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Emergenza casa: dal Governo nessun intervento

Il tema della casa è scomparso dall’agenda del Governo.
Nessun intervento previsto in Legge di Bilancio, nessun finanziamento per le politiche dell’abitare.
Eppure i dati che dimostrano che ci troviamo di fronte ad una vera e propria emergenza sono evidenti: 600mila famiglie in attesa di una casa popolare, il dibattito aperto in tutte le grandi città per affrontare i costi dell’abitare ormai inaccessibili per i redditi medio bassi e le proteste degli studenti fuori sede che non trovano opportunità abitative accessibili.
A tutto ciò il Governo risponde azzerando il Fondo Sostegno Affitti e con un tavolo convocato dal Ministro Salvini, da cui sono stati esclusi i sindacati degli inquilini, e che ha prodotto il rinvio a un incontro successivo per affrontare il tema di un “piano casa” che continua ad essere evocato senza che circolino idee in merito, insieme alla promessa del Ministero di investire 100 milioni, una cifra ridicola rispetto alle necessità.
Certamente c’è la necessità, dopo molti anni, di realizzare un intervento significativo sulla casa, un “piano casa” che investa risorse significative, prenda atto dei bisogni diversi prodotti dai mutamenti sociali e affronti il tema di come garantire un diritto essenziale a una fascia di popolazione sempre più ampia che non ce la fa.
Ma da subito almeno tre cose possono essere fatte presto.
Innanzitutto va rifinanziato il Fondo Sostegno Affitti, insieme a quello per la morosità incolpevole, per non lasciare solo chi non riesce più a pagare l’affitto e impedire che si allunghi ulteriormente la lista degli sfratti e della sofferenza.
Usare i fondi per finanziare le agenzie comunali per la casa per aiutare chi è in difficoltà e garantire i proprietari è una strada che è necessario percorrere e che aiuta i Comuni, che altrimenti rischiano di restare soli e impotenti a fronteggiare i problemi.
In secondo luogo serve rifinanziare, ricorrendo ai fondi europei, i cosiddetti PINQUA, i progetti per la qualità dell’abitare, che, finanziati dal PNRR, hanno già prodotto 271 interventi di miglioramento edilizio e aumento delle opportunità abitative.
Il grande tema della rigenerazione urbana resta sullo sfondo ma è ineludibile, serve intervenire per creare più opportunità abitative di qualità e sostenibili laddove oggi esistono zone spesso degradate, e questa è una necessità non più rinviabile. I progetti PINQUA vanno in questa direzione e hanno aperto la strada.
Ma il tema su cui è necessario intervenire subito e che può dare subito risultati significativi riguarda il patrimonio pubblico.
I dati del Ministero competente raccontano di 70mila alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica lasciati vuoti, altre stime arrivano a 150mila alloggi pubblici inutilizzati (12mila solo a Milano). Si tratta spesso di immobili che hanno bisogno di semplice manutenzione ordinaria per poter essere assegnati ma che restano vuoti per le inefficienze dei gestori e per mancanza di fondi.
Qui c’è, come è evidente, un obiettivo di lavoro che può dare risultati in tempi rapidi e aumentare al tempo stesso il valore del patrimonio pubblico.
Servono finanziamenti e norme che consentano di incentivare questi interventi.
Mentre si fanno i tavoli al Ministero, queste cose possono essere fatte presto, basta ci sia la volontà politica.

Comunicato stampa Senatore Franco Mirabelli

Aumenta lo stipendio di colf e badanti

Ogni anno le retribuzioni di colf e badanti devono essere adeguate al costo della vita. Infatti nel 2023 lo stipendio dei collaboratori domestici ha subito un aumento del 9,2% . Un incremento che si è riversato sulle famiglie, molte delle quali cominciano ad avere difficoltà a farsi carico dei costi dell’assunzione di colf e badanti, vista anche la mancanza di strumenti adeguati a favorirne deduzione e detrazione.

Per quanto abbia registrato una frenata, l’inflazione anche quest’anno è stata molto alta, tanto da comportare un incremento del 5,4% delle pensioni. Una percentuale simile dovrebbe essere applicata anche sui costi di colf e badanti, con un aumento che a seconda dei casi può arrivare fino a 90 euro al mese.

Le retribuzioni di colf e badanti stanno quindi per aumentare ancora. Ovviamente questo rappresenta un vantaggio per il lavoratore. Ma più i costi salgono, più aumenta il rischio di lavoro in nero. Sarebbe quindi necessario pensare a soluzioni che possano rendere maggiormente sostenibile la spesa sostenuta.

L’aumento della retribuzione di colf e badanti
La rivalutazione incide sulle retribuzioni minime indicate dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di colf e badanti. Non è ancora stato reso ufficiale il tasso che verrà applicato, ma non dovrebbe essere troppo distante dal 5,4% utilizzato per le pensioni.

Si va, quindi, da un incremento compreso tra i 40 e i 90 euro circa per le famiglie, con una spesa annua che nel peggiore dei casi può essere più alta di 1.000 euro rispetto a quest’anno. Una cifra che spaventa le famiglie, sulle quali già pesano i costi dell’inflazione.
In attesa di cifre ufficiali, continua la richiesta di nuove forme di supporto destinate alle famiglie che hanno alle proprie dipendenze colf, badanti e altri lavoratori domestici.

Oggi, infatti, i cosiddetti bonus badanti e colf sono limitati a:
– detrazione del 19% delle spese sostenute per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, calcolata su un massimo di spesa di 2.100 euro. Questa agevolazione vale solamente per le spese sostenute per l’assistenza delle persone disabili gravi o non autosufficienti;
– deduzione fino a 1.549,37 euro l’anno per i contributi versati in favore di colf e badanti.
Aiuti che tuttavia non sono sufficienti.

Assindatcolf da tempo sta facendo pressione sul Governo affinché venga modificata quest’ultima agevolazione, consentendo alle famiglie italiane di portare in deduzione tutte le spese sostenute per l’assunzione di colf e badanti, quindi lo stipendio oltre ai contributi. Un’agevolazione dalla quale scaturirebbe un risparmio compreso tra i 2 mila e i 5 mila euro l’anno, rendendo così maggiormente sostenibile l’assunzione in regola di un lavoratore domestico.

Piemonte, case popolari: due milioni di euro per chi non riesce ad arrivare a fine mese

Arrivano maggiori risorse, quasi 2 milioni di euro, per contrastare la morosità incolpevole, destinate ai Comuni più virtuosi, ovvero quelli che hanno meglio speso i fondi già messi a disposizione della Regione per i residenti delle case di edilizia popolare che vorrebbero pagare canoni e bollette, ma che – complice l’aumento dei costi e la crisi economica – non ce la fanno ad arrivare a fine mese: i cosiddetti «morosi incolpevoli».

Ad annunciarlo è l’assessore regionale piemontese alle Politiche per la Casa, Chiara Caucino.

In sostanza, le nuove risorse a disposizione derivano da economie che riguardano il Fondo Inquilini Morosi Incolpevoli e, in particolare, sul loro utilizzo nel 2014 e nel 2015. Risparmi, risorse non utilizzate, che ora vengono rimesse in campo e date proprio a quei Comuni che più di altri si sono distinti nel loro utilizzo, venendo incontro alle persone più fragili.

La Regione, infatti, attraverso il Fondo, destina le risorse ai Comuni ai quali spetta l’utilizzo. Alcuni hanno utilizzato tutti fondi a disposizione, alcuni soltanto in parte, mentre altri li hanno sfruttati tutti. Da qui il risparmio complessivo di 1 milione 922mila e 308 euro che ora verranno ripartiti tra 38 Centri piemontesi. Un inatteso «regalo di Natale» per persone che versano in condizione di grave difficoltà economico-finanziaria.    

«Si tratta di un intervento che, al di là della somma, comunque importante, mi riempie di soddisfazione per due ragioni. La prima perché dimostra che in Piemonte non si spreca un euro, premiando, allo stesso tempo, chi utilizza le risorse pubbliche nella maniera più corretta. La seconda, ancora più importante, è che attuiamo un intervento che fornisce un sostegno concreto a questi cittadini che si trovano in una situazione di estremo disagio, aggravato dall’incremento delle tariffe energetiche, dall’aumento del costo della vita, favorito dall’inflazione pregressa e dal rincaro dei beni di prima necessità, dovuto alla tempesta perfetta che si è scatenata negli ultimi anni: dalle due grandi crisi finanziarie all’emergenza della pandemia, fino ad arrivare alle recenti crisi belliche in Europa e in Medio Oriente», commenta l’assessore regionale.

Comunicato stampa

Caro energia: aumentano i costi delle bollette per l’inverno 2023/24

Oggi si parla meno di caro energia e la percezione prevalente nell’opinione pubblica è che la situazione geopolitica e la conseguente crisi delle forniture di gas sia ormai alle spalle. Eppure, i condomini italiani rischiano di pagare più cari sia il gas che l’elettricità: nel primo caso l’aumento potrebbe essere dell’8%, mentre nel secondo del 6%. Questa l’indicazione che arriva da un’analisi di EnergyUp, società specializzata nella fornitura di energia elettrica e di gas per le utenze condominiali, nata dalla collaborazione tra VeryFastPeople e Illumia.

Per comprendere i fattori che determinano l’andamento dei costi, è necessario capire cosa si intende per prezzi dell’energia. La prima distinzione importante da tenere a mente è quella tra il prezzo all’ingrosso, cioè il costo della materia prima energetica, e il prezzo finale, ossia quello che viene pagato da tutti i consumatori. Gli utenti, infatti, devono normalmente farsi carico non solo dei costi della materia prima, ma anche di tutta un’altra serie di voci, tra cui trasporto, gestione del contatore e tassazioni che in Italia vengono definiti come oneri di sistema.

Chiarita questa importante distinzione, emerge che, rispetto al picco registrato nell’estate del 2022 che aveva fatto scatenare il panico nelle capitali europee e prefigurato addirittura scenari di razionamento, i prezzi del gas nei mercati all’ingrosso sono diminuiti a partire dall’ultimo trimestre dello scorso anno. Diverse le ragioni: innanzitutto la domanda interna è diminuita. Da un lato gli utenti finali, come conseguenza delle tariffe elevate, hanno adottato in maniera più o meno volontaria comportamenti più virtuosi – come abbassare di un grado la temperatura dei caloriferi. Dall’altro, imprese e industrie, grandi consumatrici di gas, hanno tagliato i propri consumi così da contenere gli eccessivi costi energetici.

In aggiunta, a fine dicembre l’Unione Europea ha approvato il Price Cap, un meccanismo di correzione del prezzo del gas. L’approvazione di questo provvedimento atto a fissare un tetto massimo al prezzo del gas ha lanciato segnali positivi ai mercati, favorendo una rapida riduzione dei prezzi all’ingrosso.

Il clima mite nello scorso autunno-inverno, che è stato caratterizzato da temperature molto superiori a quelle stagionali, rappresenta un ulteriore fattore decisivo, con conseguenze importanti sul fabbisogno: la stima è che 2 gradi in più abbiano un impatto del 5 – 10% sulla domanda giornaliera.

Tutti questi eventi hanno influito sull’andamento dei prezzi all’ingrosso pagati dalle utility, mentre per quanto riguarda le bollette degli utenti finali, il sostanziale azzeramento degli oneri di sistema da parte dello Stato, a partire da ottobre 2021, aveva continuato a dare dei benefici/effetti positivi. A partire da aprile 2023 il Governo ha valutato conclusa la fase emergenziale dell’energia, ripristinando gli oneri di sistema, il cui mancato incasso pesava sul bilancio statale.

Questa decisione ha delle conseguenze sulle bollette di famiglie, imprese e condomini. In particolare, secondo le stime formulate da EnergyUp e VeryFastPeople, l’impatto del ripristino degli oneri di sistema sui costi dell’elettricità è quantificabile in circa 173 euro di spese aggiuntive. In questo contesto, nonostante un calo del PUN (Prezzo Unico Nazionale) medio dai 157,39 €/Kwh del 2022/2023 ai 112,64 €/KWh stimati per il 2023/2024 (-28%), la crescita della spesa elettrica per un tipico condominio italiano sarà del +6%: di fatto dai 1.161,89 euro di spesa media si arriverà a 1.231,09 euro. Nonostante la materia prima energia oggi costi decisamente meno rispetto a 12 mesi fa, le bollette elettriche saranno un po’ più salate per la ricomparsa di tutte quelle voci che erano state azzerate per tanti mesi.

Per il gas invece, nonostante il PSV (Punto di Scambio Virtuale) medio sia sceso dai 81,62 €/Smc dell’inverno 2022/2023 ai 46,80 €/Smc stimati per l’inverno 2023/2024 (-43%), la spesa del Condominio medio Italiano salirà dell’8%. In questo contesto, infatti, peserà non solo la reintroduzione degli oneri precedentemente scontati dal governo, ma saranno delle variabili fondamentali anche le condizioni climatiche del prossimo inverno e la capacità di risparmio dei consumatori Italiani. Qualora infatti si prospettassero nell’inverno 2023-24 condizioni climatiche drastiche, si stima che i consumi aumenterebbero addirittura del 30%: in questo scenario la spesa media salirà dai 12.463,19 € ai 13.505,73 € per un condominio medio.

“Il caro energia è tutt’altro che alle spalle”, afferma Francesco Paini Cofondatore di VeryFastPeople. “La crisi ha dimostrato che i mercati sono in balia delle vicende geopolitiche e questo ci espone a un rischio che non è solo nazionale o europeo, ma globale. Oltre a questo, il cambiamento climatico dovrebbe incoraggiare gli Stati dell’Unione europea, e l’Italia in particolare, a spingere a fondo sull’efficienza energetica e a promuovere le fonti rinnovabili”, conclude Paini.

Comunicato stampa

Il rendimento dei pannelli fotovoltaici

Sono numerosi i vantaggi derivanti dall’installazione di un impianto fotovoltaico, sia dal punto di vista ambientale sia sotto il profilo economico.

Il rendimento dei pannelli solari è però influenzato da vari aspetti che incidono in maniera significativa sulla produzione energetica. Una valutazione inadeguata di questi elementi potrebbe compromettere l’efficienza dell’intero impianto.

In fase di progettazione è quindi opportuno considerare alcune caratteristiche che influenzano la quantità di energia captata e prodotta e il rendimento dell’impianto.
Prima di definire il rendimento dell’impianto fotovoltaico, occorre analizzare il rendimento del singolo pannello fotovoltaico, ovvero la quantità di energia solare che lo stesso riesce a convertire in energia elettrica per unità di superficie. Il rendimento dell’impianto fotovoltaico, esprime dunque il rapporto tra la quantità prodotta e quella massima producibile.

Il rendimento dell’impianto è influenzato da diversi fattori, che non si riducono al solo rendimento dei moduli.

I principali fattori che influiscono rendimento dell’impianto sono:
– caratteristiche intrinseche dei pannelli;
– inclinazione dei pannelli;
– esposizione dei pannelli;
– ombreggiamento;
– distanza tra le file;
– perdite energetiche.

Esposizione e inclinazione dei pannelli
Prima dell’installazione dell’impianto fotovoltaico, è opportuno verificare che il pannello abbia la corretta esposizione al sole e l’adeguata inclinazione.
Per captare la massima radiazione solare, i pannelli solari vanno orientati verso Sud; tuttavia, anche i moduli esposti in direzione Sud-Est e Sud-Ovest possono essere performanti.
L’inclinazione (tilt) è variabile e dipende dalla latitudine. Valori orientativi alle nostre latitudini sono 20-40°.

Distanza tra le file
Nel caso di posizionamento su una superficie orizzontale, oltre a stabilire l’orientamento e l’inclinazione, bisogna calcolare la distanza tra le file di moduli in modo da trovare il giusto compromesso tra la massimizzazione di potenza installabile sulla superficie e la minimizzazione di ombreggiamenti tra le file.
Per stabilire la distanza tra le file ottimale, bisogna considerare la superficie su cui l’impianto verrà installato:
– se la superficie è inclinata, i pannelli sono generalmente installati in maniera complanare con la falda del tetto e non è necessario calcolare la distanza (l’inclinazione è quella della falda);
– se l’impianto è installato a terra o su una copertura piana, occorre determinare correttamente inclinazione e distanza tra le file, al fine di evitare ombreggiamenti dovuti ai moduli stessi, anche in considerazione dell’orario e dei periodi dell’anno.
Sarà dunque necessario calcolare l’altezza (H) e la distanza (D) tra una fila di moduli e l’altra. Nel caso in cui la distanza non è calcolata in maniera corretta, si può verificare il fenomeno delle ombre portanti, ossia i moduli posti davanti creano degli ombreggiamenti su quelli retrostanti.

Coefficiente di ombreggiamento
Un altro fattore fondamentale per garantirsi la prestazione ottimale dei pannelli è il coefficiente di ombreggiamento, che si calcola mediante la cosiddetta analisi di ombreggiamento.
L’analisi di ombreggiamento è lo studio degli elementi architettonici o naturali circostanti l’impianto, che consente di verificare in che modo essi possano intervenire sulla radiazione solare incidente e se, eventualmente, siano causa di ombre sulle superfici captanti.
Una corretta analisi di ombreggiamento prevede un sopralluogo, durante il quale si realizza un’analisi inclinometrica, ossia si verifica la presenza di eventuali oggetti che potrebbero causare delle ombre e si calcola il loro azimut.

Perdite di energia
Per calcolare l’effettivo rendimento dell’impianto solare vanno considerate le varie perdite energetiche che si possono verificare durante la conversione di energia solare in elettrica.
Si tratta di:
– perdite per riflessione;
– perdite per ombreggiamento;
– perdite per mismatching;
– perdite per effetto della temperatura;
– perdite nei circuiti in continua;
– perdite negli inverter;
– perdite nei circuiti in alternata.
Le perdite nel quadro di corrente continua dipendono dalla lunghezza dei cavi: cablaggi più lunghi provocheranno maggiori perdite.
Il fenomeno del mismatching è dovuto alle piccole differenze nelle caratteristiche elettriche che ci sono tra i vari moduli; in base alla configurazione delle stringhe questo può comportare una diminuzione dell’energia prodotta.

Natale in condominio: istruzioni per evitare troppi problemi

L’ANAMMI, Associazione Nazional-europea Amministratori d’Immobili, propone una serie di consigli pratici per evitare problemi durante il periodo delle feste, sulla scorta delle segnalazioni che, nel corso degli anni, sono giunte dai suoi 13mila associati.

“Purtroppo, anche a Natale la vita condominiale può riservare qualche sgradita sorpresa: il vicino che protesta per la tombolata a tarda ora, il parcheggio occupato dai parenti della signora al piano di sopra, il guasto domestico al quale non sembra esservi rimedio perché il tecnico è irreperibile. Insomma, anche durante la festività natalizie, la conflittualità del condominio si fa sentire, magari inasprendo contrasti già esistenti”, osserva Giuseppe Bica, presidente dell’associazione.

Il piccolo grande dramma di questo periodo è rappresentato dai guasti tecnici. Al riguardo, però, a meno che non si tratti di problematiche modeste, l’Anammi consiglia di non improvvisarsi vigile del fuoco, elettricista o, in generale, operaio specializzato. “Non fate gli eroi. In caso di pericolo, è bene allontanarsi e dare subito l’allarme”, avverte il presidente Bica.

In via preventiva, l’associazione suggerisce di tenere sempre in casa un estintore e di conservare in un luogo sicuro tutti i prodotti a rischio combustione, come l’alcol.

Il problema più comune riguarda gli orari. “È festa per tutti – sottolinea Bica – quindi un po’ di sana tolleranza non guasta. Sì, dunque, alle riunioni familiari anche in tarda serata, ma che rispettino le normali regole della civile convivenza evitando, per esempio, urla disumane al tavolo da gioco”.

Se poi si ha intenzione di organizzare una festa in grande stile per San Silvestro, il segreto è molto semplice: avvertire in tempo i vicini, magari scusandosi in anticipo per gli eventuali disagi. “L’ideale sarebbe invitarli. In questo modo si previene qualsiasi contestazione”, consiglia il presidente dell’Anammi.

Una cosa è certa: i condòmini non vanno mai lasciati soli, neanche a Natale. Nel caso l’amministratore di condominio sia assente per ferie, i suoi amministrati dovranno essere informati per tempo. Sarà quindi stilata una comunicazione ad hoc con la lista delle aziende e dei professionisti cui, di norma, ci si rivolge per le riparazioni e la manutenzione degli impianti condominiali, insieme ai loro recapiti. Il tutto dovrà essere affisso nella bacheca condominiale.

“Se l’immobile si avvale di un addetto alla portineria, sarà questi, in caso di bisogno, ad interpellare le ditte interessate, basandosi sull’elenco fornito dal professionista. Se invece l’amministratore lavora in uno studio professionale, potrà indicare un referente temporaneo, in grado di aiutare comunque i condòmini”, conclude il presidente Bica.

Agevolazioni Tari sulla seconda casa

Sulla seconda casa utilizzata soltanto in alcuni mesi dell’anno, ad esempio per le vacanze, sono previste delle esenzioni sulla Tari, la tassa sui rifiuti. Chi ha una seconda casa non abitata per buona parte dell’anno può quindi richiedere uno sconto al Comune.

L’agevolazione è però possibile soltanto a determinate condizioni. In particolare, dimostrando che nella casa non ci vive nessuno.

A fornire preziose indicazioni per dimostrare l’utilizzo dell’abitazione soltanto per pochi mesi all’anno è la Commissione Tributaria di Massa Carrara, con la sentenza n. 182 del gennaio 2017.

Secondo la Commissione Tributaria di Massa Carrara, il calcolo della Tari sulle seconde case deve essere effettuato in base alla quantità di rifiuti prodotti e il Comune non può calcolare la tassa per i non residenti allo stesso modo previsto per i residenti.

Alla base della pronuncia della CTP vi è il principio stabilito dalla direttiva UE n. 2008/98/CE, secondo cui “chi inquina paga”. Pertanto, chi ha una seconda casa utilizzata soltanto per le vacanze non produce la stessa quantità di rifiuti di un residente che vive la propria abitazione quotidianamente.

Secondo questo principio, quindi, la Tari sulla casa di un non residente utilizzata soltanto durante le vacanze dovrà essere ridotta, tenuto conto della quantità di rifiuti prodotta per i mesi di permanenza nell’immobile.

Al contribuente che aveva presentato ricorso contro l’importo troppo elevato della Tari e contro gli avvisi di pagamento inviati dal Comune, la Commissione ha disposto l’applicazione di uno sconto del 30%.

Il contribuenti ha però dovuto fornire idonea dimostrazione dell’utilizzo della casa soltanto in determinati mesi dell’anno.

In merito a cosa fare nel caso in cui la Tari sia addebitata anche su una seconda casa non abitata si sono espressi più volte sia il MEF sia la Corte di Cassazione, stabilendo che per provare che la casa è disabitata è possibile:
– dimostrare che nell’abitazione non sono attive le utenze di luce, gas e acqua;
– dimostrare che l’immobile non è arredato.

Gli ultimi chiarimenti sono stati forniti dal MEF che, nel corso di un interpellanza parlamentare dello scorso dicembre 2017, ha richiamato la sentenza della Cassazione n. 8383/2013 sostenendo che “solo l’assenza di arredi e di allacci ai servizi a rete permetterebbe di escludere totalmente gli immobili considerati dalla Tari”.

Canone Rai più basso dal 2024, ma sempre in bolletta

televisione anziani

Il Canone Rai, che rappresenta La tassa più odiata dagli italiani, sarà presto ridotto. Ma per vederlo scomparire dalla bolletta dell’energia elettrica si dovrà attendere almeno fino al 2027. Intanto, a partire dal 2024 il canone Rai dovrebbe scendere da 90 a 70 euro l’anno. Questo è quanto ha annunciato nei giorni scorsi il Governo.

Dal 2024, dunque, gli utenti riceveranno l’addebito nella bolletta della luce di 15 euro, al posto degli attuali 18 euro.

Dovrebbe trattarsi “dell’inizio di un percorso virtuoso”, come lo ha definito il Governo, percorso la cui conclusione dovrebbe portare alla cancellazione definitiva di un tributo introdotto nel febbraio del 1938, in concomitanza con le prime programmazioni radiofoniche. Dopo 90 anni di vita, lo scorso marzo, il vicepresidente del Consiglio aveva definito un processo graduale di cancellazione dell’abbonamento obbligatorio, con una riduzione del 20% ogni anno, fino a sparire completamente nell’arco di 5 anni. In un documento aveva definito la gabella “anacronistica e ingiusta, in quanto è dovuta per la semplice detenzione di apparecchi atti o adattabili a ricevere un segnale”.

Con la presentazione della manovra si è passati dai progetti ai fatti, con l’avvio di un’operazione che in teoria dovrebbe concludersi nel 2027. L’ultimo che aveva messo mano al canone, rivoluzionando il metodo di pagamento, era stato Matteo Renzi, con l’introduzione della tassa nella bolletta elettrica. Prima il tributo era arrivato alla cifra record di 113 euro, anche a causa dell’alto livello di evasione. Nel 2016, con il prelievo inserito automaticamente tra le spese per la luce, era sceso a 100 euro e successivamente a 90 euro, grazie al passaggio da 16 milioni di abbonamenti a 22 milioni. Il gettito complessivo, che attualmente si aggira intorno agli 1,7 miliardi, dovrebbe scendere a circa 1,2 miliardi di euro, capitale che dovrà sovvenzionare le trasmissioni radiotelevisive dei canali pubblici.

Il mantenimento del canone Rai nella bolletta elettrica non risolve il problema con l’Unione Europea, che da sempre sottolinea la necessità di avere bollette energetiche trasparenti in cui non devono essere inseriti “costi impropri”, ovvero non legati ai consumi energetici.

L’Italia si è sempre difesa sostenendo che in realtà il costo del canone Rai nella bolletta era ben evidenziato e separato dagli altri costi. Ma il mancato rispetto degli impegni da tempo assunti con la Comunità europea potrebbe esporre l’Italia a possibili sanzioni.

Rimborso Tari se i rifiuti non vengono ritirati

Con sempre maggiore frequenza rimbalzano sulle cronache casi di città sporche, con strade e quartieri dove la spazzatura non viene raccolta. Di conseguenza aumentano le proteste dei cittadini, costretti a pagare per un servizio spesso insufficiente o che addirittura non viene effettuato.

Ma sono in pochi a sapere che i cittadini hanno diritto al rimborso di parte della Tari, nel caso di servizio di raccolta rifiuti non effettuato. A stabilire questo diritto è una sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Roma, che ha riconosciuto agli abitanti di un quartiere un rimborso della Tari pari all’80% di quanto versato per non aver ricevuto il servizio pagato.

La Tari è l’imposta sui rifiuti ed è dovuta da tutti coloro che sono in possesso, a qualsiasi titolo, di locali oppure aree suscettibili alla produzione di rifiuti. Viene utilizzata per finanziare i costi per il servizio di raccolta. Attiva dal 2014, è una tassa comunale, quindi il versamento deve essere fatto in favore del Comune di riferimento. Sempre al Comune bisogna rivolgersi in caso di problemi o errori.

Nel caso in cui il servizio non venga offerto, a parte venir meno il decoro urbano e le condizioni igienico sanitarie adeguate alla vita umana, viene meno anche l’obbligo di pagare per un servizio che di fatto non si riceve.

Per questo motivo, proprio a causa dei disservizi nella raccolta della spazzatura, a Roma, gli abitanti del quartiere Settebagni hanno chiesto il rimborso della Tari, riferita agli anni 2017 e 2018, con l’appoggio di un’associazione pro bono di avvocati. Il rimborso, inizialmente approvato al 20%, ora è dell’ 80%.

La sentenza emessa a favore dei residenti nel quartiere Settebagni è di fondamentale importanza, in quando costituisce un precedente che consente anche ad altri cittadini di poter chiedere il rimborso nel caso in cui si trovassero nella medesima situazione.

La vicenda è iniziata anni fa, quando alcuni abitanti del quartiere romano di Settebagni avevano ottenuto un rimborso del 20% della Tari per gli anni 2017/2018, con una sentenza del 2020. Il quartiere era uno di quelli più toccati dalla crisi dei rifiuti romana, con tutte le conseguenze del caso: immondizia che si accumula, la comparsa di cinghiali, ratti, e blatte e conseguenti pericoli per la salute umana.

Il problema era stato segnalato all’amministrazione comunale a più riprese, con tanto di foto. Ma non era servito a nulla. Il consiglio di quartiere ha così deciso di rivolgersi a un’associazione pro bono, che ha portato avanti una battaglia legale. Nel 2020 è stato riconosciuto il rimborso del 20%, ma Roma Capitale ha scelto di fare ricorso.

A pochi giorni dalla fine del 2022, è arrivata la decisione della Corte di Giustizia Tributaria, che non solo ha dato torto alla città di Roma e all’Ama, l’Azienda che gestisce il servizio di raccolta rifiuti, ma ha anche aumentato il valore del rimborso all’80%, in quanto nel frattempo la situazione di Settebagni non era migliorata.

La sentenza ha dato al Comune 120 giorni di tempo per rimborsare circa 40 abitanti del quartiere, per un totale di quasi 20mila euro.

Sicurezza sul lavoro: sanzioni più alte per le violazioni

Dal 6 ottobre 2023, giorno della pubblicazione del decreto direttoriale n. 111 sul sito del Ministero del Lavoro, si applica la nuova rivalutazione delle sanzioni per le violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Lo ha precisato l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota n. 724 del 30 ottobre.

Con il DD, il Ministero ha rivalutato del 15,9 per cento gli importi delle ammende riferite alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal Dlgs n. 81 del 2008.

Secondo quanto previsto dal TU, infatti, le ammende e le sanzioni sono rivalutate ogni cinque anni con un apposito decreto in misura pari all’indice dei prezzi al consumo ISTAT.

Tale variazione, registrata nel quinquennio 2019-2023, è stata pari al 15,9 per cento. Pertanto le ammende riferite alle contravvenzioni sono rivalutate nella stessa misura.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 724 del 30 ottobre, fornisce alcuni chiarimenti in merito al termine di decorrenza delle nuove sanzioni rivalutate. In proposito, infatti, si era generata molta confusione in quanto nel decreto era indicato il termine del 1° luglio 2023, la data di pubblicazione sul sito del Ministero del Lavoro è però il 6 ottobre 2023, mentre quella di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il 16 ottobre 2023.

L’Inail sottolinea che la data a cui bisogna fare riferimento per le nuove sanzioni è quella della pubblicazione nella sezione “pubblicità legale” del sito del Ministero del Lavoro, quindi il 6 ottobre 2023. Mentre per le violazioni commesse prima del 6 ottobre 2023 si dovrà fare riferimento alle sanzioni in vigore prima della rivalutazione.