I lavori di ristrutturazione di un appartamento in condominio si protraggono per oltre un anno. Un condomino chiede il risarcimento dei danni per i disagi patiti, ma il Tribunale gli dà torto e la Cassazione conferma tale orientamento. Vediamo perché.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 19.1.2017,
n. 1363
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FATTI DI CAUSA
l. Con atto di citazione notificato il 21 novembre 2009, R.L., proprietario di un appartamento sito nello stabile condominiale di viale … e residente nello stesso, conveniva in giudizio P.O. e A.F., chiedendo la cessazione delle attività rumorose provenienti dall’appartamento dei convenuti, sito nel medesimo condominio, e il conseguente risarcimento del danno.
Si costituivano i convenuti, resistendo.
Il Giudice di pace di Pescara, con sentenza in data …, accoglieva la domanda e condannava i convenuti al risarcimento dei danni ex artt. 844 e 2043 cod. civ., quantificati in euro 1.000.
Il Giudice rilevava che i testi avevano riferito dell’esistenza di rumori dovuti ai lavori di ristrutturazione nell’appartamento di proprietà dei convenuti, protrattisi dal giugno 2008 al settembre 2009; quanto al danno lamentato, lo riteneva provato, sul rilievo che in materia di immissioni sonore, di vibrazioni e di scuotimenti atti a turbare il bene della tranquillità nel godimento degli immobili adibiti ad uso di abitazione, il danno è in re ipsa e va valutato con prudente apprezzamento, tenuto conto delle particolarità riferentisi alla situazione concreta, al regolamento condominiale e a quello comunale.
2. Il Tribunale di Pescara, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 29 gennaio 2013, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni e ha condannato il R.L. al pagamento delle spese del doppio grado.
Il Tribunale ha ritenuto che, quantunque dimostrata la sussistenza di un’attività rumorosa, non ne è stata provata l’effettiva intollerabilità e, soprattutto, non è stato dimostrato un danno risarcibile.
In ordine al primo rilievo, il Tribunale ha ritenuto implausibile che i lavori di demolizione – i soli implicanti l’uso di strumenti particolarmente rumorosi – si siano protratti per il lasso temporale (oltre un anno) indicato dal R.L., tanto più che nessuno dei restanti condòmini se ne era lamentato; ed in tal senso ha ritenuto non del tutto convincenti le prove testimoniali valorizzate dal giudice di primo grado.
In ogni caso, e quanto al secondo e più decisivo profilo, il Tribunale ha osservato che il pregiudizio lamentato era stato allegato in modo assai generico dal R.L. (il quale aveva accennato in citazione ad effetti negativi sulla salute e sulla vita di relazione) ed a tale indistinta allegazione non aveva poi fatto seguito alcuna precisazione, tanto meno sul piano probatorio, dovendosi escludere la sussistenza di un danno non patrimoniale risarcibile in re ipsa. Nel caso di specie – ha affermato conclusivamente il Tribunale – non solo gravità e serietà del danno non trovano riscontro concreto, ma è carente la stessa deduzione specifica di una incidenza delle immissioni rumorose sulla vita di relazione del R.L. tale da determinare un danno serio e grave.
3. Per la cassazione della sentenza del Tribunale il R.L. ha proposto ricorso, con atto notificato il 29 luglio 2013, sulla base di tre motivi.
(omissis)
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 844 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. civ., nonché difetto assoluto di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., per avere il Tribunale erroneamente disatteso il principio dispositivo sotteso alla stessa norma, avendo obliterato il regolamento condominiale e con esso la concreta disciplina convenzionale dei rapporti fra condòmini, disciplina la cui osservanza avrebbe dovuto essere ritenuta prevalente rispetto al divieto codicistico e a suoi parametri di individuazione. In particolare, il ricorrente si duole della ritenuta insussistenza di immissioni superiori alla normale soglia di tollerabilità, pur in presenza di un’accertata violazione del regolamento condominiale che prescriveva il divieto di attività rumorose dalle 14 alle 16.
1.1. Il motivo è inammissibile.
La censura non tiene conto del fatto che il giudice del merito, con congruo e ponderato esame delle risultanze processuali, ha escluso che il dato probatorio testimoniale sia univoco nell’acclarare che vi siano state, nell’occasione dei lavori in questione, immissioni rumorose, anche negli orari pomeridiani dedicati al riposo delle persone, tali da eccedere la normale tollerabilità.
(omissis)
2. Il secondo mezzo lamenta “intima contraddittorietà della motivazione reiettiva rilevante ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. in merito alla richiesta risarcitoria, pur disattesa, nella misura in cui il Tribunale ha speso invano argomenti senza finalità alcuna, perché inseriti in un contesto probatorio ritenuto insufficiente e quindi disatteso (mancata prova della intollerabilità dei rumori ai sensi dell’art. 844 cod. civ.)”.
2.1. Non sussiste la lamentata contraddittorietà, perché ben può il giudice del merito, senza con ciò incorrere in alcun vizio logico, rigettare la proposta domanda ex art. 844 cod. civ., per la cospirante convergenza di una duplice ragione giustificativa, sia perché i rumori e le immissioni non raggiungono il limite della intollerabilità, sia perché manca la prova sulla esistenza del patito danno.
(omissis)
4. Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Diversamente da quanto sollecitato dal pubblico ministero, non vi è luogo a condanna a titolo di responsabilità aggravata, non constando che il ricorrente abbia agito con dolo o con colpa grave o con abuso dello strumento impugnatorio.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida in complessivi euro 1.700, di cui euro 1.500 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.