[A cura di: Lilia Chini – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
Nuovi controlli e funzionalità migliorative per semplificare la predisposizione degli atti di aggiornamento cartografico. Queste le caratteristiche della “versione 10.6.0 – Apag 2.08” di Pregeo 10, pronta a scendere in campo, a disposizione degli operatori del settore. La procedura riconosce automaticamente le variazioni catastali e, conseguentemente, la natura dell’atto a partire dalla proposta di aggiornamento, dall’estratto di mappa e dal modello per il trattamento dei dati censuari.
Per conseguire l’approvazione automatica degli atti di aggiornamento e il contestuale adeguamento dell’archivio cartografico e di quello censuario del catasto terreni, il provvedimento 1° ottobre 2009 dell’Agenzia del Territorio ha attivato la procedura Pregeo 10, grazie alla quale i tecnici professionisti possono inviare le istanze per via telematica in qualunque momento della giornata e senza doversi recare agli sportelli. Con successivi affinamenti, si è arrivati alla “versione 10.6.0”, utilizzata a partire dal 2015, che ha introdotto un nuovo modello e che, per consentire la trattazione totalmente automatica di tutti gli atti di aggiornamento geometrici, viene ora modificata nella “versione 10.6.0 Apag 2.08”.
Per quanto riguarda le orto-immagini digitali, presenti da alcuni anni nel sistema informatico del Catasto, a partire da quest’anno avranno una risoluzione sei volte maggiore e verranno aggiornate con frequenza triennale. A seguito dell’approvazione e registrazione automatica degli atti di aggiornamento cartografici, gli uffici dovranno confrontare la rappresentazione cartografica dello stato dei luoghi riprodotta nella proposta di aggiornamento e quello interpretabile dalle orto-immagini: se emergono differenze oggettive, l’atto di aggiornamento dovrà essere sottoposto a un successivo collaudo sul terreno da parte dei funzionari degli uffici.
Quanto alle modalità operative degli uffici, per migliorare le attività di riscontro dei dati contabili è necessario che l’estratto di mappa digitale “in sostituzione” sia rilasciato esclusivamente con la stessa modalità di rilascio dell’estratto di mappa “originale”; pertanto, se questo è stato rilasciato in via telematica, anche il sostitutivo deve essere richiesto e rilasciato in via telematica. Per il rilascio dell’estratto di mappa digitale o per l’approvazione di atti d’aggiornamento in via telematica, in esenzione dei tributi speciali catastali e/o dell’imposta di bollo, non è obbligatorio allegare alcuna documentazione: è sufficiente la dichiarazione fatta dal tecnico professionista al momento della richiesta del servizio, con indicazione della norma che consente l’esenzione. La versione aggiornata di Pregeo 10 è utilizzabile già dal 19 dicembre; tuttavia, per assicurare una transizione graduale al nuovo sistema, l’attuale procedura sarà mantenuta in esercizio fino al 28 aprile 2017.
Cedolare secca. Un’opzione ormai consolidata, ma sovente oggetto di modifiche, nonché di dubbi i interrogativi da parte dei contribuenti. Pubblichiamo un intervento a cura del presidente del centro studi di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, in merito alle ultime novità legislative in materia. E, a seguire, due chiarimenti comparsi su FiscoOggi, organo ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, in risposta alle domande di altrettanti locatori.
LE NOVITÀ
“Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 282 del 2 dicembre 2016 della legge n. 225/2016, di conversione del decreto legge 193/2016, è ora in vigore un’importante novità in tema di cedolare secca sugli affitti”. A sottolinearlo è Corrado Sforza Fogliani, che spiega: “Con una modifica apportata alla disciplina di cui al d.lgs. n. 23 del 2011, si è stabilito che la mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga del contratto di locazione (da trasmettere all’Agenzia delle entrate all’inizio del secondo periodo contrattuale e cioè, di norma, a partire dal quinto anno, nei contratti liberi 4+4, o a partire dal quarto anno, nei contratti agevolati 3+2) non comporta la revoca dell’opzione esercitata in sede di registrazione del contratto di locazione, qualora il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente con la volontà di optare per il regime della cedolare secca, effettuando i relativi versamenti e dichiarando i redditi da cedolare secca nel relativo quadro della dichiarazione dei redditi”.
Il presidente del Centro studi Confedilizia illustra anche che lo stesso provvedimento ha previsto quanto segue: “In caso di mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga, anche tacita, o alla risoluzione del contratto di locazione per il quale è stata esercitata l’opzione per l’applicazione della cedolare secca, entro trenta giorni dal verificarsi dell’evento, si applica la sanzione nella misura fissa pari a euro 100, ridotta a euro 50 se la comunicazione è presentata con ritardo non superiore a trenta giorni”. Secondo Sforza Fogliani, tuttavia, “l’intervento normativo non vale a chiarire un’altra questione: quella riguardante il caso in cui, sempre per un mero errore del contribuente (o del soggetto suo delegato), la presentazione della comunicazione della proroga vi sia stata, ma in essa il contribuente non abbia nuovamente espresso l’opzione per la cedolare. Per concludere, deve solo segnalarsi che, con il provvedimento citato, è stata inoltre aumentata la sanzione fissata per la mancata presentazione (entro trenta giorni dal verificarsi dell’evento) della comunicazione relativa alla risoluzione del contratto di locazione per il quale sia stata esercitata l’opzione per la cedolare secca: la stessa, infatti, passa a 100 euro (misura piena) e 50 euro (misura ridotta), mentre prima era pari a 67 euro (misura piena) e 35 euro (misura ridotta)”.
I QUESITI
Di seguito, due quesiti in materia di cedolare secca, e le relative risposte da parte di Gennaro Napolitano, che sta curando la rubrica di posta fiscale sul portale on line FiscoOggi.
D. Devo locare un’abitazione di cui sono comproprietario: io opterò per l’applicazione della cedolare secca, l’altro comproprietario applicherà il regime ordinario. Quali conseguenze implica una scelta del genere?
R. L’opzione per il regime della cedolare secca può essere esercitata anche nel caso in cui vi siano due o più locatori, persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sull’immobile (e sulle relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione). In tal caso, l’opzione deve essere esercita distintamente da ciascun locatore. I locatori che scelgono il regime alternativo non sono tenuti, per il periodo di durata dell’opzione, al versamento dell’imposta di registro. Al contrario, questa deve essere liquidata e assolta sulla quota di canone imputabile ai locatori che non hanno esercitato l’opzione. Peraltro, l’opzione esercitata da parte di un solo locatore comporta la rinuncia agli aggiornamenti del canone a qualsiasi titolo anche da parte dei comproprietari che non hanno optato per il regime della cedolare secca. Se solo alcuni locatori accedono al regime alternativo, deve essere comunque assolta, in misura piena, l’imposta di bollo sul contratto di locazione (circolare 26/E del 1° giugno 2011, paragrafo 4.3).
D. Quale sanzione è prevista per la mancata presentazione nei termini della comunicazione di risoluzione per un contratto di locazione in regime di cedolare secca?
R. In caso di mancata presentazione della comunicazione relativa alla risoluzione di un contratto di locazione, per il quale è stata esercitata l’opzione per la cedolare secca, nei 30 giorni successivi alla risoluzione stessa, si applica la sanzione nella misura fissa di 100 euro, ridotta a 50 euro se la comunicazione è presentata con un ritardo non superiore a 30 giorni (articolo 3, comma 3, Dlgs 23/2011, come modificato dall’articolo 7-quater, comma 24, Dl 193/2016).
[A cura di: avv. Paolo Ribero]
Tra gli obblighi nascenti dal contratto di locazione in capo al locatore vi è quello di mantenere la cosa in buono stato locativo. L’art. 1576 c.c., infatti, impone al proprietario dell’unità immobiliare concessa in locazione di eseguire tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione.
Con l’aumento di normative richiedenti, ai fini di sicurezza, l’adeguamento di impianti e locali, sono sorte controversie in merito all’individuazione del soggetto (conduttore o locatore) a cui devono essere accollate le spese conseguenti a tali opere imposte dalla legge. Si pensi alla necessità imposta dalla legge di installare una canna fumaria con determinate caratteristiche, alla realizzazione di servizi igienici per disabili con particolari requisiti, alla creazione di ulteriori vie di fuga o altre opere imposte da sopravvenute disposizioni di legge per ottenere la certificazione di prevenzione incendi, ecc.
Restando sempre salva la pattuizione tra le parti, ossia riconosciuta ai soggetti del contratto la possibilità di disciplinare spontaneamente tale fattispecie e di regolarne le conseguenze, la giurisprudenza ha stabilito che l’attività imposta al locatore comprende tutte le riparazioni necessarie a conservare la cosa nello stato in cui si trovava al momento della conclusione del contratto, pertanto le opere che modifichino l’originario stato della cosa, in relazione alla particolare attività svolta dal conduttore, non possono essere imputate al locatore, salvo espresso accordo tra le parti, anche quando siano state imposte dalla pubblica autorità al fine di consentire l’esercizio dell’attività considerata (si veda sul punto Cass. Civ. 7/9/2014 n. 24987, Cass. Civ. 12085/1998) né il locatore è tenuto a rimborsare al conduttore le spese sostenute per l’esecuzione di tali opere (Cass. Civ. 19226/2015).
Il conduttore potrà solamente invocare la normativa in tema di miglioramenti, in forza della quale, se vi è stato consenso del locatore, quest’ultimo è tenuto a pagare un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa ed il valore del risultato utile al tempo della riconsegna (art. 1592 C.C.).
In pratica, la giurisprudenza, pur ribadendo l’obbligo del locatore di mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto in contratto, ha escluso che lo stesso locatore sia tenuto a compiere quelle successive modificazioni e trasformazioni, non previste dal contratto, che ineriscono alla idoneità specifica dell’immobile all’esercizio di una determinata attività imposte da successive normative.
[A cura di: Cgia Mestre]
Entro domani, 16 dicembre, gli imprenditori saranno chiamati a versare la seconda rata di Imu e Tasi sugli immobili strumentali, che complessivamente costerà poco meno di 5 miliardi di euro. Al lordo del risparmio fiscale, lo sforzo maggiore sarà richiesto agli albergatori, che mediamente saranno chiamati a versare 6.000 euro circa a immobile. Seguono i proprietari dei grandi magazzini commerciali (categoria catastale D8), con poco più di 4.000 euro, e i “capitani” delle grandi industrie (D7), con poco più di 3.220 euro. Se per i capannoni di minori dimensioni (D1) gli artigiani e i piccoli imprenditori pagheranno poco più di 2.000 euro, per gli uffici e per gli studi privati (A10) i liberi professionisti verseranno un’imposta media di poco superiore di 1.000 euro. Infine, il saldo su negozi (C1) e laboratori (C3) costerà ai commercianti e ai piccoli artigiani rispettivamente 498 e 377 euro.
Cgia è giunta a questi risultati utilizzando, per ciascuna tipologia di immobile strumentale, le aliquote medie risultanti dall’analisi delle delibere dei Comuni capoluogo di provincia pubblicate sul sito del Dipartimento delle Finanze. Per ogni tipologia di immobile sono state utilizzate le rendite catastali medie ricavate dalla banca dati dell’Agenzia delle Entrate.
L’ANALISI
Ma le brutte notizie, purtroppo, non finiscono qui. Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, ricorda: “Dal 2011, ultimo anno in cui abbiamo pagato l’Ici, al 2016 l’incremento del carico fiscale sugli immobili ad uso produttivo e commerciale è stato spaventoso. Tutto ciò ha dell’incredibile. È utile ricordare che il capannone, ad esempio, non viene esibito dall’imprenditore come un elemento di ricchezza, bensì è un bene strumentale che serve per produrre valore aggiunto, dove la superficie e la cubatura sono funzionali all’attività produttiva esercitata. Accanirsi fiscalmente su questi immobili come è avvenuto in questi ultimi anni non ha alcun senso, se non quello di fare cassa, danneggiando l’economia reale del Paese e, conseguentemente, l’occupazione”.
GLI AUMENTI
Come dicevamo, gli aumenti verificatisi negli ultimi anni per singola tipologia di immobile strumentale sono stati molto pesanti. Dal 2011 al 2016, l’incremento del carico fiscale al lordo del risparmio fiscale sugli uffici ha toccato il 145,5 per cento. Per i negozi l’aumento è stato del 140,9 per cento, per i laboratori artigianali del 109,7 per cento, mentre per gli alberghi, per i grandi magazzini commerciali e per i capannoni industriali il prelievo è quasi raddoppiato.
Ma se il 16 dicembre sarà una giornata di “passione” per milioni di imprenditori italiani è anche perché, oltre al pagamento della seconda rata dell’Imu e della Tasi, le imprese saranno chiamate a versare le ritenute Irpef e i contributi previdenziali dei dipendenti e dei collaboratori. Inoltre, coloro che hanno optato per il pagamento su base mensile dell’Iva, dovranno versare all’erario quella riferita al mese di novembre.
“Se si considera che entro Natale bisognerà pagare anche le tredicesime dei lavoratori dipendenti – afferma il segretario della CGIA Renato Mason – per moltissimi imprenditori non sarà facile recuperare la liquidità necessaria per onorare tutte queste scadenze”.
IL DETTAGLIO
Dalla CGIA fanno notare che a fronte di circa 20,9 miliardi di gettito previsti per l’anno in corso e riconducibili al pagamento dell’Imu e della Tasi su tutti gli immobili presenti nel Paese, quasi la metà (10,5 miliardi) sono in capo a quelli strumentali. Di questi, poco più di 9 miliardi saranno versati dagli imprenditori proprietari di questi edifici. Gli altri 11,8 miliardi di gettito non riferiti a edifici a uso produttivo/commerciale saranno “garantiti” dai proprietari di immobili sfitti, dai proprietari di seconde e terze case, da coloro che sono chiamati a pagare la Tasi sulle abitazioni principali di lusso, sulle aree edificabili, etc..
Grazie alle misure di alleggerimento introdotte con la legge di Stabilità 2016, quest’anno i proprietari di immobili risparmieranno 4,3 miliardi di euro: di cui 3,5 miliardi dall’eliminazione della Tasi sulla prima casa; 530 milioni dall’eliminazione dell’Imu sugli imbullonati; 160 milioni dall’ ampliamento dell’ esenzione Imu sui terreni agricoli; 81,4 milioni dallo sconto Imu-Tasi sugli affitti con canone concordato; 21 milioni dalla riduzione per i comodati d’uso e 16 milioni dall’abolizione della Tasi agli inquilini.
IMU E TASI
L’Imu e la Tasi si versano in due rate. La prima entro il 16 giugno, la seconda entro il 16 dicembre. La prima rata corrisponde alla metà dell’imposta calcolata applicando le aliquote (ed eventuali detrazioni) vigenti nell’anno precedente. Con la rata di dicembre si effettua il conguaglio. Si calcolano le imposte di competenza sulla base delle aliquote ed eventuali detrazioni di competenza dell’anno che si va a chiudere.
Aliquote Tasi. L’aliquota base delle Tasi è pari al 1‰. Il Comune può ridurre l’aliquota sino ad azzerarla. Il Comune può aumentare l’aliquota Tasi nel rispetto del seguente vincolo: l’aliquota massima complessiva Imu + Tasi non può superare i limiti fissati per la sola Imu relativamente alla particolare tipologia di immobili. Quindi, a regime l’aliquota massima Imu + Tasi non può superare il 6‰ per le abitazioni principali, e il 10,6‰ per le altre tipologie di immobili.
Tuttavia, a partire dal 2016 la Tasi si applica solo alle abitazioni principali di categoria A1 A8 e A9, mentre tutte le abitazioni principali appartenenti alle altre categorie catastali non pagano più la Tasi. Per i soli anni 2014, 2015 (e anche per il 2016 secondo le disposizioni del Disegno di Legge di Stabilità 2016), le due precedenti regole vengono leggermente modificata prevedendo che:
* l’aliquota massima della Tasi non può superare il 2,5‰;
* la somma delle aliquote Tasi e Imu non può superare (complessivamente) di 0,8‰ i limiti precedenti, a condizione che il gettito ricavato in eccesso (quello corrispondente alla maggiorazione 0,8‰) venga utilizzato per finanziare detrazioni o altre misure per ridurre la pressione della Tasi sulle abitazioni principali.
[A cura di: Nunziata Masiello – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
In tema di imposta di registro il notaio rogante che in sede di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del Dlgs 463/1997, è responsabile d’imposta, ma i soggetti obbligati al pagamento del tributo restano sempre le parti sostanziali dell’atto alle quali è legittimamente notificato l’avviso di liquidazione anche se le stesse hanno provveduto a versare al notaio la somma dovuta a titolo di imposte. È quanto statuito dai giudici della Ctr del Molise, con la sentenza 485 del 14 ottobre 2016.
LA VICENDA
Il contenzioso esaminato dai giudici di secondo grado trae origine dal ricorso proposto innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Campobasso avverso un avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate per il recupero delle imposte di registro, di bollo, ipotecaria e catastale, relative alla registrazione, per via telematica, di una compravendita di beni immobili. Le imposte dovute erano risultate non versate dal notaio.
In sede contenziosa, il ricorrente eccepiva la carenza di legittimazione passiva, essendo il notaio l’unico soggetto responsabile, in quanto unico legittimato a effettuare il versamento e per il cui pagamento, peraltro, aveva già provveduto il ricorrente a corrispondere la relativa somma. L’ufficio resisteva in giudizio e sosteneva la responsabilità solidale del contribuente, richiamando il principio di solidarietà passiva nel pagamento delle imposte previsto dall’articolo 57 del Dpr 131/1986, in base al quale restano obbligati al pagamento delle imposte anche i contraenti, i quali possono agire in regresso nei confronti dell’ufficiale rogante.
La Ctp di Campobasso, con la sentenza 121/2/11 del 24 marzo 2011, accoglieva il ricorso. La pronuncia veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate, che deduceva in giudizio l’erroneità e la non condivisibilità della stessa. L’ufficio faceva altresì presente che la modifica della modalità di pagamento delle imposte, dal 1997 in via telematica, non poteva certo aver inciso o modificato il principio di responsabilità solidale di cui al richiamato articolo 57 del Dpr 131/1986.
LA DECISIONE
La Ctr del Molise, con sentenza 485/2016, ha ritenuto fondato l’appello dell’Agenzia delle Entrate. I giudici di merito, dopo aver premesso che la problematica dedotta in giudizio doveva essere ricondotta, sostanzialmente, alla individuazione dei soggetti obbligati alla corresponsione delle imposte, ha poi ritenuto sufficiente rinviare, con motivazione per relationem (oramai pacificamente ammessa), ai principi affermati dalla giurisprudenza e dai quali non aveva ragione di doversi discostare.
In forza di un consolidato orientamento della giurisprudenza, infatti, è pacifico che, in tema di imposta di registro, il notaio rogante che in sede di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, secondo le disposizioni del Dlgs 463/1997, è responsabile d’imposta, ma i soggetti obbligati al pagamento del tributo restano sempre le parti sostanziali dell’atto alle quali è legittimamente notificato l’avviso di liquidazione. Dunque, ha così riformato la sentenza di prime cure e confermato gli avvisi di liquidazione impugnati.
Il Collegio, in ultimo, in relazione al regime delle spese, ha ritenuto sussistenti i giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti, posto che i contribuenti sono stati esposti a un doppio pagamento, non essendo contestata in atti “la circostanza dell’avvenuta corresponsione, al momento del rogito, da parte dei contribuenti in favore del Notaio, delle somme che quest’ultimo avrebbe dovuto versare a titolo di imposta, e non lo ha fatto, esponendo i contribuenti appellati alla pur legittima azione dell’Agenzia, ma costringendoli, tuttavia, ad una successiva azione di regresso nei confronti del Notaio (…)”.
OSSERVAZIONI
Come sopra rappresentato, la pronuncia è in linea con l’orientamento consolidato della Cassazione che, in tema di imposta di registro, riconosce sempre la responsabilità a carico delle parti. Specificamente, con la sentenza 9952/2015, la Corte suprema, richiamando, tra l’altro, anche un’altra pronuncia del 2015 (ordinanza n. 5016 del 12 marzo), ha ribadito che “in tema di imposta di registro, anche nel caso in cui, in seguito alla stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare, il notaio rogante abbia omesso di provvedere al versamento delle somme dovute, permane comunque il vincolo solidale a carico delle parti contraenti (…). Ne consegue che i contribuenti appellati sono obbligati, con vincolo di solidarietà con il Notaio rogante, al pagamento delle imposte di che trattasi, essendo riservata all’Amministrazione Finanziaria, in qualità di creditore, la scelta dell’obbligato al quale rivolgersi”.
In taluni casi, ad esempio, nell’ipotesi del recupero dell’imposta suppletiva, l’avviso di liquidazione è emesso solo nei confronti delle parti contraenti. In base all’articolo 10, lettera b), del Dpr 131/1978, sono obbligati a richiedere la registrazione “i notai, gli ufficiali giudiziari, i segretari o delegati della pubblica amministrazione e gli altri pubblici ufficiali per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati”. Completa il quadro normativo, in merito all’individuazione dei soggetti obbligati alla corresponsione delle imposte, l’articolo 57, comma 1, del medesimo Dpr 131, secondo cui, “Oltre i pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti, le parti in causa…”.
Come affermato dai giudici della Ctr di Campobasso, l’ambito di applicazione della disposizione da ultimo citata non ha subito modifiche a seguito dell’introduzione della registrazione telematica e dal regolamento adottato con Dpr 308/2000. L’articolo 3-bis del richiamato Dlgs 463 prevede, al comma 2, che “Le richieste di registrazione, le note di trascrizione e di iscrizione nonché le domande di annotazione e di voltura catastale, relative agli atti per i quali è attivata la procedura telematica, sono presentate su modello unico informatico da trasmettere per via telematica unitamente a tutta la documentazione necessaria…”. E il successivo comma 3 stabilisce che “In caso di presentazione del modello unico informatico per via telematica, le formalità di cui al comma 2 sono eseguite previo pagamento dei tributi dovuti in base ad autoliquidazione…”.
Per quanto concerne le procedure relative al controllo della regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte svolto dagli uffici territorialmente competenti, l’articolo 3-ter del medesimo Dlgs dispone che “Gli uffici controllano la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte e qualora, sulla base degli elementi desumibili dall’atto, risulti dovuta una maggiore imposta, notificano, anche per via telematica, entro il termine di 60 giorni dalla presentazione del modello unico informatico, apposito avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta [principale] versata. Il pagamento è effettuato, da parte dei soggetti di cui all’articolo 10, lettera b)… (ossia i notai), entro quindici giorni dalla data della suindicata notifica…”.
La notifica effettuata entro i termini stabiliti di 60 giorni dalla presentazione del modello unico informatico è diretta al notaio responsabile della registrazione e consente una modalità di pagamento celere nel termine di quindici giorni (entro il quale il notaio deve ottemperare), senza applicazione di sanzioni e interessi.
L’Amministrazione finanziaria, con la circolare 6/2003, al paragrafo 3, ha precisato che “L’imposta richiesta dall’ufficio [entro 60 giorni dalla presentazione del modello informatico], in quanto diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione è principale (articolo 42, comma 1, del Testo Unico…)”.
Pur nel silenzio del citato decreto legislativo 463/1997, all’imposta richiesta in pagamento dagli uffici – previa verifica della regolarità dell’autoliquidazione effettuata oltre il termine di 60 giorni dalla registrazione – è da attribuirsi natura suppletiva. In tali ipotesi, si procede al recupero dell’imposta dovuta con avviso di liquidazione notificato esclusivamente alle parti, obbligate al pagamento, ai sensi dell’articolo 57 del Dpr 131/1986. Nel contenzioso esaminato dai giudici della Ctr del Molise, l’ufficio aveva emesso, per il recupero dell’imposta “suppletiva”, l’avviso di liquidazione solo nei confronti delle parti contraenti.
[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – pres. centro studi Confedilizia]
Alla stregua del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola in cui venga pattuita l’iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto; e ciò, sia mediante la previsione del pagamento di rate quantitativamente differenziate e predeterminate per ciascuna frazione di tempo; sia mediante il frazionamento dell’intera durata del contratto in periodi temporali più brevi a ciascuno dei quali corrisponda un canone passibile di maggiorazione; sia – ancora – correlando l’entità del canone all’incidenza di elementi o di fatti (diversi dalla svalutazione monetaria) predeterminati e influenti, secondo la comune visione dei paciscenti, sull’equilibrio economico del sinallagma.
La legittimità di tale clausola deve essere peraltro esclusa là dove risulti – dal testo del contratto o da elementi extratestuali della cui allegazione deve ritenersi onerata la parte che invoca la nullità della clausola – che le parti abbiano in realtà perseguito surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti quantitativi posti dall’art. 32 della legge n. 392 del 1978 (nella formulazione originaria ed in quella novellata dall’art. 1, comma nono-sexies, della legge n. 118 del 1985), così incorrendo nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79, primo comma, della stessa legge”.
È l’importante principio di diritto (in gran parte confermativo, ma in parte anche innovativo, rispetto alla precedente giurisprudenza di legittimità) stabilito dalla Cassazione con la sentenza 10.11.2016, n. 22909.
Rubano la corrente
che alimenta l’ascensore
Ancora un furto di corrente elettrica ai danni di un condominio, questa volta nella Capitale, in zona Eur. A metterlo a segno, due fratelli romani di 29 e 31 anni, arrestati dai carabinieri che avevano notato un cavo volante tirato tra la centralina elettrica dell’ascensore dello stabile, e l’abitazione dei due “ladri d’energia”. Ecco come i fratelli alimentavano gli elettrodomestici di casa, pur non essendo titolati di alcuna utenza elettrica. A farne le spese, il condominio, che era costretto a sostenere un costo ingente rispetto a quello normalmente imputabile all’alimentazione dell’ascensore.
Allacciamenti abusivi
a gas ed elettricità
Tutta l’Italia è Paese. Dopo il caso verificatosi a Roma, un nuovo episodio di allacciamento abusivo a gas ed elettricità è stato scoperto da vigili urbani e carabinieri in un comune in provincia di Pistoia. Quattro gli appartamenti di un condominio che scroccavano l’energia tramite collegamenti by pass; cinque le persone denunciate. L’irregolarità è venuta a galla quando i militari dell’Arma e gli agenti della Polizia Municipale si sono recati nello stabile per effettuare controlli preliminari ad alcuni sfratti esecutivi proprio per morosità, riscontrando manomissioni ai contatori di pertinenza di quattro appartamenti. Ingegnoso, in particolare, il sistema adottato dai cinque ladri (che ora dovranno rispondere di furto aggravato) per collegarsi alla rete del gas, senza che alla società erogatrice del servizio – Toscana energia – risultasse alcuna anomalia.
Va a fuoco la stufa
Anziana ustionata
Una donna di 87 anni è rimasta gravemente ferita nell’incendio della propria abitazione, in provincia di Varese. Le fiamme si sono sviluppate dalla stufa a bioetanolo collocata nello chalet in legno e hanno investito in pieno l’anziana, le cui urla hanno richiamato l’attenzione di un vicino di casa, che ha allertato i vigili del fuoco. I pompieri sono riusciti a sedare il rogo in breve tempo, mentre i sanitari del 118, a bordo di un elicottero, trasportavano al Niguarda di Milano la donna, che ha riportato ustioni sul 60-70% del corpo: viso, collo, torace, arti superiori).
Antifurto fa scappare
i ladri acrobati
Ladri acrobati messi in fuga dall’allarme. È accaduto in provincia di Teramo, dove alcuni malviventi, dopo essersi arrampicati su un balcone al primo piano, hanno forzato una tapparella, sfondato la porta-finestra, e provato ad introdursi in un alloggio, facendo però scattare l’antifurto che li ha costretti a battere in ritirata. Buon per loro, che sono sfuggiti alle forze dell’ordine. Ma anche per l’anziana donna che si trovava nell’abitazione per svolgere alcuni lavori domestici, la quale, sentendo il frastuono, ha acceso una luce spaventando i malviventi. Già oggetto di altri tentativi di furto, uno dei quali andato a segno, l’appartamento era stato dotato dal proprietario di un moderno impianto d’allarme.
Un campo di battaglia
nell’alloggio svaligiato
Hanno forzato la porta-finestra di un alloggio, e lo hanno svaligiato portando via soprattutto preziosi. Ma trovarli non deve essere stata un’impresa facile per i malviventi, alla luce dello stato in cui hanno lasciato un’abitazione di Forlì: cassetti rovistati, indumenti sparsi ovunque, mobili ribaltati. È questo lo scenario che si è trovato di fronte, una volta rincasata, la proprietaria, che oltre alla conta degli oggetti sottratti, ha dovuto fare anche quella dei danni patiti.
Stessa sorte è toccata ad un altro residente di Forlì, uscito di casa per appena mezz’ora. Al suo rientro, la porta era stata sfondata con un calcio, e l’appartamento sembrava un campo di battaglia, a dispetto del bottino assolutamente modesto trafugato dai ladri: una maglia ed un paio di pantaloni.
La polizia sta indagando su entrambi gli episodi, cercando eventuali collegamenti con altre razzie, messe a segno o soltanto tentate, nelle ultime settimane, nel comune romagnolo.
Armeria clandestina
in casa e in garage
Una vera e propria armeria clandestina. È quella che hanno rinvenuto i carabinieri di Crotone negli immobili di un uomo di 46 anni, fermato per un controllo e trovato in possesso di una pistola Browning calibro 7,65 e di altri due caricatori nelle tasche. Dalla perquisizione personale i militari sono così passati a quella a casa: nell’alloggio dell’uomo sono stati trovati circa 70 proiettili di vario calibro ed un passamontagna, mentre nel garage, nascosto in un’intercapedine, c’era un mitra Kalashnikov munito di due caricatori. Nello stesso locale, inoltre, é stato trovato un fucile a pompa calibro 12. Il 46enne è stato condotto in carcere.
[A cura di: Patrizia De Juliis – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
Sconta la tassa proporzionale, e non fissa, la sentenza del tribunale che ordina lo scioglimento di una comunione di beni tra familiari, assegnando l’immobile a due di essi e determinando il relativo conguaglio in denaro a favore del terzo. La sentenza, infatti, è esecutiva anche se il pagamento non è avvenuto.
È la conclusione della sentenza della Cassazione 23043 dell’11 novembre.
FATTO
Un contribuente impugna un avviso di liquidazione per mancato versamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, notificatogli nel 2005. I tributi riguardavano la registrazione di una sentenza del 2002 con cui il tribunale di Roma aveva ordinato lo scioglimento della comunione (di cui il contribuente faceva parte) e aveva assegnato a due familiari l’immobile originariamente in comunione e allo stesso contribuente una somma di denaro a titolo di conguaglio. La sentenza, inoltre, subordinava l’esecuzione del trasferimento immobiliare alla corresponsione del conguaglio.
La Ctp accoglieva il ricorso del contribuente e la pronuncia veniva successivamente confermata anche dalla Ctr, sul rilievo che la sentenza del tribunale che aveva stabilito la divisione, doveva essere sottoposta a tassa fissa e non a imposta proporzionale, in quanto non si era verificata la condizione sospensiva consistente nel pagamento del prezzo stabilito al titolo di conguaglio.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso contro la pronuncia della Ctr.
LA “CONDIZIONE”
La pronuncia della Cassazione in esame richiama i principi della condizione, come elemento accidentale del contratto. “Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto” (articolo 1353 del codice civile). Ad esempio, ti venderò l’immobile se conseguirai la concessione (condizione sospensiva), ti vendo l’immobile, ma se non consegui la concessione, verranno meno gli effetti dell’atto (condizione risolutiva). La condizione può anche essere qualificata come “meramente potestativa”, se l’effetto del contratto si fa dipendere dalla volontà discrezionale del soggetto.
In tema di imposta di registro, poi, la Suprema corte ricorda la previsione dell’articolo 27, comma 1, del Tur, secondo cui “gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell’imposta in misura fissa”. Il comma 2, inoltre, precisa che, quando la condizione si verifica, si riscuote la differenza tra l’imposta dovuta secondo le norme vigenti al momento della formazione dell’atto e quella pagata in sede di registrazione. Il comma 3, infine, stabilisce che “non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva le vendite con riserva di proprietà e gli atti sottoposti a condizione che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell’acquirente o del creditore”.
IL RILIEVO DELLE ENTRATE
Secondo l’Agenzia delle Entrate, alla luce del citato articolo 27, comma 3 del Tur, la condizione contenuta nella sentenza del tribunale (cioè il pagamento del conguaglio) può essere senz’altro classificata come una “condizione meramente potestativa”, i cui effetti, cioè, dipendono dalla volontà delle parti. Di conseguenza, non essendo il versamento del prezzo una “condizione sospensiva”, l’atto non può beneficiare dell’imposta in misura fissa.
LA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE
La Suprema corte, nell’accogliere il ricorso dell’Agenzia, ricorda le altre pronunce con cui i giudici di legittimità hanno ritenuto che l’assenza dell’effetto traslativo della proprietà non impedisce la tassazione proporzionale, da applicare, comunque, in ragione del contenuto economico dell’atto surrogato dalla sentenza (Cassazione, sentenze 4627/2003, 6116/2011, 21625/2015). Secondo l’articolo 2932 del codice civile, infatti, “se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione l’altra parte può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso”.
A tale orientamento si contrappongono altre decisioni, in base alle quali la sentenza che subordina il trasferimento di un immobile alla condizione del previo pagamento del prezzo è assoggettata a tributo solo al verificarsi di tale evento (Cassazione, sentenze 9097/2012 e 18180/2013).
Secondo i giudici di legittimità, nel caso in esame, il pagamento del conguaglio non è neanche una condizione meramente potestativa: la sentenza con cui il tribunale ha disposto lo scioglimento della comunione e la conseguente divisione dei beni, non rappresenta, infatti, un obbligo di conclusione del contratto (previsto dall’articolo 2932 c.c.).
Il mancato versamento del conguaglio, conclude la Cassazione, non costituisce condizione di efficacia della sentenza, ma potrà casomai essere perseguito con i normali mezzi di soddisfazione del credito. Di conseguenza, la pronuncia del tribunale va assoggettata all’imposta proporzionale di registro, ipoteca e trascrizione.
Amministratrice disonesta
sottrae 500mila euro
È stata denunciata alla Procura della Repubblica una donna di 51 anni, amministratrice di una serie di condomini della provincia di Milano che, secondo le accuse, avrebbe fatto sparire una cifra consistente, che si aggira intorno ai 500mila euro, dalle casse condominiali. Soldi che erano stati incassati per pagare le spese di luce e gas delle palazzine che amministrava. Il reato ipotizzato, e per il quale dovrà rispondere ai giudici, è quello di appropriazione indebita con l’aggravante della truffa.
Abitazione in fiamme:
famiglia salvata dal cane
È divampato verso l’ora di cena l’incendio che ha letteralmente divorato una villetta in provincia di Treviso. A causare le fiamme, secondo i vigili del fuoco, è stato un guasto al collegamento tra il camino e la canna fumaria della casa. Salvi per miracolo i quattro occupanti: una coppia di genitori e i due bambini, grazie all’allarme lanciato dal loro cane, che ha iniziato ad abbaiare in modo insolito. Grazie al tempestivo arrivo dei soccorsi, il rogo ha reso inagibile soltanto l’ultimo piano dell’abitazione, distruggendo però la copertura della villetta.
Butta giù la porta
e aggredisce la ex
Un giovane di 26, della provincia di Ferrara, è stato denunciato per lesioni personali e violazione di domicilio, per aver sfondato la porta di ingresso della casa della ex fidanzata e averla aggredita colpendola al volto. Secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, non era la prima volta che il 26enne si recava davanti all’appartamento della ex compagna per cercare di convincerla a ritornare insieme. Salvo poi aggredirla dopo che lei, puntualmente, si rifiutava di farlo entrare. Questa volta, purtroppo, non è bastata nemmeno la porta di casa a fermarlo.
Tragedia domestica:
donna muore ustionata
Un banale incidente domestico si è trasformato in tragedia per un’anziana di 90 anni, residente a La Spezia. La signora si trovava in cucina, intenta a preparare il pranzo quando, forse per una distrazione, la vestaglia che indossava ha preso improvvisamente fuoco. In pochi drammatici istanti, le fiamme la hanno avvolta e, nonostante il tentativo di spegnerle, per lei non c’è stato nulla da fare. Quando i soccorritori sono giunti sul posto, allertati dai vicini di casa, la hanno ritrovata senza vita, con il corpo ricoperto di ustioni.
Con il via libera al Senato (162 sì, 86 no e un astenuto), il decreto fiscale diventa legge. Tra le innumerevoli novità, ce n’è anche una che concerne le locazioni, andando ad incidere sulla disciplina della cedolare secca sugli affitti: la mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga del contratto di locazione non comporta più, infatti, la revoca dell’opzione esercitata in sede di registrazione, qualora il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente con la volontà di optare per il regime della cedolare secca, effettuando i relativi versamenti e dichiarando i relativi redditi nell’apposito quadro della dichiarazione dei redditi.
Viene modificata anche la disciplina della sanzione prevista per la mancata presentazione delle comunicazioni in ordine ai contratti per cui è stata esercitata l’opzione: oltre al caso di mancata comunicazione della risoluzione del contratto di locazione, si prevede che siano comminate sanzioni anche per la mancata comunicazione della proroga, anche tacita, dei medesimi contratti. Infine, è elevata da 67 a 100 euro la misura di tale sanzione, ridotta a 50 euro se la comunicazione è presentata con ritardo non superiore a 30 giorni.
Negli articoli del Tuir la locuzione “mancato rinnovo” viene sostituita con la parola “revoca”. In tal modo, le opzioni esercitabili per i diversi regimi si intendono tacitamente prorogate oltre il loro limite naturale, a meno che non intervenga l’espressa revoca da parte del soggetto interessato. Le disposizioni sul rinnovo tacito delle opzioni del Tuir (e le relative norme di coordinamento) si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.