.
arera logo

Bolletta gas, il prezzo segna un rialzo del 12 per cento

Terzo rialzo consecutivo per la bolletta gas delle famiglie ancora in tutela, quelle cioè che beneficiano di forniture con condizioni contrattuali e prezzi stabiliti dall’Arera, l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente.

Dopo gli aumenti di agosto e settembre, l’Authority, nel consueto aggiornamento mensile, ha segnalato un +12% per i prezzi dei consumi di ottobre.

L’incremento era atteso ed è dovuto alla risalita, lo scorso mese, delle quotazioni all’ingrosso, sulle quali hanno inciso anche le nuove tensioni geopolitiche, che hanno condizionato la cosiddetta “CMEMm”, la componente del prezzo del gas a copertura dei costi di approvvigionamento.

Dunque, il prezzo del gas continua a salire. Ma la variazione, secondo Arera, rientra nel contesto dei previsti aumenti legati alla stagionalità.

A incidere sull’aumento registrato nel complesso in bolletta, non c’è solo l’incremento della spesa per la materia gas (+7,9%), ma anche quello dei costi per il trasporto e la gestione del contatore (+4,1%), su cui ha pesato anche l’andamento crescente, tipico della stagione invernale, degli oneri di stoccaggio per assicurare la piena funzionalità dei depositi nel periodo invernale, che è quello di maggior utilizzo. Sono invece rimasti invariati gli oneri generali, sui quali continuano a incidere le misure di alleggerimento che il Governo ha deciso di estendere anche all’ultimo trimestre dell’anno, quali l’azzeramento delle voci parafiscali e la riduzione dell’Iva al 5 per cento sul gas sia per gli usi civili sia per quelli industriali.

Il nuovo rialzo preoccupa le associazioni dei consumatori. “L’aumento delle tariffe del gas è peggiore di ogni previsione – è il commento di Assoutenti – ed equivale a una maggiore spesa di 159 euro a famiglia su base annua, con la bolletta del gas che, ai nuovi prezzi, raggiunge quota 1.486 euro a nucleo (nel periodo 1 ottobre 2023-30 settembre 2024). Inoltre, se si considera anche la spesa per la luce, salita del 18,6% nell’ultimo trimestre dell’anno con la bolletta media a 764 euro, il conto complessivo per luce e gas a carico di una famiglia del mercato tutelato raggiunge quota 2.250 euro annui”.

Per Coldiretti, la spesa energetica ha un doppio effetto negativo perché “riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie, ma aumenta anche i costi delle imprese particolarmente rilevanti per l’agroalimentare con l’arrivo dell’inverno”.

L’Unione Nazionale Consumatori parla, invece, di “disastro annunciato. È una mera speculazione senza se e senza ma, i mercati approfittano di ogni pretesto per guadagnare più che possono”.

Mentre il Codacons sottolinea che “l’aumento non fa ben sperare in vista del periodo invernale, quando cioè si concentra l’80% dei consumi di gas delle famiglie”, e torna a chiedere a gran voce al Governo di prorogare il mercato tutelato almeno per tutto il 2024.

Riscaldamento, avviata l’accensione degli impianti

Le temperature incominciano ad abbassarsi e in tanti hanno già acceso il riscaldamento inaugurando la stagione. Ma quali sono le date in cui si può accendere l’impianto? Per quanto riguarda i sistemi centralizzati, dipende dalle aree d’Italia e della zona climatica. Il regolamento che stabilisce quando si può accendere il riscaldamento, infatti, prevede modalità e periodi diversi a seconda delle province di appartenenza.
Lo scorso anno, a causa dell’emergenza energetica, il Governo aveva abbassato per legge di un grado la temperatura in casa (da 20 a 19 gradi), ma aveva anche ritardato le date di accensione dei termosifoni, accorciando il periodo di esercizio e le ore giornaliere di funzionamento (un’ora in meno al giorno). Per quest’anno, si ritorna alla normativa di riferimento con le date e i limiti di temperatura tradizionali.

Le zone climatiche per il riscaldamento
Il calendario per l’accensione riscaldamento, quindi, segue criteri diversi a seconda dell’area geografica.
– Nel dettaglio, i riscaldamenti, nella zona climatica A, si possono accedere dal 1º dicembre al 15 marzo per 6 ore al giorno. Questa zona include i Comuni di Lampedusa e Linosa e Porto Empedocle.

– Nella zona climatica B si potranno accendere i termosifoni dal 1º dicembre al 31 marzo fino a 8 ore al giorno. Di questa area fanno parte le province di: Agrigento, Catania, Messina, Palermo, Siracusa, Trapani, Reggio Calabria, Crotone.

– Nella zona climatica C l’accensione degli impianti è prevista dal 15 novembre al 31 marzo per 10 ore al giorno. Ne fanno parte le province di: Cagliari, Caserta, Imperia, Latina, Bari, Benevento, Cosenza, Lecce, Brindisi, Catanzaro, Napoli, Oristano, Ragusa, Salerno, Sassari, Taranto.

– Nella zona climatica D si possono accendere i termosifoni dal 1º novembre al 15 aprile e fino a 12 ore al giorno. Di questa area fanno parte le province di: Ancona, Ascoli Piceno, Genova, La Spezia, Savona, Pistoia, Prato, Roma, Forlì, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Macerata, Massa Carrara, Pesaro, Pisa, Siena, Terni, Pescara, Teramo, Vibo Valentia, Viterbo, Avellino, Caltanissetta, Chieti, Foggia, Isernia, Matera, Nuoro.

– Nella zona climatica E gli impianti si possono accendere dal 15 ottobre al 15 aprile per 12 ore. Ne fanno parte le province di: Alessandria, Aosta, Asti, Bergamo, Biella, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Novara, Padova, Pavia, Sondrio, Torino, Varese, Verbania, Vercelli, Bologna, Bolzano, Ferrara, Gorizia, Modena, Parma, Piacenza, Pordenone, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Treviso, Trieste, Udine, Venezia, Verona, Vicenza, Arezzo, Perugia, Frosinone, Rieti, Campobasso, Enna, L’Aquila, Potenza.

– In fine nella zona climatica F, quella alpina e delle province di Belluno e di Trento, non ci sono limitazioni orarie o stagionali e il riscaldamento si può accendere quando e come si vuole.

Alloggi universitari, un fondo per acquisire immobili e pagare affitti

Rendere più veloce la messa a disposizione di nuovi alloggi posti letto per studenti universitari, soprattutto attraverso l’acquisizione di immobili o il pagamento di affitti. Serve a realizzare questo obiettivo il fondo da 261,84 milioni di euro complessivi, di cui 216,7 da qui al 2032, istituito dal Governo con il decreto legge “Anticipi”, approvato lo scorso 16 ottobre dal Consiglio dei ministri insieme al Disegno di legge di Bilancio e appena pubblicato in Gazzetta.
Il Fondo sarà gestito dal Miur e servirà a “incrementare la disponibilità di alloggi e posti letto per gli studenti fuori sede mediante l’acquisizione del diritto di proprietà o, comunque, l’instaurazione di un rapporto di locazione o altra forma di godimento a lungo termine o il rinnovo a lungo termine di contratti di locazione già in essere da parte di soggetti pubblici e privati in relazione ad immobili adibiti a residenze universitarie”.
La misura, prevista dal Pnrr, punta ad accelerare il programma di investimenti ed è inclusa tra quelle che il Governo ha recentemente rimodulato. In considerazione delle difficoltà del programma – che prevede la realizzazione di 7.500 nuovi alloggi – il Governo aveva trasferito il relativo finanziamento dalla terza alla quarta rata. Il valore complessivo di quest’ultima, ha ricordato il Governo, è di 16,5 miliardi.

Casa: il Piemonte sostiene i genitori separati o divorziati

Uno dei problemi più importanti, se non il più grave, per i genitori separati, è quello relativo al sostenimento dei costi per la propria abitazione, che sia essa in affitto o soggetta al pagamento di un mutuo. Proprio per sostenere queste persone – spesso in grave difficoltà, in quanto devono provvedere al pagamento di più abitazioni, essendo appunto separate – la Regione ha deciso di sostenere gli affitti e i mutui per i genitori separati o divorziati in situazione di grave difficoltà.

La decisione è stata confermata dalla giunta regionale che, su proposta dell’assessore regionale alle Politiche per la Casa, Chiara Caucino, ha deciso di assegnare ai Comuni interessati le risorse regionali pari a 2.590.000 euro complessivi per il 2023 e di confermare il sostegno per i mutuatari, in linea con le «Disposizioni in materia di sostegno ai mutui destinati alla prima casa», che prevede che i contributi stanziati dalla Regione per la misura «Agenzie Sociali per la Locazione» siano anche destinati a contenere il disagio sociale connesso ai problemi abitativi e di concorrere a mantenere la proprietà della prima casa di abitazione, mediante la concessione di contributi a favore dei mutuatari in difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo per sopravvenute e temporanee situazioni che incidono negativamente sulla situazione economica del nucleo familiare.

Le «Agenzie Sociali per la Locazione» sono sportelli comunali a cui è affidato il compito di promuovere, attraverso un sistema di incentivi, la sottoscrizione di contratti di locazione a canone concordato mettendo in contatto i proprietari degli alloggi con famiglie in condizioni di svantaggio economico e sociale, destinando a tale misura risorse proprie del bilancio regionale: i Comuni che nel 2023 hanno manifestato il loro interesse ad aderire a queste misure erogabili sono 51.

Le risorse regionali disponibili saranno ripartite tra i Comuni interessati prevedendo l’accesso dei beneficiari attraverso domande a sportello da presentare al Comune di riferimento, stabilendo quale criterio ragionevole per determinarne l’entità del contributo da riconoscere l’ISEE ed la durata del contratto di locazione dell’interessato.

L’adozione di tutti gli atti necessari all’attuazione del presente provvedimento è stato demandato al Settore Politiche di Welfare abitativo della Direzione regionale Welfare.

«Si tratta di un contributo molto importante – spiegano il Presidente della Regione, Alberto Cirio e l’assessore regionale alle Politiche per la Casa, Chiara Caucino – in quanto un genitore separato o divorziato, a meno che non disponga di entrate cospicue o di importanti risorse proprie, è da considerarsi a tutti gli effetti un soggetto fragile in quanto deve far fronte, praticamente, a un incremento spesso non sostenibile delle spese, in particolare per quanto riguarda quelle abitative. Con questa misura, che vede l’adesione di 51 Comuni, offriamo contributi importanti alle persone in difficoltà. Un sostegno fondamentale, che tutela i diritti delle persone e che, allo stesso tempo, evita o limita il formarsi di nuove drammatiche povertà».

A cura di Marco Traverso – Ufficio Comunicazione Assessore all’Infanzia, genitorialità e ruolo della famiglia nelle politiche del bambino, Politiche della casa, Benessere animale, Pari opportunità, Personale ed organizzazione, Affari legali e contenzioso

Esenzione canone Rai 2023

Come per gli anni passati, anche per il 2023 sono tenuti a pagare il canone Rai tutti coloro che possiedono nella propria abitazione un televisore oppure un apparecchio che consente la ricezione dei canali televisivi.
L’importo della tassa annuale per l’abbonamento è di 90 euro, e anche per quest’anno sarà addebitato direttamente sulla bolletta dell’energia elettrica, come confermato dal Ministero dell’Economia, nonostante le richieste di abolizione.
Non tutti però sono obbligati al pagamento e anche nel 2023 saranno in vigore specifici esoneri.
Come specificato dalla Rai, non ha importanza se il televisore viene effettivamente utilizzato o meno:
“Trattandosi di un’imposta sulla detenzione dell’apparecchio, il canone deve essere pagato indipendentemente dall’uso del televisore o dalla scelta delle emittenti televisive”.
Ci sono però alcune eccezioni che consentono di presentare la domanda di esonero.
Chi dichiara di non avere alcun televisore in casa è esentato dal pagamento, a patto però che non abbia apparecchi in nessuna delle abitazioni ad uso domestico residenziale in cui è attiva un’utenza elettrica a suo nome. Le altre categorie per cui si applica l’agevolazione sono:
– gli anziani con più di 75 anni con un reddito inferiore a 8.000 euro;
– i militari delle Forze Armate Italiane: ospedali militari, Case del soldato e Sale convegno dei militari delle Forze armate. Attenzione: se un membro delle Forze Armate si trova in un appartamento privato situato all’interno di una struttura militare non è esonerato dal pagamento del canone;
– i militari di cittadinanza straniera appartenenti alle Forze Nato;
– gli agenti diplomatici e consolari: solo per quei Paesi per cui è previsto lo stesso trattamento per i diplomatici italiani;
– i rivenditori e negozi in cui vengono riparate TV.

Esenzione canone Rai anziani over 75 anni
L’esenzione dal canone Rai 2023 per gli anziani si applica a tutti i contribuenti in possesso di specifici requisiti che non sono cambiati rispetto agli anni passati:
– almeno 75 anni d’età;
– reddito non superiore ad 8.000 euro.
Ai fini dell’esenzione dal canone Rai 2023, il limite di reddito va considerato calcolando sia le somme percepite dal soggetto richiedente sia dal coniuge.
Inoltre, questa si applica solamente nel caso in cui l’anziano non conviva con altri soggetti titolari di reddito proprio, oltre al coniuge. Sono esclusi dal requisito gli anziani che hanno assunto collaboratori domestici, colf o badanti.
Per poter beneficiare dell’esonero dal pagamento del canone Rai 2023 in bolletta, gli interessati dovranno presentare la domanda entro due precise scadenze:
– 30 aprile 2023, esonero per l’anno intero (poiché cade di domenica il termine slitta al 2 maggio);
– 31 luglio 2023, esonero per il secondo semestre dell’anno.
Nonostante la scadenza del 30 aprile, i richiedenti che intendono presentare la domanda per l’esonero annuale devono aver compiuto i 75 anni d’età entro il 31 gennaio 2023.
Nel caso in cui il requisito d’età dovesse essere raggiunto entro il 31 luglio 2023, invece, l’esonero spetterà solo per il secondo semestre. Chi ha già inviato la domanda l’anno scorso non dovrà inviarla di nuovo.

Disdetta canone Rai: le scadenze per le domande di esenzione
Chi ha intenzione di cancellare l’abbonamento alla televisione e smettere di pagare il canone Rai nel 2023 perché non ha una TV in casa, dovrà presentare l’apposito modulo di domanda entro specifiche scadenze.
Per beneficiare dell’esonero per tutto l’anno, la richiesta va presentata entro il 31 gennaio dell’anno di riferimento, quindi in questo caso del 2023.
Nel caso in cui si saltasse la scadenza, sarà comunque possibile usufruire dell’esonero, ma solamente per il secondo semestre dell’anno. In questo caso la domanda va inviata entro il 30 giugno 2023.
La dichiarazione sostitutiva (Quadro A) va presentata ogni anno se si continua a non possedere un apparecchio televisivo.

Esenzione canone Rai
La domanda di esonero dal pagamento in bolletta del canone Rai 2023 deve essere presentata direttamente dal soggetto a cui è intestata l’utenza elettrica. Il quadro A del modulo dell’Agenzia delle Entrate compilato in ogni sua parte dovrà essere presentato online sul sito dell’Agenzia delle Entrate oppure potrà essere inviato tramite PEC all’indirizzo “cp22.sat@postacertificata.rai.it”.
In alternativa, è possibile inviare la domanda di esenzione tramite una raccomandata all’indirizzo:
“Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale I di Torino – Ufficio Canone TV – Casella postale 22 – 10121 Torino”

Esenzione canone Rai e nuova utenza
Chi dovesse attivare una nuova utenza elettrica durante l’anno senza possedere anche un apparecchio per la ricezione del segnale televisivo potrà comunque presentare la domanda di esonero dal pagamento del canone Rai 2023. Potrà farlo entro la fine del mese successivo a quello di attivazione della fornitura. Così facendo il canone Rai non sarà addebitato in bolletta. In caso contrario sarà possibile presentare domanda di rimborso.

Esenzione per la seconda casa
Il canone Rai 2023 non va pagato sulla seconda casa. Il pagamento, infatti, va effettuato una sola volta per ogni nucleo familiare in cui è presente una fornitura elettrica. L’esonero dal versamento dei 90 euro di canone si applica, quindi, anche nel caso in cui nella stessa famiglia due soggetti fossero titolari di due bollette. Per disdire l’abbonamento, anche in questo caso, bisogna presentare il modello di domanda secondo le modalità ordinarie.

https://www.informazionefiscale.it/esenzione-canone-Rai-2023-chi-non-paga-domanda-scadenza-disdetta

Federcostruzioni, il rapporto sulla filiera

casa in costruzione

Presentato al SAIE, la Fiera delle costruzioni che si è svolta nei giorni scorsi a Bari, il Rapporto Federcostruzioni: il settore tiene nonostante l’inflazione e le preoccupazioni per il futuro degli incentivi. Nel 2022 la crescita è stata del 19,6%, quella stimata per il 2023 è del 4%.

I dati confermano che quella delle costruzioni è una filiera forte e trainante del PIL del Paese, in una percentuale che supera il 50 per cento, secondo il MEF in una % che supera il 50%. Nel 2022 il comparto ha infatti raggiunto i 600 miliardi di euro di valore, in crescita del +19,6% rispetto al 2021 (+100 miliardi), con più di 3 milioni di occupati (+9%). Una crescita sostenuta in particolare dai bonus edilizi e dal PNRR.

Per quanto riguarda l’anno in corso è attesa una crescita del +4%, ma le incertezze per il prossimo futuro sono molte, soprattutto a causa dell’aumento dell’inflazione e dei costi dell’energia, ma anche a motivo della crisi geopolitica e, in particolare, al consistente ridimensionamento del Superbonus, che in questi ultimi anni ha trainato la filiera delle costruzioni facendole raggiungere risultati prima impensabili.

Per quanto riguarda le prospettive future, uno dei principali ambiti di sviluppo per il settore sarà quello della riqualificazione del patrimonio esistente, anche per l’impatto della Direttiva Case Green che richiede, per gli edifici residenziali, il raggiungimento almeno della classe di prestazione energetica E e la D entro il 2033, per arrivare alle 0 emissioni al 2050.

“Nonostante le incertezze del momento, la filiera confida in una piena attuazione del PNRR e una gestione oculata e concreta della transizione verde per garantire non solo una risposta robusta e flessibile alle urgenti sfide sociali e ambientali che caratterizzano il nostro tempo, ma anche la competitività green della nostra filiera industriale. È urgente poi risolvere la problematica dei crediti incagliati e concedere proroga per i lavori già in corso relativi al Superbonus 110%”, ha precisato Paola Marone, Presidente di Federcostruzioni, durante la presentazione del Rapporto.

Un defibrillatore in ogni palazzo

Un defibrillatore in ogni condominio, con l’obiettivo di rendere le abitazioni un punto di primo soccorso in caso di arresto cardiaco. È la proposta di Camera arbitrale internazionale, che ha dato vita al progetto Condominio CardioProtetto, individuando due partner: DAE Italia, azienda per la prevenzione e trattamento dell’arresto cardiaco, e Re-Heart, associazione che a livello nazionale diffonde la cultura di primo soccorso con corsi BLS/BLS-D rivolti a personale laico e sanitario.

“Il condominio, storicamente identificato come luogo di lite, può diventare uno spazio per fare prevenzione e salvare vite: i condomìni possono diventare il cuore di un’iniziativa che mira a sensibilizzare sul tema della sicurezza sanitaria”, precisa Rocco Guerriero, presidente della Camera arbitrale internazionale, in una nota.

“La campagna del Condominio CardioProtetto nasce dalla volontà di diffondere sempre più uno strumento fondamentale quale è il defibrillatore. I dati ci dicono infatti che ogni anno in Italia vengono registrati 73 mila arresti cardiaci, circa 200 al giorno. Davanti a un evento di questo genere abbiamo al massimo 4 minuti per intervenire ed evitare danni cerebrali; 10 minuti per evitare danni irreversibili”, precisa la nota, che prosegue con le indicazioni salva-vita: “Questi numeri possono essere sovvertiti se si agisce con rapidità. Ognuno di noi può farlo: in attesa dei soccorsi, che mediamente arrivano in 15-20 minuti, è importante intervenire con un Supporto di Base delle Funzioni Vitali integrato con l’uso di un defibrillatore”.

La Camera arbitrale internazionale raccoglie oltre 1.300 giudici arbitrali iscritti e 60 sedi sul territorio nazionale. Si occupa da anni anche di controversie condominiali attraverso la propria sezione del Tribunale arbitrale dell’immobiliare e del condominio.

Comunicato stampa

Istat, le previsioni della popolazione residente e delle famiglie

Le nuove previsioni sul futuro demografico del Paese, realizzate dall’Istat e aggiornate al 2022, restituiscono tendenze difficilmente controvertibili, pur se in un quadro nel quale non mancano elementi di incertezza. La popolazione residente è in decrescita: da 59 milioni al 1° gennaio 2022 a 58,1 milioni nel 2030, a 54,4 milioni nel 2050 fino a 45,8 milioni nel 2080.
Il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2022 a circa uno a uno nel 2050.
Pur in un quadro di invecchiamento comune, le differenze strutturali tra Nord e Mezzogiorno del Paese si amplificano.
In crescita le famiglie ma con un numero medio di componenti sempre più piccolo. Meno coppie con figli, più coppie senza: entro il 2042 solo una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà.

Codice di condotta per i call center

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha approvato il Codice di condotta finalizzato a contrastare la pratica del teleselling (vendita per via telefonica) illegale ed aggressivo e a favorire l’adesione da parte dei consumatori a contratti rispettosi della normativa vigente.
Il Codice di condotta definisce una serie di misure da recepire nei contratti tra operatori di comunicazioni elettroniche e partner commerciali che svolgono attività di call center ispirate ai seguenti principi:
– trasparenza dei contratti con gli utenti finali conclusi telefonicamente;
– utilizzo corretto delle liste di numeri telefonici, come fornite dagli operatori;
– regolazione del sub-appalto delle attività dei call center;
– obbligo di richiamabilità del call center da parte del cliente;
– obbligo di iscrizione al ROC dei call center;
– divieto di modificare il Caller Line Identification della linea da cui origina la chiamata al cliente.
L’adesione al Codice di condotta da parte di operatori e call center è su base volontaria; le misure in esso contenute sono quindi vincolanti solo per coloro che vi hanno aderito. Ad oggi hanno dichiarato l’adesione al Codice di condotta i principali operatori di comunicazioni elettroniche. L’Autorità pubblica l’elenco dei sottoscrittori del Codice.
Non rientrano nell’ambito di applicazione del Codice di condotta tutte le modalità di contatto sviluppate tramite canali diversi da quello telefonico vocale quale, ad esempio, il canale SMS.
Si rileva inoltre un impianto normativo insufficiente ad assicurare un efficace contrasto al fenomeno del teleselling illegale; mancano norme che obblighino i call center ad adottare una numerazione riconoscibile, indicata dall’Autorità, e consentano di contrastare il cosiddetto spoofing del numero telefonico, oggi agevolato dalle nuove tecnologie, con una portata non solo nazionale.

Fonte: www.agcom.it

Ristrutturazione casa in un condominio: cosa è importante sapere

Vivere in condominio può offrire numerosi benefici, ma a volte comporta anche alcune problematiche. Tra queste, ad esempio, c’è quella relativa alla ristrutturazione di casa, che quando si vive in condominio necessita di moltissime attenzioni in più.

Le domande che le persone si pongono, quindi, riguardano principalmente alla possibilità di effettuare ristrutturazioni e quali siano le norme da seguire. In condominio si condivide gli spazi con altre persone ed è perciò importante conoscere come muoversi per non recare disturbo a nessuno e cosa esattamente ci è concesso fare.

Per togliersi ogni dubbio e sapere di andare sul sicuro, la risposta migliore è sempre quella di affidarsi a professionisti. Su alcuni shop online, come quello di Leroy Merlin, è possibile trovarne facilmente di specializzati in grado di offrire competenza nella ristrutturazione di casa anche nel caso di condomini.

In questo articolo, daremo qualche indicazione in merito, per avere una panoramica su quali sono le cose a cui prestare attenzione quando si decide di ristrutturare una casa di condominio.

Posso ristrutturare la mia casa di condominio?
Prima di capire quali sono le regole a cui bisogna prestare attenzione, bisogna comprendere se è possibile effettuare ristrutturazione. Un ambiente condominiale è un ambiente condiviso, perciò è davvero possibile modificarlo in autonomia?
La risposta è affermativa: ogni proprietario ha infatti la libertà di apportare cambiamenti e miglioramenti al proprio appartamento, questo perché ha effettivo controllo e responsabilità sul proprio spazio privato.
Ovviamente, questo discorso è valido nel caso di appartamenti di proprietà, dove il condomino ha la massima autorità decisionale su interventi di ammodernamento e manutenzioni dell’immobile.
Il discorso è molto diverso nel caso di un affitto, dove tutte le decisioni spettano al proprietario di casa e non all’affittuario, il quale deve fare riferimento solo a lui per qualsiasi tipo di necessità sulla struttura.
Infine, nel caso si abbia la necessità di ristrutturare le parti comuni, come ad esempio la facciata o i balconi, è fondamentale aver inoltrato richiesta all’amministratore e aver ottenuto l’approvazione di tutte le parti, compresi gli altri condomini.

Documenti e permessi necessari
Quando si decide di procedere con una ristrutturazione della casa il primo passaggio è quello della burocrazia: è necessario richiedere permessi e preparare i giusti documenti. Situazione che si fa un pochino più macchinosa in caso di case di condominio.
Come prima cosa, le normative vigenti obbligano a presentare una richiesta di autorizzazione al comune per la maggior parte degli interventi edilizi, comprese quelle per le ristrutturazioni condominiali.
Un passaggio fondamentale è poi la comunicazione preventiva all’amministratore del condominio affinché sia a conoscenza dei lavori programmati e possa consigliare sugli interventi autorizzati e sul rispetto degli orari.
Anche se per la maggior parte delle ristrutturazioni all’interno dell’unità immobiliare non è necessario che vi sia l’approvazione dell’assemblea condominiale, è infatti sempre prudente informare l’amministratore e gli altri condomini, come atto di cortesia
Prima di avviare qualsiasi intervento, è infine importante verificare attentamente il regolamento condominiale, per comprendere eventuali limitazioni orarie o restrizioni relative all’uso di spazi comuni.

Regole di orari e rumori
Nonostante il proprietario dell’appartamento abbia piena libertà di effettuare lavori di ristrutturazione interni, possono comunque essere presenti delle regole per quanto riguarda gli orari in cui farli, i giorni e il rumore acconsentito.
Tutte queste norme vengono decise in fase di assemblea e sono presenti nel regolamento condominiale, ma nel caso non fossero presenti si applicano quelle di livello nazionale: queste permettono di effettuare interventi rumorosi solo nelle fasce orarie che vanno dalle 8 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.
Inoltre, è vietato svolgere lavori rumorosi durante il fine settimana e nei giorni festivi, tenendo conto delle necessità dei vicini, specialmente qualora avessero impieghi con orari notturni e quindi avessero bisogno di riposare durante il giorno.
Per quanto concerne i rumori prodotti durante i lavori, la legge non specifica un limite di decibel da non superare. Tuttavia, è richiesto che questi non superino una soglia di tollerabilità generale.
È altresì fondamentale mantenere la pulizia degli spazi comuni, riducendo al minimo la dispersione di polveri e utilizzando l’acqua per abbatterla in modo da evitare che si sollevi e si diffonda in modo fastidioso.
Infine, per preservare il buon stato dell’ascensore e delle aree condivise, è importante che i materiali e i detriti generati dai lavori non vengano dispersi negli spazi condominiali.

Violazione delle normative: i possibili rischi
Quando si intraprendono lavori di ristrutturazione per la propria casa è importante sapere che violare il regolamento condominiale o arrecare danni agli altri all’interno dello stabile può portare a sanzioni rilevanti.
Prima di tutto, recare disagio con eccessivo rumore può comportare un’ordinanza dal giudice affinché si interrompano i rumori molesti al di fuori delle fasce consentite. Se questi persistono o superano la soglia di tollerabilità si rischia di incorrere in un reato perseguibile per legge.
È essenziale quindi agire con buon senso e rispettare tutte le normative, avvisando i vicini e rendendosi disponibili a trattative e compromessi, nel caso in cui vi siano problematiche.
Per evitare di trovarsi in situazioni spiacevoli a causa della mancanza di conoscenza o del non rispetto delle norme, è infine una buona idea rivolgersi a dei professionisti affidabili: questi, infatti, sapranno perfettamente come muoversi affinché i lavori di ristrutturazione possano procedere nel rispetto di tutte le leggi e del quieto vivere.