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I condòmini contro l’amministratore: “Ma non è diffamazione”

  • Quotidiano Del Condominio
  • 16 aprile 2019

Corte di Cassazione chiamata ancora una volta a pronunciarsi su un caso di presunta diffamazione, nella fattispecie perpetrata da due condòmini ai danni di un amministratore condominiale che gli imputati avevano pubblicamente diffidato a prendere decisioni per conto del condominio, essendo lui stato raggiunto da un decreto penale per appropriazione indebita. Di seguito un estratto della sentenza numero 14653/2019, che conferma l’assoluzione degli imputati. Vediamo perché.

——————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 14653/2019
——————

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 12 maggio 2016, il Tribunale di Varese, in riforma della sentenza del Giudice di pace di Gavirate, assolveva G.A. e M.F. dal delitto di diffamazione consumato ai danni di G.M.C., affermando, in diverse circostanze, che lo stesso non era legittimato a partecipare a riunioni e a prendere decisioni per conto di un condomino dal medesimo amministrato, perché già condannato alla reclusione per un delitto di appropriazione indebita consumato ai danni dello stesso, e ciò contrariamente al vero, essendogli stato notificato solo un decreto penale.

Nel riformare la sentenza di condanna di prime cure, e nel decidere il gravame degli imputati dopo che una precedente pronuncia di inammissibilità dello stesso era stata annullata da questa Corte, il Tribunale osservava che:

  • l’eccezione di inammissibilità dell’appello perché depositato presso la cancelleria del Tribunale di Varese era infondata perché tale forma di presentazione è prevista dall’art. 582 codice di rito;
  • era pacifico il fatto che alla parte civile fosse stato, in precedenza ai fatti per cui è causa, notificato un decreto penale di condanna per il delitto di appropriazione indebita aggravata, consumato quale amministratore di quel condominio;
  • l’imputato G.A. aveva fatto presente tale circostanza durante la riunione dei capigruppo del Comune di Bregano volendo informare il sindaco che chi si presentava in nome del condominio interessato era stato ritenuto responsabile di una condotta di rilievo penale proprio a danno dello stesso;
  • l’imputato M.F. aveva parimenti rappresentato ai condòmini l’inopportunità che l’amministratore G.M.C. fosse inviato alla riunione con il Prefetto data l’indicata condanna;
  • i due imputati avevano pertanto riferito un fatto vero, utilizzando un linguaggio contenuto ed in contesti in cui la notizia riferita poteva assumere rilievo, così da doversi affermare che i predetti avevano esercitato un legittimo diritto di critica.

2. Propone ricorso la parte civile G.M.C., a mezzo del proprio difensore, articolando le censure in tre motivi.

(omissis)

2.2. Con il secondo ed il terzo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla pronuncia assolutoria dei due imputati dal delitto di diffamazione consumato a danno della parte civile.

Il fatto denunciato dai due imputati non corrispondeva al vero visto che il decreto penale di condanna era stato opposto ed il relativo giudizio si era chiuso con l’assoluzione del ricorrente.

La condotta dei due imputati era, con tutta evidenza, strumentale al fatto che si voleva evitare che il G.M.C. rappresentasse quel condominio in quelle riunioni.

Considerato in diritto

Il ricorso promosso nell’interesse della parte civile G.M.C. non merita accoglimento.

(omissis)

2. Gli ulteriori motivi sono versati in fatto e non considerano che esula dal sindacato di legittimità la “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (omissis).

Il Tribunale, con motivazione priva di manifesti vizi logici, aveva osservato come gli imputati si fossero limitati a sottolineare che:

  • la persona offesa era stata raggiunta da un provvedimento di condanna (né poteva considerarsi dirimente il fatto che fosse un decreto penale piuttosto che una sentenza, anch’essa peraltro non necessariamente definitiva);
  • non era noto agli stessi che la persona offesa si fosse opposta a tale decreto;
  • non poteva essere nota neppure la sua assoluzione (perché intervenuta in epoca successiva);
  • che le frasi incriminate erano state pronunciate in contesti propri (in occasioni nelle quali la persona offesa avrebbe dovuto rappresentare il condominio, vittima delle sue appropriazioni).

Così da doversi fondatamente concludere che i due imputati avevano legittimamente esercitato il consentito diritto di critica, scriminandone pertanto la condotta, altrimenti offensiva della reputazione del ricorrente.

Se ne deduce, allora, che la motivazione della sentenza impugnata si sottrae alle censure di legittimità argomentate nel ricorso.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Tags
  • amministratore di condominio
  • appropriazione indebita
  • diffamazione
  • giurisprudenza in condominio
  • sentenze di cassazione
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