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L’amministratore non risponde di omicidio colposo se l’addetta alle pulizie condominiali muore dopo essere stata colpita dall’ascensore

  • Quotidiano Del Condominio
  • 23 marzo 2021

A cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10136 del 16 marzo 2021, affrontando il tema della responsabilità penale dell’amministratore di condominio, ha affermato che quest’ultimo non è responsabile della morte di una dipendente di una ditta di pulizie, colpita dall’ascensore dello stabile.

Nel caso in esame, un amministratore di condominio, era stato condannato dai giudici di merito per il reato di omicidio colposo, in quanto, in qualità di committente dei lavori di pulizia della porzione superiore delle grate poste a protezione del vano ascensore, non aveva verificato l’idoneità tecnico-professionale della ditta incaricata, oltre a non effettuare una compiuta valutazione del documento di valutazione dei rischi della società in questione, in ordine alle operazioni di pulizia, ove non erano individuati rischi e pericoli concernenti operazioni da eseguire su grate e ascensori e non era prescritta la disattivazione dell’alimentazione dell’elevatore nel corso dei lavori di pulizia sulla griglia protettiva. L’uomo, assieme all’amministratore unico dell’azienda, concorreva alla morte di una dipendente, che, durante la pulizia della porzione superiore delle grate, veniva colpita dall’ascensore, azionato in discesa da una condomina, decedendo in conseguenza delle lesioni subite.

La vicenda approdava in Cassazione, davanti alla quale il ricorrente asseriva che l’amministratore del condominio non è titolare di alcuna posizione di garanzia, dal momento che l’appalto dei lavori di ripulitura delle grate dell’ascensore era stato deciso ed assegnato attraverso una delibera assembleare alla quale l’amministratore stesso era vincolato e a cui era tenuto a dare corretta attuazione, senza alcun autonomo potere di azione, né di ingerenza relativamente ai lavori deliberati. L’assemblea condominiale aveva valutato sia l’idoneità tecnica, sia la capacità organizzativa della impresa incaricata ed aveva materialmente provveduto alla pulizia delle grate dell’ascensore, avvalendosi di due dipendenti. Di conseguenza, la disciplina di cui al d. Ig. n. 81 del 2008 non poteva essere applicata all’amministratore, che si era limitato ad attuare la delibera assembleare, non esplicando alcun ruolo nell’esecuzione e nell’organizzazione dei lavori.

Difatti, l’art. 26 d. Ig. n. 81 del 2008 indica espressamente e unicamente il datore di lavoro quale titolare degli obblighi in materia di sicurezza, non essendo possibile, in materia penalistica, in ossequio al principio di stretta legalità, estendere i detti obblighi ad altri soggetti. Il titolare dell’impresa, che, nello stesso tempo, era pure direttore tecnico, era dunque l’unico a dover impartire le istruzioni ai dipendenti e a dover verificarne l’esatta osservanza da parte di questi ultimi. E, in ogni caso, i lavori deliberati concernevano la pulizia delle grate esterne dell’ascensore, ovvero lavori assai semplici, che non richiedevano alcun controllo continuo e capillare da parte dell’amministratore dello stabile.

Nell’accogliere la doglianza, il Tribunale Supremo precisava che il giudice di merito avrebbe dovuto “analizzare la questione inerente alla ravvisabilità, in capo all’amministratore del condominio, di una autonomia di azione e di concreti poteri decisionali eventualmente conferitigli, in relazione ai lavori in esame, dalla delibera assembleare, tanto più che il tema era indissolubilmente connesso alle problematiche devolute alla Corte territoriale con i motivi di gravame. Tale profilo è invece del tutto estraneo all’apparato argomentativo della pronuncia impugnata, che si limita ad affermare apoditticamente che l’assemblea aveva deliberato all’unanimità la sostituzione della ditta incaricata della manutenzione dell’ascensore, lasciando poi l’amministratore arbitro della situazione e responsabile dell’impostazione del rapporto con la nuova ditta appaltatrice, senza chiarire da quali risultanze abbia desunto tale conclusione”.

Infine, secondo gli Ermellini, nel caso in esame non era ravvisabile l’aggravante della violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

 

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  • amministratore di condominio
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