.

ARCHIVIO DEL CONDOMINIO

arera logo

Arera, il nuovo regolamento in vigore dal primo marzo

This content is for Subscribers Users

Contro il caro energia, riduzione dell’Iva su pellet e teleriscaldamento

This content is for Subscribers Users

Mutui per la casa: gli effetti del rialzo dei tassi di interesse

casa e mutuo ipotecario

Il contestato rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea (Bce) si abbatte su moltissime famiglie italiane che hanno il mutuo sulla casa, spesso la prima casa.
“Bisogna aspettarsi che la rata mensile per i finanziamenti a tasso variabile salga ulteriormente rispetto ad oggi”, si legge sul sito specializzato www.telemutuo.it.
La difficile situazione nasce dal graduale aumento dei tassi di interesse cominciato nel corso del 2022. All’inizio dell’anno, infatti, si era ancora ai minimi storici, come ormai da tempo.
Il primo tasso d’interesse a crescere, la scorsa primavera, è stato l’indice Irs (detto anche Eurirs), il parametro di indicizzazione dei mutui a tasso fisso. A luglio è stata registrata una breve frenata, ma poi l’indice è tornato a salire: per fare un esempio, se a fine gennaio l’Irs 10 anni era intorno allo 0,4 per cento, a ottobre ha sfondato quota 3 per cento ed ora si attesta intorno a +2,7 per cento. Risultato: il tasso (Tan) per un mutuo a tasso fisso oggi parte da almeno il 3,5 per cento, a seconda delle offerte più o meno vantaggiose delle banche.
A differenza dell’Eurirs, l’Euribor, l’indice più diffuso per i mutui a tasso variabile, è aumentato più lentamente nel corso dell’anno, passando dal terreno negativo a quello positivo soltanto nel mese di agosto, quando ha cominciato la sua corsa al rialzo.
A fine estate la differenza tra tasso fisso e variabile ha incominciato a ridursi gradualmente, anche se al momento chi sceglie questa seconda opzione (oggi si parte da un tasso variabile pari al 2,5 per cento) può ancora contare su una rata più bassa, come si può vedere facendo una simulazione con il comparatore di mutui online messo a disposizione da TeleMutuo.

Le prospettive per i prossimi mesi
Come ha annunciato la governatrice della Bce Christine Lagarde, probabilmente i tassi d’interesse continueranno a crescere, considerata l’incertezza dello scenario geopolitico. Questo farà salire le rate dei mutui, soprattutto quelli a tasso variabile.
È anche vero che in una fase così incerta è molto difficile fare previsioni, quindi bisogna valutare attentamente i mercati in tempo reale: imprevedibili eventi futuri potrebbero influire sia in positivo sia in negativo. Attualmente le proiezioni per i prossimi cinque anni segnano un Euribor 3 mesi pari all’incirca a +3,2 per cento a dicembre 2023, +3,1 per cento a dicembre 2025, +3,3 per cento a dicembre 2027.
Comprare casa resta in ogni caso conveniente, perché in generale stiamo parlando di tassi d’interesse comunque vantaggiosi, sia in relazione al valore attuale dell’inflazione, sia rispetto all’andamento storico, come emerge dal rapporto mensile dell’Abi (Associazione banche italiane): se a ottobre 2022 il tasso medio sulle nuove operazioni per l’acquisto di abitazioni è stato del 2,73 per cento (a dicembre 2021 era 1,74 per cento), è anche vero che a fine 2007 era addirittura del 5,72 per cento.
Anzi, la grande propensione degli italiani all’acquisto dell’abitazione, sia per uso proprio sia come investimento, potrebbe favorire nei prossimi mesi una maggiore concorrenza nel mercato dei mutui e un abbassamento dei prezzi nel settore immobiliare.

Individuare il tasso più conveniente
In questo scenario così variabile viene naturale chiedersi come individuare il tasso più conveniente. Se fino all’inizio del 2022 la quasi totalità dei mutuatari sceglieva il fisso, nel corso dell’anno è aumentata rapidamente la domanda di tasso variabile. Ma ora lo scenario è cambiato di nuovo.
Di fronte alla crescita dell’Euribor, e soprattutto in vista di ulteriori rialzi (secondo gli analisti si arriverà al 3 per cento entro l’estate 2023), i mutuatari stanno tornando a considerare l’ipotesi del tasso fisso, non tanto per risparmiare quanto per tutelarsi dal rischio di possibili stangate. Secondo i consulenti del credito di Telemutuo, quella del mutuo a tasso fisso è in questo momento la soluzione ottimale, perché, pur essendo più che triplicato rispetto a un anno fa, siamo comunque molto lontani dai livelli ante 2010.
Un discorso che vale a maggior ragione se si considera l’attuale contesto inflattivo: negli ultimi dieci anni, infatti, i tassi fissi si sono mantenuti sempre al di sopra rispetto alla svalutazione del denaro, e solo negli ultimi mesi si è verificata questa situazione inusuale in cui sono nettamente inferiori rispetto all’11 per cento su cui si attesta attualmente l’inflazione.
Sul mercato sono comunque disponibili anche soluzioni alternative che, pur avendo un tasso variabile, permettono di mettere un tetto massimo agli aumenti, ovvero il mutuo a rata costante (in cui è la durata complessiva del finanziamento a variare) e il mutuo con cap (tetto massimo).
Si tratta però di prodotti da valutare con la massima attenzione, considerando la propria situazione personale e il contesto generale.
Al di là della scelta tra tasso fisso e tasso variabile, secondo gli esperti di www.telemutuo.it esistono numerose tipologie di mutuo da valutare.
Accanto ai tradizionali mutuo prima casa (anche nella versione mutuo 100 per cento) e mutuo seconda casa, per chi ha intenzione di comprare un’abitazione ad alta efficienza energetica c’è il mutuo green o “verde”, indicato anche se si acquista un immobile costruito secondo i principi della bioedilizia oppure se si ristruttura un vecchio appartamento, migliorandone le prestazioni.
Se invece si vogliono sfruttare le agevolazioni edilizie previste dal governo, come il Bonus Ristrutturazione o il Superbonus 110%, si può chiedere il mutuo ristrutturazione oppure un mutuo liquidità.
Per chi invece sta già pagando un finanziamento per l’acquisto della casa, c’è sempre l’opzione della surroga, ovvero il passaggio a un nuovo mutuo, stipulato con una banca diversa.
Una possibilità che in passato, con i tassi ai minimi storici, è stata sfruttata da molti mutuatari e che ora può essere una strada percorribile per chi, di fronte agli aumenti del tasso variabile, vuole tutelarsi passando ad un mutuo a tasso fisso o ad un variabile con cap.

Mutuo prima casa under 36
Notizie positive, inoltre, per quanto riguarda i mutui per under 36, molto richiesti negli ultimi anni, grazie agli importanti sgravi fiscali previsti dal governo per aiutare i giovani a comprare casa.
Con un emendamento al Decreto Aiuti-ter, innanzitutto il Governo ha modificato il meccanismo alla base dei mutui fissi al 100% per i giovani, che negli ultimi mesi erano scomparsi dal mercato a causa della crescita dei tassi di interesse: in pratica, a differenza di quanto succedeva prima, ora il Teg – Tasso Effettivo Globale, potrà superare il Tegm – Tasso Effettivo Globale Medio, pubblicato dal Mef. Le banche hanno quindi ricominciato a proporre questo tipo di finanziamento per chi rientra nella giusta fascia d’età.
Non solo. Con la nuova Legge di Bilancio è stata infatti prorogata fino al 31 marzo 2023 la possibilità di chiedere al Fondo di Garanzia Mutui Prima Casa, istituito nel 2013 e gestito da Consap, di fare da garante fino all’80 per cento del valore dell’immobile di fronte alla banca che deve concedere il prestito, ottenendo così un mutuo al 100%. Una misura a cui possono accedere gli under 36 (ma anche i nuclei monogenitoriali con figli minori) che possiedono determinati requisiti, tra cui un indicatore ISEE non superiore a 40.000 euro annui.
Inoltre, per gli under 36 è prevista per tutto il 2023 l’esenzione dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale in sede di rogito, il riconoscimento di un credito d’imposta per chi compra da impresa soggetta ad Iva e l’esenzione dall’imposta sostitutiva del mutuo.
In alternativa, i giovani possono valutare le offerte di mutui oltre l’80 per cento che alcune banche hanno ideato per questa fascia d’età, anche senza la garanzia Consap.

Fondo Gasparrini
Infine, un’altra novità riguarda il Fondo Gasparrini, Fondo di solidarietà per la sospensione delle rate mutui prima casa. Come già successo nella prima fase dell’emergenza Covid-19, anche per il 2023 la possibilità di accesso viene allargata a una platea più ampia grazie a uno stanziamento di 430 milioni di euro.
Attraverso questo fondo possono chiedere di sospendere il pagamento delle rate del mutuo alcune specifiche categorie di persone, come i lavoratori che sono in cassa integrazione o che hanno perso il lavoro, i liberi professionisti o le partite Iva con difficoltà economiche, le cooperative edilizie.

Superecobonus, tanti edifici già in linea con la Direttiva Ue

Grazie al Superbonus 110% e all’Ecobonus, sono molti i cittadini italiani che hanno già reso – o stanno rendendo – le loro abitazioni più moderne e sostenibili.
Il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni) stima infatti che negli ultimi due anni sono stati ristrutturati sotto il profilo energetico, attraverso il Superbonus 110%, 86 milioni di metri quadrati, per un totale di 359.440 edifici già completati. Ulteriori 122.000 edifici sono in fase di completamento. In tutto, quindi, quasi 482.000 edifici hanno effettuato il doppio salto di classe energetica.
A questi numeri si aggiungono gli interventi di risparmio energetico realizzati negli ultimi anni con l’Ecobonus “ordinario”: tra il 2014 ed il 2021 sono stati realizzati oltre 3,7 milioni di interventi per il miglioramento delle prestazioni energetiche delle abitazioni. Sebbene si tratti di interventi con un carattere meno organico rispetto al Superecobonus 110%, un parziale miglioramento delle prestazioni energetiche è stato comunque realizzato.
L’Italia, dunque, non è all’anno zero in termini di recupero ed efficientamento energetico degli edifici. Da questi dati di partenza occorre ora capire quanto tempo è necessario per portare il patrimonio edilizio almeno nella Classe energetica “D”, ed elaborare un piano nazionale di intervento.
I tempi non possono certo essere quelli strettissimi indicati dall’Ue. Ma è fondamentale definire rapidamente delle controproposte credibili per realizzare ciò di cui il nostro stesso Paese ha bisogno. Qui entrano in gioco alcune variabili determinanti, la prima delle quali è la disponibilità di dati che definiscano con esattezza millimetrica l’effettivo stato del patrimonio edilizio. I dati fino ad oggi pubblicati sulla vetustà del patrimonio edilizio, sull’anno di costruzione, sulla classe energetica dicono molto ma non possono essere ritenuti sufficienti, nella loro forma così aggregata, per controbattere alle proposte dibattute in sede europea.
Se è vero che gran parte del patrimonio edilizio è stato costruito prima del 1990 dovremmo comprendere se e quanta parte di questo patrimonio è stata eventualmente sottoposta a risanamento profondo o parziale. Se è vero che dal sistema Siape, che monitora le attestazioni di prestazione energetica degli edifici, oltre il 70% delle strutture residenziali ricade nelle classi G, F ed E, questi dati fanno riferimento a 2,5 milioni di Ape. Per quanto il dato possa essere rappresentativo ed affidabile, occorrerebbe capire con maggior precisione quale sia l’esatto perimetro su cui intervenire con maggiore urgenza.
Il patrimonio edilizio si compone infatti di oltre 12 milioni di edifici, di molti dei quali ci sarebbe la necessità di capire meglio lo stato in cui si trova. Servirebbe almeno disporre delle attestazioni di prestazione energetica in modo capillare e aggiornato per quantificare il quadro delle dispersioni energetiche.
Servirebbe, in tempo reale, il dato esatto dei metri quadrati su cui già il Superecobonus è intervenuto, i livelli di risparmio energetico per metro quadrato stimati e quanti edifici proprio negli ultimi due anni, pur solo con l’ecobonus, sono passati in classe D. Si potrebbe così scoprire che una parte di questi metri quadri non devono essere coinvolti negli interventi previsti dalla direttiva Ue. E in questo modo potremmo concentrare gli sforzi su un perimetro più definito, sicuramente più ridotto rispetto a quello finora stimato per grandi linee, massimizzando lo sforzo con risorse finanziarie scarse.
Il Governo, con l’ultima Legge di Bilancio, ha deciso di ridimensionare l’accesso al Superecobonus abbassando il livello di detrazione e mantenendo l’orizzonte temporale al 2025. Ma probabilmente adesso, alla luce della Direttiva Europea, dovrà rimodulare la decisione. Si sono sempre temuti i costi eccessivi di questa operazione, senza considerare gli introiti dello Stato in termini di gettito fiscale. E questo ha impedito al Paese di pensare ad una qualche forma di ecobonus utilizzabile per 10 o 20 anni.
Arrivati a questo punto, la ‘partita’ non può essere giocata solo dal Governo e non può risolversi solo in una interlocuzione di ordine politico con le istituzioni comunitarie, perché in questo caso gli aspetti eminentemente tecnici decideranno l’efficacia o meno di ciò che verrà programmato.
“Vanno ridiscussi – afferma in una nota Angelo Domenico Perrini, presidente del Cni – i tempi di attuazione della direttiva Ue per l’efficientamento energetico degli edifici. Il Paese deve proporre in sede europea un piano circostanziato sulle modalità, sui costi effettivi da sostenere, sul numero esatto di edifici da risanare, sugli edifici che richiedono interventi più urgenti. Proponiamo una rilevazione estensiva Ape per quantificare con esattezza il grado di dispersione termica degli edifici ed identificare aree più critiche e meno critiche. Trasformiamo sin da ora questo vincolo, ormai ineludibile, in una opportunità. Risanare il patrimonio edilizio, se fatto con criterio e con competenza, genera valore per il sistema-Paese”.
“Il Centro studi Cni – osserva Perrini – stima che gli investimenti in Superecobonus 110%, pari a 46,2 miliardi di euro spesi nel 2022, abbiano contribuito alla formazione dell’1,4% del Pil dello scorso anno. La sola produzione diretta attivata dal Superecobonus 110% nel 2022 si stima pesi per almeno il 3,4% del Pil. Tutto questo è accaduto nonostante norme confuse e contraddittorie. Mostriamo in sede Ue di avere un piano chiaro di risanamento del patrimonio edilizio alternativo ad un provvedimento che oggi percepiamo come imposto”.
“Un piano di risanamento energetico degli edifici – afferma Giuseppe Maria Margiotta, consigliere Cni e presidente del Centro studi Cni – specie se estremamente impegnativo come quello che si sta profilando in sede Ue, deve basarsi su dati analitici approfonditi e affidabili. Ciò di cui oggi disponiamo relativamente alle condizioni del patrimonio edilizio sono dati interessanti ma definiscono un quadro per molti aspetti approssimativo, e non è più tempo di approssimazioni. Chiediamo che l’interlocuzione con l’Ue si basi definendo con chiarezza il quadro operativo di intervento per poter realisticamente quantificare i tempi ed i costi di tale operazione. E questo non è un lavoro che, a nostro avviso, può essere svolto solo dal Governo e dagli uffici tecnici dei ministeri, ma deve coinvolgere i professionisti dell’area tecnica che meglio conoscono le complessità dei territori e dei cantieri”.

Sunia, cinquant’anni in difesa del diritto alla casa

This content is for Subscribers Users

Amministratori di condominio certificati

Si è svolta dal 17 al 31 gennaio l’inchiesta pubblica preliminare, presso la commissione UNI/CT 040 – Servizi, per il progetto UNI 1611661, per la definizione dei requisiti relativi all’attività professionale dell’amministratore di condominio.
Tali requisiti sono specificati, a partire dai compiti e attività specifiche e dall’identificazione dei relativi contenuti, in termini di conoscenze e abilità, anche al fine di identificarne chiaramente il livello di autonomia e responsabilità in coerenza con il Quadro Nazionale delle Qualificazioni (QNQ).
Il progetto UNI 1611661 nasce dall’esigenza di introdurre nuovi requisiti per soddisfare le esigenze degli stakeholder, in particolare legate a una maggiore trasparenza e alla richiesta di un supporto sempre più professionale nella tutela del valore della proprietà immobiliare. La UNI 1611661 aggiorna la UNI 10801, giunta alla sua terza edizione.
L’inchiesta pubblica preliminare è un passaggio fondamentale del processo normativo perché aiuta a capire se il mercato ha bisogno di queste norme e se ci sono altri bisogni da soddisfare.
L’aggiornamento della norma UNI 10801 è conseguente all’analisi del mercato, all’analisi dei cambiamenti che sta vivendo il settore, inclusa la necessità di creare un collegamento con la UNI 11777 sulla figura professionale del revisore condominiale a maggior tutela del patrimonio immobiliare e della collettività intesa come i singoli condomini, fornitori e professionisti che si relazionano con il condominio (istituti di credito, l’erario, etc. ), nonché alla valorizzazione del mercato immobiliare
Le principali modifiche che saranno introdotte nella nuova versione riguardano in particolare:
• integrazione dei compiti e delle competenze dell’amministratore di condominio, in particolare per l’ambito formazione e qualifica professionale, al fine di supportare meglio le disposizioni di legge;
• nuovi requisiti specifici per il servizio offerto dallo studio dell’amministratore, inclusi i requisiti sulle competenze specifiche necessarie per una gestione di qualità dello studio e del personale presente;
• integrazione di linee guida operative per il rendiconto condominiale;
• indicazioni sulla gestione della privacy in condominio (con indicazioni operative anche sulle novità come le bacheche informative o le riunioni elettroniche);
• aggiornamenti sulla parte relativa al fascicolo tecnico del condominio;
• aggiornamento dei riferimenti Legislativi applicabili.

Bonus bollette per pagare le spese di condominio

Il bonus bollette, che può arrivare fino all’importo di 600 euro, può essere attribuito ai lavoratori dipendenti, a discrezione del datore di lavoro, anche per pagare le utenze domestiche intestate al condominio.
A chiarire gli aspetti legati al benefit per l’anno 2022 è la circolare numero 35 dell’Agenzia delle Entrate, pubblicata il 4 novembre scorso.
Entro il tetto dei 600,00 euro le somme non sono “tassate” per il lavoratore e possono essere portate in deduzione dal datore di lavoro. Tuttavia, come specificato dalla circolare numero 35 del 2022 dell’Agenzia delle Entrate: “nel caso in cui, in sede di conguaglio, il valore dei beni o dei servizi prestati, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, risultino superiori al predetto limite, il datore di lavoro deve assoggettare a tassazione l’intero importo corrisposto, vale a dire anche la quota di valore inferiore al medesimo limite di euro 600”. Dunque, il superamento del limite determina l’imponibilità dell’intera somma, che sarà quindi “tassata”.
La stessa circolare chiarisce anche gli aspetti legati a spese condominiali: “Le utenze per uso domestico intestate al condominio e ripartite fra i condomini e quelle per le quali, pur essendo le utenze intestate al proprietario dell’immobile (locatore), nel contratto di locazione è prevista espressamente una forma di addebito analitico e non forfetario a carico del lavoratore (locatario) o dei propri coniuge e familiari”. Pertanto, anche le utenze domestiche intestate al condominio e oggetto di successiva ripartizione, come quelle per i consumi idrici e per il riscaldamento, possono dare diritto al bonus 600 euro.
La questione aperta riguarda la possibile asincronia tra i tempi del pagamento stesso e quelli della determinazione dei consumi. Per ottenere l’agevolazione deve essere prodotta un’autocertificazione da conservare in caso di controlli, come le fatture pagate o una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nel quale vengono indicati il numero e l’intestatario della fattura, la tipologia di utenza, l’importo pagato, la data e le modalità di pagamento.
Tale documentazione deve contenere anche la prova delle spese pagate nel 2022 ed entro il 12 gennaio 2023, purché riferite a consumi dell’anno in corso.
E’ l’amministratore di condominio che è chiamato a determinare l’imputazione delle spese condominiali e delle quote individuali, nel corso della gestione. Su richiesta del soggetto che intende ottenere il bonus fino a 600 euro, infatti, l’amministratore di condominio deve produrre un’apposita attestazione.
Tuttavia, tale calcolo potrebbe non essere semplice perché spesso il pagamento delle bollette non ha gli stessi tempi dell’attribuzione dei consumi del singolo condomino. Sarebbe quindi opportuno procedere alla lettura delle misure di acqua e riscaldamento entro la fine dell’anno, così da poter procedere per tempo alla determinazione degli importi.

Bonus edilizi: per gli asseveratori obbligo polizze assicurative

Con il “pronto ordini” n. 109, pubblicato il 21 novembre 2022, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) risponde ad un dubbio in merito all’obbligo assicurativo a carico dei soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni ai fini delle detrazioni da Superbonus 110% e agli altri bonus edilizi.
Veniva chiesto se tale obbligo richieda necessariamente:
• la stipula di una polizza cosiddetta “single project”, “quindi una polizza differente per ogni cantiere” (ai sensi del comma 14 dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 risultante dalle modifiche recate dall’articolo 2, comma 2, lett. b) del decreto-legge n. 13 del 2022, poi trasfuso nell’articolo 28-bis, comma 2, lettera b) introdotto in sede di conversione del decreto-legge n. 4 del 2022);
• ovvero se sia possibile utilizzare la normale polizza per danni da attività professionale “che non preveda esclusioni relative ad attività di asseverazione, con un massimale non inferiore a 500mila euro, specifico per il rischio di asseverazione, da integrare a cura del professionista ove si renda necessario e che garantisca, se in operatività di claims made, un’ultrattività pari ad almeno cinque anni in caso di cessazione di attività e una retroattività pari anch’essa ad almeno cinque anni” (già prevista dal terzo periodo del citato comma 14);
• o, in, alternativa una polizza (cosiddetta “a consumo”) dedicata alle attività in oggetto con un massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500.000 euro, senza interferenze con la polizza di responsabilità civile (di cui al quarto periodo del citato comma 14).
L’Ordine interpellante segnala un articolo tratto dalla stampa specializzata in cui sono richiamati i chiarimenti forniti dall’Ania, l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici.
Secondo l’Ania, anche dopo le modifiche al comma 14 dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, i soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni conservano la possibilità di scegliere tra le tre diverse tipologie di polizza assicurativa previste. Si chiede pertanto conferma di quest’ultima interpretazione.
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ritiene di essere in accordo con l’interpretazione dell’Ordine istante e specifica che:
• considerato che il terzo periodo del citato comma 14 prevede espressamente che “L’obbligo di sottoscrizione della polizza si considera rispettato qualora i soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni abbiano già sottoscritto una polizza assicurativa per danni derivanti da attività professionale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, purché questa: abbia le caratteristiche ivi indicate nelle lettere a), b) e c);
• considerato altresì che il quarto periodo del citato comma 14 prevede espressamente che “In alternativa il professionista può optare per una polizza dedicata alle attività di cui al presente articolo”, con le caratteristiche del tipo “a consumo” sopra richiamate;
• sembra corretto ritenere che “L’obbligo di sottoscrizione della polizza” a carico dei soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni possa considerarsi rispettato anche tramite le tipologie alternative di polizza di cui ai periodi terzo e quarto del comma 14 dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020.

Cala l’interesse all’acquisto, ritorna la voglia di affitto

Diminuisce l’interesse all’acquisto di case e aumenta quello per l’affitto. è quanto emerge dall’analisi che CENTURY 21 Italia ha eseguito sulle principali città italiane.
Il ritorno all’affitto in Italia, come emerge dall’analisi CENTURY 21, svela una tendenza che ancora non è stata intercettata dagli ultimi dati ufficiali.
Secondo i dati dell’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate, infatti, il secondo trimestre 2022 risulta ancora in crescita per quanto riguarda l’acquisto delle case, con un tasso tendenziale delle compravendite del +8,6% rispetto allo stesso periodo del 2021.
“I numeri a disposizione – spiega Marco Tilesi, CEO di CENTURY 21 Italia – rispecchiano i dati che i notai incamerano in quel trimestre, cioè i rogiti. Ma in realtà – continua il manager – l’acquisto e il prezzo sancito nel rogito è stato definito almeno nel trimestre precedente, se non addirittura prima”.
Questo significa che i dati dell’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate, pur facendo riferimento al secondo trimestre, riguardano trattative concluse mesi prima e poi rogitate soltanto nel secondo trimestre 2022.
In breve, vuol dire che anche se quei dati sono ufficialmente relativi al secondo trimestre, ci restituiscono una fotografia dei primi tre mesi dell’anno e forse anche degli ultimi del 2021.
CENTURY 21 Italia, allora, ha analizzato i numeri del real estate nelle principali città italiane dei primi 8 mesi dell’anno in corso per intercettare l’andamento delle richieste nel mercato presente, confrontandoli con quelli dello stesso periodo del 2021 e della media degli ultimi 4 anni.
“Quella che emerge è ovviamente una tendenza – dice Tilesi – ma è interessante notare come alcuni elementi siano molto diversi dai dati ufficiali dell’Agenzia delle Entrate”.

Interesse all’acquisto in discesa
Secondo l’analisi CENTURY 21, infatti, analizzando il mercato immobiliare di Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Firenze e Catania, emerge che l’interesse all’acquisto segna un “meno” rispetto al 2021 su tutte le principali città: a Roma -10,3% e a Milano -11,7%, arrivando ai picchi del -17,5% a Bologna, -15,6% a Napoli e -14,8% a Torino. Più moderato, ma comunque in negativo rispetto al 2021, il calo delle percentuali di interesse all’acquisto a Firenze (-6,9%) e a Catania (-5,8%).
“Oggi in Italia i potenziali acquirenti di case sono in pausa di riflessione e le cause sono molteplici – spiega Tilesi – tra queste, l’incremento dei tassi d’interesse (cioè la difficoltà ad avere mutui dalle banche) e l’incremento dei prezzi d’acquisto”.
Secondo l’analisi CENTURY 21, infatti, in alcune delle città prese in esame i prezzi di vendita proposti sono saliti: Milano ha il podio con un incremento del +4,8%, seguita dal +3,2% di Bologna, dall’1,8% di Torino e dall’1,5% di Roma. In controtendenza Firenze (-0,7%), Napoli (-0,4%) e Catania (-3,5%).
A fronte di questi fattori, gli italiani hanno dirottato il loro desiderio di comprare casa verso l’interesse all’affitto – si legge nell’analisi CENTURY 21.

In crescita le ricerche per l’affitto
In tutte le città analizzate, le ricerche di affitto sono in crescita rispetto allo scorso anno: a Milano i primi 8 mesi del 2022 hanno fatto registrare un aumento di queste ricerche del +6,2% rispetto allo stesso periodo del 2021, a Bologna del +7,5%, a Firenze del +7,2%, a Catania del +10,9%. Più modesta, ma comunque presente, la crescita a Napoli (+1,4%), a Torino (+0,8%) e a Roma (+1,6%).

L’inversione di tendenza
Ma se rispetto allo scorso anno c’è un evidente rallentamento dell’interesse all’acquisto (a favore di un’intenzione all’affitto), il discorso cambia rispetto al lungo periodo.
Se infatti confrontiamo i dati del 2022 con quelli degli ultimi 4 anni, la voglia di acquistare casa continua a mantenersi in crescita: +12,4% a Roma, +10,4% a Firenze e +13,8% a Catania, queste le città in cui la percentuale è più elevata, ma anche tra le altre il segno è positivo.
“La nostra analisi ha lo scopo di porre l’attenzione su una tendenza che c’è e che potrebbe farsi sentire sempre di più nel prossimo futuro”, spiega Tilesi. “Da qualche tempo il trend generale è quello di parlare di un mercato immobiliare forte, fortissimo, ed è realmente così, considerando anche l’ultimo anno record. Ma è bene essere prudenti: occorre tenere in considerazione questa frenata nell’interesse all’acquisto e il contestuale ritorno all’affitto, tendenze che potrebbero cambiare le carte in tavola molto rapidamente”, conclude Tilesi.

Fonte: Ufficio Stampa

https://www.century21.it

Superbonus e impianto fotovoltaico

Con la risposta n. 545/2022 l’Agenzia delle Entrate torna a fornire chiarimenti sul tema del Superbonus in merito all’installazione di un impianto fotovoltaico.
Nel caso analizzato, l’Istante è il comproprietario di un’unità immobiliare residenziale e spiega di aver effettuato l’installazione di un impianto fotovoltaico come intervento “trainato”. L’Istante fa anche presente che l’energia non autoconsumata in sito viene ceduta in favore del gestore dei servizi energetici (GSE).
L’unità abitativa in oggetto appartiene a due comproprietari: l’Istante che è il committente dei lavori nonché l’intestatario delle fatture, quindi colui che ha effettuato i pagamenti delle stesse, e l’altro comproprietario che invece è l’intestatario dell’utenza elettrica e del contratto con il GSE, nonché unico residente nell’abitazione.
Ciò detto, l’Istante si rivolge all’Agenzia delle Entrate per chiedere se al fine di poter fruire del Superbonus, è necessario che esso sia anche intestatario dell’utenza elettrica e del contratto di cessione dell’energia in surplus al GSE.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che come esplicitato nella circolare n. 24/E del 2020, il Superbonus spetta ai contribuenti che hanno sostenuto le spese e che possiedono l’immobile oggetto degli interventi agevolabili in qualità di proprietario, nudo proprietario o di titolare di diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie) o che detenga l’immobile in base a un contratto di locazione.
L’Agenzia delle Entrate prosegue spiegando che in caso di unità immobiliare in comproprietà fra più soggetti, ciascun proprietario ha diritto alla detrazione in relazione alle spese sostenute, a prescindere dalla quota di proprietà.
Nel caso dell’installazione di un impianto fotovoltaico si ha diritto a fruire dell’agevolazione a condizione che l’energia non autoconsumata in sito sia ceduta in favore del GSE tramite il contratto stipulato.
In assenza di una disposizione a riguardo, quindi, non è necessario che vi sia coincidenza tra il titolare della detrazione e l’intestatario dell’utenza elettrica e del contratto con il GSE, pertanto, nel caso di fatto, l’Agenzia delle Entrate ritiene che l’Istante abbia diritto a fruire del Superbonus anche se l’utenza elettrica e il contratto con il GSE sono intestati all’altro comproprietario dell’immobile.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI