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L’amministratore di condominio “deve” o “può” agire contro i condomini morosi?

  • Quotidiano Del Condominio
  • 7 novembre 2017

[A cura di: avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com]

Una recente Ordinanza della Corte di Cassazione (Cass. Civ. 24920/2017) ha destato alcune perplessità in merito alla obbligatorietà o meno, per l’amministratore di condominio, di agire nei confronti dei condòmini morosi. Prima di esaminare le perplessità emerse, occorre anzitutto ripercorrere brevemente i fatti oggetto di causa e l’iter processuale.

I fatti oggetto di causa e l’iter processuale

L’amministratore di un condominio non provvedeva al pagamento del premio della polizza assicurativa condominiale, poiché non vi erano le provviste necessarie a causa della morosità dei condòmini. A tale proposito, l’amministratore inviava numerosi solleciti ai morosi. Si verificava un incendio al tetto. Il condominio agiva nei confronti dell’ormai ex amministratore per vedere dichiarata la sua responsabilità in ordine all’assenza di copertura assicurativa al momento dell’incendio del tetto.

Il Tribunale riteneva l’amministratore responsabile per l’inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato, ossia per il tardivo pagamento del premio della polizza assicurativa, il che comportava la mancata copertura del condominio al momento dell’evento dannoso. La Corte d’appello, in contrasto con la Pronuncia di primo grado, dichiarava l’amministratore esente da responsabilità, perché l’accertata mancanza di fondi nelle casse condominiali era stata determinata dalla morosità dei condòmini, e i solleciti inviati a costoro erano sufficienti ai fini dell’adempimento degli obblighi derivanti dal mandato, non essendo tenuto il mandatario ad anticipare le somme occorrenti per il pagamento della polizza assicurativa, e non essendo obbligatorio il ricorso alla procedura monitoria per esigere i pagamenti delle quote.

La Pronuncia della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ribadito il principio già affermato dalla Corte d’appello: l’ex amministratore non è responsabile del tardivo pagamento del premio della polizza assicurativa, poiché dovuto all’assenza di fondi a causa della morosità dei condòmini, avendo egli sollecitato più volte i morosi e dunque adempiuto al suo obbligo di diligenza. Si leggano i seguenti passaggi dell’Ordinanza in esame.

Nell’esercizio delle funzioni (l’amministratore di condominio) assume le veste del mandatario e pertanto è gravato dall’obbligo di eseguire il mandato conferitogli con la diligenza del buon padre di famiglia a norma dell’art. 1710 c.c..

Nel caso di specie la Corte d’appello ha accertato, con apprezzamento in fatto, che l’amministratore, nel periodo 2005/2006, aveva più volte sollecitato, anche per iscritto, i condòmini morosi al versamento delle quote condominiali, avendo egli la facoltà e non l’obbligo di ricorrere all’emissione di un decreto ingiuntivo nei riguardi dei condòmini morosi..

La deduzione appare corretta perché l’art. 63 disp. att. cc. non prevede un obbligo, ma solo una facoltà di agire in via monitoria contro i condòmini morosi (“può ottenere decreto di ingiunzione…”) e pertanto non merita censura la decisione impugnata, laddove ha escluso la violazione dell’obbligo di diligenza da parte dell’A. per essersi comunque attivato nella raccolta dei fondi, avendo comunque messo in mora gli inadempienti..

Le perplessità

La Corte, dunque, afferma che: la legge non obbliga l’amministratore ad agire contro i condòmini morosi per il recupero del credito; avendo ripetutamente sollecitato i condòmini morosi, l’amministratore ha correttamente adempiuto al suo obbligo di diligenza, che è quello del buon padre di famiglia.

È ormai cosa abbastanza nota che la riforma del condominio abbia introdotto una disciplina più rigorosa per quanto attiene sia la responsabilità dell’amministratore sia la morosità condominiale. Le perplessità sopra citate nascono proprio dal contrasto tra questa consapevolezza e quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella pronuncia in commento.

Principi non più attuali

Si tratta di un contrasto infondato. Le perplessità vengono fugate non appena si badi al periodo al quale risalgono i fatti oggetto della vicenda: basti considerare che la sentenza di primo grado veniva pronunciata nel 2009, mentre la Legge 220/2012, cosiddetta di riforma del condominio, entrava in vigore in data 18 giugno 2013.

Si ha, dunque, che:

  • nel momento in cui i fatti si sono verificati era in vigore una determinata norma (la disciplina del condominio pre-riforma);
  • oggi, nel momento in cui viene pronunciata l’Ordinanza in commento, è in vigore una norma differente (la disciplina del condominio post riforma).

Si tratta del fenomeno della successione di norme nel tempo: ad una norma ne succede un’altra ed occorre stabilire quale di queste sia applicabile al caso concreto. In base ai principi generali, deve essere applicata la norma che era in vigore nel momento in cui il fatto si è verificato. Dunque, dal momento che il fatto si è verificato nel periodo antecedente la riforma, deve essere applicata la disciplina del condominio pre-riforma, la quale non prevedeva l’obbligo di agire nei confronti dei condòmini morosi. Questo è il motivo per cui la Corte di Cassazione afferma principi non più attuali: perché lo erano al momento del verificarsi dei fatti oggetto del giudizio.

La situazione attuale

La disciplina post riforma all’art. 1129, co. 9, cod. civ. prevede che “Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.”. Quindi certamente oggi l’amministratore deve agire nei confronti dei condòmini morosi.

Quanto alla diligenza richiesta, si consideri che – alla luce della Legge 4/2013 e dei requisiti richiesti dall’art. 71 bis disp. att. cod. civ. introdotto dalla Legge 220/2012 – l’amministratore di condominio è oggi un professionista. Come tale, la diligenza con la quale egli deve adempiere le proprie obbligazioni non è più quella del buon padre di famiglia ex art. 1176, co. 1, cod. civ., ma quella professionale, cioè quella richiesta dalla natura del suo incarico, ex art. 1176, co. 2, cod. civ. Quindi, certamente oggi l’amministratore non può ritenere di avere agito con la diligenza richiesta, semplicemente inviando solleciti ai condòmini morosi ma, come già detto, deve agire per la riscossione forzosa delle somme da questi dovute al condominio.

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  • amministratore di condominio
  • morosità in condominio
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