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Danni da umidità nell’alloggio? Se sono “naturali”, il condominio non risarcisce

  • Quotidiano Del Condominio
  • 25 giugno 2018

Qualora i danni ad un appartamento in condominio siano generati dalla condensa, e non dalle fessurazioni sulla facciata dello stabile, trattasi di fatto naturale, che si sarebbe verificato anche se il condominio avesse provveduto alla manutenzione. Quest’ultimo, dunque, non è tenuto a risarcire i condòmini danneggiati. È quanto disposto dalla Cassazione con l’ordinanza 15615 del 22 giugno 2017, di cui riportiamo un estratto.

————–
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 22.6.2017,
n. 15615
————–

Rilevato che:

  • con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Catania ha rigettato l’appello proposto da R.R. e A.C. nei confronti del Condominio dell’edificio dove si trova l’appartamento di loro proprietà, avverso la sentenza del Tribunale di Catania – sezione distaccata di Giarre che aveva accolto parzialmente la domanda risarcitoria degli attori;
  • il Tribunale aveva ritenuto che, secondo quanto determinato dai C.T.U., la ragione delle infiltrazioni di umidità era prevalentemente da ricercarsi in cause endogene (condensazione) e solo in parte nelle micro fessurazioni presenti nelle pareti esterne dell’edificio condominiale; aveva quindi condannato il condominio ad eseguire i lavori indicati dal consulente ed aveva rigettato nel resto la domanda, con compensazione delle spese;
  • la Corte d’appello, per quanto ancora qui rileva, ha confermato il giudizio espresso dal secondo consulente tecnico nominato dal Tribunale circa l’assenza di responsabilità del condominio per il fenomeno di condensazione che aveva provocato le infiltrazioni di umidità nei vani letto dell’appartamento degli attori;
  • il ricorso è proposto da R.R. e A.C. con due motivi;
  • l’intimato non si difende; ricorrendo uno dei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.;
  • il decreto è stato notificato come per legge;
  • i ricorrenti hanno depositato memoria.

Considerato che:

  • col primo motivo, i ricorrenti, deducendo «violazione dell’art. 360, c.1, n. 5 c.p.c., per motivazione omessa, apparente, incomprensibile, illogica e/o contraddittoria circa un punto decisivo della causa», affermano che il “punto” non esaminato dalla Corte o non correttamente esaminato sarebbe costituito dalle deduzioni con cui, con l’atto di appello, avevano sostenuto che la condensa all’interno dell’appartamento fosse stata provocata dalla cattiva fattezza o dalla mancata manutenzione della facciata condominiale;
  • il motivo è inammissibile, perché il vizio di mancanza assoluta di motivazione esula dal n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (dovendo essere dedotto ai sensi del n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 132 n. 4 cod. proc. civ.) e, comunque, non si riscontra laddove – come nel caso di specie – il giudice abbia argomentato sul fatto controverso; quanto a tale fatto (nella specie, la causa del fenomeno di condensazione), la motivazione è stata fornita, mediante rinvio alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio (laddove il vizio di insufficienza o contraddittorietà della motivazione – di cui si torna a dire anche nella memoria – non è più denunciabile col ricorso per cassazione: cfr., tra le altre, Cass. ord. n. 16300/14, n. 13928/15);
  • col secondo motivo, i ricorrenti, deducendo «violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3», censurano la decisione nella parte in cui, pur avendo ritenuto un concorso di cause, alcune delle quali riconducibili al Condominio quale custode dell’immobile, non ne ha fatto derivare un pari concorso nel risarcimento dei danni; secondo i ricorrenti, questi danni (così come prodottisi all’interno dell’appartamento di loro proprietà), avrebbero dovuto essere posti a carico del Condominio, almeno pro-quota;
  • si ritiene che il giudice, pur avendo adoperato l’espressione “concause”, riferendosi alle risultanze della CTU, vi abbia attribuito un significato diverso da quello preteso dai ricorrenti; vale a dire che, piuttosto che un concorso di cause produttive di un unico danno, il giudice ha reputato che solo alcuni dei danni lamentati dagli attori fossero riconducibili a responsabilità del condominio, mentre per altri danni (corrispondenti all’esborso di euro 700 più IVA, per la tinteggiatura dei vani interessati) ha reputato che la causa è consistita in un fatto naturale, che si sarebbe verificato anche se il condominio avesse provveduto alla manutenzione della facciata; ne ha tratto quindi le conseguenze, escludendo che questi ultimi danni potessero essere risarciti dal condominio;
  • il motivo è inammissibile perché non censura specificamente tale ratio decidendi che si fonda sull’esclusione del nesso causale, così come è fatto palese dall’affermazione della Corte d’appello secondo cui il fenomeno della condensazione «si sarebbe comunque verificato» (id est, i danni prodotti dalla condensazione si sarebbero verificati anche se la facciata esterna fosse stata ben tenuta);
  • il ricorso va perciò dichiarato inammissibile;
  • non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità poiché l’intimato non si è difeso;

(omissis)

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese del giudizio di legittimità.

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  • condominio
  • danni
  • giurisprudenza in condominio
  • infiltrazioni
  • manutenzione
  • sentenze di cassazione
  • umidità
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