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CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Abusi edilizi e nero

Proprietario nei guai

Un proprietario di uno stabile di notevoli dimensioni è stato
denunciato all’Autorità Giudiziaria di Biella per aver affittato mini
appartamenti a diverse persone, senza la stipula di un regolare contratto. Dai
controlli incrociati effettuati dalla Guardia di Finanza è stato accertato che
alcuni degli alloggi erano stati realizzati senza alcuna licenza edilizia.
Oltre all’abuso edilizio, al proprietario è stata poi contestata la violazione
amministrativa in materia di antiriciclaggio, in quanto riceveva dagli
inquilini pagamenti in contanti oltre la soglia consentita dalla legge.

 

Donna perseguita marito

e finisce ai domiciliari

È stata posta agli arresti domiciliari con l’accusa di stalking
la donna 47enne di Genova che, dalla scorsa estate, perseguitava con minacce
telefoniche e vessazioni il marito, che aveva deciso di lasciarla, proprio per
il suo comportamento violento. A chiamare il 113 era stata la madre
ultrasettantenne di lui, coinvolta suo malgrado nella vicenda dopo che aveva
deciso di riaccogliere il figlio in casa. Quando i militari sono giunti sul posto
hanno colto la donna in flagrante, mentre urlava al citofono contro l’anziana e
il figlio.

 

Armi invece dei preziosi

Ladri gettano la refurtiva

Pensavano di aver messo a segno un bel colpo i ladri di appartamento
che si sono portati via la cassaforte di una casa di Bordighera. Peccato che al
suo interno ci fossero soltanto le armi da fuoco del padrone di casa. A poche
ore dalla denuncia di quest’ultimo, l’intera refurtiva è stata rinvenuta dai
militari dell’Arma, abbandonata nei pressi di un cantiere edile. Dopo i rilievi
effettuati alla ricerca di elementi utili per rintracciare i ladri, le armi
sono state restituite al legittimo proprietario.

 

Condominio: la droga

nelle parti comuni

Tre giovani tra i 26 e i 39 anni sono stati arrestati in un condominio
di Prato per spaccio di sostanze stupefacenti. Dopo un lungo lavoro di indagini
e alcune soffiate da parte dei residenti, è scattato il blitz della Squadra
mobile di Prato che ha portato a una serie di perquisizioni e al sequestro di
quasi un chilo e mezzo di hashish. I tre nascondevano la droga nelle pertinenze
comuni del palazzo, in modo che fossero accessibili rapidamente da ciascuno, ma
non riconducibili a nessuno in particolare.

 

Topi d’appartamento

rubano anche l’auto

Brutta sorpresa per i proprietari di un appartamento alle porte di
Padova, al rientro a casa dopo una giornata di lavoro. I coniugi hanno capito
che era successo qualcosa non vedendo più la loro auto parcheggiata in cortile.
Una volta giunti davanti all’uscio, la porta scassinata è stata la conferma
della recente visita da parte di alcuni ladri d’appartamento. Oltre alle chiavi
della macchina, all’appello mancavano 1300 euro in contati, un iPhone e un
computer portatile.

 

Lumini per solidarietà:

la casa va in fiamme

Poteva trasformarsi in tragedia l’incidente domestico accaduto alle
porte di Padova, pochi giorni dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre. Per
solidarietà con le vittime, infatti, un’anziana ha deciso di accendere dei
lumini, appoggiandoli sul davanzale della finestra. Nella notte però, le
candele sono scivolate, finendo sulla tenda della terrazza sottostante, che ha
preso fuoco facendo esplodere la porta vetri e riempiendo l’appartamento di
fumo. Sia la donna che il figlio che viveva con lei sono rimasti illesi. La
casa, invece, è stata dichiarata inagibile dai vigili del fuoco.

 

Rapina in appartamento

Madre e figlia picchiate

Una giovane madre di 38 anni e la figlia di 15 sono
state picchiate nella loro casa in provincia di Monza da due malviventi, “beccati”
mentre tentavano di svaligiare l’appartamento. Le due stavano cenando quando si
sono accorte che dalle stanze da letto provenivano rumori sospetti. A quel
punto la donna ha tentato di bloccare i ladri che hanno reagito scaraventandola
a terra e picchiando sia lei che la figlia. Dopo la colluttazione sono riusciti
a fuggire, per poi essere arrestati dai carabinieri, allertati dalla vittima.
Madre e figlia sono finite al pronto soccorso per le lievi ferite riportate
nella colluttazione.

LE TAPPE PER PROCEDERE ALLO SFRATTO DELL’INQUILINO MOROSO

[A cura di: Uppi Udine]

 

Quando l’inquilino non paga i canoni e/o le spese condominiali pur
continuando ad occupare l’alloggio è necessario dare corso allo sfratto per
morosità. Tale procedura giudiziaria costituisce l’unico modo legale per
riottenere la materiale liberazione dei locali. Vediamo in dettaglio.

 

La convalida dello
sfratto

Una volta formalizzato l’incarico all’avvocato, viene dato avvio alla
fase di convalida che è finalizzata al sommario accertamento giudiziario
dell’inadempimento dell’inquilino. Ciò avviene nel corso dell’udienza davanti
al Giudice del Tribunale.

La fase si conclude con la “convalida” dello sfratto e con l’ordine
del Giudice all’inquilino di rilasciare (restituire) l’immobile al proprietario
entro un determinato termine finale che il Giudice stesso indicherà.

Il procedimento di convalida può durare poco … ma non sempre.

La fase di convalida è rapida e si può stimare che, in assenza di
opposizioni da parte dell’inquilino e senza difficoltà di notifica degli atti
giudiziari, l’udienza e l’ordinanza di convalida del Giudice siano ottenibili
in un mese e mezzo circa.

In ogni caso l’inquilino può sanare la morosità pagando, anche
all’udienza, quanto dovuto oltre ad interessi legali e spese di lite liquidate
dal Tribunale: in questo fortunato caso la procedura si estingue.

 

Il termine di grazia

L’inquilino può tuttavia presentarsi in udienza e chiedere al Giudice
un cosiddetto “termine di grazia” cioè un rinvio (fino ad un massimo di tre
mesi, non prorogabile) per consentire la sanatoria della morosità accumulata:
ciò comporterà ovviamente un corrispondente slittamento dei tempi della
procedura con la fissazione di una nuova udienza per la verifica della
prospettata sanatoria.

Qualora purtroppo la sanatoria non si verifichi (in tutto o in parte)
il Giudice convaliderà lo sfratto e fisserà il termine finale per il rilascio.

 

L’opposizione
dell’inquilino

Tuttavia l’inquilino ha facoltà di proporre “opposizione”
alla convalida contrastando e contestando le ragioni del locatore.

In tal caso la fase sommaria si “converte” in una vera e propria causa
ordinaria nella quale sarà valutato il merito e la fondatezza delle rispettive
posizioni e la controversia sarà decisa con sentenza.

È evidente che i tempi ed i costi della causa ordinaria scaturita
dall’opposizione alla convalida sono di gran lunga maggiori della fase sommaria.
Qualora le ragioni di opposizione dell’inquilino appaiano però pretestuose e
non adeguatamente documentate, il Giudice può concedere alla prima udienza una
ordinanza di rilascio immediatamente esecutiva, indipendentemente dalla
obbligata prosecuzione della causa nel merito.

 

La fase esecutiva

Se il conduttore non restituisce l’immobile nemmeno entro il termine
ultimo fissato dal Giudice è necessario avviare la fase di esecuzione forzata.

L’avvocato dovrà preliminarmente procedere ad alcuni adempimenti formali
quali la notifica di copia autentica del titolo esecutivo rilasciato dal
Tribunale e la notifica dell’atto di precetto.

Dopo tutto ciò e dopo aver ancora inutilmente atteso dieci giorni
successivi alla notificazione del precetto si potranno depositare gli atti agli
Ufficiali Giudiziari perchè venga fissato il giorno e l’ora dell’accesso in
loco
per la materiale esecuzione forzata dello sfratto.

La individuazione della data di accesso in loco da parte degli
Ufficiali Giudiziari risente naturalmente del carico di lavoro degli uffici,
delle possibili carenze di organico e del numero di esecuzioni già pendenti.

È perciò comprensibile che, al momento, l’attesa dei proprietari sia
destinata a farsi progressivamente sempre più lunga.

Almeno dieci giorni prima dell’intervento in loco dovrà essere
obbligatoriamente notificato all’inquilino un “preavviso” contenente per
l’appunto l’avvertimento dell’imminente arrivo dell’Ufficiale Giudiziario nel
giorno ed ora stabiliti.

Non si può certo dire che la legge non garantisca ampie ed adeguate
tutele e notizie all’inquilino moroso.

Finalmente l’Ufficiale Giudiziario del Tribunale si recherà in loco
per la prima volta per l’allontanamento forzato di chiunque occupi l’immobile,
anche con ricorso alla forza pubblica (Polizia, Carabinieri).

Con la materiale reimmissione del proprietario nel possesso
dell’alloggio e con la redazione del relativo verbale si conclude lo sfratto.

Se al primo accesso non sarà possibile ottenere la liberazione dei
locali, verranno fissati ovviamente ulteriori successivi accessi.

La durata della fase esecutiva dipende, quindi, dalla situazione che
si verifica concretamente sul posto. Ad esempio, l’eventuale presenza di
minori, malati oppure la materiale resistenza delle persone sfrattande con
necessità di intervento della forza pubblica, possono ovviamente rallentare o
far rinviare la procedura, con necessità, come detto, di ulteriori e successivi
accessi.

 

Quanto costa uno sfratto?

La recente abrogazione delle Tariffe forensi (così come quelle di
tutti i professionisti) per effetto delle norme sulle liberalizzazioni lascia
direttamente alle parti (avvocato e cliente) la definizione e l’accordo sui
compensi professionali.

L’Uppi di Udine ha tuttavia stilato un Protocollo
d’Intesa con i professionisti di fiducia dell’associazione in modo da fissare
in modo chiaro e trasparente l’entità dei compensi per tutte le attività
stragiudiziali e giudiziarie.

ACQUA POTABILE: LEGITTIMO SOSPENDERE L’EROGAZIONE AI MOROSI INDIGENTI

[A cura di: avvocato Ermenegildo Mario Appiano – segretario Alac
Torino]

 

Mediante sentenza del 26 novembre 2015 (in causa n. 05482/2015 Reg.
Prov. Coll., n. 00816/2015 Reg. Ric.), la quinta sezione del Tar di Napoli ha
annullato l’ordinanza con cui il Sindaco del Comune di Scisciano (in provincia
di Napoli) aveva ordinato alla società che gestisce il servizio idrico su detto
territorio di non procedere per motivi sanitari e fino a nuova disposizione, al
distacco dei contatori idrici e alla sospensione dell’erogazione dell’acqua
potabile su tutto il territorio comunale, condotta che detta società intendeva
attuare avverso i soggetti morosi – e soltanto essi! – nel pagamento di quanto
dovuto per l’erogazione dell’acqua potabile.

In sostanza, il Tar della Campania ha chiuso la strada
all’adozione di provvedimenti amministrativi generalizzati e generici in favore
dei soggetti morosi nel pagamento di quanto dovuto per il servizio di
somministrazione dell’acqua potabile, demandando invece alle autorità
amministrative di valutare adeguatamente – caso per caso – chi siano i reali
indigenti che possano beneficiare di detto servizio in base ad agevolazioni
pubbliche.

Nel motivare la propria decisione, il Tribunale amministrativo regionale
ha innanzitutto qualificato il rapporto tra gli utenti e la società gestrice
del servizio idrico come “contratto di somministrazione”, ai sensi
dell’art. 1559 del codice civile. Secondo tale norma, il contratto di
somministrazione è l’accordo “con il quale una parte si obbliga, verso
corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni
periodiche o continuative di cose
”.

Il Tar ha poi ricordato che il successivo art. 1565 c.c. dispone che:
se la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e
l’inadempimento è di lieve entità, il somministrante non può sospendere
l’esecuzione del contratto senza dare congruo preavviso
”. Di conseguenza,
ha facilmente osservato il Tar, “dalla disposizione in questione si deduce a
contrario che, in caso di inadempimento di non lieve entità, il somministrante
può sospendere l’esecuzione del contratto, fatto salvo in ogni caso l’obbligo
del congruo preavviso alla parte inadempiente
”.

Ciò posto circa la qualificazione del rapporto civilistico tra le
parti, il Tar ha poi proseguito il proprio ragionamento rilevando che la carta
del servizio idrico integrato della Regione Campania prevede espressamente che
in caso di morosità è prevista la sospensione del servizio”, fermo
restando l’obbligo del gestore di sollecitare il cliente a regolarizzare i
pagamenti prima di procedere alla sospensione dell’erogazione dell’acqua.

Considerato dunque che il chiudere i rubinetti ai morosi costituisce
una legittima reazione sul piano civilistico da parte della società erogatrice
del servizio idrico, il Tar ha poi escluso che il Comune interessato possa
intervenire per bloccare tale reazione mediante il provvedimento amministrativo
impugnato, e cioè un’ordinanza “contingibile ed urgente”. Ciò in quanto
siffatto tipo di ordinanze “costituiscono provvedimenti «extra ordinem», in
quanto dotate di capacità derogatoria dell’ordinamento giuridico, al fine di
consentire alla pubblica amministrazione, in deroga al principio di tipicità
dei provvedimenti amministrativi, di sopperire a situazioni straordinarie ed
urgenti non fronteggiabili con l’uso dei poteri ordinari.

Per costante giurisprudenza, presupposti indefettibili delle ordinanze
contingibili ed urgenti sono costituiti:

a) dall’impossibilità di differire l’intervento ad altra data, in
relazione alla ragionevole previsione di un danno incombente (urgenza);

b) dall’impossibilità di far fronte alla situazione di pericolo
incombente con gli ordinari mezzi offerti dall’ordinamento giuridico
(contingibilità);

c) dalla precisa indicazione del limite temporale di efficacia, in
quanto solo in via temporanea può essere consentito l’uso di strumenti «extra
ordinem», che permettono la compressione di diritti ed interessi privati con
mezzi diversi da quelli tipici indicati dalla legge
”.

Nel caso di specie, il Tar ha quindi escluso che il Comune potesse
legittimamente ricorrere a tale tipo di provvedimento, in quanto – leggendo il
testo della motivazione suffragante l’adozione dell’ordinanza annullata – “non
si rinviene nel provvedimento impugnato né il requisito della contingibilità,
non dandosi atto nel provvedimento impugnato della impossibilità di tutelare le
esigenze la salute pubblica dei soggetti morosi-indigenti attraverso il ricorso
alle risorse strumentali e finanziarie proprie dei Comuni (per il tramite dei
servizi sociali), né il requisito della temporaneità, non contenendo l’ordine
impartito nei confronti del gestore del servizio idrico la fissazione di un
termine finale
”.

Ancora, ha rilevato il Tribunale, nella fattispecie emergeva la
sussistenza di strumenti amministrativi, alternativi rispetto alla misura
adottata, per fronteggiare l’emergenza sanitaria posta alla base del
provvedimento impugnato. Essi erano costituiti dalla delibera mediante la quale
il Commissario straordinario dell’Ente d’Ambito Sarnese Vesuviano (di cui fa
parte anche il Comune di Scisciano) aveva concesso – confermando una misura già
disposta nel 2014 – agevolazioni tariffarie (cosiddetto “bonus idrico”) in
favore delle famiglie indigenti residenti nei Comuni ove veniva erogato il
servizio idrico oggetto di controversia.

Così decidendo, il Tar ha dunque ritenuto infondata
la motivazione che il Sindaco del Comune di Scisciano aveva fornito a sostegno
dell’ordinanza annullata, il quale – dopo avere premesso che “l’acqua
potabile è un bene pubblico comune, di primaria necessità, di cui non può, per
alcun motivo, esserne vietato ed impedito l’uso e il consumo da parte delle
persone
” – aveva emanato detto provvedimento al fine di evitare “l’eventuale,
possibile insorgenza di problematiche di natura igienico-sanitaria
”.

RISTRUTTURAZIONE FABBRICATO RURALE: I CONTRIBUTI SONO IN CONTO CAPITALE

[A cura di: Salvatore Tiralongo, FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23555/2015, sostiene che “I contributi ottenuti per le opere di ristrutturazione del fabbricato rurale già esistente devono essere considerati, ai fini fiscali, come contributi in conto capitale, integranti sopravvenienza attiva, tassabile pro quota nell’esercizio in cui gli stessi sono incassati e nei successivi, non oltre il quarto”.

LA VICENDA PROCESSUALE

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento – notificato alla società ricorrente – emesso per maggiori Irpef e Irap dovute nell’anno d’imposta 2000, a seguito del recupero a tassazione di sopravvenienze attive. La società aveva ricevuto contributi dall’Ispettorato provinciale dell’agricoltura per la realizzazione di un’azienda turistica.

Contro l’avviso di accertamento la contribuente ricorreva in giudizio dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, che accoglieva il ricorso, annullando l’atto impositivo. L’Agenzia delle Entrate presentava ricorso, ottenendo una sentenza favorevole.

In particolare, la Ctr, nell’accogliere il gravame dell’ufficio, aveva sostenuto che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di primo grado, “le spese di ristrutturazione di un immobile – già esistente -, da adibire ad azienda agricola, ed oggetto di contributi ottenuti quali spese per la costruzione ex novo di un fabbricato”, tenuto conto della modifica operata dalla legge 449/1997, articolo 21, comma 4, lettera b), a partire dal 1/01/1998, all’articolo 55, comma 3, lettera b), del Tuir, non possono considerarsi contributi in conto impianti, dovendo questi essere erogati esclusivamente per l’acquisto di beni ammortizzabili, e devono pertanto ricomprendersi tra quelli in conto capitale, con conseguente sopravvenienza attiva dell’impresa, tassabile pro quota”.

I giudici avevano respinto l’appello incidentale della contribuente in ordine alla presunta violazione dell’articolo 7 dello Statuto del contribuente, in quanto il processo verbale di contestazione richiamato nell’atto impositivo, ma non allegato, era comunque conosciuto dalla contribuente, essendole stato in precedenza notificato.

La società propone ricorso per cassazione, impugnando la sentenza di appello con la quale erano state accolte le doglianze dell’Amministrazione finanziaria.

PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE

La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 55, comma 3, lettera b, del Dpr 917/1986, come modificato dall’articolo 21, comma 4, legge 449/1997, non avendo i giudici della Ctr ritenuto che “i finanziamenti ottenuti per la ristrutturazione di un fabbricato rurale e per l’acquisto di attrezzature ed arredi debbono essere considerati fiscalmente contributi in conto impianti, in quanto strettamente correlati all’onere di effettuare uno specifico investimento in beni ammortizzabili”.

La Suprema corte ritiene la censura infondata.

Nel testo dell’articolo 55, comma 3, lettera b, si è specificato che i proventi in denaro conseguiti a titolo di contributi rappresentano sopravvenienze attive, con esclusione di quelli finalizzati all’acquisto di beni ammortizzabili (vale a dire, i contributi in conto impianti), indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato.

La Cassazione definisce i contributi in conto impianti quali contributi finalizzati all’acquisizione di beni materiali o immateriali ammortizzabili ai sensi del Dpr 917/1986, articoli 102 e 103 (ex articoli 67 e 68), qualunque sia la modalità di erogazione degli stessi: attribuzione di somme in denaro, riconoscimenti di crediti di imposta o altro. Diversamente, i contributi in conto capitale sono somme erogate per aumentare i mezzi patrimoniali dei soggetti beneficiari, senza perciò che la loro concessione si correli all’onere dell’effettuazione di uno specifico investimento.

Conformemente a quanto già in precedenza affermato (anche con la sentenza numero 781/2011), i giudici di legittimità evidenziano che “la scienza economica ha individuato la ulteriore categoria dei contributi misti, cioè concessi al fine generico di potenziare l’apparato produttivo, che in genere vengono qualificati quali contributi in conto capitale, in quanto mancherebbe una specifica correlazione con l’acquisto di beni ammortizzabili”.

A parere della Cassazione, di fronte a “contributi concessi in relazione a piani di investimento complessi che comprendono sia spese di acquisizione di beni strumentali ammortizzabili, sia spese di diversa natura, sempreché non ci siano dei criteri oggettivi che consentano la ripartizione del contributo tra le varie voci, l’intero importo del contributo stesso dovrebbe essere assoggettato alla disciplina dei contributi in conto capitale”.

Il collegamento dei contributi ai costi (che rende operativo il criterio di competenza) emerge dalla circostanza che la norma suindicata prevede che il contributo in conto impianti debba essere necessariamente collegato “all’acquisto di beni ammortizzabili”.

Secondo la Cassazione, i contributi che non hanno tale caratteristica (ad esempio, perché relativi all’acquisto di beni non ammortizzabili o per interventi su beni già ammortizzati) sono considerati plusvalenze, tassabili col criterio di cassa, e ciò è conforme alla ratio economica che ne esclude il diretto collegamento con i costi.

CONCLUSIONI

La Corte di cassazione, nel respingere il ricorso, afferma che la Ctr, rilevando che “le opere di ristrutturazione, cui si riferivano i contributi in contestazione, erano dirette quantomeno a potenziare una struttura già esistente e non anche all’acquisto ex novo di beni ammortizzabili, ha correttamente ricompreso i contributi in oggetto tra quelli in conto capitale, integranti sopravvenienza attiva’, tassabile pro quota nell’esercizio in cui gli stessi sono incassati e nei successivi, non oltre il quarto, con conseguente legittimità dell’accertamento per omessa dichiarazione di sopravvenienze attive”. 

CASA DI LUSSO: LA DATA DI COSTRUZIONE NON SALVA IL BONUS FISCALE

[Fonte: Nuovo FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]

La fruizione delle agevolazioni tributarie derivanti dall’acquisto della prima casa è collegata dall’articolo 2 del D.L. n. 12 del 1985 alla possibilità di includere gli immobili trasferiti, “indipendentemente dalla data della loro costruzione”, fra le abitazioni non di lusso secondo i criteri di cui al D.M. 2 agosto 1969. 

La Cassazione, con la sentenza 23233 del 13 novembre 2015, ha ribadito che l’articolo 10 del citato D.M., a tenore del quale “alle abitazioni costruite in base a licenza di costruzione rilasciata in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto si applicano le disposizioni di cui al D.M. 4 dicembre 1961”, non va inteso come funzionale alla separazione cronologica, nella definizione legislativa, di due diverse specie di “abitazioni non di lusso”, ma come semplice regolamentazione transitoria dell’unica fattispecie ivi prevista, relativa alle abitazioni in corso di costruzione (ovviamente “in base a licenza di costruzione rilasciata in data anteriore”) all’entrata in vigore del decreto ovvero a quelle costruite successivamente ma “in base a licenza di costruzione rilasciata in data anteriore” (cfr. Cassazione, n. 13064/06; n. 16366/08; n. 5691/14; n. 24683/14). 

Peraltro, anche nella vigenza dell’articolo 1 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, come modificato dall’articolo 16 del D.L. n. 155 del 1993, convertito con modificazioni dalla Legge n. 243 del 1993, ancorché non sia stato riprodotto l’inciso “indipendentemente dalla data della loro costruzione”, va ribadito il principio per cui, secondo ragionevolezza ed equità contributiva, al fine di stabilire la spettanza o meno dell’agevolazione, occorre far riferimento alla nozione di abitazione non di lusso vigente al momento dell’acquisto, e non a quello della costruzione (cfr. Cassazione n. 17600/10; n. 21791/12).

 

VITA IN CONDOMINIO: I QUESITI LEGALI E LE RISPOSTE DELL’ESPERTO

Dal mese di ottobre, il Tg del Condominio, realizzato dalla redazione di Italia Casa, si è arricchito di una nuova rubrica legale, volta a dare una risposta alle piccole e grandi questioni che amministratori e condòmini si trovano ad affrontare quotidianamente nel condominio. Ospite dell’ultima puntata, l’avvocato Nunzio Costa di Napoli. Pubblichiamo di seguito le risposte ai quesiti che gli sono stati posti dagli spettatori. Per inviare un quesito ai nostri esperti, scrivere una mail a: ufficiostampa@italia-casa.com

Affitto in nero: come comportarsi

D. Ho un contratto d’affitto, bloccato da 13 anni, in virtù del fatto che l’importo è composto da una quota “dichiarata” e da un’altra non dichiarata (pari a circa la metà del totale). Quest’anno il padrone di casa ha deciso di aumentare l’affitto. Come devo comportarmi?

R. L’esistenza di un contratto simulato e di uno dissimulato, pratica molto diffusa in passato, consentiva al proprietario dell’immobile di pagare la metà delle tasse o di rimanere al di sotto di un certo range. Il legislatore però, sempre più accorto alle finanze pubbliche, è intervenuto in materia con la Legge n.431 del 1998 che disciplina le locazioni e il rilascio di immobili adibiti ad uso abitativo, dichiarando la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. L’unico vero contratto valido, dunque, è quello che porta il sigillo dell’avvenuta registrazione presso l’Agenzia delle Entrate. Tutti gli altri patti e condizioni sono da ritenersi nulli, come se non esistessero. Il canone da pagare è quello inserito nel contratto registrato (in questo caso, corrispondente alla metà dell’importo). Nell’ipotesi in cui proprietario e inquilino non riuscissero a trovare un accordo sulla cifra da pagare, l’unico importo che vale è quello inserito nel contratto già registrato. Quindi, dipende dai rapporti di forza tra i due soggetti: l’inquilino può minacciare di pagare di meno, ma il proprietario, d’altra parte, ha la facoltà di non rinnovare il contratto in scadenza. 

Possibilità di delega in favore del conduttore

D. Sono in affitto e vorrei partecipare all’assemblea di condominio. Come posso fare per conoscere il calendario delle assemblee? Che possibilità ho di intervenire nel dibattito?

R. Nella maggior parte dei casi, nell’ambito dell’affitto, è l’inquilino colui che paga, per contratto, le spese condominiali ordinarie (e talvolta anche quelle straordinarie). Il principio è che se io pago vorrei avere capacità decisionale. Ma non sempre tale precetto viene rispettato, in quanto il diritto di partecipazione e di voto spetta solamente a proprietari, usufruttuari e comproprietari, ovvero coloro che possiedono un titolo proveniente dal diritto reale e non dal diritto relativo. Il contratto di fitto non dà questo titolo, salvo che nelle ipotesi specificatamente previste dal legislatore, ad esempio, per le decisioni relative alle modalità di gestione del servizio di riscaldamento e di condizionamento dell’aria. La partecipazione è altresì prevista nel caso si discuta della modifica di altri servizi comuni. Al di fuori di queste fattispecie, l’inquilino non può intervenire nell’assemblea, anche se, siccome è lui che paga, può chiedere al proprietario di fare le sue veci mediante il semplice meccanismo della delega. In merito alla comunicazione del calendario delle sedute assembleari, il locatario può richiederla direttamente al proprietario dell’immobile.

Spese condominiali se la casa è pignorata

D. Se la casa è stata pignorata e messa all’asta, chi paga le spese condominiali per il periodo?

R. Sempre il proprietario. Anche se la casa è stata pignorata, infatti, egli rimane tale e non perde alcun diritto e dovere. Ma, poiché è molto probabile che non paghi, al condominio non resta che inserirsi nel pignoramento. Il problema si pone dal momento che, come spesso accade, ci sono pignoramenti pregressi e soggetti con diritto di prelazione maggiore rispetto al condominio. Ad esempio, in presenza di un mutuo, la banca, nell’ambito della vendita, verrà onorata per prima dal momento che ha un’ipoteca di primo grado. A seguire i professionisti (spesso uniti in consorzio) e infine il condominio che, purtroppo, rimane di solito tagliato fuori per una cifra esigua nel complesso, ma significativa per i condòmini. Occorre fare un’ulteriore precisazione: se il pignoramento deriva da un fallimento, e cioè da un soggetto fallibile come può essere una società, sopraggiunge la legge sul fallimento. Tale normativa è ben più importante rispetto alla prima poiché, in questo caso, si cerca di soddisfare la par condicio creditorum, ossia il principio secondo il quale tutti i soggetti devono essere soddisfatti, anche soltanto proporzionalmente, partecipando alla vendita e alla quota di realizzo dell’appartamento. La legge fallimentare stabilisce che il proprietario (Spa o Srl che sia) perda qualunque potestà sull’immobile in favore del curatore fallimentare, che ne farà le veci. In questo caso, i soldi che devono essere versati al condominio vanno in prededuzione, secondo il principio per cui sono necessari al mantenimento del perfetto stato dell’immobile. Senza quest’ultima condizione, infatti, non sarebbe possibile realizzare la vendita.

Immissioni moleste e soglie di tollerabilità

D. Il rumore proveniente dal vicino di casa che si esercita con la chitarra elettrica. Come faccio per farlo smettere? O almeno perché ci sia silenzio durante gli orari previsti dal regolamento?

R. Che si tratti di rumori, fumi, esalazioni, liquidi o altro, il legislatore stabilisce che nei rapporti di vicinato le immissioni sono tollerate a patto che non superino il limite della normale tollerabilità. Ed è nella genericità di tale enunciato che nascono i problemi, in quanto viene lasciato all’interprete (al giudice) l’arbitrio di stabilire questa soglia. Anche grazie all’aiuto della tecnologia, la giurisprudenza ha stabilito delle soglie di tolleranze standard che sono insuperabili, pari a 3 decibel oltre il rumore di fondo. Il proprietario che ha un rapporto di vicinato con una certa frizione con il chitarrista dovrebbe verificare, attraverso indagini di tipo empirico, se l’immissione rumorosa superi tale soglia. Se così fosse, non può fare altro che andare dal vicino e segnalarglielo. L’alternativa è quella di rivolgersi al giudice e dare il via al contenzioso vero e proprio.

LE TASSE HANNO AZZERATO I PROFITTI SULL’INVESTIMENTO IMMOBILIARE E AFFOSSATO L’INDOTTO

[A cura di: Benito Sicchiero – Assoedilizia]

Ci voleva l’illustrazione del rapporto “Questioni di Economia e di Finanza. Deindustrializzazione e terziarizzazione nelle regioni del Nord Ovest” presentato al Collegio Ghislieri dalla Banca d’Italia di Milano, assieme all’aggiornamento “L’economia della Lombardia: Andamento congiunturale e mutamenti strutturali”, perché avesse risposta logica la domanda sulle reali cause della pluridecennale perdita di competitività dell’Italia nei confronti dei Paesi europei più avanzati. La risposta è che il nostro tessuto imprenditoriale è composto prevalentemente da industrie troppo piccole, che non sono in grado di competere non potendo, dopo l’Unione Europea, utilizzare l’unico strumento che avevano: la svalutazione. Quindi: costo più alto del lavoro (infatti più grande è l’azienda meno incide il costo del personale), scarsa ricerca e innovazione e pure una cultura d’impresa più arretrata. Se ci aggiungiamo i nostri primati continentali di illegalità e corruzione, la rassegna è completa. Ed è stata accolta con attenzione dagli imprenditori, tra i quali il presidente di Assoedilizia e di Istituto Europa Asia, Achille Colombo Clerici (nella foto con Giuseppe Sopranzetti ed Alfio Noto).

A queste conclusioni si arriva interpretando la ricca messe di dati e grafici a disposizione. Mettendo a paragone i cluster (insieme di imprese, fornitori e istituzioni strettamente interconnesse) di 12 Paesi europei con il cluster Nord Ovest, dal 2000 al 2011 – ultimo dato a disposizione – si è visto salire di poco la media dell’Europa industrializzata ma scendere il Nord Ovest, che rimane la punta produttiva del Paese, di ben 7 punti percentuali. Con ricadute sul Pil, sull’occupazione, sull’economia delle famiglie e quant’altro.

In un panorama non roseo – nella guerra dei sette anni il Paese ha perso il 25% della capacità produttiva e il 10% del pil – la Lombardia se la cava. Si conferma, e si rafforza, la ripresa in termini di produzione, di export, di attività turistica, di occupazione e pure di consumi. È anche merito dell’Esposizione internazionale Expo 2015, partita sotto i peggiori auspici, e diventata ormai il simbolo di quanto può fare lo “scatto di reni” dell’orgoglio lombardo e italiano.

Ma una rondine non fa primavera. Gli italiani – dagli imprenditori alle famiglie – non sono ancora sicuri dell’inversione di rotta, e lo confermano i depositi bancari in aumento: meglio tenere i soldi al sicuro invece di fare investimenti. C’è bisogno di fiducia; è indispensabile perciò che la politica economica dia segnali chiari. Emblematica a questo proposito la vicenda della tassazione sulla casa. Essa rappresenta i tre quarti della ricchezza degli italiani (6.000 miliardi di euro su 8.000). Non considerando le case in cui si abita, ma le cosiddette “seconde case” date in locazione che producono reddito, l’ipertassazione ha azzerato i profitti. Con il risultato che nessuno più investe, l’industria edilizia è in crisi ed ha trascinato con sé l’indotto, dai mobilieri agli idraulici, dai mediatori ai promotori immobiliari. Quindi disoccupazione e crollo dei consumi. 

Lo Stato, per racimolare qualche miliardo, ha contribuito in maniera considerevole a ridurre di mille miliardi i risparmi degli italiani.

CADUTA DI CALCINACCI: RESPONSABILITÀ E OBBLIGHI DELL’AMMINISTRATORE

[A cura
di: dott. Emanuele Mascolo – amministratore Anapi Bari, manumascolo@libero.it]

 

“L’amministratore di condominio in quanto tale
assume, una posizione di garanzia ope legis che discende dal potere
attribuitogli dalle norme civilistiche di compiere atti di manutenzione e
gestione delle cose comuni e di compiere atti di amministrazione straordinaria
anche in assenza di deliberazioni della assemblea. Da ciò quindi consegue la
responsabilità per omessa rimozione del pericolo cui si espone l’incolumità di pubblica
di chiunque acceda in quei luoghi, e per l’eventuale evento dannoso che è
derivato causalmente dalla situazione di pericolo proveniente dalla scarsa o
dativa manutenzione dell’immobile”.

Lo ha sancito la Suprema Corte di Cassazione con
la Sentenza numero 46385 del 23 novembre 2015, richiamando l’orientamento
consolidato in giurisprudenza secondo cui vi è “una posizione di garanzia
dell’amministratore di condominio, tenuto, in quanto tale, a vigilare sulle
cose comuni e ad effettuare i necessari lavori di rimozione del pericolo
derivante da minaccia di rovina e più in generale al dovere di effettuare
lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza con
specifico obbligo di riferirne ai condòmini nella prima assemblea ai sensi dell’art.
1135 II comma c.c.” (Cass., 08.1.2003, n. 9027; Cass., 29.1.2008, n. 13934).

Alla luce della Sentenza in commento,
l’amministratore di condominio deve ritenersi penalmente responsabile quando
per negligenza o imperizia, trascuri di far svolgere all’interno di un
condominio le manutenzioni ordinarie che potrebbero causare, se non svolte,
gravi danni a terzi come ad esempio la caduta di calcinacci.

La Suprema Corte chiarisce che “eliminare il
pericolo non vuoi dire, per forza, far eseguire interventi di manutenzione, ma
anche semplicemente predisporre le cautele più idonee (es. attraverso la
predisposizione di transenne) a delimitare la zona pericolosa per far poi
deliberare l’assemblea in merito al da farsi. Oppure, in casi come quello che
ci occupa, far rimuovere le mattonelle che rischiavano di cadere”.

Una considerazione di tipo pratico, a questo
punto, va fatta. In casi di pericolo o che comunque necessitano una
manutenzione è prassi che l’amministratore di condominio renda edotta
l’assemblea condominiale. È anche plausibile che in tempi di crisi economica
come quelli che ci accompagnano, l’amministratore abbia le mani legate da un
fondo cassa insufficiente per far fronte alle spese di manutenzione. In tal
caso l’amministratore è esente da responsabilità penale solo se riesce ad
intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina provvedendo il
divieto di transito nelle zone interessate dal pericolo.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Ladre d’appartamento

arrestate in flagranza 

Due donne sono state arrestate dai carabinieri di Trento per essersi introdotte in un appartamento e aver sottratto da una borsa lasciata incustodita su una sedia, il portadocumenti di una dei residenti. In quel momento gli occupanti dell’alloggio stavano pranzando e non si sono resi conto dell’effrazione. All’uscita dell’abitazione però, le due ladre hanno trovato i militari dell’Arma, che avevano assistito alla scena. Secondo quanto dichiarato dalle stesse, entrambe erano solite operare in questo modo e vivevano di piccoli furti “senza fare del male a nessuno”.

Incendio nella notte.

Muore coppia di anziani

Due morti e tre intossicati. È questo il tragico bilancio del rogo divampato in una casa nel palermitano, in piena notte, forse a causa di un corto circuito proveniente dal garage. Le due vittime sono l’anziano proprietario, rinvenuto senza vita al primo piano della palazzina, e la moglie che si trovava al secondo piano. Sono riusciti a salvarsi per miracolo il figlio 38enne, che si è lanciato dalla finestra con in braccio il figlioletto, e la moglie 33enne. Entrambi sono ricoverati in ospedale.

Tragedia in casa

Anziana carbonizzata

Una donna di 62 anni è morta carbonizzata nell’incendio della sua abitazione in provincia di Oristano, dove viveva da sola. Quando i vigili del fuoco sono riusciti a introdursi nell’appartamento dell’anziana, la hanno trovata riversa a terra di fronte alla finestra, probabilmente nel disperato tentativo di mettersi in salvo dalle fiamme. In seguito ai rilievi è stato aperto un fascicolo dai carabinieri della stazione locale per ricostruire le cause del disastro.

Esplosione sventra casa

Un morto e due feriti 

È spirata in ospedale la donna di 80 anni rimasta intrappolata sotto le macerie dopo l’esplosione che aveva letteralmente fatto saltare in aria la sua casa, in un comune della provincia di Milano. Dalle testimonianze raccolte dagli inquirenti, sembra che già da qualche giorno fosse stata segnalata una fuga di gas in seguito a lavori per la posa della fibra ottica. Proprio l’operaio che stava tentando di riparare il guasto è rimasto gravemente ferito. Meno grave il vicino di casa, ferito da una tegola.

Amministratrice evadeva 

il teleriscaldamento

È accusata di appropriazione indebita con l’aggravante dell’abuso del ruolo di prestatore d’opera e della continuazione, l’amministratrice di condominio che, tra gennaio 2009 e ottobre 2012, si era “dimenticata” di pagare la bolletta del teleriscaldamento di una palazzina in provincia di Reggio Emilia. In più, la donna avrebbe effettuato numerose operazioni dal conto corrente condominiale, anche mediante assegni e bonifici disposti in suo favore. I condòmini si sono accorti del mancato pagamento grazie a un sollecito del fornitore, recapitato al nuovo amministratore, pochi mesi dopo.

Spacciatore getta

la droga dalla finestra

I carabinieri lo hanno fermato mentre gettava dalla finestra della propria casa ben 13 dosi di cocaina. L’uomo, un 30enne della provincia di Caltanissetta, stava tentando di liberarsi delle sostanze stupefacenti prima dell’arrivo dei militari che, una volta perquisita la palazzina in cui risiedeva, hanno rinvenuto 3 mila euro in contanti provenienti dall’attività illecita e, nascosti abilmente all’interno del vano ascensore, altri 150 grammi di marijuana, 21 grammi di cocaina e altre sostane utilizzate per il confezionamento delle dosi.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Amministratore nei guai
Distratti 820 mila euro
È finito nei guai un amministratore condominiale della provincia di Udine, accusato di essersi appropriato di oltre 820 mila euro tra il 2011 e il 2014: soldi destinati al pagamento delle spese di luce, gas e altri servizi condominiali che erano stati distratti per finalità personali ancora da accertare. L’ipotesi di reato contestata all’uomo, un 63enne che gestisce una serie di immobili della provincia, è quella di appropriazione indebita del denaro versato dai condòmini, con l’aggravante di averlo fatto abusando di prestazioni d’opera.

Stupro nell’androne,
Condannato un 22enne
È stata confermata dalla Corte d’Appello di Catanzaro la condanna a 3 anni e 4 mesi di carcere per il giovane 22enne che lo scorso inverno aveva violentato una studentessa di 25 anni, dopo averla seguita sino all’androne della palazzina nella quale viveva, assieme alle coinquiline. I carabinieri lo avevano tratto in arresto dopo pochi giorni grazie alla denuncia della vittima e alle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza del condominio.

Maxi furto in villa 
Bottino da 50mila euro
Un’anziana proprietaria della provincia di La Spezia è stata bloccata in pieno giorno, nel giardino della sua villetta, da un commando di tre uomini che la hanno immobilizzata e trascinata dentro casa per derubarla. I malviventi hanno agito indisturbati, portando via da una cassaforte banconote e preziosi per un valore di 50 mila euro. Gli inquirenti della squadra mobile spezzina sono alla ricerca di almeno una quarta persona, probabilmente il basista del gruppo.

Rubano luce e acqua
per casa abbandonata
Tre persone sono state arrestate in provincia di Pisa con l’accusa di furto aggravato per aver manomesso le condutture dell’acqua ed essersi allacciati abusivamente alla rete elettrica, al fine di alimentare una casa abbandonata. L’appartamento era stato precedentemente affidato a un’associazione di beneficenza che avrebbe dovuto ristrutturarlo e destinarlo ai bisognosi ma, di fatto, si trovava incustodito da tempo. Inoltre, i tre occupanti, due clandestini e un immigrato regolare, risultano indagati per invasione arbitraria di terreno.

Uccide la madre 82enne 
Poi dà fuoco alla casa
Tragedia famigliare alle porte di Milano. Un uomo di 48 anni, disoccupato e con problemi psichici, ha ucciso con dieci coltellate la madre che dormiva nella sua camera da letto. Dopo aver compiuto il delitto, l’uomo ha dato fuoco all’abitazione al quarto piano della palazzina dove viveva con la vittima, forse nel tentativo di camuffare l’accaduto. Quando i vigili del fuoco sono arrivati sul posto lo hanno trovato davanti alla porta d’ingresso, in stato confusionale.