Se un condòmino, rientrando a casa, cade e si fa male, per il gradino poco visibile o una lastra di ghiaccio gli fanno perdere l’equilibrio. Chi risponde di questo incidente?
La risposta si trova nell’articolo 2051 del Codice Civile, che stabilisce che il Condominio, in qualità di custode delle parti comuni, è responsabile dei danni causati da eventuali difetti o pericoli presenti negli spazi condivisi.
La regola: la responsabilità del condominio
I viali di accesso, i marciapiedi interni e i cortili sono aree fondamentali per la vita quotidiana del condominio. Proprio per questo, la legge impone al Condominio, rappresentato dall’amministratore, l’obbligo di garantirne la sicurezza e manutenzione.
La responsabilità prevista dall’articolo 2051 è di tipo oggettivo: non è necessario dimostrare che il condominio sia stato negligente, basta provare che il danno è stato causato da una condizione pericolosa della proprietà comune. Se la caduta è avvenuta per una pavimentazione sconnessa, una buca, una zona poco illuminata o non adeguatamente segnalata, il condominio è presunto responsabile.
Il caso: quando il condominio deve risarcire
Per ottenere il risarcimento, chi ha subito il danno deve dimostrare due elementi fondamentali:
– L’esistenza del danno: lesioni fisiche, spese mediche, perdita temporanea della capacità lavorativa. Prove necessarie: certificati medici, ricevute per cure, perizie medico-legali.
– Il nesso causale: deve essere chiaro che la caduta è avvenuta a causa di un difetto del viale condominiale. Testimoni, fotografie del luogo e documentazione immediata possono essere decisive.
Una volta provati questi aspetti, il condominio sarà ritenuto responsabile, a meno che non riesca a dimostrare l’esistenza di un caso fortuito, cioè un evento imprevedibile e inevitabile che ha provocato l’incidente.
Il caso fortuito: quando il condominio non è responsabile
Ci sono situazioni in cui il condominio può difendersi, dimostrando che l’incidente è stato causato da fattori esterni indipendenti dalla sua gestione:
– Eventi naturali eccezionali: una scossa di terremoto che provoca una rottura improvvisa nel pavimento, un accumulo di ghiaccio istantaneo e imprevedibile.
– Fatto di un terzo: una persona esterna al condominio che ha lasciato un ostacolo imprevisto o ha provocato una macchia d’olio sul marciapiede pochi istanti prima dell’incidente.
– Colpa esclusiva della vittima: il danneggiato ha avuto un comportamento imprudente, camminando distratto, correndo su una zona visibilmente rischiosa, ignorando avvisi di pericolo o indossando calzature inadeguate.
Se il giudice ritiene che la caduta sia stata evitabile con un minimo di attenzione, il condominio potrebbe non essere responsabile o esserlo solo in parte.
Gli obblighi di manutenzione del condominio
Per ridurre il rischio di incidenti e responsabilità legali, il condominio ha precisi obblighi di manutenzione:
– Riparare pavimentazioni sconnesse, buche o crepe.
– Pulire viali e cortili per eliminare foglie, detriti e accumuli di ghiaccio.
– Garantire un’illuminazione adeguata per evitare zone d’ombra pericolose.
– Rimuovere ostacoli e segnalare eventuali pericoli temporanei.
Se questi obblighi vengono ignorati e una persona cade per una condizione prevedibile e evitabile, il condominio sarà responsabile e dovrà pagare i danni.
Conclusione
La gestione della sicurezza negli spazi condominiali non è un dettaglio, ma un dovere fondamentale del condominio. Quando si verifica un incidente, la responsabilità del custode è presunta, salvo prova contraria. Se il danno è stato causato da una condizione pericolosa della proprietà, chi cade ha il diritto di chiedere un risarcimento, mentre il condominio può difendersi solo se dimostra l’esistenza di un caso fortuito o un comportamento imprudente della vittima. La chiave è sempre la prevenzione: una buona gestione condominiale può evitare cause legali e, soprattutto, garantire sicurezza per tutti.
La modernizzazione degli ascensori risulta essere sempre più rilevante per la transizione delle aree urbane verso le smart cities. In un contesto di crescente urbanizzazione e invecchiamento delle città, la necessità di migliorare i sistemi di trasporto verticale è diventata una priorità per garantire la massima sicurezza, l’efficienza energetica e la migliore esperienza di People Flow®, ovvero la gestione dei flussi di persone all’interno degli edifici. Sotto questo punto di vista, secondo alcune ricerche effettuate da Espresso Communication per conto di KONE – leader internazionale nel settore di ascensori, scale e tappeti mobili – l’asset economico della modernizzazione degli ascensori è caratterizzato da diversi fattori chiave. Tra i principali driver c’è sicuramente il deterioramento degli attuali impianti che può diminuirne le prestazioni e aumentare i rischi per la sicurezza. A questo si aggiungono i progressi tecnologici che consentono di offrire soluzioni sempre più efficienti e performanti.
Secondo un rapporto di Credence Research, il mercato globale della modernizzazione degli ascensori supererà i 39 milioni di dollari entro il 2032, registrando una crescita media annuale composta (CAGR) superiore al 12%. Il settore mostra tendenze diverse in base alla regione geografica a cui si fa riferimento: il Nord America, ad esempio, si trova in testa al mercato grazie dell’alto numero di infrastrutture obsolete che necessitano di ammodernamento e delle rigide normative sulla sicurezza. La regione dell’Asia Pacifica, trainata da una crescente urbanizzazione di paesi come Cina, India e Giappone, sta vivendo un rapido sviluppo delle attività di modernizzazione. In America Latina, Medio Oriente e Africa, efficienza energetica e sviluppo urbano sono gli elementi trainanti del settore. Anche in Europa lo stesso mercato sta guadagnando sempre più terreno, sostenuto da una forte attenzione ai temi della sicurezza, della sostenibilità e delle ristrutturazioni degli edifici.
All’interno di questo scenario in grande evoluzione, emerge l’opinione di Fabrizio Troiani, Modernization Director di KONE Italy & Iberica, che conferma l’impegno quotidiano della multinazionale nel promuovere l’ammodernamento e la digitalizzazione dei sistemi ascensoristici: “La modernizzazione degli ascensori non è solo una questione tecnica, ma una vera e propria opportunità per migliorare la qualità della vita urbana. In KONE siamo impegnati a guidare questa trasformazione integrando soluzioni sostenibili e intelligenti che rispondano alle esigenze di sicurezza ed efficienza. Fino a pochi anni fa ammodernare un elevatore comportava la sostituzione di componenti per ripristinarne l’operatività o la sostituzione completa dell’impianto, in caso di situazioni estremamente compromesse. In questo ambito KONE ha riscritto le regole: ha infatti sviluppato soluzioni per la digitalizzazione degli ascensori durante l’ammodernamento, consentendo di dotare gli impianti di connettività integrata, affinché possano interagire con gli altri elementi che compongono gli edifici. Questo apre le porte a opportunità pressoché infinite per migliorare l’esperienza degli utenti. Ad esempio, è possibile chiamare l’ascensore al proprio piano tramite Alexa o con una semplice app su smartphone, riducendo i tempi di prenotazione ed attesa; oppure integrarne il funzionamento con il citofono o il cancello automatico; o ancora consentire ad un robot per il trasporto di oggetti di prendere in autonomia l’ascensore senza bisogno dell’intervento umano. Inoltre, i nostri impianti di ultima generazione, dai consumi energetici particolarmente contenuti, contribuisco a rendere gli edifici sostenibili, grazie anche a soluzioni di recupero dell’energia tramite drive rigenerativi. E non dimentichiamo la manutenzione predittiva che permette di individuare malfunzionamenti prima che si verifichino guasti, a tutto vantaggio della sicurezza e della tranquillità degli utenti e del mantenimento dei migliori livelli di efficienza”.
Gli ascensori di ultima generazione rappresentano una risposta concreta alle sfide che il settore immobiliare deve affrontare. La sostenibilità ambientale e l’adozione di tecnologie intelligenti sono tra i driver più importanti di questi cambiamenti del mercato edilizio. Questa visione riflette un’evoluzione profonda nel settore, dove la modernizzazione non è più vista come un intervento straordinario, ma come un’attività essenziale per garantire edifici sicuri, sostenibili e interconnessi. Le soluzioni moderne, come gli ascensori intelligenti, offrono vantaggi significativi in termini di prestazioni, sicurezza ed efficienza energetica.
Trascorriamo fino al 90% del nostro tempo in ambienti chiusi, ed è proprio per questo che la qualità dell’aria indoor è cruciale per la salute e il benessere. A dare un importante contributo in questo ambito è la nuova norma UNI 11976:2025, pubblicata dall’Ente Italiano di Normazione, che offre strumenti pratici per misurare e migliorare la qualità dell’aria negli spazi chiusi.
Questa norma nasce dal riconoscimento del legame tra aria pulita, salute delle persone ed efficienza energetica degli edifici, in linea con la UNI EN16798-1 e la Direttiva EPBD 2024.
Quali inquinanti vengono monitorati
La UNI 11976:2025, in vigore dal 10 aprile, prende in considerazione tre categorie di inquinanti:
– Chimici → Come composti organici volatili (VOC) e polveri sottili.
– Fisici → Ad esempio il radon, un gas radioattivo naturale.
– Biologici → Virus, microrganismi e allergeni.
Per una valutazione efficace della qualità dell’aria, si raccomanda un monitoraggio di almeno 5 giorni, sia in stagione calda che in stagione fredda, per rilevare variazioni significative.
Negli ambienti residenziali, scolastici e lavorativi, il livello di anidride carbonica è spesso utilizzato come indicatore del ricambio d’aria, permettendo di identificare eventuali deficit nella ventilazione.
Un’attenzione crescente alla salute negli spazi chiusi
La pubblicazione di questa norma rafforza il quadro normativo sulla qualità dell’aria indoor, integrandosi con le direttive europee e i documenti del Gruppo di Studio Nazionale Inquinamento Indoor dell’Istituto Superiore di Sanità.
L’obiettivo è chiaro: garantire ambienti salubri, migliorare il risparmio energetico e fornire strumenti concreti per monitorare e ottimizzare la qualità dell’aria negli edifici civili.
I vantaggi concreti della norma UNI 11976:2025
– Miglior qualità dell’aria per cittadini e lavoratori, con benefici diretti sulla salute.
– Strumenti affidabili per i gestori degli edifici, che potranno adottare strategie mirate per garantire una ventilazione ottimale.
– Parametri chiari per progettisti e tecnici, che potranno applicare metodologie uniformi nella valutazione dell’aria indoor.
La norma stabilisce criteri per rendere ripetibile e riproducibile il processo di registrazione delle informazioni, facilitando controlli più precisi e uniformi.
Include, inoltre, una checklist pratica per la raccolta di dati fondamentali sulla qualità dell’aria interna, aiutando tecnici e responsabili a identificare potenziali problemi e migliorare le condizioni ambientali.
Conclusione
La UNI 11976:2025 rappresenta un passo avanti fondamentale nella gestione della qualità dell’aria indoor. Il suo approccio integrato garantisce ambienti più sani, promuovendo la salute degli occupanti e la sostenibilità energetica degli edifici. Questa norma offre strumenti concreti per monitorare, valutare e migliorare la qualità dell’aria, creando spazi più vivibili e sicuri per tutti.
Gestire gli alberi in un condominio non è solo una questione estetica: si tratta di un tema che coinvolge normative, regolamenti interni e possibili conflitti tra proprietari. Una potatura necessaria, un abbattimento per motivi di sicurezza o un intervento deciso per migliorare il decoro possono generare discussioni. Chi decide? Chi paga? E quali autorizzazioni servono?
Chi è responsabile della manutenzione delle piante condominiali?
La prima distinzione fondamentale riguarda la proprietà delle piante. In un condominio, le aree verdi possono essere private o comuni e la gestione cambia di conseguenza.
– Alberi in giardini privati → Se una pianta si trova in uno spazio di proprietà esclusiva, la manutenzione è a carico del proprietario, che dovrà occuparsi di potature e interventi, salvo eccezioni legate al decoro dell’edificio.
– Alberi nelle parti comuni → Se una pianta si trova in cortili, giardini condominiali o aree comuni, è considerata un bene condiviso ai sensi dell’articolo 1117 del Codice Civile. La manutenzione sarà quindi decisa dall’assemblea e pagata da tutti i condòmini in base ai millesimi di proprietà.
– Caso particolare → Se un albero in un giardino privato è rilevante per il decoro architettonico dell’edificio, la giurisprudenza ha stabilito che anche gli altri condomini possono essere tenuti a contribuire alla sua manutenzione.
Manutenzione ordinaria e straordinaria: chi decide?
La gestione degli alberi si divide in due grandi categorie:
– Manutenzione ordinaria → Comprende interventi periodici come la potatura, la rimozione di rami secchi e la gestione della vegetazione per sicurezza e estetica. L’amministratore può intervenire direttamente (art. 1135 Codice Civile), salvo disposizioni diverse nel regolamento condominiale.
– Manutenzione straordinaria → Riguarda interventi urgenti e imprevedibili come l’abbattimento di un albero per rischio di caduta o danni strutturali. In questo caso, è necessaria una delibera assembleare, con votazione a maggioranza.
Regole e procedure per il taglio degli alberi
– Regolamenti comunali → Prima di tagliare o abbattere una pianta, bisogna verificare se il Comune impone vincoli particolari, soprattutto per zone vincolate o alberi di interesse storico.
– Autorizzazioni → In alcuni casi, è necessario chiedere un permesso al Comune prima di procedere con l’abbattimento. L’amministratore o il proprietario deve informarsi presso l’ufficio ambiente.
– Obbligo di conservazione del decoro → Il taglio di un albero può modificare l’aspetto dell’edificio, quindi l’assemblea deve valutare il possibile impatto e approvare la decisione.
Conclusione
La gestione delle piante condominiali non può essere presa alla leggera. Potature e abbattimenti devono rispettare norme civili e regolamenti comunali, con decisioni che variano a seconda della proprietà dell’area verde e della tipologia di intervento.
Una piccolissima percentuale delle aziende italiane è assicurata contro i danni all’ambiente: secondo i dati emersi dall’ultima indagine di settore sono, infatti, solo lo 0,64% le aziende Made in Italy (microimprese, PMI e multinazionali) che si sono dotate di una polizza assicurativa per i danni alle risorse naturali. È quanto risulta da un’elaborazione effettuata dal Pool Ambiente, consorzio di coriassicurazione nato nel 1979 dopo il disastro ambientale di Seveso e centro d’eccellenza nazionale per quanto riguarda il know-how sui rischi ambientali e sui sinistri, sulla base della seconda rilevazione statistica condotta da ANIA – Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici, a livello nazionale, sulla diffusione delle polizze di responsabilità ambientale tra le aziende. Tra i settori più assicurati troviamo quello dei rifiuti (21,16%), grazie anche all’obbligo di legge, introdotto nel 1999 dalla Regione Veneto, per le imprese attive nel settore di sottoscrivere una polizza assicurativa e una fidejussione a favore della Regione per i danni all’ambiente. Senza tale obbligo, infatti, la percentuale d’imprese nazionali del settore rifiuti con una polizza ambientale attiva scenderebbe circa al 13,61%, secondo una stima effettuata in base ai dati di portafoglio risultanti al Pool Ambiente. Completano il podio delle aree più coperte contro i danni all’ambiente il chimico (11,87%) e il petrolifero (4,19%). In fondo alla classifica, sotto o alla pari della media nazionale, troviamo invece i settori carta, legno e stampa (0,64%), trasporti (0,57%), civile, commerciale e turismo (0,10%).
Estendendo, a livello regionale, l’analisi circa la diffusione delle polizze per danni all’ambiente scopriamo come Veneto e Friuli Venezia Giulia, rispettivamente con 1,85% e con l’1,02%, siano le uniche regioni italiane con una percentuale di diffusione delle polizze per danni all’ambiente superiore all’1%, davanti a Liguria (0,84%), Basilicata (0,78%) e Lombardia (0,74%). In generale, le regioni del Centro-Nord presentano valori superiori alla media italiana, mentre quelle del Centro-Sud e isole presentano percentuali generalmente inferiori, con il record del numero più basso di polizze in rapporto al numero di imprese attive detenuto dalla Campania. Diminuiscono però le zone che figurano sotto la media nazionale per la diffusione di polizze assicurative, passando da 13 dell’ultimo rilevamento alle 11 regioni di quello attuale. “La diffusione delle polizze assicurative per danni ambientali tra le imprese italiane è limitata da molteplici fattori, spesso interconnessi. Un ostacolo significativo è rappresentato da pregiudizi e concezioni errate che persistono nel nostro Paese tra aziende, intermediari assicurativi, media, consumatori e istituzioni – afferma Tommaso Ceccon, presidente di Pool Ambiente – A eccezione della Regione Veneto, che impone obblighi nel settore dei rifiuti, in Italia non esistono altre normative che rendano obbligatoria la stipula di queste polizze. Inoltre, gli obblighi previsti da regolamenti europei, come la Direttiva sulle Emissioni Industriali, non trovano concreta applicazione nel nostro Paese”.
Le polizze per danni all’ambiente hanno un importante valore sociale e ambientale, con benefici diretti sulla sfera economica, sociale e ambientale a vari livelli, sia a livello locale sia nazionale. La sottoscrizione di una polizza per danni all’ambiente è quindi un fondamentale strumento che contribuisce alla sostenibilità dell’impresa e al miglioramento del suo rating ESG. A fronte di così importanti benefici è evidente come una maggiore diffusione delle coperture per danni all’ambiente porterebbe importanti vantaggi per cittadini, imprese e Istituzioni. L’Italia ha sviluppato prodotti assicurativi ad hoc per la copertura dei rischi di danno ambientale fin dal 1979, anno di fondazione del Pool Ambiente. La presenza del Consorzio ha permesso negli anni a un numero molto elevato di imprese assicurative di operare in questo settore e, oggi, il mercato assicurativo italiano dei rischi ambientali conta 20 compagnie attive nell’offerta di questo tipo di copertura. Anche i riassicuratori professionali partecipano a questa tipologia di rischio contribuendo a far sì che sul mercato ci sia ampia capacità.
Cosa succede quando si verifica un danno all’ambiente e l’azienda non è assicurata? In assenza di una polizza, l’azienda dev’essere in grado di gestire in autonomia e sostenere i costi con riferimento agli obblighi previsti dalla normativa italiana su bonifiche e ripristino delle risorse naturali danneggiate. Qualora l’impresa non sia in grado di far fronte a tali obblighi e relative spese, che possono raggiungere anche diversi milioni di euro, è la Regione che deve farsi carico degli interventi, sempre che abbia risorse sufficienti per farlo. “Non di rado quello che accade nel nostro Paese è che fallisca l’azienda responsabile, priva di una copertura assicurativa per i danni all’ambiente, e che la Regione non riesca a sostenere le spese di bonifica: a rimetterci è l’intera comunità che deve aspettare anche svariati anni prima che siano stanziati fondi sufficienti dallo Stato per bonificare la falda contaminata, il terreno e i corpi idrici inquinati, le specie e gli habitat compromessi. Non dimentichiamo che se non c’è la polizza incendio ci rimette l’azienda, se non c’è la polizza per i danni all’ambiente ci rimettiamo tutti. La nostra speranza è che nei prossimi anni ci sia un notevole aumento nella diffusione delle polizze di responsabilità ambientale: sarebbe importante sviluppare un’azione coordinata, a livello nazionale ed europeo, per contribuire allo sviluppo di una cultura del rischio ambientale”, conclude Ceccon.
Un modello condiviso anche dall’associazione nazionale dei broker assicurativi. “Sviluppare una cultura della responsabilità ambientale è e deve rappresentare una priorità per le imprese del nostro Paese, considerando come eventi dannosi rappresentino una seria minaccia per gli ecosistemi, con ricadute significative anche in termini economici e sociali” – dichiara Flavio Sestilli, Presidente di AIBA – Associazione Italiana Brokers di Assicurazioni e Riassicurazioni – “L’incorporazione dei criteri ESG nella valutazione del rischio, inoltre, diventerà sempre di più un fattore di competitività e di attrattività sul mercato. In questo scenario, i Broker possono svolgere un ruolo fondamentale, supportando le aziende nel conoscere meglio i potenziali rischi cui sono esposte, individuare soluzioni di mitigazione e gestione del rischio su misura e stimolare lo stesso settore assicurativo all’innovazione dei prodotti in rapporto alle nuove esigenze emergenti. Fondamentale sarà tuttavia lavorare anche in prevenzione, agendo quindi non solo ex-post ma introducendo misure, anche fisiche, e favorendo comportamenti in grado di ridurre il potenziale verificarsi di eventi e permetterne una più pronta risoluzione”.
Comunicato stampa
Con l’arrivo della primavera, le giornate si allungano e le temperature aumentano, portando con sé il tradizionale rituale delle grandi pulizie domestiche. Tuttavia, negli ultimi anni, la semplice pulizia non è più sufficiente: gli italiani mostrano infatti un’attenzione crescente verso la salubrità degli ambienti indoor, con un focus particolare sulla qualità dell’aria e sulla sanificazione degli spazi abitativi. Dopo i mesi invernali, in cui si tende a tenere le finestre chiuse, la primavera diventa quindi il momento ideale per rinfrescare e igienizzare gli ambienti domestici, riducendo la presenza di allergeni, polveri, agenti patogeni e insetti.
A evidenziarlo sono i dati analizzati da ProntoPro, il marketplace di riferimento per i servizi professionali che mette in contatto domanda e offerta, secondo i quali nel 2024 le richieste di servizi di sanificazione e disinfezione della casa sono aumentate del 20% rispetto all’anno precedente, segno di una maggiore consapevolezza sull’importanza di vivere in ambienti non solo ordinati, ma anche sani. L’interesse per questi servizi sembra destinato a crescere ulteriormente nel 2025, con un’impennata di richieste prevista in particolare tra febbraio e marzo: +417% per la sanificazione dei condizionatori, +144% per la disinfestazione e +31% per interventi legati alla rimozione della muffa.
Cura dei condizionatori: nel 2024 +17% di richieste di sanificazione rispetto al 2023
La sanificazione dei condizionatori sta diventando un’abitudine sempre più diffusa, con un incremento del 17% delle richieste nel 2024 rispetto al 2023, secondo le analisi di ProntoPro.it. L’operazione, fondamentale per garantire un ambiente sano e un impianto efficiente, dovrebbe essere effettuata almeno una o due volte all’anno, meglio se prima dell’estate, quando il dispositivo viene riacceso dopo mesi di inattività, e al termine della stagione calda, per evitare la proliferazione di muffe e batteri causata dall’umidità residua. Nonostante ciò, però, molti utenti tendono a trascurare questa operazione e dichiarano di non aver mai sanificato il proprio impianto, con alcuni casi estremi di condizionatori in funzione da vent’anni senza alcuna pulizia*.
Le ragioni che spingono a richiedere un intervento di sanificazione sono diverse, a partire dalla necessità di una manutenzione ordinaria e stagionale, con il 38% delle richieste concentrate sulla pulizia di split e motori esterni, con particolare attenzione ai filtri e alla batteria. Altra problematica segnalata dagli utenti di ProntoPro è la presenza di cattivi odori all’accensione, spesso dovuti all’accumulo di polvere e batteri, che nel 15% dei casi scompaiono dopo qualche minuto di utilizzo. C’è poi chi, invece, rileva la presenza di muffa nell’impianto, una situazione riscontrata nel 9% delle richieste, che può incidere negativamente sulla qualità dell’aria e sulla salute di chi vive in casa*.
Non si tratta però solo di eliminare polvere e allergeni: molti utenti richiedono interventi tecnici più avanzati, che vanno oltre la semplice sanificazione e contribuiscono a mantenere l’impianto in perfetta efficienza, riducendo i consumi energetici e prevenendo guasti improvvisi. Il 16% delle richieste include infatti operazioni come il controllo del gas refrigerante, la pulizia approfondita delle ventole e del pacco batteria o la sanificazione di impianti canalizzati*.
Lotta contro la muffa: +18% di interventi nel 2024, si punta all’eliminazione e alla prevenzione
L’attenzione alla qualità dell’aria indoor si estende anche alla lotta contro la muffa, un problema sempre più sentito nelle abitazioni italiane: le richieste di intervento per la sua rimozione sono aumentate del 18% nel 2024 rispetto all’anno precedente.
Soprattutto, molti utenti non cercano più soluzioni temporanee, ma interventi definitivi in grado di eliminare il problema alla radice o di prevenirlo. Il 65% delle richieste riguarda infatti analisi approfondite delle cause e trattamenti a lunga durata, a testimonianza del fatto che la muffa tende a ripresentarsi nonostante i tentativi di rimozione precedenti. In particolare, le richieste ricevute dai professionisti di ProntoPro attraverso la piattaforma evidenziano la necessità di sopralluoghi per individuare le cause specifiche del fenomeno — come infiltrazioni, umidità di risalita o problemi di condensa — e di installazione di sistemi di ventilazione o strumenti per monitorare il livello di umidità negli ambienti, per evitare che il problema si ripresenti.
Allo stesso tempo, cresce la richiesta di trattamenti complementari per garantire risultati duraturi: il 30% degli interventi include anche la tinteggiatura con vernici antimuffa o anticondensa, un accorgimento utile per prevenire la formazione di nuove colonie fungine, o un’imbiancatura completa dopo la rimozione della muffa, con l’obiettivo di bonificare l’ambiente e restituire alle pareti un aspetto uniforme e pulito.
I dati raccolti da ProntoPro permettono anche di individuare la localizzazione della muffa all’interno delle abitazioni: sempre più persone segnalano la comparsa di macchie scure su mobili, armadi e pareti dietro i letti, spesso accompagnate da odori sgradevoli che persistono anche dopo la pulizia superficiale. Questo suggerisce che il problema non riguarda solo le pareti esposte all’umidità, ma è strettamente legato anche alla qualità dell’aria indoor e a una ventilazione inadeguata delle stanze.
Disinfestazione: tra gli insetti da combattere soprattutto blatte (60%) e vespe (20%)
Con l’arrivo della primavera, cresce anche l’attenzione verso la disinfestazione: l’aumento delle temperature favorisce infatti la proliferazione di insetti, rendendo il servizio molto richiesto in questo periodo dell’anno. Secondo le previsioni di ProntoPro, tra le varie tipologie di intervento quella che registrerà il maggior numero di richieste per marzo 2025 sarà la disinfestazione delle blatte, rappresentando il 60% degli interventi previsti. Seguono la disinfestazione delle vespe, con il 20% delle richieste, e la lotta contro le cimici da letto, con il 10%.
Le blatte, in particolare, sono un problema molto diffuso e spesso difficile da risolvere senza un intervento professionale. La loro presenza è segnalata principalmente in cucina (56%), dove si annidano attratte dal calore e dalla disponibilità di residui alimentari, e in bagno (15%). Per prevenire la comparsa, è fondamentale mantenere sempre pulite le superfici, evitare l’accumulo di briciole e sigillare eventuali fessure o crepe nelle pareti. Attenzione anche agli scarichi: versare periodicamente acqua calda e bicarbonato nei lavandini e nei tubi di scarico può aiutare a tenere lontani questi insetti indesiderati. Tuttavia, se l’infestazione è già presente, affidarsi a un professionista è la scelta migliore per un’eliminazione efficace e duratura.
Come evidenziato dai dati, anche la presenza di vespe sta diventando una problematica sempre più sentita, soprattutto con l’aumento delle temperature. I nidi vengono segnalati dagli utenti soprattutto su tapparelle (29%) e balconi e terrazzi (22%), mentre un numero più limitato di richieste riguarda i condizionatori (5%). Per prevenire la formazione di nidi, è consigliabile controllare regolarmente gli angoli nascosti di tapparelle e persiane e sigillare eventuali fessure nei muri o sotto i cornicioni. Se si nota la presenza di un nido già sviluppato, è importante evitare di toccarlo o cercare di rimuoverlo da soli: anche in questo caso, rivolgersi a un esperto è la soluzione più sicura per eliminare il problema senza correre rischi.
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Metodologia
I dati 2024 analizzati dalla piattaforma e riportati nel comunicato stampa fanno riferimento alle richieste raccolte da ProntoPro tra gennaio a dicembre 2024. I dati 2023 analizzati dalla piattaforma e riportati nel comunicato stampa fanno riferimento alle richieste raccolte per le diverse tipologie da gennaio a dicembre 2023.
*I dati analizzati fanno riferimento a domande a risposta multipla
Chi è ProntoPro
Fondata nel 2015, ProntoPro si è affermata come la principale piattaforma online in Italia per la ricerca e l’offerta di servizi, rendendo semplice e affidabile l’accesso a Professionisti qualificati. Nel 2022 ProntoPro è entrata a far parte del gruppo internazionale Homerun Technology Inc di cui fa parte anche Armut, azienda dello stesso settore, leader in Turchia. Con sedi principali a Milano e Istanbul, il gruppo ha già collegato 22 milioni di clienti a 1,9 milioni di professionisti, offrendo 26.000 diversi tipi di servizi. Sotto i marchi ProntoPro, Armut e HomeRun, l’azienda opera in 14 paesi, tra cui Turchia, Regno Unito, Germania, Spagna e Francia, offrendo un’ampia gamma di servizi, dalle ristrutturazioni alle lezioni private, con l’ambizione di diventare leader nel mercato EMEA.
Per maggiori informazioni: www.prontopro.it
L’urbanistica non è un ostacolo, né un mero obbligo normativo: è la chiave per costruire città più sicure, sostenibili e vivibili. L’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) rilancia questa visione con il suo XXXII Congresso, che si terrà a Roma dal 22 al 24 maggio presso la Casa dell’Architettura, nel suggestivo complesso dell’Acquario Romano.
Verso una riforma urbanistica nazionale
Secondo il presidente dell’INU, Michele Talia, il momento è propizio per una svolta significativa. Le soluzioni rapide e poco strutturate, come il cosiddetto Salva Milano, stanno perdendo terreno, lasciando spazio alla consapevolezza che serve una riforma urbanistica di ampio respiro, capace di rispondere alle sfide ambientali e sociali con strumenti adeguati.
L’INU ha già avanzato una proposta di legge nel luglio scorso, frutto di un percorso partecipato e di un confronto costante con esperti del settore. Il congresso sarà l’occasione per consolidare questa visione e discutere come ridefinire priorità e strumenti, affinché la pianificazione non sia vista come una mera imposizione burocratica, ma come una leva di trasformazione concreta per migliorare la qualità della vita urbana.
Un programma ricco di incontri e approfondimenti
Il congresso si articolerà su tre giornate:
– Il 22 maggio sarà dedicato alla Rassegna Urbanistica del Lazio (RUR), uno spazio di analisi e riflessione sulle politiche urbanistiche regionali.
– Il 23 maggio sarà il fulcro del congresso, con dibattiti e interventi di rappresentanti istituzionali, politici e associazioni coinvolte nel processo di riforma.
– Il 24 maggio, presso l’Università La Sapienza, si terrà l’Assemblea dei Soci, un momento chiave per delineare le prossime strategie dell’INU.
L’obiettivo è chiaro: rendere la pianificazione urbana uno strumento efficace, in grado di produrre risultati tangibili per la sostenibilità ambientale, l’efficienza dei servizi e la sicurezza delle città.
Il XXXII Congresso dell’INU segna un passo decisivo nella costruzione di un’urbanistica finalmente percepita non come un ostacolo, ma come un’opportunità.
Firmato l’accordo di rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) Gas-Acqua per il triennio 2025-2027, che riguarda circa 48.000 lavoratori del settore. L’intesa, sottoscritta tra le associazioni datoriali Utilitalia, Proxigas, Assogas e Anfida e le organizzazioni sindacali Filctem-CGIL, Femca-CISL e Uiltec-UIL, introduce novità sia sul trattamento economico sia su quello normativo, garantendo maggiore stabilità per il comparto.
Le associazioni di categoria hanno espresso soddisfazione per la chiusura rapida del negoziato, sottolineando come l’accordo salvaguardi il potere d’acquisto dei lavoratori, tenendo conto del forte aumento dell’inflazione registrato nel triennio precedente, e garantisca sostenibilità per le imprese, impegnate in investimenti sulle infrastrutture e sulla qualità del servizio.
Un nuovo sistema di classificazione e più tutele sul lavoro
Sul piano normativo, il rinnovo introduce un aggiornamento del sistema di classificazione del personale, per adattarlo alle nuove competenze richieste dal settore e all’evoluzione dei processi di lavoro. Tra le modifiche più rilevanti:
– Revisione dei profili professionali, con una maggiore valorizzazione delle soft skills.
– Nuovi criteri per gli inquadramenti dal 2° al 6° livello, con effetti a partire dal 2027.
L’accordo rafforza anche il sistema di relazioni industriali, estendendo le competenze dell’ Osservatorio Nazionale a temi strategici come intelligenza artificiale, sostenibilità e parità retributiva.
Grande attenzione anche alla sicurezza sul lavoro, con il potenziamento dell’ Organismo bilaterale nazionale, che avrà un ruolo chiave nel monitoraggio delle condizioni dei lavoratori.
Orari ridotti e nuove misure per la conciliazione vita-lavoro
Un altro punto significativo riguarda la gestione dei tempi di lavoro. Dal 1° gennaio 2026, l’orario settimanale medio sarà ridotto a 38 ore, con una diminuzione di mezz’ora per tutti i dipendenti.
Sono previsti anche miglioramenti economici e normativi per i lavoratori in reperibilità, per ridurre i disagi di un servizio che resta cruciale per la continuità e la sicurezza delle forniture.
Maggiori tutele per le fasce più fragili
Il rinnovo contrattuale introduce nuove garanzie per i lavoratori più vulnerabili, con misure dedicate alla parità di genere, inclusione e welfare aziendale.
Tra le novità più rilevanti, la modifica della normativa su malattia e infortunio non professionale, con l’introduzione di comporti più favorevoli per disabili e malati gravi.
Gli aumenti salariali e il nuovo sistema di produttività
Sul piano economico, l’accordo prevede un aumento a regime di 260 euro sui minimi retributivi. Inoltre, per incentivare la produttività, dal 2026 scatteranno 15 euro aggiuntivi legati al raggiungimento di obiettivi di efficienza e qualità del servizio, sulla base dei parametri di Arera.
È previsto anche un incremento del welfare contrattuale, con 7 euro destinati alla previdenza complementare, all’assistenza sanitaria integrativa e all’assicurazione per invalidità e premorienza.
Il sistema di incentivi servirà anche per gestire gli scostamenti dell’inflazione, garantendo una maggiore stabilità economica ai lavoratori alla fine del triennio.
Il primo aumento scatterà a luglio 2025, previa approvazione dell’accordo da parte delle assemblee dei lavoratori, che si riuniranno nelle prossime settimane. Per la vacanza contrattuale, è previsto un bonus una tantum di 230 euro.
Un accordo che garantisce stabilità e qualità del servizio
Il rinnovo del CCNL Gas-Acqua per il triennio 2025-2027 rappresenta un passo importante per il settore, con misure che bilanciano tutela dei lavoratori e sostenibilità per le aziende. L’accordo assicura miglioramenti economici e normativi, maggiore attenzione ai lavoratori fragili, nuove strategie per la produttività e una riduzione dell’orario di lavoro, rispondendo alle sfide di un comparto sempre più strategico per il Paese.
Ora la parola passa ai lavoratori, chiamati a ratificare l’intesa nelle assemblee sindacali, che definiranno gli ultimi dettagli prima dell’entrata in vigore del nuovo contratto.
Approvato dal Consiglio regionale il Piano di gestione dei rifiuti speciali che, confermando gli obiettivi del precedente piano del 2018, individua target più coerenti con l’arco temporale al 2030, quali ridurre almeno del 5% la produzione dei rifiuti speciali non pericolosi e almeno del 10% la produzione dei rifiuti speciali pericolosi e garantire un conferimento in discarica di rifiuti speciali non superiore al 5% del totale, in peso, dei rifiuti speciali prodotti. Ma, rispetto al precedente Piano, vengono introdotte alcune novità.
«Per la prima volta, all’interno del piano di gestione dei rifiuti speciali, trova collocazione la sezione dedicata ai fanghi da depurazione e anche un programma per la riduzione della pericolosità e della produzione dei rifiuti – commenta l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati – Questo piano, che completa l’aggiornamento della pianificazione regionale dei rifiuti, si inserisce in un grande disegno nell’ottica del potenziamento dell’economia circolare con la possibilità di usare i fondi FESR (Fondi europei di sviluppo regionale) che ammontano a 36 milioni di euro, dedicati proprio all’economia circolare, per i quali si prospetterà nell’arco dell’anno l’apertura di bandi specifici».
Sono 11 le filiere individuate tra le quali spicca, per quantità, quella dei rifiuti da costruzione e demolizione e, per interesse strategico, quella dei RAEE, ovvero i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Altre filiere sono quelle, ad esempio, degli pneumatici fuori uso, olii minerali usati, pile e batterie, rifiuti da imballaggio e rifiuti sanitari.
Riassumendo, le principali novità introdotte rispetto alla precedente pianificazione riguardano l’introduzione di un capitolo relativo alla gestione dei fanghi di depurazione e più precisamente sui fanghi di depurazione delle acque reflue urbane; un approfondimento dedicato alla riduzione della produzione dei rifiuti pericolosi e non pericolosi con specifiche azione da mettere in campo per i prossimi anni; una stima sulla necessità di trattamento dei rifiuti speciali al 2030 con una valutazione, puramente indicativa, sul fabbisogno di valorizzazione energetica e di smaltimento in discarica per i prossimi anni.
Comunicato stampa
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A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI