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LE TASSE HANNO AZZERATO I PROFITTI SULL’INVESTIMENTO IMMOBILIARE E AFFOSSATO L’INDOTTO

[A cura di: Benito Sicchiero – Assoedilizia]

Ci voleva l’illustrazione del rapporto “Questioni di Economia e di Finanza. Deindustrializzazione e terziarizzazione nelle regioni del Nord Ovest” presentato al Collegio Ghislieri dalla Banca d’Italia di Milano, assieme all’aggiornamento “L’economia della Lombardia: Andamento congiunturale e mutamenti strutturali”, perché avesse risposta logica la domanda sulle reali cause della pluridecennale perdita di competitività dell’Italia nei confronti dei Paesi europei più avanzati. La risposta è che il nostro tessuto imprenditoriale è composto prevalentemente da industrie troppo piccole, che non sono in grado di competere non potendo, dopo l’Unione Europea, utilizzare l’unico strumento che avevano: la svalutazione. Quindi: costo più alto del lavoro (infatti più grande è l’azienda meno incide il costo del personale), scarsa ricerca e innovazione e pure una cultura d’impresa più arretrata. Se ci aggiungiamo i nostri primati continentali di illegalità e corruzione, la rassegna è completa. Ed è stata accolta con attenzione dagli imprenditori, tra i quali il presidente di Assoedilizia e di Istituto Europa Asia, Achille Colombo Clerici (nella foto con Giuseppe Sopranzetti ed Alfio Noto).

A queste conclusioni si arriva interpretando la ricca messe di dati e grafici a disposizione. Mettendo a paragone i cluster (insieme di imprese, fornitori e istituzioni strettamente interconnesse) di 12 Paesi europei con il cluster Nord Ovest, dal 2000 al 2011 – ultimo dato a disposizione – si è visto salire di poco la media dell’Europa industrializzata ma scendere il Nord Ovest, che rimane la punta produttiva del Paese, di ben 7 punti percentuali. Con ricadute sul Pil, sull’occupazione, sull’economia delle famiglie e quant’altro.

In un panorama non roseo – nella guerra dei sette anni il Paese ha perso il 25% della capacità produttiva e il 10% del pil – la Lombardia se la cava. Si conferma, e si rafforza, la ripresa in termini di produzione, di export, di attività turistica, di occupazione e pure di consumi. È anche merito dell’Esposizione internazionale Expo 2015, partita sotto i peggiori auspici, e diventata ormai il simbolo di quanto può fare lo “scatto di reni” dell’orgoglio lombardo e italiano.

Ma una rondine non fa primavera. Gli italiani – dagli imprenditori alle famiglie – non sono ancora sicuri dell’inversione di rotta, e lo confermano i depositi bancari in aumento: meglio tenere i soldi al sicuro invece di fare investimenti. C’è bisogno di fiducia; è indispensabile perciò che la politica economica dia segnali chiari. Emblematica a questo proposito la vicenda della tassazione sulla casa. Essa rappresenta i tre quarti della ricchezza degli italiani (6.000 miliardi di euro su 8.000). Non considerando le case in cui si abita, ma le cosiddette “seconde case” date in locazione che producono reddito, l’ipertassazione ha azzerato i profitti. Con il risultato che nessuno più investe, l’industria edilizia è in crisi ed ha trascinato con sé l’indotto, dai mobilieri agli idraulici, dai mediatori ai promotori immobiliari. Quindi disoccupazione e crollo dei consumi. 

Lo Stato, per racimolare qualche miliardo, ha contribuito in maniera considerevole a ridurre di mille miliardi i risparmi degli italiani.

CADUTA DI CALCINACCI: RESPONSABILITÀ E OBBLIGHI DELL’AMMINISTRATORE

[A cura
di: dott. Emanuele Mascolo – amministratore Anapi Bari, manumascolo@libero.it]

 

“L’amministratore di condominio in quanto tale
assume, una posizione di garanzia ope legis che discende dal potere
attribuitogli dalle norme civilistiche di compiere atti di manutenzione e
gestione delle cose comuni e di compiere atti di amministrazione straordinaria
anche in assenza di deliberazioni della assemblea. Da ciò quindi consegue la
responsabilità per omessa rimozione del pericolo cui si espone l’incolumità di pubblica
di chiunque acceda in quei luoghi, e per l’eventuale evento dannoso che è
derivato causalmente dalla situazione di pericolo proveniente dalla scarsa o
dativa manutenzione dell’immobile”.

Lo ha sancito la Suprema Corte di Cassazione con
la Sentenza numero 46385 del 23 novembre 2015, richiamando l’orientamento
consolidato in giurisprudenza secondo cui vi è “una posizione di garanzia
dell’amministratore di condominio, tenuto, in quanto tale, a vigilare sulle
cose comuni e ad effettuare i necessari lavori di rimozione del pericolo
derivante da minaccia di rovina e più in generale al dovere di effettuare
lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza con
specifico obbligo di riferirne ai condòmini nella prima assemblea ai sensi dell’art.
1135 II comma c.c.” (Cass., 08.1.2003, n. 9027; Cass., 29.1.2008, n. 13934).

Alla luce della Sentenza in commento,
l’amministratore di condominio deve ritenersi penalmente responsabile quando
per negligenza o imperizia, trascuri di far svolgere all’interno di un
condominio le manutenzioni ordinarie che potrebbero causare, se non svolte,
gravi danni a terzi come ad esempio la caduta di calcinacci.

La Suprema Corte chiarisce che “eliminare il
pericolo non vuoi dire, per forza, far eseguire interventi di manutenzione, ma
anche semplicemente predisporre le cautele più idonee (es. attraverso la
predisposizione di transenne) a delimitare la zona pericolosa per far poi
deliberare l’assemblea in merito al da farsi. Oppure, in casi come quello che
ci occupa, far rimuovere le mattonelle che rischiavano di cadere”.

Una considerazione di tipo pratico, a questo
punto, va fatta. In casi di pericolo o che comunque necessitano una
manutenzione è prassi che l’amministratore di condominio renda edotta
l’assemblea condominiale. È anche plausibile che in tempi di crisi economica
come quelli che ci accompagnano, l’amministratore abbia le mani legate da un
fondo cassa insufficiente per far fronte alle spese di manutenzione. In tal
caso l’amministratore è esente da responsabilità penale solo se riesce ad
intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina provvedendo il
divieto di transito nelle zone interessate dal pericolo.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Ladre d’appartamento

arrestate in flagranza 

Due donne sono state arrestate dai carabinieri di Trento per essersi introdotte in un appartamento e aver sottratto da una borsa lasciata incustodita su una sedia, il portadocumenti di una dei residenti. In quel momento gli occupanti dell’alloggio stavano pranzando e non si sono resi conto dell’effrazione. All’uscita dell’abitazione però, le due ladre hanno trovato i militari dell’Arma, che avevano assistito alla scena. Secondo quanto dichiarato dalle stesse, entrambe erano solite operare in questo modo e vivevano di piccoli furti “senza fare del male a nessuno”.

Incendio nella notte.

Muore coppia di anziani

Due morti e tre intossicati. È questo il tragico bilancio del rogo divampato in una casa nel palermitano, in piena notte, forse a causa di un corto circuito proveniente dal garage. Le due vittime sono l’anziano proprietario, rinvenuto senza vita al primo piano della palazzina, e la moglie che si trovava al secondo piano. Sono riusciti a salvarsi per miracolo il figlio 38enne, che si è lanciato dalla finestra con in braccio il figlioletto, e la moglie 33enne. Entrambi sono ricoverati in ospedale.

Tragedia in casa

Anziana carbonizzata

Una donna di 62 anni è morta carbonizzata nell’incendio della sua abitazione in provincia di Oristano, dove viveva da sola. Quando i vigili del fuoco sono riusciti a introdursi nell’appartamento dell’anziana, la hanno trovata riversa a terra di fronte alla finestra, probabilmente nel disperato tentativo di mettersi in salvo dalle fiamme. In seguito ai rilievi è stato aperto un fascicolo dai carabinieri della stazione locale per ricostruire le cause del disastro.

Esplosione sventra casa

Un morto e due feriti 

È spirata in ospedale la donna di 80 anni rimasta intrappolata sotto le macerie dopo l’esplosione che aveva letteralmente fatto saltare in aria la sua casa, in un comune della provincia di Milano. Dalle testimonianze raccolte dagli inquirenti, sembra che già da qualche giorno fosse stata segnalata una fuga di gas in seguito a lavori per la posa della fibra ottica. Proprio l’operaio che stava tentando di riparare il guasto è rimasto gravemente ferito. Meno grave il vicino di casa, ferito da una tegola.

Amministratrice evadeva 

il teleriscaldamento

È accusata di appropriazione indebita con l’aggravante dell’abuso del ruolo di prestatore d’opera e della continuazione, l’amministratrice di condominio che, tra gennaio 2009 e ottobre 2012, si era “dimenticata” di pagare la bolletta del teleriscaldamento di una palazzina in provincia di Reggio Emilia. In più, la donna avrebbe effettuato numerose operazioni dal conto corrente condominiale, anche mediante assegni e bonifici disposti in suo favore. I condòmini si sono accorti del mancato pagamento grazie a un sollecito del fornitore, recapitato al nuovo amministratore, pochi mesi dopo.

Spacciatore getta

la droga dalla finestra

I carabinieri lo hanno fermato mentre gettava dalla finestra della propria casa ben 13 dosi di cocaina. L’uomo, un 30enne della provincia di Caltanissetta, stava tentando di liberarsi delle sostanze stupefacenti prima dell’arrivo dei militari che, una volta perquisita la palazzina in cui risiedeva, hanno rinvenuto 3 mila euro in contanti provenienti dall’attività illecita e, nascosti abilmente all’interno del vano ascensore, altri 150 grammi di marijuana, 21 grammi di cocaina e altre sostane utilizzate per il confezionamento delle dosi.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Amministratore nei guai
Distratti 820 mila euro
È finito nei guai un amministratore condominiale della provincia di Udine, accusato di essersi appropriato di oltre 820 mila euro tra il 2011 e il 2014: soldi destinati al pagamento delle spese di luce, gas e altri servizi condominiali che erano stati distratti per finalità personali ancora da accertare. L’ipotesi di reato contestata all’uomo, un 63enne che gestisce una serie di immobili della provincia, è quella di appropriazione indebita del denaro versato dai condòmini, con l’aggravante di averlo fatto abusando di prestazioni d’opera.

Stupro nell’androne,
Condannato un 22enne
È stata confermata dalla Corte d’Appello di Catanzaro la condanna a 3 anni e 4 mesi di carcere per il giovane 22enne che lo scorso inverno aveva violentato una studentessa di 25 anni, dopo averla seguita sino all’androne della palazzina nella quale viveva, assieme alle coinquiline. I carabinieri lo avevano tratto in arresto dopo pochi giorni grazie alla denuncia della vittima e alle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza del condominio.

Maxi furto in villa 
Bottino da 50mila euro
Un’anziana proprietaria della provincia di La Spezia è stata bloccata in pieno giorno, nel giardino della sua villetta, da un commando di tre uomini che la hanno immobilizzata e trascinata dentro casa per derubarla. I malviventi hanno agito indisturbati, portando via da una cassaforte banconote e preziosi per un valore di 50 mila euro. Gli inquirenti della squadra mobile spezzina sono alla ricerca di almeno una quarta persona, probabilmente il basista del gruppo.

Rubano luce e acqua
per casa abbandonata
Tre persone sono state arrestate in provincia di Pisa con l’accusa di furto aggravato per aver manomesso le condutture dell’acqua ed essersi allacciati abusivamente alla rete elettrica, al fine di alimentare una casa abbandonata. L’appartamento era stato precedentemente affidato a un’associazione di beneficenza che avrebbe dovuto ristrutturarlo e destinarlo ai bisognosi ma, di fatto, si trovava incustodito da tempo. Inoltre, i tre occupanti, due clandestini e un immigrato regolare, risultano indagati per invasione arbitraria di terreno.

Uccide la madre 82enne 
Poi dà fuoco alla casa
Tragedia famigliare alle porte di Milano. Un uomo di 48 anni, disoccupato e con problemi psichici, ha ucciso con dieci coltellate la madre che dormiva nella sua camera da letto. Dopo aver compiuto il delitto, l’uomo ha dato fuoco all’abitazione al quarto piano della palazzina dove viveva con la vittima, forse nel tentativo di camuffare l’accaduto. Quando i vigili del fuoco sono arrivati sul posto lo hanno trovato davanti alla porta d’ingresso, in stato confusionale.

SE L’IMMOBILE HA LA PISCINA NON SPETTA L’AGEVOLAZIONE PRIMA CASA

[A cura di: Nunziata Masiello, Nuovo FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]

Ai fini della fruizione dell’agevolazione “prima casa”, l’immobile sito in un complesso residenziale con piscina a servizio esclusivo dell’abitazione, anche se quest’ultima è di superficie inferiore a 240 metri quadri, deve considerarsi “di lusso”; quindi, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a recuperare la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dei benefici richiesti (aliquota agevolata) e provvisoriamente concessi in sede di rogito notarile. Non si può, inoltre, sostenere che il cedente (impresa costruttrice) sia responsabile dell’Iva non riscossa, in quanto l’applicazione dell’aliquota inferiore da parte del venditore dell’immobile è derivata da una dichiarazione mendace dell’acquirente. Questi i principi espressi dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 21908 del 27 ottobre 2015.

La vicenda processuale
I contribuenti avevano chiesto, ritenendo l’immobile non di lusso, l’applicazione dell’Iva con aliquota del 4%, ai sensi del disposto del n. 21) della Tabella A, parte II, allegata al Dpr 633/1972, in luogo di quella ordinaria del 20% (ndr, oggi del 22%), usufruendo in tal modo dell’agevolazione “prima casa”. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo l’abitazione di lusso, data la presenza di una piscina, procedeva al recupero della maggiore Iva, in conseguenza della decadenza delle agevolazioni fiscali fruite indebitamente.
I giudici sia in primo che in secondo grado, con sentenze favorevoli al contribuente, verificato che l’immobile non raggiungeva la superficie di 240 mq, né la cubatura di 2000 mc, hanno dichiarato assenti, nel caso in esame, le caratteristiche delle abitazioni di lusso previste dal Dm 2 agosto 1969. In realtà, hanno considerato unicamente le dimensioni (89 mq) dell’immobile oggetto dell’acquisto agevolato e non anche la presenza della piscina a servizio esclusivo dello stesso. Hanno aggiunto, altresì, che, nel caso di decadenza delle agevolazioni in relazione all’assenza dei presupposti di legge, il responsabile non era l’acquirente ma il cedente/venditore, che erroneamente ha fatturato l’operazione commerciale applicando un’aliquota inferiore.

Così la Cassazione
L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, articolandolo in tre motivi: in primo luogo, ha dedotto violazione del Dpr 131/1986, in particolare della nota II-bis; con il secondo motivo, ha dedotto il difetto di motivazione della sentenza per non aver esaminato, la Ctr, tutti i profili connessi al carattere di lusso degli immobili richiamati nell’avviso di accertamento nel quale erano stati indicati una serie di requisiti che rendevano l’abitazione di lusso (nello specifico, ciascuna villa era dotata di piscina); con il terzo motivo, infine, ha eccepito l’erroneità della decisione nella parte in cui aveva affermato che il responsabile non era l’acquirente ma il cedente, dovendosi, al contrario, ricondurre all’acquirente del bene il recupero dell’Iva indebitamente calcolata nell’atto di compravendita. I giudici di legittimità hanno accolto i motivi di ricorso e cassato la sentenza, con rinvio ad altra sezione della Ctr.
In primo luogo, hanno ribadito che la piscina è un elemento “in astratto idoneo a configurare il carattere di lusso dell’abitazione ai sensi del DM 2.8.1969 art. 4” e tale elemento è stato “totalmente pretermesso dalla CTR che si è unicamente incentrata, per escludere il carattere lussuoso dei beni, sulla superficie dell’immobile e sulla sua cubatura”.
Hanno altresì evidenziato che, in forza del comma 4 della nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al Tur, in caso di dichiarazione mendace, l’ufficio dell’Agenzia presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota ordinaria e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata.
Quindi, i giudici della Ctr hanno errato nel ritenere responsabile il cedente. Infatti, secondo un consolidato orientamento di legittimità, nel caso in cui la cessione di una casa di abitazione di lusso venga assoggettata a Iva con aliquota del 4% in luogo di quella ordinaria, l’ufficio emette l’avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta direttamente nei confronti dell’acquirente dell’immobile medesimo, “in quanto l’applicazione dell’aliquota inferiore da parte del venditore dell’immobile è derivata da una dichiarazione mendace dell’acquirente, la quale istituisce – ai sensi dell’art. 1 della nota II-bis (…) un rapporto diretto tra l’acquirente stesso e l’Amministrazione Finanziaria”.

Le osservazioni 
La nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al Tur, prevede l’applicazione dei benefici fiscali agli “atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso ed agli atti traslativi o costituivi della nuda proprietà, nell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse”. Per i trasferimenti immobiliari soggetti a Iva, è il n. 21) della Tabella A, parte II, allegata al Dpr 633/1972, in presenza delle condizioni previste dalla citata nota II-bis, a prevedere l’applicazione di un’aliquota ridotta ai trasferimenti aventi a oggetto case di abitazione “non di lusso”.
Per quanto riguarda la definizione degli immobili di lusso, si ricorda che, fino al 31 dicembre 2013, occorreva fare riferimento alle caratteristiche individuate dal decreto del ministro dei Lavori pubblici 2 agosto 1969. Tuttavia, a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 10 del Dlgs 23/2011, l’agevolazione “prima casa” risulta applicabile ai trasferimenti di case di abitazione “ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8, e A9”. Di conseguenza, con decorrenza dal 1° gennaio 2014, per l’individuazione dell’immobile agevolabile, occorre fare riferimento unicamente alla categoria catastale di appartenenza dell’immobile stesso.
Anche con riferimento all’Iva, il Dlgs 175/2014 (decreto “semplificazioni fiscali”) ha modificato i criteri per l’individuazione degli immobili per i quali è possibile fruire dell’agevolazione ‘‘prima casa”, allineando la disciplina Iva a quella già modificata per l’imposta di registro e stabilendo, pertanto, che le abitazioni sono ammesse all’agevolazione quando non rientrano nelle categorie catastale A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici). A ogni modo, per gli atti stipulati in costanza della precedente disciplina, occorre far riferimento al citato Dm 2 agosto 1969, che indica le caratteristiche che consentono di qualificare “di lusso” le abitazioni, e tra queste, relativamente al caso di specie, sono previste, all’articolo 4, “le abitazioni unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 mq. di superficie o campi da tennis con sottofondo drenato di superficie non inferiore a 650 mq”.

UPPI, BENE I METRI QUADRI IN VISURA, MA ATTENZIONE AGLI ERRORI DI CALCOLO

[A cura di: Andrea Casarini – segretario nazionale Uppi]

L’Uppi, Unione Piccoli Proprietari Immobiliari, sempre attenta alle novità, sottolinea il rischio che i Comuni utilizzino la superficie catastale evidenziata nelle visure, in base al recente adeguamento dell’Agenzia delle Entrate ex Agenzia del Territorio, al fine di calcolare la tassa sui rifiuti Tari. Nulla è di più errato: l’attuale normativa determina la superficie valida al calcolo Tari identificandola con la superficie utile calpestabile a filo interno delle murature, quindi escludendo anche le tramezze interne, ma includendo la superficie utile di cantine e garage. L’esenzione spetta alle terrazze e ai balconi se non chiusi.

Non vi è ombra di dubbio che il lavoro svolto dall’Agenzia sia un lavoro notevole per essere riuscita ad inserire milioni di superfici all’interno delle visure catastali, ed indubbiamente pregevole e prezioso: pare tuttavia pacifico ed inevitabile che ciò comporti anche innumerevoli errori o di calcolo delle superfici o delle planimetrie (basti pensare alla fotocopiatrice che ingrandisce o rimpicciolisce di mezzo millimetro la fotocopia di una planimetria e ciò gioco forza altera metri in più o meno che restano calcolati in modo non corretto e normalmente a discapito dei proprietari). Incomberà conseguentemente al proprietario, a proprie spese, la verifica della superficie catastale, al fine di correggere eventuali errori, e, contemporaneamente, far verificare la superficie valida ai fini Tari. 

L’Uppi mette, fin da subito, a disposizione i propri tecnici, che operano presso tutte le proprie sedi provinciali e distaccate, per eseguire correttamente i calcoli delle superfici catastali che dovranno essere oggetto di rettifica da parte dei Comuni e della stessa Agenzia. Ciò che sconcerta è che in caso di errore commesso dall’Agenzia e/o dal Comune debbano essere, come al solito, i singoli proprietari interessati alla correzione a dovere eseguire i calcoli a propria cura e spese facendoli poi pervenire ai comuni stessi. Resta comunque la certezza, nonostante quanto sia stato affermato dalla Agenzia e già recepito da alcuni comuni, che, ai fini del calcolo della Tari, la superficie cui deve farsi riferimento (come vuole la legge) è la superficie utile calpestabile a filo interno delle murature, e non la superficie catastale in possesso dell’Agenzia stessa.

ABBATTIMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE: QUALI AGEVOLAZIONI FISCALI?

[A cura di: Andrea Cartosio – tributarista Int]

L’applicazione della normativa relativa alle agevolazioni fiscali, al fine di un abbattimento di imposta per i soggetti passivi Irpef, può riguardare molteplici interventi. In quest’ottica, il condominio può trovarsi ad affrontare anche spese necessarie all’abbattimento delle barriere architettoniche preesistenti. Pertanto, oltre che agli interventi relativi alle ristrutturazioni edilizie e alle riqualificazioni energetiche, la legge relativa al godimento dei benefici fiscali concede la possibilità di detrarre nella misura del 50% tutte le opere relative all’eliminazione di un manufatto costruttivo che impedisca, limiti o renda difficoltosi gli spostamenti e la fruizione di servizi a persone con disabilità.

Gli interventi di questa tipologia che possono interessare un condominio sono molteplici. Tra i tanti, spiccano quelli che riguardano l’istallazione e/o la sostituzione di ascensori, montacarichi, servoscale o, comunque, tutti quegli interventi volti a favorire a vario titolo la mobilità interna ed esterna delle persone portatrici di handicap grave. Voglio precisare che la suddetta detrazione fiscale non è applicabile, però, all’acquisto di beni mobili (carrozzine, deambulatori). Tuttavia, in questo campo è possibile applicare una detrazione fiscale del 19% a titolo di spese sanitarie. Per gli interventi appena enunciati, inoltre, viene concessa l’applicazione dell’Iva agevolata al 4% invece che quella ordinaria al 22%.

METRI QUADRI NELLE VISURE CATASTALI? “EVIDENZIANO LE DISPARITÀ TRA GLI IMMOBILI”

[A cura di: Gabriele Bruyère e Andrea Casarini – presidente e
segretario nazionale Uppi]

 

L’Agenzia delle Entrate ha inserito nelle visure catastali la
superficie espressa in mq degli appartamenti, degli uffici e degli immobili a
destinazione pubblica. Rimangono esclusi tutti quegli immobili per cui non è
stato possibile effettuare le misure a causa della mancanza delle planimetrie,
oppure le stesse se esistenti, non sono state ben riprodotte in scala. Per
quanto riguarda, invece, gli immobili con categoria C, la metratura espressa in
mq è sempre stata indicata, mancando i riferimenti del numero dei vani.

L’obiettivo dell’Agenzia è quello di rendere più trasparente e più
chiara la lettura della visura catastale e, naturalmente, evidenziare le grosse
disparità inserite nell’attuale Catasto dovute agli accatastamenti più datati
rispetto quelli più recenti. L’Uppi ha sempre sostenuto che la riforma del
Catasto deve essere attuata proprio perché di fatto esistono situazioni con
rendite catastali errate e non proporzionate alle rendite catastali dei
fabbricati accatastati recentemente. Il vero problema, comunque, è quello della
tassazione: con l’attuale e assurdo sistema di tassazione immobiliare,
diventerebbe praticamente impossibile mantenere invariato il gettito, attuando
la riforma del catasto ai valori di mercato.

Grazie ai numerosi Convegni da noi organizzati nel
2015, abbiamo fatto capire che con l’attuale sistema di tassazione immobiliare
la riforma del catasto attuata in questo momento sarebbe stata la fine del
mercato immobiliare. Comunque si deve riconoscere all’Agenzia delle Entrate il
grande e poderoso sforzo effettuato. Ora non resta che cominciare a verificare
i propri immobili anche dal punto di vista della superficie, facendo correggere
ai tecnici dell’Uppi gli eventuali errori di calcolo delle planimetrie. In ogni
caso, i proprietari immobiliari stiano tranquilli: per ora le rendite non
cambiano!

VIA LA TASI? UN BINGO SOPRATTUTTO PER I DIRIGENTI E GLI IMPRENDITORI

Quante e quali famiglie riguarda il taglio delle imposte sulla prima casa a partire dal 2016? In attesa che la legge di stabilità compia il proprio iter parlamentare, la Cgia di Mestre ha analizzato quella che potremo definire come la base non più imponibile: numero e tipologia, cioè, di quei contribuenti che dall’anno prossimo non dovranno più pagare la tassa. Per farlo, ha elaborato i dati riferiti all’indagine sui bilanci di oltre 8mila famiglie, realizzata ogni 2 anni dalla Banca d’Italia. Ecco che cose ne è emerso.

I NUMERI

In Italia l’82,6 per cento dei proprietari di prima casa sono realtà dove il capofamiglia è un pensionato, un operaio, un impiegato o un disoccupato. L’altro 17,4 per cento, invece, è costituito da famiglie di dirigenti, imprenditori e lavoratori autonomi. Fatto 100 il totale dei proprietari di prima casa presenti in Italia, i pensionati sono pari al 43,7 per cento, gli impiegati al 17,9, gli operai al 17,4 e i disoccupati al 3,6. Le altre famiglie, invece, comprendono il lavoro autonomo e i dirigenti (6,2 per cento ciascuna) e gli imprenditori/liberi professionisti al 5 per cento.

Dato che chi risiede in un immobile di lusso continuerà a pagare l’Imu anche nel 2016, per capire quali tipologie familiari per condizione professionale saranno maggiormente interessate dall’abolizione della Tasi è necessario valutare l’incidenza del titolo di godimento dell’abitazione di residenza sul totale delle famiglie con le stesse caratteristiche. Da questa incidenza risulta che i dirigenti sono la tipologia familiare che presenta la percentuale di proprietari di prima abitazione più elevata di tutti: 85,3 per cento. Seguono quella degli imprenditori/liberi professionisti con il 76,9 per cento e quella dei pensionati con 76 per cento. Dopo questi soggetti si posizionano gli impiegati con il 72,8 per cento, gli autonomi con il 67,9 per cento, i disoccupati con il 49,3 per cento e, infine, gli operai con il 47,5 per cento.

IL COMMENTO

“Prima di dare l’addio definitivo alla Tasi – ricorda il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – gli italiani saranno chiamati a versare la seconda rata del tributo per l’anno in corso entro il prossimo 16 dicembre. L’importo medio che i proprietari di prima casa pagheranno si aggirerà attorno ai 100 euro. Per le seconde case, invece, il costo ammonterà a circa 450 euro. È importante precisare, tuttavia, che sono sempre più frequenti i casi in cui ad essere proprietarie di una seconda casa non sono famiglie facoltose che trascorrono le vacanze nella villa al mare o nel chalet in montagna, bensì semplici cittadini che hanno ereditato l’abitazione dei genitori. Senza contare coloro che per motivi di lavoro si sono trasferiti in un’altra regione: abitando in una nuova casa in affitto, sono perciò costretti a pagare l’Imu e la Tasi sull’abitazione del paese natio che nel frattempo è diventata seconda casa. Sarebbe opportuno che i sindaci fossero in grado di monitorare queste specificità, alleggerendo il carico fiscale per chi si trova in questa situazione”.

Sul versante opposto, la Cgia ricorda che in Italia il 67,2 per cento delle famiglie è proprietario dell’abitazione in cui risiede a cui si aggiunge un altro 10,7 per cento che gode dell’abitazione a titolo gratuito o attraverso l’usufrutto. Si può pertanto affermare che il 78 per cento circa delle famiglie italiane (ovviamente al netto di quelle che possiedono una casa di lusso) beneficerà dell’abolizione della tassazione sulla prima casa.

Un’ultima annotazione riguarda l’ambito territoriale: le regioni che presentano la percentuale più elevata di famiglie che risiedono in abitazioni di proprietà sono: la Sardegna e il Molise (entrambe con il 77,1 per cento), il Friuli Venezia Giulia (76,8 percento), le Marche (76,1 per cento) e il Veneto (76 per cento). La Liguria (69,1 per cento), la Valle d’Aosta (65,6 per cento) e la Campania (61,9 per cento) sono i territori dove l’incidenza dei proprietari è inferiore.

 

PETIZIONE DI APE TORINO: CANONI D’AFFITTO PIÙ BASSI? “MENO TASSE SULLA CASA”

Il tema delle imposte sulle abitazioni – tra i protagonisti indiscussi della legge di Stabilità – pare andare sempre più spesso a braccetto con quello dei canoni di locazione, che a propria volta si innesta nella diatriba infinita sul rapporto tra emergenza abitativa e “responsabilità” della proprietà immobiliare nel contribuire a farvi fronte (di fatto, sostituendosi, spesso, alo Stato, ndr.). ebbene, nei giorni scorsi Ape – Confedilizia Torino ha annunciato di aver promosso una petizione popolare per chiedere al Comune di ridurre l’imposizione fiscale sulla proprietà immobiliare in caso di accordi di riduzione dei canoni di locazione. Scopo dell’iniziativa? “Ddare attuazione al comma 1 bis dell’articolo 19 del D.L. 12/09/14 numero 133, modificato dalla legge di conversione numero 164 dell’11 novembre 2014 e, precisamente, riconoscere un’aliquota ridotta dell’Imu in capo ai proprietari che stipulino accordi di abbassamento dei canoni di locazione, di cui alla citata norma”. Peraltro, la petizione di Ape si è già tradotta in una mozione consiliare, presentata dal vicepresidente del Consiglio comunale di Torino Silvio Magliano e discussa in commissione per l’approvazione da parte della Giunta torinese. Questa iniziativa – ha spiegato Magliano – dimostra l’attenzione della Città di Torino, non solo per le famiglie in difficoltà, ma anche per i proprietari di immobili che, in questo modo, potranno beneficiare di una tassazione inferiore”.