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PROPRIETARI E PARTITE IVA: IN ARRIVO 100MILA LETTERE PER FARE PACE COL FISCO

Buone notizie per proprietari e partite Iva “onesti” che hanno bisogno di una seconda possibilità per mettersi in regola con le dichiarazioni dei redditi. In questi giorni, infatti, l’Agenzia delle entrate ha annunciato che, in questi giorni, sono in arrivo circa 100mila lettere, indirizzate ad altrettanti cittadini che, secondo i dati in possesso del Fisco, non hanno dichiarato, nel 2014, parte dei redditi percepiti l’anno precedente. Non si tratta di avvisi di accertamento, ma di semplici comunicazioni, che viaggiano via posta ordinaria o via pec, con cui l’Agenzia informa che, dall’incrocio delle informazioni presenti nelle proprie banche dati, risultano delle somme non dichiarate, in tutto o in parte. 

Come si legge nel comunicato stampa diffuso dalle Entrate, i destinatari delle lettere, tra cui per la prima volta figurano anche titolari di reddito di lavoro autonomo, potranno quindi giustificare l’anomalia o presentare una dichiarazione integrativa e mettersi in regola beneficiando delle sanzioni ridotte previste dal ravvedimento operoso. Con questa nuova tornata di comunicazioni, il Fisco continua a percorrere la strada del dialogo preventivo, con l’obiettivo di evitare che un errore o una dimenticanza possano trasformarsi, senza che il contribuente ne abbia consapevolezza, in un avviso di accertamento vero e proprio, che comporta il pagamento di sanzioni e interessi in misura piena. Novità in arrivo anche sul fronte dell’assistenza: chi riceve una di queste lettere, potrà trovare nel proprio cassetto fiscale la dichiarazione 2014, pronta da integrare sulla base di un prospetto precompilato (disponibile solo per alcuni tipi di reddito) o del prospetto di dettaglio. Potrà quindi fare le correzioni in modalità assistita, inviare l’integrativa e stampare l’F24 per versare gli importi dovuti.

L’identikit dei destinatari di questa tranche di invii

Nel dettaglio, le comunicazioni in partenza sono indirizzate a contribuenti persone fisiche e originate da anomalie relative a: 

* redditi dei fabbricati, derivanti dalla locazione di immobili, imponibili a tassazione ordinaria o soggetti a cedolare secca;

* redditi di lavoro dipendente e assimilati, compresi gli assegni periodici corrisposti dal coniuge o ex coniuge;

* redditi prodotti in forma associata derivanti dalla partecipazione in società di persone o in associazioni tra artisti e professionisti e redditi derivanti dalla partecipazione in società a responsabilità limitata in trasparenza

* redditi di capitale derivanti dalla partecipazione qualificata in società di capitali;

* redditi derivanti da lavoro autonomo abituale e professionale;

* alcuni tipi di redditi diversi e redditi derivanti da lavoro autonomo abituale e non professionale;

redditi d’impresa con riferimento alle rate annuali delle plusvalenze/sopravvenienze attive.

Prospetto precompilato e integrativa assistita, il Fisco aiuta a rimediare

Novità in arrivo per i contribuenti che ricevono una di queste comunicazioni. Non soltanto nella lettera troveranno indicati, in un dettagliato prospetto informativo, tutti gli elementi che hanno originato l’anomalia segnalata, ma un numero considerevole di contribuenti sarà indirizzato ad accedere a Fisconline per correggere la dichiarazione, direttamente online e in maniera assistita. Per la prima volta, infatti, nel cassetto fiscale sarà disponibile il link “scarica dichiarazione da integrare”, tramite il quale sarà possibile ottenere il file contenente la dichiarazione originaria presentata per il 2013. New entry nell’ottica di agevolare i cittadini anche il collegamento diretto “scarica il software di compilazione”, tramite cui i contribuenti potranno installare automaticamente il pacchetto UnicoOnLine necessario per richiamare la dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2013, importandola con l’apposita funzionalità, e integrare la dichiarazione, sulla base dei dati forniti con il prospetto di dettaglio. Per rendere il tutto ancora più semplice, nei casi in cui l’anomalia riscontrata riguarda redditi di lavoro dipendente e assegni periodici (quadro RC), redditi di partecipazione (se non è stato compilato il quadro RH) e altri redditi (se nel quadro RL del modello Unico Persone fisiche o nel quadro D del modello 730 non sono stati dichiarati redditi di capitale), verrà fornito anche il prospetto precompilato del quadro da rettificare o integrare. Una volta predisposta l’integrativa, il contribuente non dovrà far altro che inviarla e stampare l’F24 per il pagamento degli importi dovuti.

Cam e uffici pronti ad assistere i cittadini 

I cittadini che ricevono una di queste comunicazioni possono chiedere chiarimenti rivolgendosi a uno dei Centri di assistenza multicanale (Cam) dell’Agenzia, che rispondono ai numeri 848.800.444 da telefono fisso e 06.96668907 da cellulare (costo in base al piano tariffario applicato dal gestore), dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, selezionando l’opzione “servizi con operatore – comunicazione direzione centrale accertamento”. In alternativa, è possibile rivolgersi alla Direzione Provinciale di competenza o ancora a uno degli uffici territoriali della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate. Tutte le informazioni sulle lettere per la compliance sono disponibili in una nuova sezione dedicata sul sito dell’Agenzia, raggiungibile seguendo il percorso: Cosa devi fare > Compliance, controlli, contenzioso e strumenti deflativi > Attività per la promozione della compliance. 

OPZIONE CEDOLARE SECCA: COSA ACCADE SE NON SI COMUNICA

Da quando la cedolare secca è stata introdotta, ovvero dal pediodo d’imposta 2011, sono sempre di più i proprietari di immobili dati in locazione che scelgono tale opzione in alternativa al regime di tassazione ordinario.

Come noto, per non incorrere in sanzioni, la cedolare va confermata al termine del contratto di locazione. Ma, nel caso in cui ciò non avvenisse, come va versata la sanzione per la mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga della cedolare secca? Questo l’oggetto di un quesito inviato da un contribuente alla rubrica di posta fiscale di FiscoOggi: l’organo di stampa ufficiale dell’Agenzia delle Entrate. Vediamo che cosa hanno risposto:

In materia di cedolare secca, il decreto-legge collegato alla manovra di bilancio 2017 ha previsto che “la mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga del contratto non comporta la revoca dell’opzione esercitata in sede di registrazione del contratto di locazione qualora il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente con la volontà di optare per il regime della cedolare secca, effettuando i relativi versamenti e dichiarando i redditi da cedolare secca nel relativo quadro della dichiarazione dei redditi” (articolo 7-quater, comma 24, Dl 193/2016, che ha modificato l’articolo 3, comma 3, Dlgs 23/2011). La medesima disposizione prevede, inoltre, che “in caso di mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga, anche tacita, o alla risoluzione del contratto di locazione per il quale è stata esercitata l’opzione per l’applicazione della cedolare secca, entro 30 giorni dal verificarsi dell’evento, si applica la sanzione nella misura fissa pari a 100 euro, ridotta a 50 euro se la comunicazione è presentata con ritardo non superiore a 30 giorni”. La predetta sanzione deve essere pagata con il modello F24 Elide – Versamenti con elementi identificativi, utilizzando il codice tributo “1511” (cfr. risoluzione 30/E del 10 marzo 2017).

REPORT MEF/AGENZIA ENTRATE: IL 77,4% DELLE FAMIGLIE RISIEDE IN ABITAZIONI DI PROPRIETÀ

[Fonte: Agenzia delle Entrate]

Quasi 20 milioni di famiglie sono proprietarie della casa in cui abitano, il 77,4% del totale. L’abitazione vale in media nel 2014 circa 170 mila euro (1.450 /m2), valore però in calo del 2,4% rispetto al 2013. Gli italiani proprietari di un appartamento sono oltre 25,7 milioni (dipendenti e pensionati nell’81,7% dei casi) mentre i locatari sono 4,7 milioni. La superficie media di un’abitazione è pari a 117 m2. Oltre un miliardo di euro è l’ammontare delle agevolazioni fiscali erogate per quasi 3,7 milioni di interventi di ristrutturazioni, riqualificazione energetica e messa in sicurezza degli edifici effettuati nel 2014. È la fotografia del patrimonio immobiliare italiano al 31 dicembre 201 4 scattata dall’Agenzia delle Entrate e dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia, in collaborazione con il partner tecnologico Sogei, i cui dati sono riassunti nella sesta edizione del rapporto “Gli immobili in Italia”, presentato oggi a Roma presso Sala Polifunzionale del Mef.

Il volume analizza la distribuzione della proprietà e del patrimonio immobiliare sul territorio nazionale, in relazione alle caratteristiche sociodemografiche ed economiche dei proprietari, con approfondimenti sulla tassazione immobiliare e sulle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione edilizia, la riqualificazione energetica e per interventi antisismici.

La casa è di proprietà

Ipotizzando che ad ogni abitazione principale corrisponda una famiglia, nel 2014 in Italia il 77,4% delle famiglie risultano proprietarie dell’abitazione in cui risiedono. Questo dato è sensibilmente più elevato al Sud e nelle Isole (82,9%), prossimo al dato nazionale al Nord (75,3%), mentre è più basso al Centro (il 73,9%).


Come gli italiani utilizzano la propria abitazione

Nel 2014 la maggior parte delle abitazioni di proprietà delle persone fisiche sono utilizzate come abitazione principale (62,6%), il 17,9% sono a disposizione (le cosiddette “seconde case”) e solo l’8,8% dello stock abitativo è dato in locazione. Un ulteriore 2,8% è rappresentato dalle abitazioni date in uso gratuito a un proprio familiare.


Il valore delle abitazioni – Nel 2014 il valore medio nazionale di un’abitazione si attesta intorno ai 170 mila euro, con un valore unitario di 1.450 /m2, in calo del 2,4% rispetto all’anno precedente. A livello regionale la variabilità è abbastanza sostenuta e va dai circa 285 mila euro in Trentino Alto Adige ai circa 82 mila euro nel Molise. Nelle 12 maggiori città italiane con popolazione oltre i 250.000 abitanti, il valore medio delle abitazioni si è ridotto quasi ovunque, con un deciso calo a Torino (-11,4%). Le uniche variazioni positive si osservano a Milano (+4,5%) e, in maniera più contenuta, a Venezia (+0,9%). Per quanto riguarda invece le pertinenze, una cantina vale in media circa 6mila euro, mentre un box/posto auto vale circa 22mila euro.


Roma, Milano e Napoli – Lo studio analizza, in dettaglio, anche la situazione immobiliare nelle tre principali metropoli italiane. A Roma sono circa 900 mila le famiglie proprietarie della casa di residenza, quasi il 65% del totale. A Napoli e Milano la quota è più contenuta, 62% e 58% rispettivamente. A Roma la superficie media di un’abitazione è pari a 103 m2, con un valore medio di circa 354 mila euro (3.448 /m2); a Milano è di 88 m2, con un valore medio di circa 269 mila euro (3.058 /m2); a Napoli la superficie media di un’abitazione è 102 m2, per un valore medio di circa 250 mila euro (2.458 /m2).

L’identikit del proprietario…

Nel 2014, dei 40,7 milioni di contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi, oltre 25,7 milioni (il 63,2% del totale dei contribuenti) sono risultati proprietari di immobili o di quote immobiliari. I lavoratori dipendenti e i pensionati costituiscono l’81,7% dei proprietari: più della metà dei proprietari risiede al Nord (50,7%), il 23,1% al Centro e il 26,2% al Sud e nelle Isole. Le donne proprietarie di abitazioni sono circa 886 mila in meno degli uomini, ma il valore delle loro abitazioni è maggiore, nonostante il reddito imponibile sia nettamente inferiore. In crescita sono, invece, i proprietari senza figli a carico, che rappresentano il 76,6% del totale. Infine, i proprietari con età inferiore ai 35 anni rappresentano il 9% della popolazione, quelli con età superiore ai 65 anni sono il 32,6%, mentre quelli di età compresa fra i 35 e i 65 anni sono il 58,4%.

…e del locatore 

Complessivamente nel 2014 gli individui locatori di immobili, in Italia, sono 4,7 milioni, con un aumento di circa il 4,1% rispetto al 2012. Il canone annuo medio rimane invariato (circa 9,7 mila euro). Il 34,9% dei locatori (quasi 1,7 milioni) ha un’età compresa tra 51 a 70 anni, seguono i proprietari con età compresa tra 31 e 50 anni (il 23,1%) e gli ultrasettantenni (il 22,2%), mentre i locatori con meno di 30 anni sono il 2,4% del totale. Nel 2013, gli immobili locati a uso abitativo assoggettati a tassazione ordinaria erano il 61% circa, quelli con cedolare secca ordinaria il 34% e quelli con cedolare secca ad aliquota ridotta il 5%.

DAL 2016 LA TASSAZIONE SULLA CASA È DIMINUITA DI 4,4 MILIARDI 

Dal 2016 il prelievo sugli immobili si è ridotto di 4,4 miliardi di cui 3,6 miliardi riferibili all’abolizione della Tasi sulle abitazioni principali non di lusso. Ne hanno beneficiato 19,5 milioni di contribuenti (per il 75% lavoratori dipendenti e pensionati) per un risparmio medio pro capite di 175 euro annui L’Imu versata nel 2016 è pari a 18,8 miliardi e la Tasi sui servizi indivisibili a 1,1 miliardi, per un totale di 19,9 miliardi di euro di gettito complessivo Imu/Tasi. La composizione percentuale del gettito complessivo mostra che, nel 2016, del totale del prelievo

sugli immobili circa il 48% delle entrate deriva dall’Imu e solo il 3% dalla Tasi, per effetto dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sulle abitazioni principali. Il gettito da imposte di natura reddituale è pari al 21% del totale ed è in gran parte attribuibile all’Irpef (14% del totale) e alla cedolare secca sulle locazioni abitative (5%), il cui gettito cresce di anno in anno. L’Iva sulle compravendite di immobili rappresenta il 13% delle entrate complessive, mentre le imposte di registro e bollo costituiscono il 7% del totale.


Le agevolazioni fiscali per ristrutturazioni e riqualificazione energetica

Nel periodo 2005-2014 sono stati effettuati complessivamente 17,1 milioni di interventi per il recupero del patrimonio edilizio, con un ammontare di spesa totale pari a 94,3 miliardi di euro circa e una spesa media per opera pari a 5,5 mila euro. In particolare, nell’anno di imposta 2014, i contribuenti che hanno riportato in dichiarazione spese per ristrutturazione edilizia, sono 7,6 milioni. La detrazione media è pari a circa 542 euro per contribuente. Gli immobili su cui sono stati effettuati interventi di ristrutturazione sono 719,8 mila e la spesa media maggiore (10,6 mila euro) è sostenuta per gli immobili situati nei piccolissimi Comuni (fino a 5 mila abitanti). Riguardo al genere, i contribuenti di genere maschile che hanno dichiarato lavori di ristrutturazione sono 4,4 milioni, mentre le donne solo 3,2 milioni. La spesa media è di 13,2 mila euro per gli uomini e 11,3mila euro per le donne, mentre le detrazioni medie sono pari a 578 euro per gli uomini e 492 euro per le donne. Dal 2008 al 2014 sono stati effettuati 2,7 milioni di interventi di riqualificazione energetica, per una spesa totale pari a 19,3 miliardi di euro e una spesa media di 7,2 mila euro. Il 61,7% dei soggetti che richiedono una detrazione sono di sesso maschile e spendono in media 11,4 mila euro, contro i 9,2 mila euro di spesa dei contribuenti di genere femminile. Per entrambe le tipologie di bonus, la distribuzione per classi di età evidenzia che il numero massimo di lavori è sostenuto da contribuenti con più di 60 anni.


Le agevolazioni per interventi antisismici e messa in sicurezza degli edifici

Da agosto 2013, data di introduzione dell’agevolazione fiscale, a dicembre 2014 sono stati effettuati oltre 45 mila interventi relativi all’adozione di misure antisismiche. L’ammontare totale di spesa per questa categoria di opere è pari a oltre 300 milioni di euro e la spesa media è di circa 6,7 mila euro. Per questi interventi sono state richieste detrazioni per un importo totale pari a circa 19,7 milioni di euro, cui corrisponde un beneficio fiscale medio pari a 435 euro. I beneficiari sono, nella maggior parte dei casi, di genere maschile (61%) e spendono in media più delle donne (8,7 mila euro, contro i 7,3 mila euro circa spesi dalle donne): di conseguenza beneficiano di una detrazione più elevata (568 euro contro i 476 euro per le donne). Con riferimento alla classe di età, il numero maggiore di beneficiari si registra nelle classi tra i 30 e i 45 anni e oltre i 60 anni (rispettivamente 14,7 mila e 12,8 mila contribuenti).

Ulteriori approfondimenti – Il volume Gli immobili in Italia è disponibile gratuitamente in forma digitale sul sito www.agenziaentrate.gov.it, nella sezione
l’Agenzia comunica > prodotti editoriali > Pubblicazioni su catasto, cartografia e
mercato immobiliare, e sul sito www.finanze.gov.it, in > Dati e statistiche fiscali > Gli immobili in Italia.


SCHERMATURE SOLARI: LE ENTRATE CONFERMANO BONUS 2017

In periodo scadenze e dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle entrate torna ad occuparsi di agevolazioni Irpef per i contribuenti, rispondendo ad un quesito di carattere fiscale, nell’ambito della rubrica di posta fiscale di FiscoOggi (organo di stampa ufficiale dell’Agenzia). 

In particolare, il contribuente chiede se anche per le spese sostenute nel 2017 sia ammessa la detrazione Irpef del 65% per l’installazione di schermature solari.


Ecco la risposta: “Si ha diritto alla detrazione Irpef per interventi di efficienza energetica, nella misura del 65%, anche con riferimento alle spese (documentate e rimaste a carico del contribuente) sostenute per l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari. Sono agevolabili le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017, fino a un valore massimo della detrazione di 60mila euro (articolo 14, comma 2, lettera b), Dl 63/2013, come modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera a, legge 232/2016). Si ricorda che è agevolabile l’installazione dei sistemi di schermatura solare di cui all’Allegato M al Dlgs 311/2006, in possesso di marcatura CE (se prevista) e che rispettano le leggi e le normative nazionali e locali in tema di sicurezza e di efficienza energetica. La detrazione spetta per le spese sostenute per la fornitura e la posa in opera delle varie tipologie di schermature e per le opere, anche murarie, eventualmente necessarie per la posa in opera. In ogni caso, sono comprese tra le spese detraibili anche quelle relative alle prestazioni professionali necessarie alla realizzazione dell’intervento (cfr circolare n. 7/E del 4 aprile 2017, pagina 260)”.

LA CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA DI CONDOMINIO: POTERI E DOVERI

[A cura di: avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com]

L’assemblea è il centro decisionale del condominio. Il codice civile non ne dà una definizione, la quale dunque dipende dalla qualificazione giuridica di condominio che si intenda abbracciare: sommatoria dei diritti dei singoli partecipanti o ente dotato di personalità giuridica. Nel primo caso l’assemblea si configura come semplice insieme dei condomini, nel secondo caso come organo dell’ente. La disciplina codicistica, come detto, omette la definizione di assemblea, ma è molto dettagliata nel descrivere la casistica relativa alla sua convocazione, sotto il profilo dei soggetti che vi possono o vi devono provvedere. Tale casistica è sparsa in più disposizioni; qui se ne propone una esposizione condotta sulla base dei criteri logici del tipo di assemblea e del soggetto convocante e della sua posizione soggettiva (potere, dovere).

ASSEMBLEA ORDINARIA E STRAORDINARIA

È anzitutto opportuno soffermarsi sulle nozioni di “assemblea ordinaria” ed “assemblea straordinaria”. L’art. 66, co. 1, disp. att. cod. civ. distingue infatti tra assemblea convocata “in via ordinaria” ed “in via straordinaria”. L’assemblea ordinaria è quella convocata annualmente per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 cod. civ., vale a dire: 1) la conferma dell’amministratore e la sua retribuzione; 2) l’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e la relativa ripartizione tra i condomini; 3) l’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e l’impiego del residuo attivo della gestione; 4) le opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni. L’assemblea straordinaria è quella convocata quando se ne presenti la necessità.

L’unica differenza tra i due tipi di assemblea risiede nei soggetti convocanti. Infatti, mentre l’assemblea ordinaria può (e deve) essere convocata soltanto dall’amministratore, quella straordinaria può essere convocata anche dai condomini.

In merito all’assenza di ulteriori differenze, si legga la massima di Cass. Civ. 1984/3456: “Ai fini della validità di una deliberazione di assemblea condominiale, è privo di qualunque rilievo il fatto che la delibera impugnata sia stata adottata in un’assemblea straordinaria piuttosto che in un’assemblea ordinaria, o viceversa, giacché non esistono, tra le competenze di questi due tipi di assemblee, differenze di sorta, né sono previsti differenti quorum per la legale costituzione delle assemblee medesime, l’assemblea straordinaria essendo menzionata, in opposizione a quella ordinaria, dall’art. 66 disp. attuaz. c.c., soltanto per disporre che l’assemblea ordinaria deve essere convocata annualmente, a differenza di quella straordinaria, che è convocata in qualsiasi momento in caso di necessità”.

L’assenza di ulteriori differenze è ribadita dalla irrilevanza, quanto alla validità delle delibere adottate, della correttezza dell’indicazione “ordinaria” o “straordinaria” nella convocazione dell’assemblea. Si legga la massima di Cass. Civ. 1975/2050: “Allorchè tutti i condomini di un edificio abbiano avuto tempestiva comunicazione della convocazione dell’assemblea e degli argomenti all’ordine del giorno, non ha rilevanza, al fine della validità delle delibere adottate, l’esattezza o meno dell’indicazione dell’assemblea, nell’avviso di convocazione, come ordinaria o straordinaria; tale distinzione, infatti, non ha altra giustificazione che quella di stabilire l’annualità ed obbligatorietà della prima, per la retta amministrazione del condominio, e l’eventualità e non periodicità della seconda, ma non attribuisce all’una od all’altra alcuna particolare natura o funzione”.

La convocazione dell’assemblea ordinaria

Soltanto l’amministratore ha il potere di convocare l’assemblea ordinaria; nessun potere spetta in tal senso ai condomini. La convocazione dell’assemblea ordinaria, oltre che un potere, è per l’amministratore un dovere (art. 1130, co. 1, n. 1, cod. civ.), la cui mancata osservanza costituisce grave irregolarità (art. 1129, co. 12, n. 1, cod. civ.) la quale è motivo di revoca giudiziale (art. 1129, co. 11, cod. civ.).

Nel caso in cui l’amministratore non vi sia, l’assemblea ordinaria può essere convocata da ciascun condomino (art. 66, co. 2, disp. att. cod. civ.).

Nel caso in cui l’amministratore cessi dall’incarico a causa della perdita dei requisiti indicati dall’art. 71 bis, co. 4, disp. att. cod. civ., l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore può essere convocata da ciascun condomino senza formalità.

Si noti una differenza nelle ultime due ipotesi in ordine alle “formalità” della convocazione: nella seconda (amministratore cessato per perdita dei requisiti) si precisa che il singolo condomino può convocare l’assemblea senza formalità, mentre nella prima (amministratore mancante) nulla viene precisato. Ora, se risulta evidente che nella prima ipotesi il condomino convocante dovrà osservare tutte le disposizioni in materia di convocazione (come modalità e termini), rimane il dubbio circa l’esatta portata dell’assenza di formalità della seconda ipotesi. In dottrina (V. Nasini, L’amministratore, in Il nuovo condominio a cura di R. Triola, p. 760, Torino, 2013) l’inciso in parola è stato ritenuto “previsione nebulosa e suscettibile di abusi e utilizzazioni strumentali, nonché foriera di rilevante contenzioso”.

La convocazione dell’assemblea straordinaria

Per quanto attiene all’assemblea straordinaria, la casistica è più articolata rispetto a quella ordinaria, potendosi suddividere le ipotesi di convocazione, a seconda del soggetto convocante, come segue: 1) quando l’amministratore ha il potere di convocarla; 2) quando l’amministratore ha il dovere di convocarla; 3) quando l’amministratore ha il dovere di convocarla su richiesta dei condomini; 4) quando più condomini insieme hanno il potere di convocarla; 5) quando il singolo condomino ha il potere di convocarla (mancanza dell’amministratore).

1) L’amministratore ha il potere di convocare l’assemblea straordinaria ogniqualvolta lo ritenga necessario (art. 66, co. 1, disp. att. cod. civ.).

2) L’amministratore ha il dovere di convocare l’assemblea straordinaria nei seguenti casi (A. Celeste, L’assemblea, in A. Celeste, A. Scarpa, Il condominio negli edifici, p. 356, Milano, 2017):

– quando abbia ricevuto una citazione o un provvedimento che esorbita dalle sue attribuzioni, per darne senza indugio notizia ai condomini (art. 1131, co. 3, cod. civ.);

– quando abbia ordinato lavori di manutenzione straordinaria che rivestono carattere urgente, per riferirne nella prima assemblea (art. 1135, co. 2, cod. civ.).

3) L’amministratore ha il dovere di convocare l’assemblea straordinaria su richiesta dei condomini nei seguenti casi:

– quando ne facciano richiesta almeno due condomini rappresentanti un sesto del valore dell’edificio, per deliberare su qualsiasi materia (art. 66, co. 1, disp. att. cod. civ.);

– quando ne faccia richiesta anche un solo condomino, per deliberare, nel caso siano emerse gravi irregolarità fiscali o nel caso di mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale, la cessazione della violazione e la revoca dell’amministratore (art. 1129, co. 11, cod. civ.);

– quando ne faccia richiesta anche un solo condomino, per deliberare una innovazione vista favorevolmente dal legislatore, ovvero una di quelle indicate dall’art. 1120, co. 2, cod. civ. (art. 1120, co. 3, cod. civ.);

– quando ne faccia richiesta anche un solo condomino, per deliberare sulla rettifica o modifica delle tabelle millesimali quando vi sia errore o alterazione, a seguito di mutamento delle condizioni dell’edificio, per più di un quinto del valore proporzionale di anche una sola unità immobiliare (art. 69, co. 1, disp. att. cod. civ.);

– quando ne faccia richiesta anche un solo condomino, per deliberare, nel caso di attività che incidono negativamente ed in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, la cessazione della violazione (art. 1117 quater cod. civ.).

4) Più condomini insieme hanno il potere di convocare l’assemblea straordinaria in questo caso: se almeno due proprietari rappresentanti un sesto del valore dell’edificio abbiano fatto richiesta all’amministratore di convocare l’assemblea straordinaria e questi non abbia provveduto, decorsi dieci giorni dalla richiesta i suddetti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione.

5) Il singolo condomino ha il potere di convocare l’assemblea straordinaria nel caso in cui l’amministratore non vi sia (art. 66, co. 2, disp. att. cod. civ.). Si ripete qui quando detto sopra a proposito delle formalità che devono essere osservate.

FABBRICATI CHE HANNO PERSO LA RURALITÀ: ULTIME SETTIMANE PER RAVVEDERSI CON LO SCONTO

[A cura di: FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]

Ultima occasione per regolarizzare, a prezzi scontati, cioè solo con un piccola sanzione, la classificazione catastale di quei fabbricati che hanno perso i requisiti della ruralità. La chance è offerta dagli avvisi bonari che l’Agenzia delle Entrate invierà, nelle prossime settimane, ai proprietari delle circa 800mila costruzioni, che risultano ancora da dichiarare al catasto urbano.

A tal proposito, si ricorda che l’obbligo di variare la categoria catastale dei fabbricati rurali è stato previsto dal decreto “Salva Italia” 2011 (articolo 13, comma 14-ter, Dl 201/2011). In particolare, la dichiarazione di aggiornamento doveva avvenire entro venerdì 30 novembre 2012, attraverso la procedura Docfa. Pertanto, gli alert scaturiscono, da un lato, dall’attività d’accertamento dell’amministrazione, e dall’altro dalla collaborazione con il cittadino/contribuente che si concretizza, in questo caso, in una campagna di sensibilizzazione all’adempimento, con il beneficio di sanzioni ridotte. Gli avvisi bonari consentiranno a ciascun titolare di conoscere la propria posizione e verificare quali immobili sono soggetti all’obbligo di dichiarazione. In ogni caso, è già possibile controllare lo stato delle cose connettendosi al sito dell’Agenzia, dove è pubblicato l’elenco dei fabbricati rurali ancora presenti nel catasto terreni.

LO SCONTO

I proprietari che presentano la dichiarazione di aggiornamento potranno beneficiare dell’istituto del ravvedimento operoso, con un notevole risparmio sulle sanzioni che, a titolo esemplificativo, si riducono da un importo compreso tra 1.032 e 8.264 euro, a uno di 172 euro (pari ad 1/6 del minimo). Nell’eventualità in cui l’avviso bonario dovesse presentare delle inesattezze, il destinatario potrà avvertire l’Agenzia compilando l’apposito “modello di segnalazione” allegato all’avviso o, in alternativa, utilizzando il servizio online disponibile sul sito.

LASTRICO SOLARE DI PROPRIETÀ ESCLUSIVA: COME SI RIPARTISCONO LE SPESE DI MANUTENZIONE?

[A cura di: Maurizio Zichella – membro Acap e vice presidente nazionale ARCO, Associazione revisori contabili condominiali]
La fattispecie della ripartizione delle spese riferite ai lavori di manutenzione del lastrico solare di proprietà esclusiva è stato oggetto di molte sentenze della Corte di Cassazione, la quale ha più volte richiamato il criterio secondo il quale, nel caso di manutenzione del lastrico solare di proprietà esclusiva, trova applicazione l’art. 1126 c.c.
Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condòmini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo alla spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condòmini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno”.
La sentenza n. 12578 del 7/4/2017 depositata in cancelleria il 18/05/2017 ritorna sull’argomento in quanto una condomina ricorre in Cassazione per chiedere l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Milano la quale, disattendo il richiamato articolo, stabilisce che nel caso in questione “essendo che i lastrici solari insistono su porzione d’immobile in seno alla quale si trovano parti di proprietà comune (galleria pedonale, portico pedonale, portineria, atrio, piano interrato, corselli box) costituendo quindi copertura non solo alle unità immobiliari site ai piani sottostanti ma anche a beni di proprietà comune, individuate nel regolamento di condominio, è corretto applicare il principio secondo il quale a concorrere alla spesa siano tutti i condòmini e non solo i condòmini proprietari delle unità immobiliari a cui il lastrico solare funge da copertura”.
La Cassazione accoglie la richiesta di annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Milano ribadendo la valenza dell’art. 1126 c.c. precisando che quando si legge “tutti i condòmini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico serve da copertura”, si riferisce evidentemente a coloro che appartengono alle unità immobiliari comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, escludendo i condòmini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto. L’obbligo di partecipazione alla riparazione dei richiamati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualità di partecipante al condominio, ma dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico in oggetto. 
La stessa Corte evidenzia come è del tutto inevitabile che la terrazza o il lastrico di uso esclusivo coprano una o più parti che siano comuni a tutti i conòomini, e non solo a quelli della rispettiva ala del fabbricato, come ad esempio, il suolo su cui sorge l’edificio, la facciata, le fondazioni, ma se bastasse questo a chiamare a concorrere alle spese tutti i condòmini, l’art. 1126 c.c. non avrebbe alcuna pratica applicazione. L’art. 1126 c.c. non rientra tra le disposizioni inderogabili richiamate dall’art. 1138 c.c., e quindi all’interno di un regolamento di condominio si può stabilire una ripartizione delle spese in misura diversa, ma a tal fine occorre che sia adottata una convenzione espressa che deroga al criterio legale.
In conclusione si può evidenziare che il criterio stabilito dall’art.1126 c.c. sia l’unico criterio da applicare nei casi in cui ci si trova a dover intervenire su elementi quale il terrazzo o lastrico solare di proprietà esclusiva, non trovando applicazione un criterio diverso per il solo fatto che tali elementi fungono da copertura anche altre parti comuni del condominio.

CONDOMINI MOROSI: QUAL È LA PROCEDURA PER IL RECUPERO DEI CREDITI

[A cura di: avv. Gian Vincenzo Tortorici]
Nel condominio sorgono necessariamente obbligazioni inerenti alle spese che servono per la conservazione e la manutenzione delle cose e degli impianti comuni. Queste spese possono essere decise dall’amministratore, in base all’art. 1133 cod. civ., se concernenti l’ordinaria amministrazione, o dall’assemblea, ai sensi dell’art. 1135 cod. civ., qualora riguardino una manutenzione straordinaria o una innovazione (Cass. civ., Sez. II, 25 maggio 2016, n. 10865).
I costi delle prime si riferiscono direttamente ai condòmini nel momento stesso nel quale l’amministratore le sostiene e per queste esiste l’obbligo di corrisponderle nella gestione alla quale si riferiscono; per i costi delle seconde obbligato alla corresponsione è il condomino che le ha approvate in assemblea, anche se l’unità immobiliare sia stata alienata nelle more tra l’assunzione della delibera e l’esecuzione concreta delle opere manutentive, ovviamente sempre salvo patto contrario da valere, però, esclusivamente nel rapporto interno venditore/acquirente e non nei confronti del condominio (Cass. civ., Sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7395).
Qualora insorga una morosità di un condomino, l’amministratore, senza necessità di alcuna preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea, può agire nei suoi confronti per il recupero del credito del condominio. L’amministratore, che entro sei mesi dall’approvazione del rendiconto preventivo o consuntivo, deve agire nei confronti dei condòmini morosi, ex art. 1129 cod. civ. novellato, può sospendere loro, anche senza la previsione del regolamento, l’erogazione dei servizi comuni, suscettibili di godimento separato, sempre che la morosità si sia protratta per un semestre. 
L’art. 1129 cod. civ. consente all’assemblea di esonerare l’amministratore dal procedere esecutivamente nei confronti del condomino moroso, ma la delibera deve, a mio parere, indicare specificatamente il nominativo del condomino e i motivi giustificativi di una tale decisione: per esempio, per motivi di salute propria o di un familiare convivente o per un costo della procedura eccessivo rispetto al possibile ricavo per essere l’unità immobiliare gravata da un’ipoteca di primo grado e di rilevante importo.
Per il recupero del credito l’amministratore, verificata l’effettiva titolarità del diritto di proprietà al momento della proposizione, deve presentare un ricorso per decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 633 cod. proc. civ. e art. 63 disp. att. cod. civ. all’autorità giudiziaria competente per valore, cioè al Giudice di Pace sino a € 5.000 o al Tribunale se l’importo sia superiore. Il ricorso per decreto ingiuntivo deve essere documentato con la convocazione dell’assemblea, il verbale che approva il rendiconto consuntivo e/o preventivo con il relativo riparto, la messa in mora del condomino debitore.
Il magistrato, senza sentire il debitore, emette il decreto, che può essere opposto dall’ingiunto ove sussistano suoi fondati motivi. L’amministratore, in questo caso, ha il potere autonomo di costituirsi in giudizio, senza necessità, pertanto, di alcuna delibera dell’assemblea. Qualora il condomino non provveda a pagare quanto riportato nel decreto ingiuntivo, l’amministratore procede con l’azione esecutiva concernente in:
a) pignoramento mobiliare consistente nel sequestrare beni mobili, per esempio, il televisore, una poltrona e così via, nella casa del debitore, con le esclusioni previste dalla legge, ad esempio, il letto e la cucina, e venderli all’asta soddisfacendosi con il ricavato;
b) pignoramento immobiliare che si differenzia dal primo poiché il sequestro investe direttamente l’unità immobiliare del debitore;
c) pignoramento di beni mobili iscritti in pubblici registri, ad esempio, un motoveicolo o un autoveicolo;
d) pignoramento presso terzi quale può essere lo stipendio a mani del datore di lavoro o un conto corrente o un deposito titoli presso un istituto di credito.
Sia al decreto ingiuntivo sia agli atti esecutivi il condomino può opporsi sollevando solo eccezioni inerenti all’ammontare e alla natura del suo debito, ma non anche concernenti la validità della delibera che ha approvato il rendiconto consuntivo, o preventivo, se in precedenza non l’abbia impugnata ai sensi dell’art. 1137 cod. civ. (Cass. civ., Sez. II, 19 febbraio 2016, n. 3354) ovvero per vizi procedurali inerenti alla stessa azione di recupero del credito.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

La cantina va a fuoco

In tre in ospedale

Un uomo di 67 anni, residente in un condominio in provincia di Alessandria, è rimasto gravemente ferito a seguito di un incendio divampato nella sua cantina. Il 67enne è stato trasportato al Cto di Torino con ustioni di secondo e terzo grado sul 30% del corpo. A soccorrerlo sono stati due condòmini, rimasti leggermente intossicati nel tentativo di spegnere le fiamme con un idrante. Sul posto sono arrivati tempestivamente anche i vigili del fuoco, che hanno estinto il rogo e verificato le condizioni di sicurezza dell’edificio. Sono in corso le indagini per accertare le cause dell’incendio. 

Nell’appartamento

serra per marijuana

Un’operazione antidroga dei carabinieri del comune di Prato ha portato alla denuncia di un 40enne per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. Nell’abitazione dell’uomo i militari hanno rinvenuto una serra mobile per la coltivazione della marijuana e una piantina già sviluppata. Dalla perquisizione personale, inoltre, sono saltate fuori alcune dosi di hashish, per un totale di 8 grammi. Nella stessa zona è stato fermato e denunciato per i medesimi motivi anche un giovane di 20 anni, beccato con 20 grammi di droga addosso e altri 15 grammi nascosti nel suo appartamento.

Casa messa all’asta:

lui vi appicca il fuoco

È stato arrestato con l’accusa di danneggiamento seguito da incendio l’uomo di 62 anni che, dopo essere stato sfrattato, aveva forzato l’ingresso della sua vecchia abitazione in un piccolo comune dell’Emilia Romagna e aveva appiccato un incendio. I carabinieri hanno bloccato il 62enne in ospedale grazie alla denuncia dei sanitari che lo stavano curando. L’uomo, infatti, emanava un forte odore di benzina e sosteneva di aver dato fuoco alla propria casa. Dagli accertamenti dei militari è emerso che l’immobile era stato venduto all’asta da poco. Dopo tre giorni di prognosi, l’ex proprietario è stato tradotto nella cella di detenzione della caserma locale. 

Si addormenta in cortile

77enne travolto da auto 

Ha tutta l’aria di essere una tragica fatalità quella che ha ucciso un anziano di 77 anni che viveva in un piccolo comune dell’hinterland di Torino. Secondo quando raccontato dai testimoni, l’uomo stava dormendo su una panchina, nel cortile della casa di suo figlio, quando l’auto guidata dal cognato, che stava procedendo in retromarcia, gli è piombata addosso, schiacciandolo contro il muro di recinzione del giardino. Lo stesso conducente è rimasto lievemente ferito e non è ancora chiaro se si sia trattato di una distrazione o di un malore. Nonostante l’intervento dell’elisoccorso e il tempestivo trasporto in ospedale, per il 77enne non c’è stato nulla da fare.

Si aggira in condominio:

cacciato dal Comune

Ha numerosi precedenti a suo carico per reati contro la persona e il patrimonio il 30enne di Frosinone fermato dalle forze dell’ordine mentre si aggirava con fare sospetto nei pressi di un condominio di Isernia. Il pregiudicato è stato notato da una pattuglia dei carabinieri all’interno del cortile di una palazzina della periferia del capoluogo molisano e, una volta raggiunto, non è stato in grado di fornire valide motivazioni che giustificassero la sua presenza in quei luoghi. Per questo motivo gli è stato notificato un foglio di via obbligatorio con divieto ritorno nel territorio comunale.

Pensavano fosse morto

ma stava solo dormendo

Sono dovuti intervenire i vigili del fuoco per rimuovere le inferriate della finestra e accedere all’appartamento del 43enne, residente in un condominio nel bresciano, che da ore non rispondeva al citofono e alle chiamate di una vicina. Era stata proprio lei ad allertare i soccorritori, pensando che fosse successo qualcosa di grave al suo dirimpettaio. Invece, quando i vigili sono entrati nella casa, si sono resi conto che l’uomo non era affatto morto. Semplicemente stava dormendo e non si era accorto di niente, probabilmente a causa del fatto che aveva alzato un po’ troppo il gomito la sera prima. Ancora intontito, l’uomo è stato trasportato in ospedale per accertamenti.

Quasi tutti i condòmini

rubavano l’elettricità

Sono finiti agli arresti domiciliari i venti condòmini, residenti in uno stabile in provincia di Foggia, che da vent’anni sottraevano abusivamente energia alla rete elettrica per alimentare i propri alloggi. La maxi frode ai danni dell’Enel, per un importo complessivo di 120mila euro, è stata scoperta dai carabinieri grazie al supporto dei tecnici dell’azienda. I contatori sono risultati essere in parte manomessi, in modo da far risultare consumi minimi. Soltanto 4 appartamenti su un totale di 24, avevano un regolare contratto di fornitura. Al processo per direttissima, i condòmini disonesti dovranno rispondere di furto aggravato di energia elettrica.

ANIMALI DOMESTICI IN CONDOMINIO E REGOLAMENTI IN VIGORE PRIMA DELLA RIFORMA

[A cura di: Mauro Simone, vice segr. naz. Alac – Giuseppe Simone, vice segr. naz. Appc]

Il comma 5 dell’art. 1118 c.c. introdotto con la legge di riforma del condominio dispone che le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici in casa e nel condominio. Con l’approvazione di detta norma il legislatore italiano si è conformato alla prescrizione della Convenzione Europea per la protezione degli animali di compagnia sottoscritta nel 1987 a Strasburgo, seguita successivamente dall’approvazione della legge 189 del 20 luglio 2004 riguardante il divieto di maltrattamento degli animali d’affezione. Circa invece l’accesso e il trasporto dei cani in ascensore, il legislatore nulla ha prescritto, stabilendo all’art.17 del D.P.R n. 162/99 solo il divieto d’uso dell’ascensore ai minori di anni 12 non accompagnati da persone di età più elevata. Questo è all’attualità il quadro normativo – giuridico, che chiarisce in modo esplicito l’illegittimità di divieti contenuti nei regolamenti circa la detenzione di cani in casa e in condominio.
Recentemente la II sez. civile del Tribunale di Cagliari, con ordinanza del 22 luglio 2016 ha confermato che alcuna norma di regolamento può vietare la detenzione di animali domestici in casa o in aree condominiali come giardini e parchi. Una siffatta norma verrebbe considerata affetta da nullità, anche se fosse contenuta in un regolamento di “natura esterna” o convenzionale. L’assenza, quindi, di un esplicito divieto di legge, fa ritenere ai proprietari di animali domestici illegittima la clausola di regolamento che impedisca la detenzione e il trasporto in ascensore di cani.
Al contrario, una recente sentenza del 28 marzo scorso del Tribunale di Monza, ha ritenuto valida la clausola del regolamento di un supercondominio che poneva il divieto, con annessa sanzione pecunaria, in caso di trasporto di cani in ascensore, ma con la precisazione che è da ritenere legittima la detenzione di animali domestici in casa.
Il dibattito resta aperto, in attesa che l’evoluzione interpretativa sul tema chiarisca i dubbi che tuttora permangono, ovvero se il divieto di cui all’art.18 del cod. civ. valga anche per i regolamenti di natura “esterna” e inoltre, se restano valide le clausole contenenti il divieto di detenzione in casa e di accesso dei cani in ascensore nei regolamenti approvati prima della legge di riforma del condominio. È noto che le norme che disciplinano il vivere in condominio sono contenute negli statuti delle compagini condominiali, ovvero nel regolamento di condominio di “origine interna” (assembleare) oppure “esterna” (convenzionale) e che possono contenere vincoli sull’uso delle singole unità immobiliari e degli impianti come, ad esempio, la detenzione di animali e l’accesso e il trasporto degli stessi in ascensore.
Il primo tipo di regolamento, chiamato “interno”, è formato e approvato dalla maggioranza dei presenti in assemblea, eventualmente muniti di delega scritta, ed almeno il 50 per cento del valore millesimale tabellare della proprietà generale. Il “regolamento interno” approvato con la suddetta maggioranza è obbligatorio per tutti i condòmini. Quando esso contiene norme che incidono sui diritti reali dei singoli partecipanti o dei limiti all’uso delle singole unità immobiliari, per la loro validità occorre l’assenso di tutti i condòmini. In tal caso si è davanti ad atti negoziali aventi valore di un contratto, con effetti obbligatori anche per gli aventi causa purché vengano trascritti nei pubblici registri immobiliari. Ai fini della validità del contenuto che si intende tutelare è però indispensabile che le clausole limitatrici o impeditive vengano espressamente indicate nel regolamento.
Il regolamento di “origine esterna” è invece quello predisposto dell’unico originario proprietario dell’intero edificio o dal costruttore del fabbricato. Questo tipo di regolamento, sottoscritto “per contratto”, ha la sua forza vincolante nel fatto che è frutto della volontà del costruttore e dell’acquirente della singola unità immobiliare. In genere questo regolamento viene specificamente richiamato nei singoli rogiti notarli. Anche questo tipo di regolamento può contenere divieti, vincoli e limitazioni.
Dato conto dei primi pronunciamenti, ci si chiede se l’orientamento della giurisprudenza di merito possa essere applicato anche ai regolamenti di condominio antecedenti la riforma del condominio. Difatti, secondo i principi di diritto comune, la nuova disposizione prevista dall’art.18 troverebbe applicazione solo dalla entrata in vigore della novella legislativa n.220/2012, a motivo della irretroattività della legge. Pertanto, i rapporti nati sotto l’egida della precedente disciplina condominialistica (ante riforma), in assenza nella legge 220/12 di specifiche norme transitorie, conservano la loro piena validità.
Pertanto, per i motivi ut supra dedotti, secondo il nostro ordinamento sembra potersi affermare che la nuova norma sostanziale introdotta con la legge n. 220/12 non assorbe i rapporti sorti nella precedente disciplina del 1942, e pertanto restano validi i divieti contenuti in tutti i tipi di regolamento ante riforma circa l’uso e l’accesso nell’ascensore per i cani e la detenzione degli stessi in casa e nei condomini.