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Notariato: uno studio sulle previsioni fiscali delle cessioni immobiliari

[A cura di: Consiglio nazionale del Notariato] l’Area scientifica del Consiglio nazionale del Notariato ha approvato lo Studio n. 102-2016T “Cessioni immobiliari e/o aziendali e presunzione di maggior corrispettivo”. Nel decreto legislativo per la internazionalizzazione delle imprese (n. 147/2015) figura una norma che potrebbe comportare un sensibile cambio di rotta dell’Amministrazione finanziaria con riguardo agli accertamenti nell’ambito delle imposte dirette e ai fini IRAP prevedendo l’insufficienza, allo scopo, del riferimento al solo valore anche se dichiarato, accertato o definito per l’imposta di registro e per le imposte ipocatastali dovute per cessioni immobiliari e/o aziendali.
Sul sito internet del Notariato si può consultare l’intero studio, che contiene anche un’analisi dei risvolti pratici della norma di riferimento.

Unioni civili e detrazioni d’imposta: cosa cambia per le ristrutturazioni

[A cura di: Andrea Cartosio – Istituto nazionale Tributaristi] La Legge sulle unioni civili n. 76/2016 ha parificato al vincolo giuridico derivante dal matrimonio quello generato dalle unioni civili, pertanto l’Amministrazione finanziaria ha specificato che nonostante la legge appena citata non abbia previsto un’assimilazione tra convivenze di fatto e unioni civili, ai conviventi sono stati estesi alcuni diritti spettanti ai coniugi per esempio il diritto all’accesso alle informazioni sanitarie.
In quest’ottica, in sostanza è stato assegnato un valore alle coppie di fatto e al legame creato tra esse anche in funzione dell’immobile adibito ad abitazione. Tale interpretazione fa sì che il contratto di comodato (fino a ieri essenziale per poter utilizzare le detrazioni d’imposta) non sia più necessario per poter godere della detrazione Irpef sulle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio. Nella risoluzione emanata dall’Agenzia delle entrate n. 64 del 28/07/2016, la stessa conclude affermando che il coabitante more uxorio che effettua le spese di ristrutturazione edilizia può avvalersi della detrazione Irpef, alla maniera di quanto chiarito per i familiari conviventi. 

Prorogata al 15 settembre la scadenza per presentare il modello 770/2016

[A cura di: Andrea Cartosio – tributarista INT] Finalmente si ha l’ufficialità: è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che determina la proroga dei termini per l’invio telematico del modello 770/2016 e fissa la scadenza al 15 settembre 2016. Il termine originario per la presentazione del dichiarativo era fissato nel giorno di domenica 31 luglio ossia il 1° agosto poiché la scadenza risultava essere in festivo, al quale doveva aggiungersi il termine di  sospensione feriale fino al 20 agosto, che essendo nuovamente di giorno festivo slittava alla data di lunedì 22 agosto. La proroga era stata ritenuta necessaria dalle categorie professionali del settore poiché già oberate dai numerosi adempimenti fiscali al quale ottemperare per conto dei contribuenti e dei sostituti d’imposta, tra i quali anche i condomini.

IL BONUS PRIMA CASA SE UNO DEI CONIUGI RISIEDE IN UN COMUNE DIVERSO

[A cura di: Maria Rosaria Monsellato – Centro studi nazionale Appc]

Con sentenza num. 13334/16 del 28.06.2016 la Suprema Corte ha stabilito che il bonus prima casa spetta ai coniugi, anche nell’ipotesi in cui risiedano in luoghi diversi. Secondo la Cassazione, infatti, il cambio della residenza nei 18 mesi successivi all’acquisto dell’immobile può avvenire anche per uno solo dei coniugi, nel caso in cui nel predetto immobile sia la famiglia ad aver stabilito la sua residenza. Riprendendo, quindi, l’art. 144 c.c., la Corte di Cassazione ha ribadito l’autonomia della famiglia quale soggetto distinto rispetto ai due coniugi, trattandosi di fatto di un’altra entità.

Pertanto, fermo restando il fatto che l’immobile debba essere comprato dai due coniugi, le condizioni per ottenere le agevolazioni prima casa si avranno sia nel caso in cui entrambi risiedano nel comune dove l’abitazione è ubicata, sia nell’ipotesi in cui marito e moglie risiedano in due comuni diversi. In quest’ultima ipotesi è, però, necessario che:

* l’immobile si trovi in uno dei due comuni (quello in cui risiede il marito ovvero la moglie);

* nel Comune “scelto” la famiglia, considerata includendo gli altri componenti, ha sua residenza;

* si tratti di un acquisto compiuto in regime di comunione legale dei beni.

Porre quest’ultima condizione non è causale, poiché, sebbene possa sembrare ridondante, il nuovo immobile rientra nel patrimonio di entrambi.

Ora, il punto è capire se l’interpretazione data dalla Suprema Corte stravolge quanto disciplinato fino ad oggi o pone chiarezza. Sicuramente permette una maggiore estensione dei benefici fiscali e nel contempo fornisce un’interpretazione estensiva della norma che va a vantaggio del contribuente.

 

AFFITTACAMERE: LA CESSIONE D’AZIENDA SVOLTA IN UN IMMOBILE LOCATO

[A cura di: avvocato Gian Vincenzo Tortorici – pres. Centro studi Anaci]

L’art. 36 della legge 27 luglio 1978 n. 392 consente al conduttore di un immobile destinato ad uso diverso dall’abitazione di cedere il contratto di locazione, anche senza il consenso del locatore, allorché ceda o lochi contestualmente a terzi l’azienda, che è  definita, dall’art. 2555 c.c., il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per la produzione e il commercio di beni e servizi (Cons. Stato, Sez. IV,  29 febbraio 2016, n. 813; Cass. civ., Sez. III, 8 novembre 2007, n. 23287). Si deroga pertanto nella fattispecie de qua dal consenso del locatore ceduto, consenso che sarebbe viceversa necessario affinché sia valida la cessione del contratto ex art. 1406 c.c.; il locatore può solo opporsi per gravi motivi (Cass. civ., Sez. III, 20 febbraio 2014, n. 4067). 

Viene superata con questa fattispecie la rilevanza dell’intuitus personae sul quale si fonda il contratto di locazione con l’individuazione da parte del locatore del contraente conduttore. Non solo, il locatore deve opporsi entro il termine di trenta giorni, e non tre mesi come disposto dall’art. 2558 c.c., con precise e gravi motivazioni ostative, decorrenti da quando è venuto a conoscenza della intervenuta cessione della azienda, con qualunque mezzo ne sia stato informato. Il locatore ha il diritto di non liberare il conduttore cedente dalle obbligazioni stipulate con il contratto originario di locazione e conseguentemente di agire anche contro di lui per il recupero dei canoni non corrisposti dal cessionario. In questa fattispecie, infatti, sussiste tra cedente e cessionario un vincolo di responsabilità sussidiaria, indipendentemente che il contratto si sia rinnovato tacitamente, in quanto la rinnovazione di un contratto di locazione non determina la nascita di un nuovo contratto, ma solo la prosecuzione di quello precedente (Cass. civ., Sez. VI, 12 novembre 2015, n. 2311) e ciò anche se l’azienda ha subito plurimi trasferimenti. 

Non è, però, necessario che tra il conduttore cedente e quello cessionario sia stipulato un unico contratto che preveda la cessione dell’azienda e quella del contratto di locazione, ben potendo le due convenzioni essere pattuite in due atti differenti redatti anche non contestualmente tra loro; tra l’altro il conduttore può cedere l’azienda e limitarsi a semplicemente sub locare l’immobile. In questa fattispecie, qualora il conduttore alieni esclusivamente i singoli beni che formano l’azienda senza, peraltro, cedere anche questa ultima, non può sublocare l’immobile se tale operazione sia vietata dal contratto di locazione pattuito con il locatore, sussistendo nell’ipotesi precitata una violazione del divieto pattizio di sublocazione di cui all’art. 1594 c.c.. Può peraltro essere ceduto dal conduttore anche un ramo d’azienda, in quanto l’art. 2558, c.c. inerente a questa fattispecie non è incompatibile con l’art. 36 in esame; deve trattarsi della capacità, al momento dello scorporo, di provvedere con autonomia funzionale al conseguimento di uno scopo economico produttivo con propri mezzi e organizzazione aziendale. 

In questo contesto si inserisce la questione dell’attività di affittacamere, costituita dalla concessione di camere ammobiliate a fronte del pagamento di un corrispettivo, quale modalità di esercizio della locazione turistica da ultimo disciplinata dal D. Lgs.,  23 maggio 2011, n. 79, che demanda alle Regioni una organica emanazione di disposizioni maggiormente aderenti a soddisfare le realtà territoriali di interesse pubblico e privato. L’affittacamere si deve iscrivere all’Agenzia delle entrate ai fini dell’assunzione della partita iva e alla Camera di commercio presso il registro esercenti il commercio; deve, inoltre, predisporre annualmente il modello unico per l’assolvimento dell’imposta sui redditi percepiti. Deve, infine, presentare una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) presso lo Sportello per le attività produttive del Comune ove è ubicato l’immobile. Trattasi, pertanto, di una attività imprenditoriale con la conseguenza che anche il contratto stipulato tra proprietario dell’appartamento e gestore dell’attività di affittacamere è assoggettato al disposto dell’art 36 L. 392/1978 citata.

L’EX CONDUTTORE TARDA A RILASCIARE L’IMMOBILE. L’ACQUIRENTE PERDE IL BONUS PRIMA CASA

[A cura di: Emiliano Marvulli, Nuovo FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]

Il contribuente perde il diritto all’agevolazione prima casa se invoca, come causa del trasferimento di residenza oltre i termini di legge, la mancata consegna dell’immobile da parte dell’affittuario. Una tale circostanza non configura una causa di forza maggiore che si verificherebbe, ad esempio, nel caso in cui un sisma renda impossibile il trasferimento di residenza per l’inagibilità dell’immobile agevolato. In tale ipotesi il diritto all’agevolazione sarebbe mantenuto perché si tratta di una causa assolutamente imprevedibile e sopravvenuta.

Il principio è stato affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 13346 del 28 giugno 2016.

Il fatto

Il caso riguarda il ricorso proposto da un contribuente avverso l’avviso di liquidazione notificato dall’Agenzia delle Entrate, contenente la revoca dei benefici prima casa in materia di imposte di registro, per non aver trasferito la residenza nel comune in cui si trovava l’abitazione acquistata entro i prescritti diciotto mesi.

Il ricorso era accolto sia in primo sia in secondo grado. In particolare, la Ctr aveva accolto le doglianze di parte in quanto, sebbene la richiesta di trasferimento di residenza fosse stata inoltrata entro i diciotto mesi, era stata rifiutata dal Comune perché l’immobile acquistato era “abitato dall’affittuario”. Questi, infatti, pur avendo disdetto il contratto di locazione, aveva ritardato il rilascio dell’immobile tanto che, decorsi i diciotto mesi, il contribuente aveva trasferito la residenza nello stesso comune presso la casa dei genitori. Alla luce di tali fatti, i giudici d’appello hanno ritenuto che al contribuente dovesse comunque essere riconosciuto il beneficio dell’agevolazione perché “era stato per impossibilità che non aveva potuto effettuare ciò che voleva nei termini”.

Avverso la sentenza della Ctr, l’Agenzia delle Entrate interponeva ricorso per cassazione affidato a un unico motivo di impugnazione.

La Corte, ritenendo fondati i motivi dell’Amministrazione finanziaria, ha accolto il ricorso e cassato la sentenza.

La decisione

Oggetto del contendere è la corretta applicazione dell’agevolazione prima casa, disciplinata dall’articolo 1, nota II-bis della tariffa, parte I allegata al Dpr 131/1986, applicabile ratione temporis.

Tra i requisiti previsti per godere dell’aliquota agevolata ai fini dell’imposta di registro, la norma prevede che l’acquirente, qualora residente in un comune diverso da quello di ubicazione dell’immobile, trasferisca qui la propria residenza entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto.

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha censurato la decisione dei giudici d’appello nella parte in cui hanno erroneamente ritenuto che il contribuente avesse diritto all’agevolazione nonostante il ritardo nel trasferimento della residenza rispetto alla data di acquisto dell’immobile.

A parere della parte pubblica a nulla valgono le doglianze del contribuente, che ha invocato il mancato rilascio dell’immobile da parte del conduttore quale causa di forza maggiore. Infatti, un’interpretazione letterale della norma induce a dar rilievo esclusivo al dato oggettivo della mancanza della residenza anagrafica nel comune dell’immobile entro i termini prescritti, a nulla valendo i motivi per cui è stato impossibile rispettare la condizione.

Secondo i supremi giudici, il motivo è fondato perché, in primo luogo, l’obbligo di trasferimento di residenza costituisce un elemento costitutivo della fattispecie. Trattasi, peraltro, di una disposizione di favore perché consente al contribuente di vedersi riconosciuta l’agevolazione anche con il semplice trasferimento della residenza nel comune di ubicazione dell’immobile e non, necessariamente, presso la prima casa.

Da ciò deriva l’irrilevanza del verificarsi di un evento che ha impedito di abitare l’immobile, che la Ctr ha posto a base della sua erronea decisione, perché appunto la fattispecie contempla quale elemento costitutivo che la prima casa si trovi nel comune di residenza o che, in alternativa, il trasferimento avvenga entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto.

Chiarito come nel caso di specie non possa essere invocata una “causa di forza maggiore”, i giudici di piazza Cavour fanno, al contempo, rilevare che, in effetti, il diritto all’agevolazione possa essere mantenuto “anche nei casi in cui il trasferimento di residenza nel Comune non sia stato tempestivo per causa di forza maggiore”.

Per forza maggiore la Corte ritiene che, in generale, debba trattarsi di causa “imprevedibile e sopravvenuta che non dipende da un comportamento addebitabile anche solo a titolo di colpa”.

In tal senso appare, ad esempio, condivisibile quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 35/2002, che ha ammesso la causa di forza maggiore con riferimento ai Comuni dell’Umbria colpiti dal sisma. Allo stesso modo, la causa di forza maggiore potrebbe essere legittimamente invocata a seguito del terremoto che ha coinvolto l’Emilia Romagna nel 2012, a causa del quale sarebbe stato impossibile trasferire tempestivamente la residenza per mancanza di abitazioni agibili. 

IMU KILLER: DAL 2011 AUMENTATI DEL 65% GLI IMMOBILI RIDOTTI A RUDERI

[A cura di: Ape Confedilizia Torino]

Sono in continuo aumento le cosiddette “unità collabenti”, vale a dire gli immobili ridotti in ruderi a causa del loro accentuato livello di degrado. Lo segnala Ape Confedilizia Torino, che ha elaborato i dati forniti dall’Agenzia delle entrate sullo stato del patrimonio immobiliare italiano. 

Nel 2015, il numero di questi immobili – inquadrati nella categoria catastale F2 – è cresciuto del 3,9% rispetto al 2014, ma il dato più significativo è quello che mette a confronto il periodo pre e post IMU: rispetto al 2011, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono aumentati del 65%, essendo passati da 278.121 a 458.644 (+180.523).

“Questi numeri parlano chiaro – ha dichiarato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – e confermano quanto noi vediamo ogni giorno. Una parte di questi immobili vengono ridotti allo stato di ruderi per decisione dei singoli proprietari che, non essendo più in grado di far fronte alle spese per il loro mantenimento e alla abnorme tassazione patrimoniale introdotta dal 2012, li privano delle caratteristiche che li rendono tali. Per la restante parte, si tratta di immobili che a queste condizioni di fatiscenza giungono da soli per la mancanza di risorse economiche da parte dei proprietari. Occorre ridurre la tassazione sugli immobili. Diversamente, la situazione continuerà a peggiorare”.

GIOVANI, DISABILI E FAMIGLIE NUMEROSE: NIENTE IMPOSTE INDIRETTE SUI MUTUI CDP

[A cura di: Lucia Grifoni – Nuovo FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]

La previsione di esenzione di cui all’articolo 5, comma 24, del Dl 269/2003, trova applicazione in relazione al complessivo rapporto di finanziamento contemplato dal comma 7-bis del medesimo articolo. Pertanto, si applica il regime di esenzione dalle imposte di registro, di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, sia con riferimento al rapporto di finanziamento intercorrente tra Cassa depositi e prestiti (Cdp) e banche, che ai conseguenti contratti di mutuo stipulati tra banche e beneficiari finali sulla base della Convenzione Cdp – Abi del 20 novembre 2013. Ciò, in considerazione della stretta correlazione tra il rapporto di provvista tra Cdp e banche, e il contratto di mutuo stipulato tra banche e beneficiari finali. Questi in sintesi i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 61/E del 25 luglio 2016.

Il caso

Con la Convezione 2013 tra Cassa depositi e prestiti e Associazione bancaria italiana sono state definite le regole relative alla messa a disposizione, da parte di Cdp a favore delle banche, della provvista finanziaria necessaria per l’erogazione di mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali, da destinare prioritariamente all’acquisto dell’abitazione principale e a interventi di ristrutturazione, da parte di giovani coppie, nuclei familiari con disabili e famiglie numerose. L’ultimo periodo del comma 7-bis dell’articolo 5 del Dl 269/2003 stabilisce che ai finanziamenti concessi da Cdp alle banche, da destinare in via esclusiva alle finalità sopra ricordate, si applica il regime fiscale stabilito dal comma 24 del medesimo articolo, ossia l’esenzione dall’imposta di registro, di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta. 

Il nodo da sciogliere riguardava detta esenzione, in particolare se la stessa dovesse trovare applicazione, oltre che per i finanziamenti concessi da Cdp alle banche, anche per la successiva erogazione delle somme ai mutuatari, tramite la stipula di mutui ipotecari. L’interpretazione estensiva del comma 7-bis, che porta a ricomprendere nel regime esentativo non solo il rapporto tra Cdp e banche ma anche il rapporto tra banche e beneficiari finali, si basa essenzialmente sulla duplice considerazione che negli atti di mutuo:

* si fa esplicito riferimento al fatto che la provvista è stata acquisita dalla banca presso Cdp

* è prevista la cessione in garanzia a favore di Cdp di tutti i crediti nascenti dal contratti di mutuo stipulati e vantati dalla banca nei confronti dei mutuatari.

Al riguardo, l’Agenzia osserva che, con la norma contenuta nel comma 7-bis, si introduce una particolare procedura di erogazione di finanziamenti con provvista proveniente da Cdp, volta a favorire l’accesso al credito finalizzato esclusivamente all’acquisto o alla ristrutturazione dell’abitazione principale da parte di categorie di soggetti meritevoli di tutela, quali le giovani coppie e le famiglie numerose o con disabili. Viene, quindi, disposto che i minori differenziali sui tassi di interesse in favore delle banche si trasferiscono sul costo del mutuo a vantaggio dei mutuatari. Dall’esame della Convenzione del 20 novembre 2013, emerge, infatti, che l’utilizzo della provvista messa a disposizione da Cdp deve portare a un miglioramento delle condizioni finanziarie offerte ai mutuatari, rispetto a quelle normalmente praticate dalla banca. A tal fine, nei contratti di mutuo viene data informativa ai beneficiari del vantaggio loro riconosciuto in termini di riduzione del tasso annuo nominale. Inoltre, in ciascun contratto di mutuo stipulato con il beneficiario viene specificato che l’operazione è stata realizzata utilizzando detta provvista e che ciascuna erogazione di ciascun mutuo è subordinata al ricevimento, da parte della banca, della provvista corrispondente, emessa da Cdp.

Fatte tali premesse, l’Agenzia osserva che il contratto di mutuo stipulato tra la banca e il beneficiario finale, a seguito della messa a disposizione della suddetta provvista, si pone quale atto esecutivo rispetto al finanziamento da Cdp alla banca e che, quindi, l’erogazione di tale provvista costituisce il presupposto necessario e indispensabile per la successiva erogazione delle somme ai beneficiari. Pertanto, nelle operazioni di finanziamento in argomento, la banca svolge una funzione strumentale volta a consentire che la provvista messa a disposizione da Cdp per agevolare l’accesso al credito da parte dei soggetti individuati dalla norma venga effettivamente destinata a tale finalità.

Dalla lettura della Convenzione emerge, infine, che i crediti nascenti dai contratti di mutuo concessi ai beneficiari finali sono oggetto di cessione in garanzia da parte della banca cedente a favore di Cdp, a garanzia degli obblighi derivanti dal contratto di finanziamento. Proprio in considerazione della stretta correlazione tra il contratto di finanziamento tra Cdp e banca e il contratto di mutuo tra la banca e il beneficiario finale, l’Agenzia ritiene che l’esenzione di cui all’articolo 5, comma 24, del Dl 269/2003 debba trovare applicazione in relazione al complessivo rapporto di finanziamento di cui al comma 7-bis e, quindi, sia in relazione al finanziamento intercorrente tra Cdp e banche, che al conseguente finanziamento tra banche e beneficiari finali (cioè, ai contratti di mutuo stipulati sulla base della Convenzione).

Tale interpretazione, precisa l’Agenzia, appare coerente con i principi già affermati con riferimento ad analoghe agevolazioni, quali quelle spettanti per i contratti di finanziamento stipulati con i fondi Bei (Banca europea per gli investimenti). In particolare, con la risoluzione n. 240621 del 1983, è stato chiarito che il regime di esenzione previsto per il contratto di finanziamento stipulato tra Bei e l’Istituto di credito intermediario trova applicazione anche in relazione al rapporto di finanziamento tra l’intermediario e il beneficiario finale del prestito Bei. Quanto affermato trova fondamento nello stretto collegamento esistente tra il contratto principale di finanziamento tra Bei e banca intermediaria, e quello conseguente tra quest’ultima e beneficiario finale del prestito.

CONTI ENERGIA CUMULABILI CON LA TREMONTI AMBIENTALE? PAROLA AL MISE

[A cura di: Nuovo FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]

Con la risoluzione 58/E del 20 luglio 2016, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione “Tremonti ambientale” (articolo 6, legge 388/2000) in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, e alla cumulabilità della stessa con le agevolazioni previste dai “conti energia”, disciplinati dal ministero dello Sviluppo economico.

In particolare, riguardo al primo quesito, i contribuenti hanno chiesto se è possibile usufruire dello sconto tributario, “ora per allora”, presentando una dichiarazione dei redditi integrativa o istanza di rimborso. Per essere ancora più precisi, il chiarimento è stato chiesto dagli operatori che hanno realizzato un impianto fotovoltaico, beneficiando dei particolari incentivi previsti dalla disciplina di settore e, più nello specifico, dal decreto ministeriale 6 agosto 2010 (“Terzo conto energia”), e che, prudentemente, non hanno cumulato le due agevolazioni.

La “Tremonti ambientale” è rimasta in vigore dal 1° gennaio 2001 e fino agli investimenti effettuati entro il 25 giugno 2012, essendo stata abrogata con il Dl 83/2012. Il beneficio, precisa l’Agenzia, non pone veti di cumulabilità con altre misure di vantaggio a meno che le regole di quest’ultime non dispongano diversamente. Di conseguenza, sono le autorità che disciplinano gli altri tipi di benefici a dover valutare se i trattamenti di favore possano “convivere”.

Ed è così anche per gli impianti fotovoltaici per i quali, gli incentivi relativi al “conto energia”, sono disciplinati dal ministero dello Sviluppo Economico, che deve, dunque, pronunciarsi sulla loro associabilità alla “Tremonti ambientale”, anche per quanto concerne eventuali limiti e modalità di applicazione.

Riguardo alla soglia di cumulo della detassazione con gli incentivi previsti dal Dm 19 febbraio 2007 (“secondo conto energia”), la norma interpretativa dell’articolo 19 del Dm 5 luglio 2012 (“quinto conto energia”) e i relativi chiarimenti del Mise, hanno, infine, dato l’ok alla cumulabilità dei benefici del “secondo conto energia” con la detassazione ambientale, entro il limite del 20% del costo dell’investimento.

Nel caso in cui l’operatore non ha potuto usufruire del beneficio, non per scelta ma per il perdurare dell’incertezza interpretativa, può, per l’Agenzia, decidere di riapprovare i bilanci relativi agli esercizi di effettuazione di tali investimenti. Né, chiarisce la risoluzione, è prevista la decadenza dall’agevolazione nel caso in cui non vengano rispettati i tempi per la trasmissione al ministero dello Sviluppo economico della comunicazione relativa agli investimenti agevolati, che dovrebbe avvenire entro un mese dall’approvazione del bilancio annuale.

Rispetto alla possibilità di usufruire dello sconto d’imposta in un periodo successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, come già chiarito con la risoluzione 132/2010 a proposito della “Tremonti-ter”, l’Agenzia ritiene che la deduzione può essere “riacchiappata” in sede di dichiarazione dei redditi integrativa (articolo 2, comma 8-bis, Dpr 322/1998). Decorsi i termini per l’integrativa, rimane ancora la chance dell’istanza di rimborso (articolo 38, del Dpr 602/1973).

In sostanza, la risoluzione 58/E chiarisce che l’Agenzia delle Entrate non può pronunciarsi sul cumulo della misura fiscale con le agevolazioni di natura non tributaria del “conto energia”. Il contribuente, che dovesse decidere di usufruire della detassazione ambientale ex post potrebbe rischiare di subire la revoca, da parte del Gestore dei servizi energetici, dei benefici previsti dai vari “conti energia, sulla base delle valutazioni del Mise in ordine alla cumulabilità degli stessi con altre misure di vantaggio.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Rogo a casa della vicina

La salva e si intossica

Tutto è bene quel che finisce bene. Ma l’eroico gesto di cui si è reso protagonista un condomino di uno stabile di Firenze ha rischiato di costargli caro. L’uomo è intervenuto per salvare l’anziana vicina di casa da un rogo che si era sviluppato – per cause ancora da accertare – nella cucina dell’abitazione della 83enne. Quando i vigili del fuoco sono arrivati sul posto, il coraggioso condominio aveva già cominciato a spegnere il rogo, ma iniziava a presentare i primi segni di intossicazione. Ricoverato, è fuori pericolo, così come la vicina di casa.  

Cede soffitto di casa,

ferito bimbo di 10 anni

Poteva essere una tragedia quella accaduta in una casa in provincia dell’Aquila, quando alcuni calcinacci si sono distaccati dal soffitto della camera del figlio dei padroni di casa. Al momento del cedimento, il ragazzino, di appena 10 anni, stava ancora dormendo approfittando della fine della scuola e, solo per miracolo, è riuscito a cavarsela con qualche lieve escoriazione alle braccia e sul corpo. Secondo i vigili del fuoco, a causare il crollo sarebbero state le infiltrazioni di acqua piovana dal tetto, a seguito delle violente piogge dei giorni subito precedenti.

Anziani soli in casa

minacciati e derubati

Ennesima rapina ai danni di persone anziane. Questa volta, a farne le spese sono stati due coniugi che vivevano da soli in un quartiere alla periferia di Roma. I ladri si sono presentati alla porta d’ingresso intorno alle 8 del mattino, fingendosi tecnici del gas. Con questa scusa sono riusciti a farsi aprire la porta e, una volta entrati, hanno minacciato la donna con un coltello per farsi indicare i punti della casa in cui erano custoditi oro e contanti. Dopo dieci minuti di terrore, in cui gli anziani sono stati letteralmente tenuti in ostaggio, i malviventi si sono dileguati portandosi via i preziosi.

Tallonato dai carabinieri

si schianta contro casa 

Si è conclusa contro il muro di una casa in provincia di Novi Ligure, la folle corsa di un uomo di 40 anni, inseguito dai carabinieri a bordo del suo vecchio furgoncino. Il 40enne, già noto alle forze dell’ordine, non si era fermato all’alt dei militari, continuando a fuggire per le vie del centro abitato, urtando diverse autovetture parcheggiate, per fortuna, senza causare danni ai passanti. Sul luogo dello schianto, oltre a forze dell’ordine e 118, è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco e dei tecnici del gas, per riparare una tubazione rimasta danneggiata. 

Coltiva marijuana,

23enne nei guai 

È finista nei guai la donna, classe 1993, denunciata in stato di libertà e segnalata alla procura di Caltagirone, in provincia di Catania, per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente. Durante l’azione della squadra di polizia giudiziaria, la giovane è stata trovata in possesso di una pianta di marijuana dell’altezza di 80 centimetri, detenuta nella sua abitazione di campagna di campagna. A seguito della perquisizione, poi, le forze dell’ordine hanno anche ritrovato, nascosto in un pensile della sala da pranzo, due bilancini di precisione per il confezionamento delle dosi.