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Condominio: si può trasferire l’uso esclusivo di parti comuni?

  • Quotidiano Del Condominio
  • 8 novembre 2019

Un condominio aveva convenuto in giudizio un condomino affinché fosse accertata l’insussistenza in capo al medesimo del diritto di uso esclusivo del cortile condominiale, con conseguente ordine di cessare ogni turbativa e condanna a risarcire i danni causati.

Per la Cassazione – come evidenzia l’ordinanza 24958/2018, di cui riportiamo un estratto – l’uso esclusivo su parti comuni dell’edificio che viene riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, a favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, non incide sull’appartenenza delle parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento tra i condòmini.

Il diritto in questione, dunque, non cessa con la morte del beneficiario e potrà essere trasferito unitamente all’unità immobiliare cui accede.

—————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 10.10.2018,
n. 24958
—————

Motivi in fatto e diritto della decisione

Il Condominio A. ha convenuto davanti al Tribunale di Parma con atto di citazione notificato il 9 maggio 2001 G.M affinché fosse accertata l’insussistenza in capo al medesimo del diritto di uso esclusivo del cortile condominiale prospiciente piazzale (…) e con accesso dallo stesso piazzale, con conseguente ordine al detto G.M. di cessare ogni turbativa e condanna a risarcire i danni causati.

Si è costituito G.M., chiedendo il rigetto delle domande attrici e la chiamata in causa di T.S., quale erede della sua dante causa L.G., per essere manlevato e risarcito.

Si è costituita T.S., domandando il rigetto della domanda di G.M.

Il Tribunale di Parma, con sentenza n. 876/2005, ha respinto le domande del Condominio A.

I condòmini del Condominio A., A.T., C.P. ed E.S., hanno proposto appello con atto notificato il 14 settembre 2006.

La Corte di Appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, ha dichiarato l’insussistenza del diritto di uso esclusivo vantato da G.M. e respinto la domanda presentata da quest’ultimo contro T.S..

G.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base tre motivi.

T.S. e T.C. hanno resistito con controricorso.

Gli altri intimati non hanno svolto difese.

Il solo ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c.

1. Con il primo ed il secondo motivo che, stante la stretta connessione, vanno trattati congiuntamente, G.M. lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 817, 818, 1362 e 1363 c.c. poiché la corte territoriale avrebbe male interpretato la clausola del rogito a Notaio dott. C. del 1979, ritenendo che la riserva d’uso prevista in favore di L.G. fosse riferita alla persona della stessa e non all’appartamento di cui essa era proprietaria e che, nella specie, sussistesse un diritto reale d’uso ex articolo 1021 c.c. e non un rapporto pertinenziale.

Le doglianze meritano accoglimento nei termini che seguono.

Secondo la più recente giurisprudenza della Suprema Corte, l’uso esclusivo su parti comuni dell’edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incide non sull’appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condòmini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex articoli 1102 e 1117 c.c.. Tale diritto non è riconducibile al diritto reale d’uso previsto dall’articolo 1021 c.c. e, pertanto, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione, è tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell’unità immobiliare cui accede (Cass., Sez. 2, n. 24301 del 16 ottobre 2017).

In particolare, deve ritenersi che il riferimento al concetto di pertinenza, spesso presente in dottrina e giurisprudenza, sia utilizzato, in casi come quello in esame, in senso atecnico, volendosi semplicemente indicare la maggiore utilità che una proprietà esclusiva può trarre da un bene comune c.d. in uso esclusivo. Se ne ricava che la corte territoriale ha errato nel ricondurre il diritto in questione nell’ambito di applicazione dell’articolo 1021 c.c., non potendosi considerare, al contrario, l’uso esclusivo su parti comuni dell’edificio condominiale un diritto reale d’uso non cedibile e destinato ad estinguersi con il decesso del beneficiario.

2. Il terzo motivo non deve essere esaminato, essendo esso subordinato al rigetto dei primi due.

3. Il ricorso deve essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna affinché decida la causa nel merito anche con riferimento alle spese di lite, uniformandosi ai seguenti principi di diritto: “l’uso esclusivo su parti comuni dell’edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incide non sull’appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condòmini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex articoli 1102 e 1117 c.c.; tale diritto non è riconducibile al diritto reale d’uso previsto dall’articolo 1021 c.c. e, pertanto, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione e a non estinguersi con il decesso del beneficiario, è tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell’unità immobiliare cui accede”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il I ed il II motivo di ricorso, assorbito il terzo, e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna affinché decida la causa nel merito anche in ordine alle spese di lite.

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  • cortile condominiale
  • diritto d’uso
  • parti comuni
  • uso esclusivo
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