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ENTRATE, CIRCOLARE OMNIBUS, SESTA PUNTATA: L’ACQUISTO DAL COSTRUTTORE

Di seguito, la sesta puntata dell’approfondimento relativo alla Circolare n. 20/E con la quale l’Agenzia delle Entrate ha fornito tutti i chiarimenti fiscali inerenti le prescrizioni introdotte dalla legge di Stabilità, ivi compresi quelli aventi ad oggetto la casa, il condominio e il comparto immobiliare. Il focus di oggi è dedicato alle detrazioni per l’acquisto di immobili residenziali dal costruttore.

ACQUISTO IMMOBILI RESIDENZIALI DAL COSTRUTTORE
Il comma 56, al fine di favorire la ripresa del mercato immobiliare prevede che “Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, si detrae dall’imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, il 50 per cento dell’importo corrisposto per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto in relazione all’acquisto, effettuato entro il 31 dicembre 2016, di unità immobiliari a destinazione residenziale, di classe energetica A o B ai sensi della normativa vigente, cedute dalle imprese costruttrici delle stesse. La detrazione di cui al precedente periodo è pari al 50 per cento dell’imposta dovuta sul corrispettivo d’acquisto ed è ripartita in dieci quote costanti nell’anno in cui sono state sostenute le spese e nei nove periodi d’imposta successivi”.
Il riferimento all’impresa costruttrice, inteso in senso letterale, escluderebbe dall’ambito di applicazione della norma le cessioni poste in essere dalle imprese di ripristino o ristrutturatrici, posto che in altri contesti tali imprese sono espressamente equiparate alle imprese edili, come nel testo dell’art. 10, comma 1, n. 8 bis del DPR n. 633 del 1972, concernente il regime IVA delle cessioni di immobili.
Tenuto conto, tuttavia, della finalità della disposizione in esame, l’espressione può essere intesa nel senso ampio di “impresa che applica l’Iva all’atto del trasferimento”, considerando tale non solo l’impresa che ha realizzato l’immobile ma anche le imprese di “ripristino” o c.d. “ristrutturatrici” che hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell’edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
Tale interpretazione risulta coerente con la ratio della norma, diretta a “equilibrare” il costo degli oneri fiscali delle cessioni di unità immobiliari di tipo abitativo soggette ad Iva rispetto alle medesime operazioni soggette all’imposta di registro. Infatti, le cessioni di unità immobiliari di tipo abitativo soggette ad Iva e poste in essere dalle imprese costruttrici danno luogo ad un livello di imposizione più elevata, sia perché soggette ad aliquote di imposta più alte rispetto alle aliquote previste per l’imposta di registro sia perché determinate su base imponibile differente.
La base imponibile Iva, infatti, è costituita dal corrispettivo, mentre la base imponibile relativa alle cessioni di immobili abitativi poste in essere da soggetti privati è, nella maggior parte dei casi, costituita dal valore catastale.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia a quanto precisato nella circolare n. 12 dell’8 aprile 2016, par. 7.1.

TIPOLOGIA DI IMMOBILI AGEVOLABILI – LA PERTINENZA
Relativamente alla tipologia di immobili agevolabili, la nuova detrazione presuppone l’acquisto, direttamente dall’impresa costruttrice, nel periodo compreso tra gennaio e dicembre 2016, di una unità immobiliare a destinazione residenziale di classe energetica A o B, a prescindere da ulteriori requisiti. Infatti, la norma non limita il beneficio all’acquisto dell’abitazione principale, né sono previste esclusioni per gli immobili c.d. di lusso.
Rispetto alle pertinenze, quali, ad esempio, posto auto, cantina etc., la norma non esplicita nulla circa l’estensione del beneficio fiscale anche a tali unità immobiliari. Al riguardo, in conformità all’orientamento ormai consolidato dell’Agenzia delle Entrate, si ritiene possa applicarsi il criterio dell’estensione del beneficio fiscale spettante all’unità abitativa anche alla pertinenza, a condizione che l’acquisto della pertinenza avvenga contestualmente all’acquisto dell’unità abitativa e l’atto di acquisto dia evidenza del vincolo pertinenziale (cfr. Circolare n. 24/E del 2004, circolare n. 108/MEF del 1996 e risoluzione n. 181 del 2008).

IL CUMULO CON ALTRE DETRAZIONI
Il comma 56 non contiene una specifica disposizione che vieti il cumulo della detrazione in commento con altre agevolazioni in materia di IRPEF. In mancanza di un esplicito divieto in tal senso, si deve ritenere possibile che il contribuente che acquisti un’unità immobiliare all’interno di un edificio interamente ristrutturato dall’impresa di costruzione possa beneficiare sia della detrazione del 50 per cento dell’IVA sull’acquisto, sia della detrazione spettante ai sensi dell’art. 16-bis, comma 3, del TUIR. Tale ultima detrazione si applica, anche per il 2016, con l’aliquota del 50 per cento e deve essere calcolata sul 25 per cento del prezzo di acquisto dell’immobile, e comunque entro un importo massimo di 96.000 euro, ed è ripartita in 10 quote costanti.
Restando, tuttavia, fermo il principio generale secondo cui non è possibile far valere due agevolazioni sulla medesima spesa, la detrazione di cui al citato art. 16-bis, comma 3 del TUIR, non può essere applicata anche all’IVA per la quale il contribuente si sia avvalso della detrazione ex art. 1, comma 56, della legge di stabilità per il 2016.
Ad esempio, un contribuente che acquista da un’impresa di ristrutturazione un’unità immobiliare, con le agevolazioni “prima casa”, all’interno di un fabbricato interamente ristrutturato, al prezzo di 200.000 euro + IVA al 4%, per un totale di 208.000 euro, avrà diritto:
– alla detrazione, spettante ai sensi dell’articolo 1, comma 56, della legge di stabilità, del 50 per cento dell’Iva pagata sull’acquisto dell’immobile. Tale detrazione è pari ad euro 4.000 (8.000 x 50%);
– alla detrazione, spettante ai sensi dell’art. 16-bis, comma 3, del TUIR, del 50 per cento calcolato sul 25 per cento del costo dell’immobile rimasto a suo carico. Tale detrazione è pari ad euro 25.500 [(208.000 – 4.000) x 25% = 51.000 x 50%].
Ad analoga conclusione si giunge anche nel caso di realizzazione di box pertinenziale, anche a proprietà comune, acquistato contestualmente all’immobile agevolato ai sensi della disposizione in commento, relativamente al quale spetta anche la detrazione di cui all’art. 16-bis, comma 1, lett. d) del TUIR pari al 50 per cento del costo di realizzazione documentato dall’impresa.
Ad esempio, un contribuente acquista da un’impresa costruttrice un’unità immobiliare, con le agevolazioni “prima casa”, e un box pertinenziale. Il costo complessivo dell’immobile, comprensivo della pertinenza è pari a 200.000 euro + IVA al 4%, per un totale di 208.000 euro. Il costo di realizzazione del box è pari a 10.000 euro più IVA pari a 400 euro.
Il contribuente avrà diritto:
– alla detrazione del 50 per cento dell’Iva sull’acquisto dell’immobile comprensivo della pertinenza, pari a 4.000 euro:
– alla detrazione, spettante ai sensi dell’art. 16-bis, comma 1, lett. d) del TUIR, sul costo di realizzazione del box al netto dell’Iva portata in detrazione riferita a tale costo, pari a 10.200 euro (10.400 euro – 200 euro). La detrazione è pari al 50 per cento di tale importo e cioè 10.200 euro * 50% = 5.100 euro.

TRATTAMENTO FISCALE DEGLI ACCONTI
Con riguardo all’IVA versata per l’acconto corrisposto nel 2015, si precisa che la detrazione IRPEF in commento, in vigore dal 1° gennaio 2016, prevede che l’acquirente possa considerare in detrazione il “50% dell’importo corrisposto per il pagamento dell’IVA in relazione all’acquisto” di unità immobiliari effettuato o da effettuare “entro il 31 dicembre 2016”.
Ne consegue che, ai fini della detrazione ed in applicazione del principio di cassa, è necessario che il pagamento dell’IVA avvenga nel periodo di imposta 2016. Pertanto non è possibile fruire della detrazione con riferimento all’Iva relativa agli acconti corrisposti nel 2015, anche se il rogito risulta stipulato nell’anno 2016.
(omissis)

TINTEGGIATURA CONDOMINIO: IN CASO DI CONTRASTO CONTA IL TESTO DELIBERATO

Tinteggiatura delle scale: l’amministratore su mandato dell’assemblea approva il preventivo della ditta più economica, ma un condomino non vuole pagare. Ha le sue ragioni? È il quesito posto da uno spettatore nell’ambito della rubrica legale del Tg del Condominio. Di seguito la risposta fornita dall’avvocato Nunzio Costa, presidente dell’associazione Acap di Napoli.

In caso di contrasto vale il testo deliberato
D. In un’assemblea è stato deciso, con la maggioranza richiesta, di procedere alla ritinteggiatura dell’androne del condominio. Nell’occasione è stato dato mandato all’amministratore di procedere all’individuazione della ditta ed è stato verbalizzato tale incarico con la seguente formula: “L’amministratore è incaricato di chiedere tre preventivi ad altrettante ditte e successivamente di assegnare la realizzazione del lavoro a quella delle tre che presenterà il preventivo più economico”.
Ciò è stato fatto dall’amministratore, ed i lavori sono stati portati a compimento dall’impresa che aveva presentato il preventivo più economico. Ora un condomino ha rifiutato di pagare la sua quota di spesa, sostenendo che l’amministratore ha abusato dei suoi poteri perché avrebbe dovuto convocare una seconda assemblea nel corso della quale sottoporre i tre preventivi ai condòmini, lasciando agli stessi la scelta della ditta. Ha ragione?

Risponde l’avvocato Nunzio Costa
Il punto è determinato dal documento approvato dall’assemblea, che è l’unico elemento scritto che abbiamo. Nell’ambito dei contratti, se questo contratto è nullo, inapplicabile, inefficace dobbiamo semplicemente avere riguardo all’interpretazione del dato letterale, ovvero al dato scritto. Per fare chiarezza sulla questione posta dallo spettatore bisogna fare riferimento agli articoli del codice civile relativi ai criteri di interpretazione dei contratti (artt. dal 1362 al 1370). Innanzitutto, dobbiamo fare riferimento a quanto è stato verbalizzato in assemblea, da cui si evince che è stato dato all’amministratore l’incarico di andare a verificare l’esistenza di tre preventivi e che, in base al loro importo, verrà assegnata la realizzazione del lavoro alla ditta che avrebbe presentato il preventivo più economico. Sempre nel quesito si evince che tale procedura, in effetti, è proprio quella che ha seguito l’amministratore. In altre parole, è stata data compiuta ed esatta applicazione, nonché esecuzione, al deliberato assembleare. Il fatto che il condomino si rifiuti di pagare prefigura una situazione di contrasto: se il condomino ritiene che l’amministratore non abbia eseguito correttamente il deliberato assembleare, ha facoltà di impugnare il provvedimento preso dall’amministratore ai sensi dell’art. 1133 del codice (quindi non basta il semplice rifiuto di pagare). Dal canto suo l’amministrazione, nei confronti del condomino che si rifiuta di pagare, ha l’ulteriore mezzo proprio di contrasto (diventato obbligatorio con la novella legislativa) di procedere con quelli che sono gli atti esecutivi, tra cui, appunto, il decreto ingiuntivo.

ENTRATE, CIRCOLARE OMNIBUS, QUINTA PUNTATA: VIDEOSORVEGLIANZA E CREDITO D’IMPOSTA

Di seguito, la quinta puntata dell’approfondimento relativo alla Circolare n. 20/E con la quale l’Agenzia delle Entrate ha fornito tutti i chiarimenti fiscali inerenti le prescrizioni introdotte dalla legge di Stabilità, ivi compresi quelli aventi ad oggetto la casa, il condominio e il comparto immobiliare. Il focus di oggi è dedicato al credito d’imposta per l’installazione di sistemi di videosorveglianza.

Credito d’imposta per videosorveglianza 

Il comma 982 della legge di Stabilità 2016 introduce un credito d’imposta spettante alle persone fisiche che sostengono – non nell’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa – spese per l’installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o allarme, nonché connesse a contratti stipulati con istituti di vigilanza, dirette alla prevenzione di attività criminali. Il credito d’imposta è riconosciuto ai fini dell’imposta sul reddito, nel limite massimo complessivo di 15 milioni di euro per ‘’anno 2016. I criteri e le procedure per l’accesso al beneficio e per il suo recupero in caso di illegittimo utilizzo, nonché le ulteriori disposizioni ai fini del contenimento della spesa complessiva entro il limite sopra indicato saranno definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

CONDOMINIO: SE LE PIANTE SUI PIANEROTTOLI COMPLICANO LA PULIZIA SCALE

Le piante collocate dai condòmini sui pianerottoli a detta della portinaia rendono più difficoltosa la pulizia delle scale. Come si deve comportare l’amministratore? È il quesito posto da uno spettatore nell’ambito della rubrica legale del Tg del Condominio. Di seguito la risposta fornita dall’avvocato Massimo Agerli, consulente legale di Ape Confedilizia Torino.

D. Nel condominio che amministro, sui pianerottoli delle scale ogni unità immobiliare è dotata, oltre che dell’ingresso principale, anche di una porta di servizio che dà accesso ai balconi (esclusivi) che prospettano sul cortile. Davanti a queste porte di servizio, mai utilizzate per il passaggio, diverse signore (condomine e inquiline) hanno riposto, a scopo ornamentale, vasi da fiori, anche di dimensioni notevoli, che tuttavia non ostacolano affatto la percorribilità delle scale. Il solo inconveniente è dato dal fatto che rendono più laboriosa la pulizia delle scale stesse, dove spesso si trova terriccio e chiazze di acqua con cui le piante vengono irrigate. La portinaia, addetta alle pulizie, se ne è lamentata con me, sostenendo che il suo lavoro viene reso più faticoso. Come devo procedere?

Risponde l’avvocato M. Agerli

Se il regolamento di condominio non prevede divieti al riguardo (come ritengo), i condòmini sono liberi di tenere i vasi da fiori a scopo ornamentale sui pianerottoli, soprattutto se non rendono difficoltoso il passaggio sulle scale e soprattutto se nessuna lamentela proviene dai condòmini stessi. Per dar soddisfazione all’addetta alle pulizie è possibile semplicemente invitare i condòmini interessati a prestare più attenzione quando innaffiano le piante, onde evitare la fuoriuscita del terriccio e le chiazze d’acqua (magari affrontando l’argomento in assemblea, verbalizzando l’invito dell’amministratore nelle “varie ed eventuali”, perché non sarebbe oggetto di delibera).

ENTRATE, CIRCOLARE OMNIBUS, QUARTA PUNTATA: EFFICIENZA E DISPOSITIVI MULTIMEDIALI

Di seguito, la quarta puntata dell’approfondimento relativo alla Circolare n. 20/E con la quale l’Agenzia delle Entrate ha fornito tutti i chiarimenti fiscali inerenti le prescrizioni introdotte dalla legge di Stabilità, ivi compresi quelli aventi ad oggetto la casa, il condominio e il comparto immobiliare. Il focus di oggi è dedicato alle detrazioni per l’acquisto di dispositivi multimediali finalizzati all’incremento dell’efficienza energetica.

DETRAZIONI PER I DISPOSITIVI MULTIMEDIALI

Il comma 88 estende l’applicazione delle detrazioni spettanti per le spese sostenute per interventi di efficienza energetica, anche a quelle per l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento e/o produzione di acqua calda e/o climatizzazione delle unità abitative, che garantiscono un funzionamento efficiente degli impianti, nonché dotati di specifiche caratteristiche.

Tali dispositivi devono, in particolare:

 mostrare attraverso canali multimediali i consumi energetici, mediante la fornitura periodica dei dati;

 mostrare le condizioni di funzionamento correnti e la temperatura di regolazione degli impianti;

 consentire l’accensione, lo spegnimento e la programmazione settimanale degli impianti da remoto. 

La detrazione spetta con riferimento alle spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016.

Nel consentire la detrazione anche per le spese in questione, il citato comma 88 richiama le “detrazioni fiscali di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63”, che contiene, in realtà, la mera proroga delle agevolazioni per l’efficienza energetica. Queste ultime sono stata introdotte, invece, dall’art. 1, commi da 344 a 347 della legge n. 296 del 2006 che individua gli interventi ammessi alla detrazione e fissa, per ciascuno di essi, un ammontare massimo di detrazione spettante. 

Il comma 88, dunque, non collega la nuova fattispecie ad una specifica categoria di intervento già oggetto dell’agevolazione. 

La relazione tecnica precisa che la nuova ipotesi agevolativa era già ricompresa negli interventi previsti dalla legislazione vigente per beneficiare delle detrazioni per riqualificazione energetica; si ritiene, pertanto, che la portata innovativa della norma sia ravvisabile nella possibilità di beneficiare della detrazione anche nell’ipotesi in cui l’acquisto, l’installazione e la messa in opera dei dispositivi multimediali siano effettuati successivamente o anche in assenza di interventi di riqualificazione energetica. Inoltre, considerato che gli interventi in esame hanno un costo ridotto rispetto a quelli già ammessi alla detrazione e che la norma non indica per gli interventi di “domotica” in questione l’importo massimo di detrazione fruibile, si ritiene che questa possa essere calcolata nella misura del 65 per cento delle spese sostenute. 

INFILTRAZIONI DI ACQUA PIOVANA NEI SOLAI: LE SPESE VANNO RIPARTITE

L’acqua piovana filtra dal tetto condominiale e danneggia alcuni lucernari. A chi spettano le spese per sostituirli? È il quesito posto da uno spettatore nell’ambito della rubrica legale del Tg del Condominio. Di seguito la risposta fornita dall’avvocato Massimiliano Bettoni dello studio legale Mabe di Milano.

D. In alcuni solai di proprietà esclusiva (pertinenze di appartamenti) si sono verificate infiltrazioni di acque piovane entrate nei locali a seguito della vetustà e della permeabilità dei lucernari ed anche del fatto che le tegole di copertura del tetto erano scivolate via, provocando danni: fioriture alle murature dei solai e guasti alle cose in essi riposte. L’amministratore del condominio ha già provveduto ad effettuare la necessaria manutenzione del tetto (a spese di tutto il condominio), ma sostiene che le spese per la sostituzione dei lucernari sono a carico delle singole unità.

Risponde l’avvocato M. Bettoni

R. Secondo il disposto dell’art. 1123 c.c.: “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”.

Secondo il costante orientamento della Suprema Corte di Cassazione, manifestato in una sentenza del 1995, n. 7077, l’articolo si fonda su due principi: il primo, riguarda le cose comuni destinate a servire indistintamente tutti i condòmini e il secondo, per quanto riguarda le cose comuni destinate a servire i condòmini in misura diversa, concerne il parametro proporzionale dell’uso che ciascuno può farne.

Sulla base di quest’ultimo principio, l’obbligo di contribuire alle spese si fonda sull’utilità che ogni singola proprietà esclusiva può trarre dalla cosa comune.

Per quanto attiene specificamente alla manutenzione dei lucernari posti sul tetto dell’edificio condominiale, la cui funzione prevalente è quella di dare aria e luce all’appartamento su cui si affacciano, le spese di riparazione e/o sostituzione di tali aperture devono essere sostenute dai condòmini che ne traggono diretta utilità, ossia gli appartamenti che vengono illuminati ed arieggiati dalle medesime.

Tale tesi trova conferma nella dottrina e nella giurisprudenza di merito, la quale precisa che “così come il proprietario del solaio può aprire nel tetto abbaini per dare aria e luce ai locali sottostanti, quando l’abbaino sia costruito a regola d’arte e non pregiudichi la funzione di copertura del tetto, né leda altrimenti il diritto degli altri condomini, egualmente egli è tenuto alla manutenzione ed alla riparazione di tali aperture” (Cass. Civ., Sez. II del 1993, n. 744).

E, ancora, nel caso di lucernario condominiale, la spesa per la riparazione dovrà essere ripartita con la tabelle millesimale di proprietà, essendo il lucernario una parte del tetto e trattandosi d’intervento conservativo, salvo diverso accordo tra tutti i condòmini.

CEDIMENTI STRUTTURALI DEL CONDOMINIO: MA IL COSTRUTTORE È FALLITO

Che ne è della polizza decennale sul fabbricato quando fallisce il costruttore? Cosa succede in caso di cedimenti strutturali del condominio appena edificato? È il quesito posto da uno spettatore nell’ambito della rubrica legale del Tg del Condominio. Di seguito la risposta fornita dall’avvocato Massimo Agerli, consulente legale di Ape-Confedilizia di Torino.

D. Sono amministratore di un condominio nel quale, contestualmente, sono anche proprietario di un’unità immobiliare. Lo stabile presenta alcuni difetti di costruzione che necessitano di manutenzione straordinaria urgente, causa cedimenti strutturali. Tali lavori dovrebbero essere coperti dalla garanzia decennale del costruttore, il quale, però, è fallito. Come ci si deve comportare? Quali risposte devo dare ai condòmini? Chi deve farsi carico dei suddetti lavori?

Risponde l’avvocato M. Agerli

R. Purtroppo il fallimento del costruttore renderebbe inutile, dal punto di vista del risultato concreto, il tentativo di azionare la garanzia decennale prevista dall’art. 1669 c.c. (che, comunque, prevede l’obbligo di denuncia del vizio al costruttore entro un anno dalla scoperta e la necessità di agire entro l’anno dalla denuncia). Se il condominio, quando all’epoca ha stipulato l’appalto, non è riuscito ad ottenere dal costruttore una polizza assicurativa a copertura di tali vizi, temo che non vi sia altro da fare che convocare urgentemente l’assemblea e far deliberare sull’esecuzione delle opere i cui costi graveranno, per forza, sui condòmini.

GRAVI DIFETTI COSTRUTTIVI SOLO SE RIGUARDANO LA FRUIBILITÀ DELL’IMMOBILE

[A cura di: Ance]

Si riporta una rassegna della giurisprudenza di merito sulla complessa distinzione tra:

1) difformità e vizi dell’opera per i quali l’articolo 1667 codice civile riconosce l’azione di responsabilità verso l’appaltatore che si prescrive dopo due anni dalla consegna del bene;

2)  gravi difetti costruttivi per i quali è possibile invocare la garanzia decennale cui è tenuto l’appaltatore ai sensi dell’articolo 1669 codice civile.

* Tribunale Modena, sent. n. 193 del 27/1/2016.

I vizi attinenti l’intonacatura esterna rientrano nella definizione dell’articolo 1669 c.c. solo se incidono sulla funzionalità e sul godimento dell’immobile, per esempio: sotto il profilo del venir meno della funzione impermeabilizzante dell’intonaco o della compromissione dell’assetto strutturale dell’edifico. Anche la comprensibile insoddisfazione estetica non corrisponde a un grave difetto per cui opera il termine di prescrizione di cui all’art. 1667 comma 3 c.c.. Né la gravità potrebbe desumersi da una ipotetica minore appetibilità commerciale dell’immobile in quanto contraddistinto da quel difetto

Il Tribunale ha sottolineato, infine, che la garanzia di cui all’articolo 1669 c.c. non può consistere nella mera potenzialità di incidenza del difetto sulla funzionalità e sul godimento dell’opera.

* Tribunale Grosseto, sent. n. 197 del 29/2/2016.

I vizi rilevati nelle singole unità immobiliari e inerenti alla necessità di ripristino di piccole parti di intonaco e tinteggiatura di alcune aree per macchie di umidità, lesioni parapetti, verniciatura ringhiere non sono tali da determinare rovina dell’edificio ovvero di parti strutturali dello stesso né incidono sulla funzionalità del bene. Il vizio, pur se localizzato su parti secondarie dell’immobile, per poter rientrare nella definizione del 1669 c.c. deve essere di entità ed intensità tale da limitare in maniera sostanziale la fruibilità dell’immobile.

* Tribunale Firenze, sez. III, sent. 1/2/2016.

La garanzia di cui all’art. 1669 c.c. non opera per tutti i vizi dell’opera ma esclusivamente ove vengano in rilievo gravi difetti e cioè vizi che pur non compromettendo la stabilità di essa siano idonei a pregiudicare o menomare in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità dell’immobile cui afferiscono (cfr. Cass. n. 2238/2012). Tale condizione senz’altro ricorre in relazione alle problematiche afferenti l’impianto di depurazione in quanto l’inesistenza di un efficiente sistema di trattamento e smaltimento dei reflui è infatti ostativa allo stesso rilascio dell’abitabilità del fabbricato. Non può, invece, essere considerato grave il difetto costituito dalla non perfetta complanarità dell’asfalto della stradina interna condominiale.

* Tribunale Firenze, sez. III, sent. 4/2/2016.

Fenomeni quali condensazioni superficiali di umidità, la cui causa è la troppo bassa temperatura superficiale delle strutture dovuta ad un non corretto isolamento termico delle strutture stesse devono essere qualificati come gravi difetti. Il fatto di essere (le strutture) scarsamente coibentate comporta il non soddisfacimento delle prestazioni relative alla verifica della condensazione superficiale e della trasmittanza minima di Legge (D. lgs 192/205). Tali difetti sono palesemente idonei ad incidere sulla salubrità dei locali e quindi a pregiudicare in modo grave il normale godimento e la funzionalità degli stessi (in questo senso cfr. Cass. n. 2238/2012).

ENTRATE, CIRCOLARE OMNIBUS, TERZA PUNTATA: ECOBONUS E CASE POPOLARI

Di seguito, la terza puntata dell’approfondimento relativo alla Circolare n. 20/E con la quale l’Agenzia delle Entrate ha fornito tutti i chiarimenti fiscali inerenti le prescrizioni introdotte dalla legge di Stabilità, ivi compresi quelli aventi ad oggetto la casa, il condominio e il comparto immobiliare. Il focus di oggi è dedicato sll’ecobonus per le case popolari.

ECOBONUS E CASE POPOLARI

Il comma 87 rende fruibili le detrazioni fiscali del 65 per cento – previste per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici dall’art. 1, commi da 344 a 347, della legge n. 296 del 2006, nonché dall’art. 14 del decreto legge n. 63 del 2013 – anche da parte degli Istituti Autonomi per le Case Popolari (IACP), comunque denominati, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, relativamente agli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

In considerazione del rilevante ruolo sociale svolto dagli enti in questione, la disposizione introduce un’importante apertura nell’impianto normativo della detrazione in esame, consentendone l’applicazione anche per gli interventi riguardanti taluni immobili “patrimoniali” concessi in locazione, a condizione che siano adibiti a edilizia residenziale pubblica e siano di proprietà degli Istituti autonomi in questione, comunque essi siano denominati, i quali hanno come compito la gestione di tale patrimonio.

SCALE CONDOMINIALI: COME RIPARTIRE LE SPESE DI PULIZIA E ILLUMINAZIONE?

In che modo si ripartiscono le spese di pulizia ed illuminazione delle scale condominiali? È il quesito posto da uno spettatore nell’ambito della rubrica legale del Tg del Condominio. Di seguito la risposta fornita dall’avvocato Chiara Magnani, di Parma.

D. So che le spese di pulizia e illuminazione delle scale vanno ripartite secondo la tabella millesimale di proprietà perché non si riferiscono al funzionamento ma al decoro e all’utilizzabilità dei condòmini e degli estranei al condominio. Personalmente, mi trovo di fronte una palazzina condominiale di 7 unità immobiliari, con un’unica scala e terrazzo di copertura (lastrico solare) di proprietà comune ai 7 condòmini; reputo corretta la ripartizione con i millesimi generali di proprietà, e cerco il supporto di specifiche sentenze. Un’altra scala con 10 unità immobiliari ha la terrazza di copertura di proprietà esclusiva ad uno solo dei condòmini, ma con vincolo di usufrutto a favore dei restanti 9 conòomini per la manutenzione delle antenne tv. Sarebbe applicabile la suddetta ripartizione delle riferite spese? 

Risponde l’avv. Magnani

R. Il riformulato art. 1124 c.c. prevede che le spese di manutenzione e ricostruzione delle scale vadano addebitate ai singoli proprietari per il 50% in base al valore millesimale dei singoli piani e per il restante 50% in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano. Nel caso, pertanto – a titolo esemplificativo – della manutenzione di ringhiere, gradini, pianerottoli e tutti gli accessori delle scale, il criterio di ripartizione è quello sopra descritto.

In caso, invece, delle spese di pulizia ed illuminazione la Suprema Corte (sentenza n. 432/2007) ha affermato – dopo diverse e contrastanti pronunce – che la spesa vada ripartita in base al criterio proporzionale dell’altezza dal suolo di ciascun piano o porzione di piano a cui esse servono. Le spese di pulizia e illuminazione, infatti, afferiscono l’uso e il godimento della cosa, pertanto, il singolo condomino è tenuto al pagamento in base all’utilità che trae dalla cosa comune. 

L’ultimo orientamento della Corte, pertanto, utilizza il criterio dell’articolo 1124 c.c. (altezza del piano) privandolo però dell’altro componente (valore della quota) proprio per evidenziare come chi vive ai piani alti sporchi e logori le scale in misura maggiore rispetto a chi vive al piano terra. Ovviamente è possibile per l’assemblea modificare, a maggioranza, i criteri di ripartizione della spesa per la pulizia/illuminazione delle scale optando, per esempio, per ripartire la spesa in base all’uso che ciascun condomino può fare del bene comune ex art 1123 c.c.