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casa in costruzione

Agibilità degli immobili: quando è obbligatoria, quanto costa e cosa si rischia senza

Nel mondo immobiliare, il concetto di agibilità è spesso sottovalutato, ma rappresenta uno dei pilastri normativi per garantire che un edificio sia conforme agli standard di sicurezza, igiene e risparmio energetico. Oggi, il tradizionale certificato è stato sostituito dalla Segnalazione Certificata di Agibilità (SCA), una dichiarazione asseverata da un tecnico abilitato da presentare al Comune.

Quando è obbligatoria la SCA
La SCA è richiesta per:
– nuove costruzioni;
– interventi su edifici esistenti che modificano le condizioni di sicurezza, salubrità o efficienza energetica;
– cambi di destinazione d’uso;
– ampliamenti significativi.
Non è invece obbligatoria per gli immobili costruiti prima del 1934, esonerati dalla normativa.

Durata e decadenza
La SCA non ha una scadenza temporale. Resta valida fino a quando non intervengono modifiche strutturali o cambi di destinazione d’uso. In questi casi, è necessario presentare una nuova segnalazione per mantenere la conformità alle normative.

Cosa si rischia senza agibilità
Un immobile privo di agibilità può essere considerato non abitabile. Le conseguenze includono:
– sanzioni amministrative;
– impossibilità di vendere o affittare legalmente;
– invalidazione di contratti e potenziali richieste di risarcimento;
– difficoltà nell’ottenere polizze assicurative.

La SCA va presentata entro 15 giorni dalla fine dei lavori. In caso di ritardo, sono previste sanzioni da 77 a 464 euro.

Quanto costa ottenere l’agibilità
Il costo varia in base alla tipologia e dimensione dell’immobile. Le principali voci di spesa includono:
– costi di segreteria (circa 150 euro);
– marche da bollo (16 euro ciascuna);
– onorario del tecnico (da 120 a oltre 1.500 euro);
– eventuale collaudo statico.

In totale, la spesa può oscillare tra 400 e 4.000 euro.

Come verificare l’agibilità di un immobile
Per accertarsi che un immobile sia dotato di agibilità, è possibile:
– consultare l’Archivio delle Licenze di Agibilità presso il Comune;
– richiedere il documento al proprietario o al tecnico incaricato.

Ascensori smart, il futuro è già in corsa: mercato da 136 miliardi entro il 2030

Nel 2030, il 60% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane. Entro il 2050, gli over 65 nei Paesi OCSE aumenteranno del 49%. In questo scenario, gli ascensori non sono più semplici impianti di trasporto verticale, ma infrastrutture tecnologiche essenziali per la mobilità urbana e l’inclusione sociale. Secondo il report “Elevator Market Outlook 2030” di Roland Berger, il mercato globale degli ascensori passerà dai 107 miliardi di dollari del 2024 a 136 miliardi entro il 2030.
A trainare la crescita sono la ripresa del settore edile, l’espansione dei servizi e l’evoluzione demografica. L’Italia, con oltre un milione di impianti, è il secondo Paese al mondo per numero di ascensori installati. Ma il boom non riguarda solo le nuove installazioni: il 30% degli impianti globali ha più di vent’anni e necessita di interventi di ammodernamento. Entro il prossimo decennio, si stima che il numero di ascensori da rinnovare raddoppierà, raggiungendo quota 15 milioni.

Tecnologia e manutenzione: l’era degli ascensori intelligenti
La digitalizzazione sta trasformando radicalmente il settore. L’intelligenza artificiale e l’Internet of Things (IoT) permettono di monitorare in tempo reale parametri come tempi di attesa, modelli di utilizzo e consumo energetico. I sensori IoT integrati negli impianti consentono una manutenzione predittiva, riducendo i tempi di fermo macchina fino al 50%, secondo McKinsey & Company.
Grazie alla connettività, gli ascensori possono adattarsi dinamicamente alla domanda, ottimizzando le operazioni nelle ore di punta e migliorando l’esperienza utente. L’integrazione con i sistemi di gestione degli edifici (BMS) consente strategie energetiche avanzate, contribuendo agli obiettivi di sostenibilità e riducendo i costi operativi.
Il report “The Elevator of Tomorrow” di TK Elevator immagina impianti touchless, attivabili via app o beacon Bluetooth, capaci di riconoscere la presenza degli utenti e anticiparne le esigenze. Ascensori dotati di telecamere e pannelli video permetteranno comunicazioni in tempo reale con operatori da remoto, migliorando sicurezza e accessibilità.

Il mercato cambia pelle: meno nuove installazioni, più servizi e upgrade
Dopo anni di crescita sostenuta, il tasso di nuove installazioni rallenterà, stabilizzandosi intorno al 2% annuo dopo il 2024. La crisi del mercato immobiliare cinese, che rappresenta metà della base installata globale, ha inciso profondamente. Tuttavia, la domanda di servizi e modernizzazione è destinata a esplodere: il segmento della manutenzione sarà il principale contributore al valore di mercato nei prossimi anni.
Secondo uno studio pubblicato su Nature, l’adozione di algoritmi AI come YOLO per la gestione degli ascensori ha già dimostrato un miglioramento del 15% nei tempi di attesa e una riduzione del 20% nel consumo energetico. Hyun-Shun Cho, responsabile della trasformazione digitale di TK Elevator, parla di impianti capaci di “riconoscere le persone e comprendere le loro preferenze”, aprendo la strada a una mobilità urbana sempre più personalizzata e intelligente.
Il futuro degli ascensori è già in movimento. E non si ferma al piano terra.

Facciate e coperture, svolta antincendio: nuove regole per gli edifici civili

vigili del fuoco

Dal 2026, ristrutturare un edificio civile comporterà nuovi obblighi in materia di sicurezza antincendio. Lo stabilisce la bozza del “Decreto Requisiti Minimi 2025”, approvata in Conferenza Unificata lo scorso 30 luglio. La novità principale riguarda la soglia che fa scattare l’obbligo di progettazione antincendio: non più il 50% della superficie complessiva delle facciate, come previsto dal D.M. 25/01/2019, ma il 25% della superficie disperdente lorda dell’involucro edilizio, secondo la definizione di “ristrutturazione importante” contenuta nel D.Lgs. 192/2005.
In pratica, ogni intervento che coinvolga più di un quarto dell’involucro termico dell’edificio dovrà essere accompagnato da un progetto antincendio conforme alla Regola Tecnica Verticale V.13, approvata con D.M. 30/03/2022. La norma, già in vigore dal 7 luglio 2022, si applica alle chiusure d’ambito degli edifici civili, siano essi esistenti o di nuova costruzione, e sostituisce i precedenti riferimenti contenuti nel Codice di Prevenzione Incendi (D.M. 03/08/2015).

RTV V.13: cosa prevede la regola tecnica per le chiusure d’ambito
La RTV V.13 definisce criteri stringenti per limitare la propagazione del fuoco attraverso le facciate e le coperture degli edifici civili. Gli obiettivi principali sono:
– contenere la diffusione di incendi originati all’interno o all’esterno dell’edificio;
– evitare la caduta di frammenti incendiati che possano ostacolare l’esodo o le operazioni di soccorso;
– garantire la resistenza e la reazione al fuoco dei materiali impiegati.
La norma si applica a edifici residenziali, scolastici, sanitari, commerciali, alberghieri e direzionali, ma può essere adottata anche per strutture industriali. Le chiusure d’ambito vengono classificate in tre categorie (SA, SB, SC) in base all’altezza dei piani e al numero di occupanti. Per ciascuna classe, la RTV stabilisce requisiti specifici per isolanti termici, sistemi a cappotto, guarnizioni e materiali di tenuta, con soglie minime di reazione al fuoco che variano in funzione della quota dei piani.
Sono inoltre previste fasce di separazione obbligatorie, progettate per agire da barriere antincendio, e requisiti di resistenza al fuoco per coperture, facciate continue e ventilate. Particolare attenzione è dedicata ai tetti con impianti fotovoltaici, che dovranno rispettare precise caratteristiche di sicurezza e includere elementi di compartimentazione.

Norme cogenti e progettazione integrata: cosa cambia per tecnici e imprese
Con l’entrata in vigore del nuovo decreto, la RTV V.13 diventa il riferimento obbligatorio per la progettazione antincendio delle chiusure d’ambito, superando le linee guida contenute nella circolare dei Vigili del Fuoco n. 5043/2013, che restano applicabili solo in via facoltativa. Le nuove disposizioni non si applicano alle attività già conformi agli articoli 3, 4 o 7 del D.P.R. 151/2011 o progettate secondo il D.M. 03/08/2015.
Per i progettisti, le imprese e i responsabili della sicurezza, si apre una nuova fase di attenzione normativa: ogni intervento edilizio che superi il 25% dell’involucro dovrà essere valutato anche sotto il profilo antincendio, con implicazioni dirette sulla scelta dei materiali, sulla geometria delle facciate e sulla configurazione degli impianti. La prevenzione incendi non sarà più un elemento accessorio, ma parte integrante della progettazione architettonica e impiantistica.

Patologie edilizie: come riconoscerle, prevenirle e tutelare il valore dell’immobile

Le patologie edilizie sono difetti e danni che compromettono la salubrità, la sicurezza e la durabilità degli immobili. Tra le più comuni: infiltrazioni d’acqua, umidità, muffe, corrosione e inquinamento indoor. L’acqua è responsabile dell’80% del degrado edilizio e del 60% dei contenziosi nel settore.

Per gli amministratori e i proprietari, intervenire tempestivamente significa evitare spese straordinarie, contenziosi e perdita di valore. La figura del patologo edile — tecnico specializzato nella diagnosi e risoluzione dei difetti — sta emergendo come risorsa strategica per la manutenzione preventiva.

Anche la qualità dell’aria interna è cruciale: l’inquinamento indoor è responsabile del 2,7% del carico globale di malattia. La Sick Building Syndrome colpisce fino al 50% degli occupanti. Soluzioni come la Ventilazione Meccanica Controllata (VMC) e l’uso di materiali naturali migliorano la salubrità e riducono i rischi.

Una gestione condominiale efficace oggi non può prescindere da una visione tecnica e preventiva. Investire in diagnosi, materiali salubri e tecnologie adeguate significa tutelare il patrimonio immobiliare e il benessere degli occupanti.

Agibilità, nessuna scadenza automatica: il TAR Campania ferma il Comune

Il certificato di agibilità non ha una data di scadenza. Lo ha ribadito il TAR Campania con la sentenza n. 3987/2025, accogliendo il ricorso di un commerciante contro il provvedimento del Comune che ne aveva sospeso l’attività per presunta decadenza dell’agibilità del locale.

Agibilità: cos’è e quando serve
Il certificato di agibilità – oggi sostituito dalla Segnalazione Certificata di Agibilità (SCA) – attesta che un immobile rispetta i requisiti di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico previsti dal D.P.R. 380/2001. È un documento fondamentale sia per l’uso abitativo che commerciale, e imprescindibile in fase di compravendita.

Il caso: sospensione senza prove
Nel caso esaminato, il Comune aveva ordinato la chiusura di un’attività commerciale, sostenendo che l’agibilità rilasciata nel 1998 fosse ormai decaduta. Tuttavia, il TAR ha evidenziato l’assenza di prove concrete circa modifiche strutturali o interventi edilizi tali da invalidare il documento.

La sentenza: niente automatismi
I giudici hanno chiarito che la decadenza dell’agibilità può avvenire solo in due casi:
– modifiche sostanziali alla conformazione dell’immobile;
– provvedimento formale dell’autorità competente.
In mancanza di queste condizioni, l’agibilità resta valida, indipendentemente dalla sua data di emissione.

Implicazioni per proprietari e operatori
La pronuncia del TAR rappresenta un punto fermo per il settore immobiliare: l’agibilità non si perde automaticamente. Proprietari e operatori devono aggiornare la documentazione solo in caso di interventi rilevanti e comunicare tempestivamente ogni variazione che incida sui requisiti normativi.

Comodato d’uso gratuito: quando e come registrare il contratto

Il comodato d’uso gratuito è una formula molto utilizzata tra familiari e conoscenti per concedere l’utilizzo di un immobile senza alcun canone. Ma se il contratto è scritto, la registrazione non è facoltativa: è un obbligo fiscale che va rispettato entro 30 giorni dalla data di stipula.

La registrazione del contratto comporta il versamento di un’imposta di registro fissa pari a 200 euro, oltre all’imposta di bollo di 16 euro ogni quattro facciate scritte o ogni 100 righe. L’adempimento può essere effettuato sia dal comodante (il proprietario) che dal comodatario (chi riceve l’immobile in uso), ma è buona prassi che sia il proprietario a occuparsene, anche per garantire la tracciabilità dell’accordo.

Se invece il comodato è verbale, la registrazione non è obbligatoria, salvo che venga citato in un altro atto soggetto a registrazione, come una dichiarazione notarile o un contratto di locazione. In quel caso, il comodato deve essere registrato contestualmente all’atto che lo richiama.

Oltre agli aspetti fiscali, la registrazione può rivelarsi utile anche per motivi pratici: ad esempio, per consentire al comodatario di stabilire la residenza nell’immobile, accedere a determinate agevolazioni o dimostrare la legittimità dell’occupazione in caso di controlli.

In sintesi, anche se gratuito, il comodato non è privo di regole. La registrazione è obbligatoria se il contratto è scritto, e rappresenta una garanzia di trasparenza e tutela per entrambe le parti. Un piccolo adempimento che può evitare grandi complicazioni.

Biblioteca condominiale, il cuore culturale del palazzo: 5 mosse per farla nascere

Nell’era degli e-book e delle chat di gruppo, parlare di biblioteche condominiali può sembrare anacronistico. Eppure, proprio oggi, il bisogno di luoghi fisici dove incontrarsi e condividere cultura è più vivo che mai. Le biblioteche condominiali stanno diventando veri e propri presìdi di comunità, capaci di trasformare spazi comuni in centri di scambio, relazione e cittadinanza attiva.
Secondo il Sistema Bibliotecario di Milano, sono già 37 le biblioteche di condominio e prossimità aperte al pubblico, nate dalla collaborazione tra cittadini e associazioni locali. Un fenomeno in crescita, che si inserisce nel più ampio movimento della “cultura di prossimità”.

Perché una biblioteca condominiale oggi ha senso
– Spazio fisico, relazioni reali: in un mondo iperconnesso, la biblioteca diventa un luogo tangibile dove rompere l’isolamento digitale.
– Economia circolare: dare nuova vita ai libri già letti è un gesto sostenibile, che riduce sprechi e promuove il riuso.
– Valore simbolico: un libro che passa di mano in mano racconta una storia collettiva, impossibile da replicare in formato digitale.
– Accessibilità: anziani e bambini spesso preferiscono il cartaceo, più immediato e familiare.
– Integrazione digitale: strumenti semplici come gruppi WhatsApp, fogli Google o QR code sugli scaffali permettono di gestire prestiti e recensioni in modo smart.

Come avviare una biblioteca condominiale in 5 mosse
1. Individua lo spazio giusto e coinvolgi i vicini
Androne, ex portineria o sala comune: l’importante è che sia accessibile e condiviso. A Milano, una portineria è stata riconvertita in biblioteca grazie al voto della maggioranza condominiale. A Reggio Emilia, una sala comune è diventata uno spazio arredato e subito frequentato.
2. Raccogli libri e arredi essenziali
A Crotone, un’associazione ha avviato una free library nell’androne. In altri casi, scaffali, divani e luci hanno reso lo spazio accogliente e funzionale.
3. Stabilisci regole chiare e una vita programmata
Nessuna burocrazia: basta informare l’assemblea se non si cambia la destinazione d’uso. Eventi, letture condivise e avvisi nel gruppo condominiale aiutano a mantenere viva l’iniziativa.
4. Valorizza il ruolo sociale della cultura condivisa
Le biblioteche condominiali diventano “piazze del sapere”, riducendo tensioni e rafforzando il senso di appartenenza. A Milano, progetti pilota hanno dimostrato l’efficacia di questi spazi nel migliorare la convivenza.
5. Ispirati a esperienze reali e tecnologie smart
In Italia, il progetto “Biblio in Condominio” ha già coinvolto oltre 300 edifici, con app che permettono di consultare titoli, prenotare libri e guadagnare badge con logiche di gamification. Un modo innovativo per coinvolgere anche i più giovani⁽¹⁾.

Consigli pratici per partire con il piede giusto
– Discuti la proposta in assemblea e informa tutti i condomini.
– Non serve una delibera formale se lo spazio non cambia destinazione d’uso.
– Se il regolamento interno vieta modifiche, serve l’unanimità per cambiarlo.

Il condominio come comunità culturale
Che si tratti di leggere un libro insieme o condividere un tavolo da lavoro, l’obiettivo è uno solo: rendere il condominio più vivo, accogliente e sostenibile. Una biblioteca condominiale non è solo uno scaffale di libri, ma un gesto di fiducia, apertura e cura reciproca. E forse, il primo passo verso una nuova idea di vicinato.

Formazione antincendio, nuovo rinvio: slitta al 2026 l’obbligo per i manutentori

Ancora un rinvio. Con il Decreto Ministeriale del 15 luglio 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il Ministero dell’Interno ha posticipato al 25 settembre 2026 l’entrata in vigore dell’obbligo di formazione per i tecnici manutentori antincendio. Si tratta della quarta proroga consecutiva, che allunga ulteriormente i tempi di attuazione di una norma attesa da anni nel settore della sicurezza.

Una figura chiave, ancora senza obbligo formativo
Introdotta dal DM 1 settembre 2021, la figura del tecnico manutentore qualificato antincendio è chiamata a svolgere interventi di manutenzione e controllo su impianti e attrezzature antincendio. La qualifica, valida su tutto il territorio nazionale, si ottiene al termine di un percorso teorico-pratico. Tuttavia, chi già esercita da almeno tre anni alla data di entrata in vigore del decreto originario è esonerato dal corso e può accedere direttamente alla valutazione.

Quattro rinvii in quattro anni
L’obbligo formativo doveva scattare il 25 settembre 2022. Ma da allora, ogni anno, un nuovo decreto ha spostato la scadenza:
– DM 15 settembre 2022 → rinvio al 25 settembre 2023
– DM 31 agosto 2023 → rinvio al 25 settembre 2024
– DM 13 settembre 2024 → rinvio al 25 settembre 2025
– DM 15 luglio 2025 → nuovo rinvio al 25 settembre 2026
Una sequenza che ha alimentato dubbi e critiche tra gli operatori del settore, preoccupati per la mancanza di standard formativi uniformi e per il rischio di affidare la manutenzione antincendio a personale non adeguatamente preparato.

Sicurezza in attesa: tra esigenze operative e ritardi normativi
Il rinvio, secondo fonti ministeriali, sarebbe motivato dalla necessità di garantire una transizione ordinata e di evitare disagi alle imprese già operative. Ma per molti addetti ai lavori, il continuo slittamento rischia di indebolire la credibilità del sistema e di rallentare l’adozione di pratiche più rigorose in materia di sicurezza.
Nel frattempo, chi è già qualificato potrà continuare a operare senza dover sostenere alcun esame. Ma la domanda resta: quanto ancora si potrà attendere per rendere obbligatoria una formazione che, in un settore delicato come quello antincendio, dovrebbe essere la regola e non l’eccezione?

Contratti Luce e Gas: come uscirne senza penali

Nel mercato libero dell’energia, cambiare fornitore di luce e gas è diventata un’operazione frequente. Ma cosa succede se ci si pente subito dopo aver firmato un contratto? E quali sono i diritti del consumatore quando decide di interrompere la fornitura? Due strumenti giuridici tutelano l’utente: il diritto di recesso e il diritto di ripensamento. Simili nel nome, ma diversi nelle modalità e nei tempi.

Diritto di ripensamento: 14 giorni per cambiare idea
Previsto dal Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005), il diritto di ripensamento consente al cliente di annullare un contratto di fornitura entro 14 giorni dalla sottoscrizione, senza dover fornire motivazioni né sostenere costi. Questa tutela si applica esclusivamente ai contratti stipulati a distanza (online, per telefono) o fuori dai locali commerciali (fiere, porta a porta).
Il termine decorre dal momento in cui il cliente riceve la conferma del contratto firmata dal fornitore, spesso via email. Superati i 14 giorni, il contratto diventa vincolante. Per esercitare il ripensamento, è necessario inviare una comunicazione scritta — via PEC, raccomandata A/R o fax — utilizzando il modulo fornito dal gestore.

Diritto di Recesso: libertà di cambiare fornitore
Il diritto di recesso, invece, può essere esercitato in qualsiasi momento, anche oltre i 14 giorni, e riguarda la possibilità di interrompere la fornitura attiva. Il cliente può recedere per:
– Passare a un nuovo operatore
– Terminare del tutto il servizio (ad esempio, in caso di trasloco)
In genere, non sono previste penali né costi di chiusura, salvo nei contratti con prezzo fisso o vincolo di durata, dove potrebbero esserci penali per recesso anticipato. In caso di cambio fornitore, è il nuovo gestore a occuparsi del passaggio. Per la chiusura definitiva, basta inviare disdetta al fornitore e attendere i tempi tecnici.

Consapevolezza e tutela del consumatore
Con l’aumento delle offerte sul mercato, conoscere i propri diritti è fondamentale per evitare sorprese. Il recesso e il ripensamento sono strumenti pensati per tutelare il consumatore, soprattutto quando la firma avviene lontano dai canali tradizionali. La chiave è agire nei tempi giusti e con le modalità corrette.

Mutuo ipotecario: flessibilità e liquidità per chi cerca più libertà

casa e mutuo ipotecario

Se il mutuo fondiario è pensato per chi acquista la prima casa, il mutuo ipotecario si rivolge a chi cerca maggiore flessibilità. Pur condividendo la garanzia dell’ipoteca sull’immobile, questa tipologia di finanziamento si distingue per la varietà di finalità: dall’acquisto alla ristrutturazione, fino alla semplice richiesta di liquidità.

Regolato dagli articoli 2808 e seguenti del Codice Civile, il mutuo ipotecario può superare l’80% di Loan To Value, se la banca lo consente, e può prevedere durate più brevi, generalmente tra i 5 e i 20 anni. Inoltre, non è vincolato all’ipoteca di primo grado: può includere anche garanzie di grado inferiore, ampliando le possibilità di accesso.

I requisiti richiesti sono simili a quelli del mutuo fondiario — reddito stabile, buona storia creditizia, immobile conforme — ma spesso meno stringenti. Questo lo rende una soluzione adatta a chi ha esigenze diverse dalla semplice compravendita, come la ristrutturazione di un immobile già posseduto o il consolidamento di debiti.

Anche il mutuo edilizio, spesso confuso con il fondiario, rientra in questa categoria. Pensato per la costruzione o l’ampliamento di edifici, prevede erogazioni progressive legate all’avanzamento dei lavori, a differenza del fondiario che eroga il capitale in un’unica soluzione.

Infine, è utile sapere che anche il mutuo ipotecario, se legato alla prima casa, consente la detrazione degli interessi passivi fino a 4.000 euro annui. E nel caso del mutuo Consap, la classificazione dipende dalle caratteristiche: se rispetta i requisiti del TUB, può essere considerato fondiario, altrimenti resta ipotecario.

In sintesi, il mutuo ipotecario è una formula versatile, adatta a chi cerca soluzioni personalizzate e meno vincolanti. Ma come sempre, la parola d’ordine è: informarsi prima di scegliere.