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Assolto l’amministratore che non aveva consegnato la documentazione al successore

  • Quotidiano Del Condominio
  • 14 agosto 2019

Se l’amministratore non consegna la documentazione al successore si configura il reato di appropriazione indebita ma, nel caso esaminato dalla Cassazione, l’imputato la fa franca a causa dell’impugnazione tardiva da parte del pubblico ministero. Di seguito l’estratto della sentenza.

———————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 35402/2019
———————–

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

  1. Il Tribunale di Viterbo (Sezione Distaccata di Civita Castellana), con sentenza del 18.11.2009, ritenendo insussistente, nella condotta descritta nel capo di imputazione, l’elemento del profitto patrimoniale, aveva assolto A.V. dal delitto di appropriazione indebita aggravata e continuata a lui ascritto per essersi, secondo l’accusa, appropriato della documentazione contabile che deteneva in qualità di amministratore di diversi condomini e che non aveva consegnato al nuovo amministratore a lui subentrato.
  2. Adita dal PG che aveva impugnato la sentenza di assoluzione, la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 20.10.2014, e sul rilievo secondo cui l’ingiusto profitto ben può essere integrato dalla impossibilità, per i condòmini, di verificare la correttezza, sul piano contabile, della gestione dell’amministratore cessato, ha dichiarato l’imputato responsabile del delitto a lui ascritto e lo ha condannato alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 450 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.
  3. Ricorre per Cassazione il difensore di A.V. lamentando:
    3.1. violazione di legge con riferimento a norme di natura processuale stabilite a pena di nullità, inammissibilità o decadenza: rileva, a tal proposito, che la sentenza del Tribunale era stata resa in forma contestuale in data 18.11.2009 ed il Procuratore Generale presso la Corte di Appello ne aveva ricevuto comunicazione 1’1.12.2009 avendo proposto appello il 31.12.2009 ovvero ben oltre i quindici giorni previsti dalla legge a pena di decadenza; di qui la inammissibilità dell’atto di appello che ben può essere eccepita e rilevata in questa sede;
    3.2. violazione di legge e vizio di motivazione: rileva che, a séguito dell’appello proposto dal PG, la Corte territoriale è pervenuta alla riforma della sentenza di primo grado senza, tuttavia, operare alcun accertamento in fatto non avendo espletato alcuna attività istruttoria ma avendo emesso la sua decisione soltanto ed esclusivamente sulla base della ipotesi cristallizzata nel capo di imputazione; segnala la “lontananza” del caso esaminato nel precedente citato nella sentenza in verifica rispetto alla fattispecie che ci occupa; rileva, in ogni caso, la erroneità della decisione impugnata per aver denegato le circostanze attenuanti generiche;
    3.3. sopravvenienza di una normativa favorevole all’imputato: ricorda che il fatto risale al 2007 e che, successivamente alle decisioni di primo e di secondo grado, è stata introdotta la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. della quale egli non ha potuto beneficiare; lamenta inoltre il mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena di cui egli  aveva la possibilità di beneficiare.
  4. Il ricorso è fondato quanto al primo motivo che, peraltro, preclude l’esame degli altri profili di doglianza pure articolati nel ricorso proposto nell’interesse del A.V..
    L’inammissibilità – per tardività – dell’appello del PM emerge infatti direttamente dall’esame degli atti da cui risulta che la sentenza di primo grado era stata pronunciata in data 18.11.2009 quando ne era stata data pubblica lettura in aula ai sensi dell’art. 544 comma 1 cod. proc. pen.; in data 1.12.2009 la sentenza era stata data comunicazione al PG ai sensi dell’art. 548 comma 3 cod. proc. pen.. (L’appello è stata presentato in data 31.12.2009 ovvero nel termine di trenta giorni laddove, ai sensi del combinato disposto degli artt. 544 e 586 cod. proc. pen. il termine per impugnare era di quindici giorni ancorché, per il PG, decorrenti dalla data di comunicazione della sentenza).
  5. Nessun dubbio circa la rilevabilità, in questa sede, della inammissibilità dell’appello avendo questa Corte più volte avuto modo di affermare che essa ben può essere ritenuta – ai sensi dell’art. 591 comma 4 cod. proc. pen. – per difetto di specificità dei motivi, anche laddove la Corte territoriale erroneamente non aveva qualificato come tale (cfr., Cass. Pen., 2, 9.6.2017 n. 36.111, PG in proc. P.) dovendo tale principio valere certamente nel caso, ben più “evidente”, della tardività dell’impugnazione.
  6. La sentenza della Corte di Appello va dunque annullata con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado a partire dalla data di scadenza del termine per impugnare.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

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  • amministratore di condominio
  • appropriazione indebita
  • condominio
  • sentenze di cassazione
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