sono stati realizzati più interventi di risparmio energetico agevolabili, il limite massimo di detrazione applicabile sarà costituito dalla somma degli importi previsti per ciascuno degli interventi realizzati. Così, per esempio, se sono stati installati dei pannelli solari, per i quali è previsto un importo massimo di detrazione di 60.000 euro, e sostituito l’impianto di climatizzazione invernale, per il quale la detrazione massima applicabile è di 30.000 euro, sarà possibile usufruire della detrazione massima di 90.000 euro.

Invece, il contribuente potrà richiedere una sola agevolazione quando effettua interventi caratterizzati da requisiti tecnici tali da poter essere ricompresi in due diverse tipologie. Questo accade, per esempio, quando sono stati realizzati interventi di coibentazione delle pareti esterne, inquadrabili sia nell’ambito della riqualificazione energetica dell’edificio sia in quello degli interventi sulle strutture opache verticali. In questa situazione il contribuente dovrà indicare nella scheda informativa da inviare all’Enea a quale beneficio intende fare riferimento.

ATTENZIONE: Quando gli interventi realizzati consistono nella prosecuzione di lavori appartenenti alla stessa categoria effettuati in precedenza sullo stesso immobile, per il calcolo del limite massimo di detrazione bisogna tener conto anche delle detrazioni fruite negli anni precedenti. Inoltre, per gli interventi in corso di realizzazione, la detrazione spetta comunque nel periodo d’imposta in cui la spesa è sostenuta, a condizione che il contribuente attesti che i lavori non sono ancora ultimati.

Possono usufruire della detrazione tutti i contribuenti residenti e non residenti, anche se titolari di reddito d’impresa, che possiedono, a qualsiasi titolo, l’immobile oggetto di intervento.
In particolare, sono ammessi all’agevolazione:

* le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni;

* i contribuenti che conseguono reddito d’impresa (persone fisiche, società di persone, società di capitali);

* le associazioni tra professionisti;

* gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale.

Tra le persone fisiche possono fruire dell’agevolazione anche:

* i titolari di un diritto reale sull’immobile;

* i condòmini, per gli interventi sulle parti comuni condominiali;

* gli inquilini;

* coloro che hanno l’immobile in comodato.

Sono ammessi a fruire della detrazione anche i familiari conviventi con il possessore o il detentore dell’immobile oggetto dell’intervento (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado) che sostengono le spese per la realizzazione dei lavori. Tuttavia, se i lavori sono effettuati su immobili strumentali all’attività d’impresa, arte o professione, i familiari conviventi non possono usufruire della detrazione. 

Si ha diritto all’agevolazione anche quando il contribuente finanzia la realizzazione dell’intervento di riqualificazione energetica mediante un contratto di leasing. In tale ipotesi, la detrazione spetta al contribuente stesso (utilizzatore) e si calcola sul costo sostenuto dalla società di leasing. Pertanto, non assumono rilievo, ai fini della detrazione, i canoni di leasing addebitati all’utilizzatore. In ogni caso, i benefici per la riqualificazione energetica degli immobili spettano solo a chi li utilizza. Per esempio, una società non può fruire della detrazione per le spese relative a immobili locati. Questo vale anche se la società svolge attività di locazione immobiliare, in quanto i fabbricati concessi in affitto rappresentano l’oggetto dell’attività d’impresa e non beni strumentali.

Non possono usufruire dell’agevolazione le imprese di costruzione, ristrutturazione edilizia e vendita, per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica su immobili “merce”.

SEMPLICE E VELOCE

Per intervenire e modificare gli edifici e gli appartamenti, oggi con le novità introdotte dallo “Sblocca Italia” (Legge 11 novembre 2014, n. 164) sono state semplificate alcune procedure e abbattuti alcuni costi, previsti dall’attuale norma: il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).

Cosa oggi puoi fare in modo più semplice? Di seguito un sintetico elenco di interventi che possono essere eseguiti con maggiore semplicità burocratica. 

1. Puoi ristrutturare il tuo appartamento: rinnovare e sostituire alcune parti, come l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti, realizzare e migliorare i servizi igienico-sanitari e tecnologici.

2. Puoi dividere un alloggio grande in due più piccoli, o puoi unire alloggi contigui (sia sullo stesso piano che su piani differenti) per realizzarne uno più grande, potrai modificare così la superficie della tua abitazione secondo le nuove esigenze familiari.

3. Tra le opere consentite è anche possibile rinnovare e sostituire parti strutturali degli edifici, come scale pilastri travi muri portanti e altro, ma se sono previsti questi tipi di interventi le procedure saranno differenti.

NB. non puoi modificare la volumetria complessiva degli edifici e non puoi modificare la destinazione d’uso, per esempio non puoi far diventare una casa un ufficio o altro.

Per ulteriori approfondimenti vai sul sito della regione e del comune in cui sorge l’immobile.

Come fare? Per dividere o unire gli appartamenti, si possono fare i lavori senza dover ottenere alcun permesso da parte del comune. Sarà necessario, prima di dare inizio ai lavori, trasmettere al comune, anche semplicemente per via telematica senza recarsi negli uffici, la Comunicazione di Inizio Lavori, la così detta CIL, accompagnata da una asseverazione di un tecnico abilitato alla professione.

Ricordati che se tra i vari interventi che dovrai fare nell’appartamento sono previste opere che riguardano le parti strutturali non si potrà utilizzare la CIL e si dovrà utilizzare il modulo di Segnalazione Certificata di Inizio Attività, la così detta SCIA.

Quali documenti allegare? I documenti che dovranno essere trasmessi all’amministrazione comunale sono:

* elaborato progettuale, cioè i disegni che fanno vedere le modifica dell’alloggio;

* comunicazione di inizio dei lavori asseverata, cioè sottoscritta da un professionista tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono coerenti con le regole e i piani approvati e che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia e che i lavori non interessano le parti strutturali dell’edificio.

* dati che identificano l’impresa alla quale si intende affidare la realizzazione dei lavori, che dovranno essere contenuti nella comunicazione di inizio lavori.

Quando i lavori saranno ultimati si potrà inviare al comune anche una comunicazione di fine lavori. Questa comunicazione è valida ai fini dell’aggiornamento delle variazioni catastali (art. 17, comma 1, lettera b) del regio decreto 13 aprile 1939, n. 652) e obbliga l’amministrazione comunale a inoltrare tempestivamente e direttamente la documentazione ai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate.

Ricordati che se tra gli interventi che dovrai fare nell’appartamento sono previste opere che riguardano le parti strutturali si dovrà utilizzare il modulo SCIA.

Quali costi? Con lo Sblocca Italia per i lavori di frazionamento o accorpamento degli appartamenti i costi sugli oneri da pagare al comuni sono sostanzialmente diminuiti. Dovranno essere pagati solo nel caso in cui le trasformazioni effettuate determinano un aumento della superficie calpestabile dell’appartamento che genera una erogazioni maggiore di servizi da parte dell’amministrazione comunale, il così detto“carico urbanistico” (necessità di più acqua, più fognatura, più parcheggi…). I costi da pagare sono quantificati, comunque, solo rispetto alle opere di urbanizzazione, il costo di costruzione non dovrà essere pagato. Il calcolo degli oneri da pagare sarà quantificato dal comune secondo determinate tabelle parametriche deliberate dall’ amministrazione comunale.

Le norme

* Art. 3 del Testo Unico n. 380/2001:

b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso;

* Art 6 c. 2 del testo Unico n. 380/2001:

2. Nel rispetto dei medesimi presupposti di cui al comma 1, previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale, possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo i seguenti interventi:

a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio;

* Art 6, cc. 4 e 5 del testo Unico n. 380/2001:

4. Limitatamente agli interventi di cui al comma 2, lettere a) ed e-bis), l’interessato trasmette all’amministrazione comunale l’elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio; la comunicazione contiene, altresì, i dati identificativi dell’impresa alla quale si intende affidare la realizzazione dei lavori.

5. Riguardo agli interventi di cui al comma 2, la comunicazione di inizio dei lavori , laddove integrata con la comunicazione di fine dei lavori. è valida anche ai fini di cui all’articolo 17, primo comma, lettera b), del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, ed è tempestivamente inoltrata da parte dell’amministrazione comunale ai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate.

* Art. 17 del Regio Decreto-Legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249:

“Accertamento generale, dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano”. Il nuovo catasto edilizio urbano è conservato e tenuto al corrente, in modo continuo ed anche con verificazioni periodiche,allo scopo di tenere in evidenza per ciascun Comune o porzione di Comune, le mutazioni che avvengono:

a) rispetto alla persona del proprietario o del possessore di beninonche’ rispetto alla persona che gode di diritti reali sui beni stessi;

b) nello stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l’attribuzione della categoria e della classe.

* Art. 17 del Testo Unico n. 380/2001:

4. Per gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, nonché per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 6, comma 2, lettera a), qualora comportanti aumento del carico urbanistico, il contributo di costruzione è commisurato alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione, purché ne derivi un aumento della superficie calpestabile.

CONDOMINIO MINIMO: COME FRUIRE DEL BONUS RISTRUTTURAZIONI?

Condominio minimo e bonus ristrutturazioni: questo il succo del quesito pervenuto alla rubrica di consulenza fiscale di Nuovo FiscoOggi: l’organo ufficiale dell’Agenzia delle Entrate: di seguito la domanda del contribuente e la risposta dell’esperto, Gianfranco Mingione.

D. Il mio condominio, minimo, ha effettuato nel 2016 dei lavori di ristrutturazione edilizia. Non ha però richiesto il codice fiscale. I singoli condòmini hanno sbagliato a portare in detrazione le spese?

R. Per fruire dell’agevolazione in relazione a interventi realizzati sulle parti comuni di edifici residenziali, è necessario che il condominio sia intestatario delle fatture ed esegua, nella persona dell’amministratore o di uno dei condòmini, tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa, compresa la richiesta del codice fiscale. In caso di condominio minimo (con meno di otto condòmini), non tenuto alla nomina di un amministratore, qualora il pagamento sia stato effettuato mediante l’apposito bonifico bancario/postale, senza pregiudizio al rispetto da parte delle banche o di Poste italiane Spa dell’obbligo di operare la prescritta ritenuta, non occorrerà acquisire il codice fiscale del condominio. In tale ipotesi, per beneficiare della detrazione, bisognerà inserire in dichiarazione le spese sostenute utilizzando il codice fiscale del condòmino che ha effettuato il relativo bonifico. Il contribuente, in sede di controllo, dovrà dimostrare che gli interventi sono stati effettuati su parti comuni dell’edificio (circolare 3/E del 2016).

LOCAZIONI NON ABITATIVE: NON C’È OBBLIGO DI ADEGUARE L’IMMOBILE

[A cura di: Ance Foggia]

La Cassazione civile, Sezione III, con la sentenza n. 15377 del 26/7/2016 in tema di obblighi del locatore nei contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, ha ritenuto di aderire ad un sempre più consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale: “in tema di obblighi del locatore, in relazione ad immobili adibiti ad uso non abitativo convenzionalmente destinati ad una determinata attività il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi dipendenti anche dalla situazione del bene sotto il profilo edilizio – e con particolare riguardo alla sua abitabilità e alla sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale – solo quando la mancanza di tali titoli autorizzativi dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire in radice il rilascio degli atti amministrativi necessari e quindi da non consentire in nessun caso l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, può configurarsi l’inadempimento del locatore, fatte salve le ipotesi in cui quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere i necessari titoli abilitativi o, di converso, sia conosciuta e consapevolmente accettata dal conduttore l’assoluta impossibilità di ottenerli”.

Con ciò si afferma, quindi, che gli obblighi posti, in via generale, a carico del locatore in virtù dall’art. 1575 del codice civile, ossia quelli di:

consegnare la cosa locata in buono stato di manutenzione;

* mantenerla in stato da servire all’uso convenuto;

* eseguire tutte le riparazioni necessarie escluse quelle di piccola manuten-zione;

* garantirne il pacifico godimento durante la locazione,

non comprendono altresì l’obbligo, per la specifica fattispecie delle locazioni non abitative, di apportare all’immobile le modifiche necessarie per renderlo idoneo e strutturalmente adeguato agli usi cui intende destinarlo il conduttore a meno che quell’obbligo non venga concordato con patto espresso, non essendo sufficiente la mera enunciazione, nel contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento dell’idoneità dell’immobile da parte del conduttore. 

Il locatore quindi non è tenuto a procurare il rilascio di eventuali e specifici titoli autorizzativi (anche di natura edilizia) che afferiscono alla sua idoneità all’esercizio di una determinata attività commerciale, industriale ecc.. Anche qualora il conduttore non ottenga le necessarie autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al locatore a meno che questi non ne avesse espressamente garantito l’ottenimento.

RICOSTRUZIONE POST TERREMOTI: CHI HA PAGATO E CHI PAGHERÀ

In questi giorni si fa un gran parlare di ricostruzione e di iniziative di solidarietà per le vittime dei territori colpiti dal terremoto del Centro Italia. Tra le tante misure previste dal governo di Matteo Renzi anche il discusso piano Casa Italia, che prevedrà (stando alle ultime indiscrezioni) una serie di incentivi e sgravi fiscali per la messa in sicurezza degli edifici, in chiave antisismica. 

Ma su chi graveranno le spese per la ricostruzione? E soprattutto, come verranno spesi i soldi messi a disposizione? Per rispondere a queste domande, un aiuto arriva dal focus curato dalla CGIA di Mestre che ha stilato l’elenco dei maggiori terremoti che hanno interessato il nostro Paese con i relativi provvedimenti legislativi emanati per aumentare le accise sui carburanti.

Secondo i dati riportati dall’associazione veneta, dal 1968 a oggi, attraverso queste ultime, gli italiani hanno pagato circa 145 miliardi di euro per le ricostruzioni post terremoto, ovvero più del doppio rispetto a quanto speso (70,4 miliardi di euro) per ricostruire tutte e 7 le aree duramente colpite dai terremoti che si sono succeduti in questi ultimi decenni.

Più nel dettaglio, sono 5 gli incrementi delle accise sui carburanti introdotti in questi ultimi 48 anni per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Dal 1970 (primo anno in cui sono disponibili i dati sui consumi dei carburanti) al 2015 gli italiani hanno versato nelle casse dello Stato 145 miliardi di euro nominali (261 miliardi di euro se attualizzati). Se teniamo conto che il Consiglio Nazionale degli Ingegneri stima in 70,4 miliardi di euro nominali (121,6 miliardi se attualizzati) il costo complessivo resosi necessario per ricostruire tutte e 7 le aree fortemente danneggiate dal terremoto (Valle del Belice, Friuli, Irpinia, Marche/Umbria, Molise/Puglia, Abruzzo ed Emilia Romagna), possiamo dire che in quasi 50 anni in entrambi i casi (sia in termini nominali sia con valori attualizzati) abbiamo versato più del doppio rispetto alle spese sostenute. Solo i più recenti, ovvero i sismi dell’Aquila e dell’Emilia Romagna, presentano dei costi nettamente superiori a quanto fino ad ora è stato incassato con l’applicazione delle rispettive accise. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha calcolato, sulla base dei consumi annui di carburante, quanti soldi ha riscosso lo Stato con l’introduzione delle accise che avevano la finalità di finanziare la ricostruzione di 5 delle 7 aree devastate dal terremoto. “Ogni qual volta ci rechiamo presso un’area di servizio a fare il pieno alla nostra autovettura – sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – 11 centesimi di euro al litro ci vengono prelevati per finanziare la ricostruzione delle zone che sono state devastate negli ultimi decenni da questi eventi sismici. Con questa destinazione d’uso gli italiani continuano a versare all’erario circa 4 miliardi di euro all’anno. Se, come dicono gli esperti, questi fenomeni distruttivi avvengono mediamente ogni 5 anni, è necessario che queste risorse siano impiegate in particolar modo per realizzare gli interventi di prevenzione nelle zone a più alto rischio sismico e non per altre finalità”. I disastri a cui sono seguiti l’aumento delle tasse sui carburanti sono 5. Esse sono: 

* Valle del Belice (1968): l’allora Governo guidato da Aldo Moro introdusse un’accisa sui carburanti di 10 lire al litro. Dal 1970 fino al 2015 l’erario ha incassato 8,6 miliardi di euro nominali. Secondo il Consiglio Nazionale degli Ingegneri la ricostruzione è costata 2,2 miliardi di euro nominali. In valori attualizzati al 2016, invece, il costo è stimabile in 9,1 miliardi di euro e la copertura ricavata dal gettito fiscale di 24,6 miliardi di euro; 

* Friuli (1976): l’accisa introdotta sempre da un esecutivo presieduto da Aldo Moro fu di 99 lire al litro. Dal 1976 al 2015 questa imposta ha garantito un gettito di 78,1 miliardi di euro nominali, mentre per gli ingegneri la ricostruzione è costata 4,7 miliardi di euro nominali. Attualizzando gli importi, invece, si evince che la spesa per la ricostruzione è stata di 18,5 miliardi di euro, mentre il gettito fiscale recuperato è stato di 146,6 miliardi di euro; 

* Irpinia (1980): il Governo di Arnaldo Forlani approvò l’introduzione di un’accisa di 75 lire al litro. In questi 35 anni di applicazione l’erario ha riscosso un gettito di 55,1 miliardi di euro nominali. Stando alle stime rese note dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, la riedificazione degli immobili e delle infrastrutture è costata 23,5 miliardi di euro nominali. Se, invece, attualizziamo le cifre si deduce che il costo si è aggirato attorno ai 52 miliardi di euro mentre la copertura è stata di 86,4 miliardi di euro; 

* Abruzzo (2009): il Governo di Silvio Berlusconi ritoccò il prezzo della benzina e del gasolio per autotrazione di 0,004 euro al litro. A fronte di una spesa ipotizzata dagli Ingegneri di 13,7 miliardi di euro nominali, lo Stato finora ha incassato 539 milioni di euro nominali. Attualizzando i dati, invece, il costo è sempre di 13,7 miliardi di euro e il gettito proveniente dall’accisa di 540 milioni di euro; 

* Emilia Romagna (2012): l’esecutivo presieduto da Mario Monti decise di aumentare le accise sui carburanti di 0,02 euro al litro. Stando ad una spesa per la ricostruzione che dovrebbe aggirarsi attorno ai 13,3 miliardi di euro nominali, il gettito riscosso fino adesso con l’accisa sulla benzina e sul gasolio per autotrazione è stato di quasi 2,7 miliardi di euro nominali. Con i dati attualizzati, sia i costi che il gettito sono in linea con i valori nominali. 

“Se l’applicazione delle accise per la ricostruzione sono in parte giustificabili – conclude il segretario della CGIA Renato Mason – perché mai quando facciamo benzina o gasolio dobbiamo continuare ancora a pagare quelle per la guerra in Abissinia del 1935, per la crisi di Suez del 1956, per il disastro del Vajont del 1963 e per l’alluvione di Firenze del 1966 fino ad arrivare al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004 ? Alcune di queste non potremmo cancellarle ?” La CGIA ricorda che con la Finanziaria 2013 il Governo Monti ha reso permanenti le accise introdotte per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Per il terremoto delle Marche e dell’Umbria (1997) e per quello del Molise e della Puglia (2002) non è stata introdotta nessuna accisa. Si segnala, infine, che i risultati emersi in questa elaborazione sono al netto degli effetti del provvedimento introdotto nel 1999 dal Governo D’Alema. Con il d.lgs. n° 173, infatti, i Presidenti di regione possono introdurre un’accisa locale per far fronte anche ai costi provocati dalle calamità naturali.

LEASING IMMOBILIARE: LA STRUMENTALITÀ DEL BENE DEVE ESSERE PROVATA DI VOLTA IN VOLTA

[A cura di: Salvatore Servidio – Nuovo FiscoOggi, Agenzia delle Entrate] La funzione dell’immobile non può essere presunta, ricavandola dalla categoria catastale di appartenenza, ma deve essere provata di volta in volta, in rapporto all’attività svolta dall’azienda.
Il riconoscimento del carattere strumentale di un immobile presuppone la prova della funzione strumentale del bene non in senso oggettivo, ma in rapporto all’attività dell’azienda. Questo il principio affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 16788 del 9 agosto 2016.

La lite
All’esito sfavorevole in primo grado del ricorso proposto da una società avverso un avviso di accertamento, ne seguiva il parziale accoglimento dell’appello, riconoscendole il giudice del riesame la deducibilità dei canoni di leasing di un immobile.
A tal fine, la Commissione regionale ha motivato che, a norma dell’articolo 40, comma 2, Dpr 917/1986, gli immobili relativi a imprese commerciali non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni si considerano strumentali anche se non utilizzati (“immobili strumentali per natura”) e che, per individuare tale tipologia, occorreva riferirsi alla categoria catastale loro attribuita.
Nel susseguente ricorso per cassazione, l’ente impositore denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in quanto, per giustificare la deduzione dei relativi costi, la Commissione regionale non poteva ritenere sufficiente la qualificazione dell’immobile detenuto in leasing come bene strumentale per natura, ex articoli 102, comma 7 (già 68, comma 8), e 75 (ora 109) del Tuir, occorrendo invece la verifica del requisito dell’inerenza, ossia che il bene sia effettivamente destinato all’esercizio dell’attività produttiva (correlazione tra costo e ricavi), concorrendo alla determinazione del reddito.
In caso contrario, si ammetterebbe la deduzione – contra legem – anche nel caso di beni utilizzati per fini personali o per fini comunque estranei all’attività dell’impresa.

Motivi della decisione
La Corte di cassazione ritiene il ricorso meritevole di accoglimento.
Partendo dall’incontrovertibile dato di fatto che in sede di processo verbale di constatazione era stato accertato che l’immobile detenuto in leasing non era mai stato utilizzato per l’attività di impresa, ma solo per esigenze personali, nell’accogliere il ricorso erariale la Suprema corte sottolinea che, nel caso in esame, il giudice d’appello si è limitato a ravvisare la strumentalità per natura ricavandola “esclusivamente” dalla categoria catastale (classificati nei gruppi B, C, D ed E, nonché A/10 – uffici, così come da risoluzione ministeriale n. 3/330 del 3 marzo 1989), mentre invece avrebbe dovuto valutare in concreto, in base agli elementi dedotti in giudizio, la funzione strumentale del bene in rapporto all’attività societaria.
Pertanto, è da precisare, in via prioritaria, che la strumentalità del bene non può essere presunta, ma deve essere provata di volta in volta, senza che sia ipotizzabile una categoria di beni “oggettivamente strumentali”, ovvero strumentali “in re ipsa”.
In tema di imposte sui redditi, il riconoscimento del carattere strumentale di un immobile, ai sensi dell’articolo 40, comma 2, del Dpr 917/1986 (ora articolo 43), presuppone la prova della funzione strumentale del bene non in senso oggettivo, ma in rapporto all’attività dell’azienda, non contemplando tale disposizione una categoria di beni la cui strumentalità è “in re ipsa”, potendosi prescindere (ai fini dell’accertamento della strumentalità) dall’utilizzo diretto del bene da parte dell’azienda soltanto nel caso in cui risulti provata l’insuscettibilità (senza radicali trasformazioni) di una destinazione del bene diversa da quella accertata in relazione all’esercizio di impresa (così Cassazione 12999/2007 e 4306/2015).
Deve, quindi, affermarsi che, nell’ipotesi in esame, occorre parlare non di una strumentalità “oggettiva”, bensì di una strumentante “astratta”, nel senso che deve pur sempre accertarsi il rapporto strumentale tra bene e attività aziendale, potendosi però, in concreto, prescindere dall’utilizzo diretto del bene, purché in presenza del presupposto dell’insuscettibilità di diversa destinazione.
Nel caso di specie, invece, conclude la sezione tributaria, il giudice d’appello si è erroneamente limitato a ravvisare la strumentalità “per natura” ricavandola dalla categoria catastale, tralasciando di valutare in concreto il rapporto funzione strumentale del bene/attività aziendale, costituendo l’inerenza – in ultima analisi – condizione generale per la deduzione delle spese ai sensi dell’articolo 109 del Tuir.
Solo così, in presenza di bene immobile strumentale all’attività svolta, è ammessa la deducibilità fiscale dei canoni di leasing.
Parallelamente, anche ai fini Iva, l’imprenditore che intenda avvalersi della detrazione del tributo (articolo 19 del Dpr 633/1972) deve provare, sulla scorta di elementi oggettivi, che l’operazione in concreto sia inerente all’esercizio effettivo dell’attività di impresa e sia destinata, almeno in prospettiva, a procurargli un lucro (ex plurimis, vedi Cassazione 1421/2008, 7465/2009, 6883 e 16684 del 2016).
Anche secondo la giurisprudenza comunitaria, per stabilire se sia o meno detraibile un’attività di acquisto o ristrutturazione di un bene da adibire all’esercizio dell’impresa, “deve aversi riguardo all’intenzione del soggetto passivo di imposta, confermata da elementi obiettivi, di utilizzare un bene o un servizio per fini aziendali” (Corte di giustizia, cause C-97/90 del 1991, C-400/98 del 2000, C-334/10 del 2012).

SISMA CENTRO-ITALIA: L’AUTORITÀ SOSPENDE LE BOLLETTE DI ACQUA, LUCE E GAS

L’Autorità per l’energia ha approvato un provvedimento di urgenza che sospende dal 24 agosto scorso la fatturazione e il pagamento delle bollette di luce, gas e acqua a favore della popolazione delle zone colpite dal terremoto nell’Italia centrale. Con la delibera 474/2016/R/com approvata nel Consiglio del 25 agosto, l’Autorità ha così stabilito per la fornitura di energia elettrica, gas – compresi il gpl e altri gas distribuiti per mezzo di reti canalizzate – e del servizio idrico integrato.
Il provvedimento riguarda tutte le utenze nei Comuni danneggiati dagli eventi sismici, come individuati da successivi provvedimenti delle autorità competenti.
La misura verrà applicata dalla data di emanazione da parte delle autorità competenti dei provvedimenti per l’identificazione dei Comuni danneggiati dagli eventi sismici del 24 agosto e successivi, e dei provvedimenti straordinari che verranno adottati dal Governo a sostegno delle popolazioni interessate dagli eventi sismici.
La sospensione dei pagamenti delle bollette è un primo provvedimento di urgenza, in vista di nuovi interventi dell’Autorità che possano prevedere anche l’eventuale introduzione di agevolazioni di natura tariffaria come già fatto per il terremoto in Abruzzo del 2009 e per quello in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto del 2012.
La delibera è disponibile sul sito www.autorita.energia.it oppure qui.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Ladro d’appartamento

morde padrone di casa

È finito in manette e dovrà rispondere del reato di tentata rapina aggravata l’uomo di 32 anni che aveva tentato di svaligiare una casa in provincia di Olbia. I carabinieri sono risaliti al malvivente grazie alla testimonianza del padrone di casa, che dopo essersi accorto della presenza del ladro, aveva tentato di bloccarlo, senza esito. L’uomo, infatti, era riuscito a divincolarsi dalla presa del proprietario sferrandogli un morso sul braccio e costringendolo a lasciare la presa. Per fortuna, il malcapitato ha avuto la prontezza di allertare immediatamente le forze dell’ordine. 

Condominio in fiamme

a causa dei condizionatori

Pomeriggio di panico per gli abitanti di un palazzo situato nel centro di Bologna, che hanno dovuto abbandonare di corsa l’edificio a causa di un incendio, divampato al piano terra. A scatenare il rogo è stato, con ogni probabilità, il surriscaldamento dei condizionatori dell’aria di alcuni uffici, all’interno della palazzina. Sul posto sono subito intervenuti i vigili del fuoco che hanno fatto sgomberare l’immobile e messo in sicurezza l’area. Danneggiati numerosi terrazzi posti ai piani superiori e lambiti dalle fiamme, che hanno raggiunto il quarto piano dello stabile.

Ladro aggredisce donna

per svaligiare la casa

È stato arrestato in flagranza di reato l’uomo di 61 anni, pregiudicato, che dopo essersi introdotto in un appartamento in provincia di Caserta, ha tentato di zittire la moglie del proprietario afferrandola alla gola e minacciandola di morte. Il malvivente, nonostante la presenza della donna e dei due figli di 2 e 6 anni, ha continuato a rovistare l’alloggio in cerca di oggetti di valore, fino all’arrivo dei militari dell’Arma, che nel frattempo erano stati allertati dai vicini di casa.

Incendio in appartamento

Muore donna disabile

Incendio mortale in un comune alle porte di Roma, dove una donna disabile di 58 anni è rimasta vittima delle fiamme che, nel pomeriggio, hanno avvolto il casolare dove viveva assieme al marito 60enne. Il rogo è partito dai campi che circondavano l’abitazione. Inutile il tentativo dell’uomo di domare le fiamme e mettere in salvo la moglie, rimasta intrappolata in casa. Quando i pompieri sono giunti sul posto hanno trovato il cadavere della 58enne completamente carbonizzato, poco distante dalla porta d’ingresso.

Bimbo solo in casa

muore dissanguato

Tragedia domestica al terzo piano di una casa popolare di Bologna, dove un bambino di 8 anni è morto dissanguato dopo aver tirato un calcio alla porta finestra del balcone, per liberare il cuginetto di 3 anni, rimasto chiuso fuori. A rinvenire il corpo senza vita del bambino, ferito dai vetri in frantumi, è stata la madre, rientrata a casa dopo essere andata a fare la spesa assieme alla sorella. Come da prassi, le due donne sono state iscritte nel registro degli indagati, rispettivamente per omicidio colposo e abbandono di minore. 

Sfonda la porta e rompe

il naso della proprietaria

Ci sarebbe un movente sentimentale all’origine del comportamento di un uomo di 34 anni che, in piena notte, ha fatto irruzione in un condominio di Pisa, prendendo a calci e pugni le porte d’ingresso degli appartamenti, in cerca di una ragazza. Vittima del gesto inconsulto, una signora che si era alzata per vedere cosa stesse accadendo e si è vista crollare addosso la porta di casa, riportando la frattura al naso. L’uomo ha continuato a dare in escandescenza anche dopo l’arrivo dei carabinieri, che l’hanno arrestato per danneggiamento aggravato, violazione di domicilio, lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficiale.

Trattore sbanda su casa

I residenti restano illesi

Brusco risveglio per un 24enne e per i suoi parenti, che si trovavano con lui in casa, in provincia di Forlì-Cesena. Pensavano fosse un terremoto, ma la causa del boato che li ha buttati giù dal letto di prima mattina non era una scossa sismica, ma lo schianto di un trattore, letteralmente piombato in una delle camere da letto dell’abitazione, con il forcone anteriore alzato. Nonostante alcuni calcinacci abbiano lambito il letto dove dormiva uno degli occupanti, per fortuna, nessuno è rimasto ferito. La casa è stata dichiarata inagibile dai vigili del fuoco.

Incendia la casa della ex

38enne resta ustionato 

Lungo elenco di addebiti per l’uomo di 38 anni, ritenuto responsabile dalla polizia di Stato dell’incendio di un appartamento, al quarto piano di un condominio di Napoli. Il 38enne è stato intercettato all’ospedale dov’era ricoverato per le ustioni riportate. Gli agenti sono risaliti al piromane grazie alla testimonianza della proprietaria dell’immobile, che ha raccontato di aver avuto una relazione con lui. Agli arresti domiciliari, l’uomo aveva fornito al nosocomio le generalità del fratello ed è stato denunciato, tra l’altro, per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico.

LA CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA CONDOMINIALE QUALE ATTO UNILATERALE

[A cura di: avvocato Gian Vincenzo Tortorici – pres. Centro studi Anaci]

Il condominio, come è noto, è un ente di gestione così definito dalla prevalente giurisprudenza e dottrina in quanto la sua disciplina si trova nel libro Terzo del Codice Civile relativo ai diritti reali, ma presenta analogie con gli enti collettivi, disciplinati viceversa nel libro Quinto e ciò in relazione alla presenza di più comproprietari dei beni comuni che deliberano collettivamente la gestione dei medesimi in una apposita assemblea di condominio. 

L’assemblea di condominio deve essere convocata esclusivamente dal suo amministratore, organo esecutivo del condominio stesso, e in via eccezionale può essere convocata dai condòmini in due sole ipotesi: 

a) anche da uno solo se manchi l’amministratore, ad esempio se si tratta di uno stabile di nuova costruzione; 

b) da due condòmini, rappresentanti almeno un sesto del valore dell’edificio, che abbiano richiesto all’amministratore del condominio la convocazione di una assemblea per deliberare in merito ad un particolare ordine del giorno specificato e l’amministratore sia rimasto 

inerte a fronte di tale richiesta. 

Le leggi successive alla disciplina codicistica, in particolare emanate dopo il 1989, hanno sempre più professionalizzato l’attività dell’amministratore di condominio, in quanto al medesimo sono state attribuite responsabilità, anche di natura penale, per quanto attiene alla gestione latu sensu intesa dell’immobile e dei servizi condominiali; si pensi alla normativa inerente al corretto funzionamento dell’impianto di riscaldamento centralizzato finalizzato al risparmio energetico o alla disciplina inerente alla sicurezza dei luoghi di lavoro a tutela della salute dei lavoratori subordinati. Ma l’amministratore di condominio, pur dovendo conoscere le nuove leggi, non può dimenticarsi del codice civile che è la legge base su cui si fonda il diritto italiano. 

D’altronde la nullità o l’annullabilità delle delibere condominiali delle assemblee di condominio si evince proprio dalle disposizioni del codice civile, anche applicate in via analogica al condominio (combinato disposto degli artt. 2377 e 2379 c.c.), e che riguardano gli enti collettivi; così ad esempio l’assemblea è annullabile se l’amministratore di condominio non convoca un condomino in assemblea (Cass.5/05/2004, n.8493). La problematica delle modalità di convocazione dell’assemblea, che era stata precisata dalla Corte Suprema di Cassazione con sentenza n.8449/2008, si fondava sul presupposto che la convocazione di assemblea poteva essere “verbale”, ma in ogni caso l’amministratore doveva poter dimostrare di aver convocato in assemblea anche il condomino rimasto assente e che avesse eccepito di non essere stato convocato. Rileva in questa fattispecie, in particolare, la natura della convocazione d’assemblea e si deve rilevare che tra gli atti, che devono essere compiuti dall’amministratore di condominio, sussistono gli atti unilaterali tra vivi, vale a dire quelli atti che provengono da una sola parte e che producono effetti giuridici nella sfera patrimoniale dell’altra parte e che sono soggetti alla medesima disciplina dei contratti (art.1324 c.c.). 

Gli atti unilaterali producono gli effetti giuridici solo dal momento che vengono a conoscenza della parte alla quale sono stati indirizzati ex art.1334 c.c. (Cass.25/09/2006 n.20784); tali atti si intendono pervenuti a conoscenza del destinatario ex art.1335 c.c. allorché giungono al suo indirizzo e, nel caso lo stesso sia assente, sia stato rilasciato dall’incaricato alla distribuzione l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale(Cass.31/03/2016 n. 6246); al medesimo destinatario compete l’onere eventuale di dimostrare in modo rigoroso di essere stato assolutamente impossibilitato a ritirarlo (Cass.15/04/2006 n. 8649). 

Tra i principali atti unilaterali che l’amministratore compie vi sono quelli della denuncia di un sinistro all’assicurazione, il licenziamento disciplinare del dipendente del condominio (Cass.18/09/2007 n. 19343), la disdetta del contratto di locazione dell’ex alloggio di servizio del portiere, il recesso da un contratto di appalto, se previsto in contratto, la costituzione in mora del condomino moroso (Cass.16/02/2007 n. 9046), la denunzia dei vizi all’appaltatore ex art.1667 c.c. e appunto la convocazione di assemblea. 

Con riferimento alla convocazione di assemblea, che si rammenta deve pervenire a destinazione almeno cinque giorni prima dell’assemblea convocata in prima convocazione, salvo il maggior periodo previsto da una clausola contrattuale del regolamento, l’amministratore deve essere a conoscenza della normativa sugli atti unilaterali in quanto deve tenere in considerazione la data di arrivo a destinazione della raccomandata o comunque della avvenuta comunicazione inerente alla convocazione dell’assemblea, in qualsiasi forma proposta ai condòmini, e pertanto deve premunirsi per evitare possibili disguidi e ritardi. Ne discende quindi che il condomino rimasto assente dall’assemblea, perché non ha ritirato la raccomandata pervenuta a destinazione nei termini di legge, e tornata quindi al mittente per compiuta giacenza, non può impugnare la delibera assembleare che è perfettamente valida, né può farlo il condomino che abbia rifiutato la ricezione della raccomandata o l’abbia respinta al mittente. 

L’amministratore di condominio, una volta accertate le circostanze sopra indicate, può dar corso alle delibere condominiali da ritenersi perfettamente valide, non sussistendo alcun vizio nella formazione della volontà assembleare, senza correre il rischio che il condomino rimasto assente possa impugnare le delibere stesse e chiederne la sospensione giudiziaria, eccependo di non essere stato convocato. Il legislatore, con la legge 11 dicembre 2012, n. 220 ha agevolato il compito dell’amministratore stabilendo che la convocazione dell’assemblea può avvenire, oltre che con il tradizionale mezzo della raccomandata, con consegna a mano e con posta elettronica certificata, purché sia l’amministratore, sia il condomino ne siano in possesso. 

 

Rivende un alloggio e ne acquista un secondo dove prende residenza: bonus salvo

Compra un alloggio con il bonus prima casa, lo rivende e ne acquista un secondo dove entro un anno stabilisce la propria residenza. Per la Cassazione l’agevolazione fiscale, di cui l’Agenzia delle Entrate contestava la decadenza, è invece salva. Vediamo perché.

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Cassazione, Sez. V-Trib., 
sent. 7.10.2015, 
n. 20042
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.A. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 97/28/2009, depositata in data 19/05/2009, con la quale, in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di liquidazione relativo all’imposta di registro (dovuta secondo l’aliquota ordinaria e non agevolata) e di irrogazione delle sanzioni, per l’anno 2004, è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.
In particolare, i giudici d’appello hanno accertato che la contribuente aveva acquistato il 2/3/2004 un immobile sito nel Comune di Mozzate, chiedendo di potersi avvalere delle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa, con l’impegno di trasferivi la propria residenza entro 18 mesi dalla data del rogito, ma aveva poi deciso, per ragioni di ordine personale, di vendere la casa, nell’ottobre 2004, per acquistare il 1/4/2005 altra unità immobiliare, nel Comune di Francavilla a Mare, dove aveva trasferito la propria residenza il 7/3/2005, cosicché, stante il mancato adempimento dell’obbligo di trasferimento di residenza nel Comune di Mozzate, l’avviso di accertamento deve ritenersi legittimo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1, nota 2 bis della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, non avendo i giudici dato rilievo al fatto che comunque la contribuente, entro l’anno decorrente dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici, aveva provveduto a comprane un altro da adibire a casa come abitazione principale.
Con il secondo motivo, la stessa ricorrente lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c., avendo la C.T.R. omesso di pronunciarsi, sia sulla propria difesa concernente la circostanza sopra esposta (acquisto, successivo all’alienazione del primo, di altro immobile adibito ad abitazione principale, nel quale la contribuente aveva già trasferito la propria residenza), sia in riferimento all’eccepita erronea liquidazione dell’imposta.
La prima censura è fondata.
La C.T.R. ha applicato il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1 della tariffa, parte 1, nota 2 bis n. 1, lett. a), facendo leva sull’inosservanza da parte della contribuente dell’obbligo di trasferire la propria residenza nel comune dov’è ubicato l’immobile, oggetto delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto.
Effettivamente, la realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto e costituisce un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, il cui mancato assolvimento comporta la decadenza dell’agevolazione, salvo, tuttavia, che ricorra un’ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore (orientamento pacifico, per l’affermazione del quale, vedi, fra varie, Cass. 19 dicembre 2013, n. 28401 e Cass. 29 settembre 2013, n. 26674).
Tuttavia, la Nota 2 bis dell’art. 1, della prima parte della tariffa allegata al citato D.P.R. n. 131 del 1986 , nel testo vigente ratione temporis, così recita: “2 bis) 1. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 4 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso … devono ricorrere le seguenti condizioni: a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza … La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto; b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare; c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui …4. In caso di dichiarazione mendace, o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte … Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.
La contribuente lamenta che non si sia applicato il disposto del comma 4, della nota 2 bis dell’art. 1, avendo la C.T.R. ritenuto che fosse comunque maturata la decadenza della agevolazione goduta in relazione al primo acquisto immobiliare, per il solo fatto che la contribuente non aveva trasferito ivi la residenza, senza considerare che essa aveva trasferito la residenza nel secondo immobile acquistato, condizione questa imprescindibile per avere diritto a conservare l’agevolazione goduta per il primo acquisto (cioè dell’immobile rivenduto entro il quinquennio).
Ciò posto, va rilevato che viene qui in considerazione il tema dei plurimi atti di rivendita e riacquisto di immobili da adibire a prima casa di abitazione a seguito del godimento del beneficio in riferimento ad un acquisto originario, nell’ottica dell’integrazione dei requisiti necessari a conservare l’agevolazione originariamente goduta.
Sul punto, questa Corte ha già chiarito che “l’agevolazione prevista dalla norma di cui si tratta può essere mantenuta solo se l’acquisto sia seguito dalla effettiva realizzazione della destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione propria, anche in riferimento a ciascuno dei plurimi acquisti che il contribuente possa avere effettuato nell’arco del tempo previsto dalla legge dopo la rivendita dell’immobile originariamente acquistato, in termini tali che per ciascuno degli acquisti intermedi il contribuente sia onerato di dimostrare l’effettiva realizzazione dell’intento, in virtù del concreto trasferimento della propria residenza anagrafica nell’unità abitativa correlata. Ed invero, i benefici fiscali sono, per loro natura, subordinati al raggiungimento dello scopo per cui vengono concessi, sicché il raggiungimento dello scopo (abitativo) rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio, connaturato alla stessa ratio dell’istituto” (Cass. 8847/2015). Come evidenziato dalla Corte, dunque, “salvi i benefici goduti in riferimento al primo originario acquisto) i benefici richiesti in relazione agli acquisti successivi resteranno acquisiti a condizione che si maturi (entro il termine di mesi diciotto dal primo atto di acquisto) la condizione imposta dalla legge in relazione ai successivi atti di acquisto, e cioè la fissazione della residenza anagrafica in uno qualunque degli immobili oggetto di riacquisto dopo la rivendita del precedente”.
Ora, effettivamente, la contribuente, entro il termine di 18 mesi dal primo acquisto, allorché dunque non era ancora decaduta dall’agevolazione fiscale, essendo ancora in termini per adempiere all’obbligo, dichiarato nell’atto, di trasferire nell’immobile la propria residenza, ha alienato l’immobile in Comune di Mozzate (nell’ottobre 2004), entro il quinquennio dall’acquisto, ed ha acquistato, nell’aprile 2005, entro un anno dall’alienazione, altro immobile in Comune di Francavilla al Mare, trasferendovi la propria residenza, sin dal marzo 2005, in conformità alla disposizione normativa sopra richiamata. Nella specie, dunque, la contribuente, nei diciotto mesi dal primo acquisto, ha provveduto a fissare la residenza nel Comune ove, previa alienazione del primo, aveva acquistato il secondo immobile.
La seconda censura è assorbita.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va accolto il ricorso della contribuente. Le spese del giudizio di merito vanno integralmente compensate tra le parti, in considerazione delle peculiarità della vicenda processuale. Le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di merito; condanna la controricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.