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Considerata non attendibile la testimonianza di un amministratore

  • Quotidiano Del Condominio
  • 27 novembre 2018

La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di una donna che sosteneva di aver svolto la mansione di portiere presso il condominio nel quale era stata assunta, nel 1964, con la qualifica di addetta alle pulizie, e nel quale aveva lavorato fino al 2003, anno in cui il rapporto si era risolto. Per la Cassazione la richiedente non ha dato la prova della “subordinazione”,  presupposto comune su cui si fondavano tutte le sue pretese.

Di seguito l’estratto della sentenza.

————–
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. L civ., sent. 13.11.2018, n. 29164
————–

Fatti di causa

  1. Con sentenza n. 4459/2013, depositata il 29 agosto 2013, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Napoli aveva respinto la domanda di A.L. diretta ad ottenere, nei confronti del condominio di via …, l’accertamento di un rapporto di portierato dal 1964, anno in cui era stata assunta con la qualifica di addetta alle pulizie, al 2003, anno in cui il rapporto si era risolto.
  2. La Corte territoriale – esaminate le deposizioni testimoniali, fra cui le dichiarazioni del precedente amministratore del condominio, ritenuto peraltro scarsamente attendibile – rilevava il difetto di elementi probatori che potessero dimostrare lo svolgimento di attività di custodia e vigilanza dell’edificio; quanto ai compensi dovuti per le “attività accessorie”, previste dalla contrattazione collettiva di settore per i lavoratori addetti alla pulizia delle parti comuni, la Corte osservava come la ricorrente non avesse comunque dato prova della subordinazione, che costituiva il presupposto comune su cui si fondavano tutte le sue pretese.
  3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la lavoratrice con due motivi, assistiti da memoria, cui il condominio ha resistito con controricorso.

(omissis)

Ragioni della decisione

  1. Con il primo motivo viene dedotto il vizio di cui all’art 360 n. 3 in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione, per avere la Corte di appello ritenuto inattendibile la testimonianza del precedente amministratore, nonostante la decisività della stessa ai fini della definizione del giudizio e l’esistenza di risultanze documentali da cui poteva desumersi il difetto di un contenzioso attuale tra lo stesso e il condominio.
  2. Con il secondo motivo viene dedotto il vizio di cui all’art. 360 n. 4 in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., nonché il vizio di violazione o falsa applicazione dell’art. 1, lett. c), CCNL 28/2/1974, per avere la Corte omesso di pronunciare sulla domanda subordinata relativa all’accertamento del diritto ai compensi dovuti per le “attività accessorie”.
  3. Il primo motivo è infondato.
  4. La Corte di merito, nel ritenere scarsamente attendibili le dichiarazioni del precedente amministratore, ha rilevato che esse provenivano da persona che aveva avuto conflitti con il condominio, come, fra l’altro, risultava dal verbale dell’assemblea in cui ne era stata decisa la revoca e dal fatto che, nominato il nuovo amministratore, questi aveva avuto problemi nella ricezione dei documenti contabili delle precedenti gestioni e che erano risultate insolute quote condominiali e contributi dovuti all’I.N.P.S. (cfr. sentenza, p. 4, ultimi capoversi).
  5. Su tale premessa la decisione impugnata si sottrae alle critiche che con il motivo in esame le vengono mosse, posto che – come più volte affermato da questa Corte – in materia di prova testimoniale, la verifica in ordine all’attendibilità del teste, che afferisce alla veridicità della deposizione resa dallo stesso, forma oggetto di una valutazione discrezionale che il giudice compie alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità (Cass. n. 7623/2016; conforme Cass. n. 7763/2010).
  6. Parimenti infondato risulta il secondo motivo di ricorso.
  7. La Corte di merito, nel prendere in considerazione le “attività accessorie” (accensione e spegnimento della luce, apertura e chiusura del portone, distribuzione della posta e altri servizi similari: art. 1, lett. c) del CCNL 28/2/1974 e omologhe successive previsioni di fonte collettiva), ha escluso la sussistenza degli indici della subordinazione, osservando conclusivamente come l’appellante non avesse assolto l’onere della prova, gravante sulla stessa, in ordine alla “natura subordinata del rapporto, costituente il presupposto su cui si fondano tutte le sue pretese” (cfr. sentenza, p. 5).
  8. Ne consegue che, diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente (che riconduce la motivazione della sentenza, nella parte ora in esame, alla esclusione della sola attività di vigilanza e custodia propria del rapporto di portierato), la Corte di appello ha pronunciato anche sulla domanda che si sostiene pretermessa, avendo voluto affermare che in ogni caso è mancata la prova della subordinazione con riferimento a “tutte” le pretese della ricorrente e, quindi, anche con riguardo alla pretesa subordinata concernente le “attività accessorie”.
  9. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
  10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
  11. Di esse va disposta la distrazione ex art. 93 cod. proc. civ. in favore dell’avv. L. M., come da sua dichiarazione e richiesta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 200 per esborsi e in euro 4.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, con distrazione a favore dell’avv. L.M..

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