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Se il condomino inciampa in una buca presente nelle parti comuni

  • Quotidiano Del Condominio
  • 13 marzo 2019

Il condominio risponde, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., dei danni subiti da terzi estranei ed originati da parti comuni dell’edificio, mentre l’amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ. (unicamente) all’azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati.

Questo il principio di diritto richiamato dalla Cassazione con l’ordinanza 6292 del 4 marzo 2019, di cui riportiamo un estratto.

—————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 4.3.2019,
n. 6292
—————-

Ritenuto in fatto

1. B.F. conveniva innanzi al Tribunale di Roma il Condominio …, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti per essere rovinato al suolo a causa di una buca presente nell’area condominiale.

Il Condominio, costituitosi, chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa la P.O. s.r.l. che, all’epoca del sinistro, era amministratrice del condominio, al fine di esser da questa manlevata.

La P.O. s.r.l., costituitasi, resisteva; chiedeva altresì ed otteneva autorizzazione alla chiamata in causa della Assicurazioni Generali spa.

Il Tribunale rigettava la domanda e compensava integralmente le spese di lite.

Avverso detta sentenza proponeva appello P.O. s.r.l. nei confronti del solo B.F., limitatamente al capo della sentenza di primo grado che aveva disposto la compensazione delle spese di lite tra essa appellante e l’attore.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. …, rigettava l’impugnazione, sul rilievo che l’appellante aveva proposto appello nei soli confronti del B.F. e non anche del Condominio, vale a dire la parte che l’aveva chiamata in causa ed a cui doveva pertanto ritenersi imputabile il suo intervento in giudizio.

2. Avverso detta sentenza ricorre, con un motivo, la P.O. s.r.l.

F.B., già contumace nel giudizio di appello, non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva.

Il relatore ha proposto l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.

Considerato in diritto

Con l’unico motivo di ricorso la parte ricorrente deduce che il Condominio convenuto aveva posto a fondamento della domanda di manleva spiegata nei confronti del ricorrente l’inadempimento degli obblighi di custodia e conservativi ex artt. 1710 c.c. e 1130, I n. 4 c.c., facenti capo all’amministratore, domanda che non poteva ritenersi manifestamente infondata.

Da qui l’imputabilità del proprio intervento nel giudizio non alla parte che l’aveva chiamato in causa ma all’attore, la cui pretesa era risultata in radice priva di fondamento.

Il motivo è fondato e va accolto.

La Corte territoriale ha ritenuto la manifesta infondatezza della domanda di garanzia proposta dal condominio nei confronti dell’amministratore, con la conseguenza che l’instaurazione del rapporto processuale tra chiamante e chiamato non trovava giustificazione alcuna nel contenuto della domanda proposta dall’attore nei confronti del condominio; il giudice di appello ha peraltro omesso di valutare il profilo, dedotto nell’atto di chiamata in causa, della responsabilità contrattuale dell’amministratore nei confronti del condominio (ex art. 1218 c.c.), per la custodia e gestione delle cose comuni, profilo quest’ultimo che avrebbe potuto giustificare l’accoglimento della domanda di manleva spiegata dal condominio.

Orbene, come questa Corte ha già affermato, considerata la lata accezione con cui il termine “soccombenza” è assunto nell’art. 91 cod. proc. civ., il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alla pretesa dell’attore stesso e questa sia risultata infondata, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda, mentre il rimborso rimane a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria (Cass. 7431/2012).

In tema di spese processuali, dunque, solo la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l’applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra loro, anche quando l’attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante, atteso che quest’ultimo sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale (Cass. 10070/2017).

Ciò posto, con riferimento al caso di specie si osserva che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte il condominio risponde, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., dei danni subiti da terzi estranei ed originati da parti comuni dell’edificio, mentre l’amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ. (unicamente) all’azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati (Cass.17983/2014).

Tale profilo, dell’eventuale responsabilità dell’amministratore nei confronti del condominio non risulta essere stato preso in esame, al fine di verificare, in relazione al principio di rilevanza causale che presidia la regolazione delle spese di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c., se la domanda svolta dal condominio nei confronti della P.O. s.r.l. fosse o meno autonomamente e manifestamente infondata, indipendentemente dalla domanda principale, su cui quest’ultima si innestava.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

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