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Danni, parti contese, distanze legali: ecco come decide la Cassazione

  • Quotidiano Del Condominio
  • 5 marzo 2020

Non c’è che dire: nei condomini italiani si riesce a litigare per le più svariate ragioni, e non di rado tali diatribe finiscono in tribunale.

Pubblichiamo, di seguito, una rassegna di massime di Cassazione: brevi estratti di alcune delle più recenti sentenze della Suprema Corte in materia condominiale.

Il danno figurativo causato da infiltrazioni

La compressione o la limitazione del diritto di proprietà o di usufrutto di un immobile, che siano causate dall’altrui fatto dannoso – nella specie, infiltrazione di acqua proveniente da terrazze di copertura dell’edificio condominiale – sono suscettibili di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessità di una spesa ripristinatoria (c.d. danno emergente) o di perdita dei frutti della cosa (c.d. lucro cessante), ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio. In ordine alla sussistenza e quantificazione di tale danno, mentre resta a carico del proprietario o dell’usufruttuario il relativo onere probatorio, che può essere assolto altresì mediante presunzioni semplici, il giudice può fare ricorso anche ai parametri del cosiddetto danno figurativo, trattandosi di casa di abitazione, come quello del valore locativo della parte dell’immobile del cui godimento il proprietario è stato privato.

Cass., Sez. II civ., sent. 17.12.2019, n. 33439

Le emissioni da caldaia non sono “fatto notorio”

Il fatto notorio, derogando al principio dispositivo delle prove e al principio del contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile. Ne consegue che tra le nozioni di comune esperienza non possono farsi rientrare le acquisizioni specifiche di natura tecnica e quegli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati estimativi. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza gravata che aveva ritenuto provato, per scienza comune, il fatto che il funzionamento delle caldaie a gas potesse provocare emissioni di calore, oltre che di fumo, ossido di carbonio e scintille.

Cass., Sez. II civ., ord. 16.12.2019, n. 33154

Lavori urgenti per la cosa comune

Nella comunione ordinaria, a norma degli artt. 1110 e 1134 c.c., il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell’amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, può ottenerne il rimborso solo qualora provi tanto la suddetta inerzia, quanto la necessità e l’urgenza dei lavori.

Cass., Sez. II civ., sent. 16.12.2019, n. 33158

Proprietà del vano ricavato nel sottosuolo

In tema di condominio negli edifici, in ipotesi di controversia circa la titolarità di un locale posto nel sottosuolo del fabbricato, ricavato mediante scavo nell’area sottostante ad un appartamento, attuato con svuotamento di volume ed asportazione di terreno, deve gradatamente accertarsi se la proprietà di tale locale, preesistente al frazionamento, sia attribuita dal titolo costitutivo del condominio, ovvero sia altrimenti da riconoscersi acquisita per usucapione, o, infine, se esso, per la sua struttura, debba considerarsi non tra le parti comuni dell’edificio di cui all’art. 1117 c.c., quanto, piuttosto, destinato ad uso esclusivo, potendosi, del resto, estendere la disciplina prevista dagli artt. 840 e 934 c.c. anche ai vani sottostanti al pianterreno dell’edificio condominiale sempre che dal titolo non risulti il contrario.

Cass., Sez. II civ., sent. 16.12.2019, n. 33163

Variazioni dell’opera nel contratto di appalto

In tema di appalto, il regime probatorio delle variazioni dell’opera muta a seconda che queste ultime siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o a quella del committente poiché, nel primo caso, l’art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione risulti da atto scritto “ad substantiam”, mentre, nel secondo, l’art. 1661 c.c. consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente. Nella specie, sul presupposto che la disciplina contrattuale ricalcava quella del codice civile agli artt. 1659 e 1661 c.c., la S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia nella corte d’appello che si era limitata a prendere atto della mancanza di autorizzazione scritta, mentre avrebbe dovuto verificare se le variazioni fossero state o meno autorizzate dalla committente e assumere al riguardo le prove ritualmente dedotte dall’appellante.

Cass., Sez. II civ., sent. 13.12.2019, n. 32989

Apertura di varco nel muro perimetrale

In tema di uso della cosa comune, è illegittima l’apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacché in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condòmini.

Cass., Sez. II civ., ord. 11.12.2019, n. 32437

Disciplina da applicare al supercondominio

Il supercondominio, sorgendo “ipso iure et facto”, se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti, unifica entro una più ampia organizzazione condominiale una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, in rapporto di accessorietà con i fabbricati; ad esso, pertanto, trova applicazione la disciplina specifica del condominio, anziché quella generale della comunione.

Cass., Sez. II civ., sent. 10.12.2019, n. 32237

Competenza per valore nelle cause sulle distanze

Le cause concernenti il mancato rispetto delle distanze legali tra immobili sono assimilate a quelle relative alle servitù, poiché l’azione esercitata consiste sostanzialmente in una negatoria. A norma dell’art. 15 c.p.c., pertanto, ai fini della competenza, il loro valore va determinato moltiplicando per cinquanta il reddito dominicale del terreno o la rendita catastale del fabbricato in cui si assume essere avvenuta la violazione.

Cass., Sez. VI-2 civ., ord. 17.12.2019, n. 33457

 

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