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Comuni e geometri: un accordo per l’accatastamento degli immobili rurali

[A cura di: Anci]

Siglata a Roma la convenzione tra l’Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci), la Fondazione patrimonio comune (Fpc), il Consiglio nazionale geometri e geometri laureati (Cngegl) e la Cassa italiana di previdenza dei geometri liberi professionisti (Cipag).

L’accordo sul catasto

L’accordo – firmato da Antonio Decaro, presidente Anci, Alessandro Cattaneo, presidente Fpc, Maurizio Savoncelli, presidente Cngegl, Diego Buono, presidente Cipag – è finalizzato a facilitare l’accatastamento dei fabbricati rurali, a cui sono tenuti per legge i Comuni italiani (ai sensi dell’art. 13, comma 14-ter del DL n. 201/2011).
Grazie a questa intesa, che tutti i Comuni interessati potranno sottoscrivere con i 110 collegi provinciali dei geometri, i compensi professionali peseranno meno sui bilanci comunali e l’individuazione dei geometri professionisti sarà resa più immediata dagli elenchi messi a disposizione dei Comuni italiani dal Cngegl. I costi delle operazioni di accatastamento, infine, potranno essere anticipati da Cipag con un fondo rotativo e, in un secondo momento, restituiti dalle amministrazioni comunali.

Regolarizzare gli immobili non accatastati

La regolarizzazione degli immobili non accatastati, rispetto alla quale l’Anci ha già avviato da tempo un’azione di sollecitazione nei confronti di tutti i Comuni, è utile anche a evitare il rischio di dover pagare per intero le sanzioni previste in caso di inadempienza, che arrivano a superare gli 8 mila euro per ogni immobile. La regolarizzazione tempestiva, invece, consentirebbe di sostenere solo il pagamento di 172 euro per ogni nuovo accatastamento.

Il presidente dell’Anci Antonio Decaro afferma: “Questo protocollo, che consente di avvalersi delle competenze tecniche dei geometri e di snellire una procedura sollecitata da tempo, va nella direzione che più volte mi sono posto da amministratore e da presidente dell’Anci: una collaborazione con le professioni tecniche che possono partecipare al più ampio processo di riforma della pubblica amministrazione. Il problema degli immobili non accatastati va affrontato e risolto. Con questa firma muoviamo un passo fondamentale in quella direzione”.

Dai condoni al fascicolo del fabbricato

L’accordo – aggiunge il presidente della Fondazione patrimonio comune, Alessandro Cattaneoci consente anche di guardare oltre: sono convinto che questa modalità di collaborazione tra professionisti e Comuni potrà dare le risposte che da troppo tempo si aspettano nel nostro Paese. Come ad esempio sui molti condoni ancora appesi (basta vedere quanto è successo ad Ischia), o sul tema dei controlli della staticità degli edifici ed il fascicolo di fabbricato”.

Proprio per dare continuità alla collaborazione tra categoria e l’Associazione dei Comuni italiani, Cipag e Cngegl parteciperanno inoltre all’assemblea nazionale dell’Anci, dall’11 al 13 ottobre, che si terrà a Vicenza. La presenza della categoria sarà un’ulteriore occasione per illustrare le best practice professionali provenienti dal territorio e messe a disposizione di tutti gli enti locali interessati.

La posizione dei geometri

La nostra partecipazione all’Assemblea nazionale dell’Anci – dice Maurizio Savoncelli, presidente Cngegl – è finalizzata a mettere a disposizione dei Comuni le migliori competenze della categoria, nel rispetto del principio di sussidiarietà tra pubblica amministrazione e professionisti, che è stato rafforzato dal recente Jobs act per i lavoratori autonomi”.

Siamo convinti – commenta infine Diego Buono, presidente Cipag – che iniziative come questa, oltre a costituire un esempio di sinergia pubblico-privato, siano estremamente utili e abbiano una forte valenza di reciprocità: da un lato gli enti locali potranno beneficiare della professionalità e delle facilitazioni per mettere a norma il proprio patrimonio urbano; dall’altro la categoria dei geometri potrà confermare il proprio contributo al miglioramento della vita sociale mettendosi ancora di più al servizio delle comunità locali”.

I NUMERI SCONVOLGENTI DELL’ABUSIVISMO EDILIZIO. E LA RICETTA DEI VERDI

[A cura di: Consiglio nazionale degli Architetti]

“Complessivamente risultano presentate 15,4 milioni di domande di condono, frutto dei condoni di Craxi del 1985 e di Berlusconi del 1994 e 2003. Di queste, circa 5,4 milioni risultano inevese, di cui 3,5 milioni relative al primo condono, 1milione al secondo e 840 mila al terzo”.
Lo hanno detto Angelo Bonelli, coordinatore nazionale dei Verdi, e Sauro Turroni, responsabile nazionale politiche del territorio dei Verdi, in occasione della presentazione del dossier “La politica è franata – Tra abusivismo, consumo del territorio e dissesto”.

Per queste ragioni i Verdi propongono cinque azioni contro gli abusivi:

  1. rendere immediata la demolizione al momento dell’accertamento dell’abuso edilizio entro e non oltre 15 giorni dalla notifica del verbale;
  2. trasferire i poteri di repressione dell’abusivismo edilizio dai Comuni alle Autorità giudiziarie ed eliminare ogni potere di legislazione in materia alle regioni comprese quelle a statuto speciale;
  3. individuazione presso le procure di uffici specifici repressione abusivismo edilizio che dovranno essere potenziati con magistrati e personale tecnico;
  4. accordo strutturale tra il ministero di Grazia e Giustizia e il Ministero della Difesa per l’uso del genio militare negli abbattimenti;
  5. demolire prioritariamente gli immobili abusivi edificati nelle aree vincolate e demaniali.

RISTRUTTURAZIONI IMMOBILIARI ED EFFICIENTAMENTO: LE PROSPETTIVE EDILIZIE IN LOMBARDIA

[A cura di: Assoedilizia]

Per la prima volta dopo molti anni spira un venticello di moderato ottimismo all’assemblea generale di Assimpredil – Ance: l’ associazione dei costruttori di Milano, Monza e Lodi. Un moderato ottimismo messo nero su bianco – assieme a un corposo elenco di cose che non vanno e di cose da fare – dalla esaustiva relazione del presidente Marco Dettori (nella foto con Achille Colombo Clerici), preceduta dalla sintesi di una ricerca Makno. Ad ascoltare, una folta platea di imprenditori, assieme a chi è successivamente intervenuto: il sindaco di Milano Giuseppe Sala, i primi cittadini di Monza, Dario Allevi, e di Lodi, Sara Casanova; Fabrizio Sala, vicepresidente della Regione Lombardia; il deputato Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente e Territorio della Camera. Il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, ha invece inviato un messaggio di saluto.

L’edilizia e il “modello ambrosiano”
Uno dei punti cardine della relazione di Dettori è stato la valorizzazione del “modello ambrosiano”, una alleanza tra le istituzioni – in primis la Regione – secondo i principi di flessibilità, responsabilità e controllo. La recessione ha colpito duramente: dal 2009 si è perso il 30% del capitale umano del settore delle imprese, e nell’ultimo quinquennio circa 35.000 posti di lavoro tra diretto e indotto: ma nel 2016 è stato rilevato un +13% del numero dei lavoratori a Milano, anche se permangono dati negativi nelle province di Monza e Lodi.
Nella difficile battaglia per tutelare chi opera nel rispetto delle regole, alleati preziosi sono le organizzazioni sindacali. Uno degli avversari più temibili resta, invece, la burocrazia.

Il settore delle costruzioni e il fardello della burocrazia
Gli esempi si sprecano. Risolvere le procedure autorizzative più semplici, ma fondamentali, indurrebbe il sistema delle imprese ad avere maggiore fiducia nella Pubblica Amministrazione. Tra le priorità, generare una nuova cultura di approccio all’ambiente affermando un diverso modello di intervento per la riqualificazione del territorio e il recupero delle aree dismesse, definendo azioni congiunte con le Amministrazioni locali per risolvere i nodi che bloccano i processi di rigenerazione.

Il nuovo Codice degli Appalti
Assieme all’auspicio di una legge “vera” di qualificazione delle imprese, la relazione si sofferma sul nuovo Codice degli appalti: 220 articoli, 172 refusi individuati e corretti, 441 modifiche, 60 decreti attuativi, prodotte nell’ultimo anno 1388 delibere Anac. Negli ultimi 5 anni il carico fiscale sul prodotto immobiliare è costantemente cresciuto rendendo praticamente impossibile determinare il costo finale di un investimento immobiliare; d’altro canto proprio gli incentivi fiscali per agevolare acquisto o recupero di abitazioni hanno dato risultati positivi, ma bisogna stabilizzare tali misure.

Le riqualificazioni immobiliari
L’obiettivo dovrebbe essere quello di incentivare operazioni di rigenerazione profonda del patrimonio costruito per innescare un capillare rinnovamento energetico, sismico e architettonico. Nel nostro territorio potrebbero esserci, nel prossimo decennio, più di 15 milioni di mq da rigenerare per un valore di investimenti di circa 20 miliardi. Mentre la città ha registrato negli ultimi due anni investimenti per oltre 6 miliardi, di cui 4 miliardi esteri.

L’housing sociale
I positivi risultati della politica urbanistica regionale sono stati ricordati dal vicepresidente Sala, il quale ha inoltre ricordato la grande collaborazione con il capoluogo e i meriti di quest’ultimo: primo caso in Europa di riqualificazione di un intero quartiere, il Lorenteggio; il 30% di housing sociale del residenziale che verrà edificato – assieme a 700.000 mq di verde – grazie al recupero degli ex Scali Ferroviari ; e una collaborazione sempre più stretta con i privati per risolvere il problema abitativo che vede, da un lato tanti alloggi non occupati e dall’altro lato la necessità di offrire casa a giovani e meno abbienti. Mentre il presidente Realacci ha riconosciuto il carisma di Milano, quarta finestra per il mondo dopo Venezia, Roma, Firenze: una città aperta a chi sta dentro le regole.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Arrestato per stalking

della vicina di casa

Un uomo di 31 anni, residente in comune della provincia di Reggio Emilia, è stato arrestato in flagranza di reato dai carabinieri, con l’accusa di stalking nei confronti della sua vicina di casa. Era cominciato tutto un anno fa, quando il molestatore, invaghito della dirimpettaia di 11 anni più giovane, aveva cominciato a tempestarla di messaggini, arrivando a pedinarla fino al posto di lavoro. La 20enne aveva cambiato impiego, denunciando lo stalker alle forze dell’ordine. Eppure, nonostante la notifica di divieto di avvicinamento alla giovane, dopo poco l’uomo si era palesato nel locale dove la vittima lavorava, riempiendola di insulti e minacciandola di fronte a numerosi testimoni. A quel punto sono intervenuti i militari dell’Arma che hanno proceduto all’arresto. 

Palazzina in fiamme

Salvati dal citofono

Tragedia sfiorata in un condominio della provincia di Ancona, colpito nel cuore della notte da un incendio che ha avvolto il quarto piano dello stabile. Nonostante le fiamme fossero visibili dalla strada, né il proprietario dell’appartamento maggiormente colpito, né i suoi vicini di casa si erano accorti di quanto stava accadendo, probabilmente a causa dell’ora tarda. A svegliare gli inquilini ci hanno pensato alcuni passanti che, alla vista del rogo, hanno cominciato a suonare all’impazzata i campanelli della palazzina, nel tentativo di allertare gli occupanti. Soltanto grazie alla loro tenacia il bilancio dell’incendio è stato di tre persone intossicate e una ustionata (il proprietario dell’alloggio). 

Il ladro “spiderman”

scivola durante la fuga

È rimasto a terra claudicante, il ladro acrobata che, assieme ad un complice, aveva tentato di svaligiare un alloggio al quinto piano di una palazzina di Monza. Dalle indagini è emerso che il malvivente, un 27enne proveniente dall’Albania, si trovava all’interno dell’appartamento quando, udito l’ascensore fermarsi al piano, aveva deciso di scappare calandosi dal balcone. Giunto al primo piano, saltando da un balcone all’altro, era però scivolato, rovinando al suolo tra le auto parcheggiate dei condòmini. A ritrovarlo, pochi metri più in là, sono stati i carabinieri della stazione locale, allertati dagli stessi inquilini dello stabile. Nessuna traccia, invece, del complice.

Muore folgorato

cambiando lampadina

I soccorritori hanno provato a rianimarlo fino all’ultimo, ma non c’è stato nulla da fare. Una morte assurda quella di un uomo di 58 anni, rimasto folgorato mentre stava tentando di sostituire una lampadina fulminata, nella sua casa di villeggiatura in una frazione di Taranto. Il 58enne è spirato poco dopo le 20 sotto gli occhi della moglie e della figlia, che avevano tempestivamente allertato il 118. Sulla tragedia indaga la Magistratura, che ha deciso di aprire un fascicolo per accertare se l’accadimento sia imputabile a una qualche imprudenza della vittima oppure al malfunzionamento dell’impianto elettrico dell’abitazione. Non sembrano esserci dubbi, invece, sulla causa del decesso.

Assemblea condominiale

si trasforma in rissa

Dovranno rispondere dell’accusa di rissa e lesioni personali i protagonisti della lite avvenuta in un comune in provincia di Frosinone, durante la periodica assemblea condominiale. Si tratta di una donna di 40 anni assieme al figlio maggiorenne, il compagno 40enne di lei e un uomo di 53 anni. Tra i quattro già da tempo non correva buon sangue e, durante l’ultima riunione di condominio, alle discussioni accese hanno fatto seguito le mani. Al termine della colluttazione sono finiti tutti in ospedale, anche se ad avere la peggio sono stati la donna e il 53enne. Dagli accertamenti dei carabinieri, allertati dal personale del nosocomio, sembra che all’origine dell’episodio vi siano motivi legati al non rispetto delle regole e all’eccessivo rumore da un appartamento all’altro.

I bimbi schiamazzano:

papà ferito da condòmino

Non è in pericolo di vita l’uomo accoltellato dal vicino di casa al termine di una lite consumatasi nel cortile di un condominio di Padova. A generare il diverbio sarebbe stato il rumore causato dai bambini che stavano giocando nel piazzale comune. Spazientito per il chiasso, l’aggressore, un uomo di 56 anni, si è affacciato al balcone lamentandosi e inveendo contro i minori. A quel punto è intervenuto il padre di uno dei ragazzini, blandendo un bastone e invitando l’uomo a scendere in cortile per risolvere la questione “da uomini”. Il 56enne non se l’è fatto ripetere due volte e si è presentato al cospetto dello sfidante armato di coltello. A conclusione della colluttazione il genitore è stato ricoverato e denunciato per porto abusivo di arma atta ad offendere, mentre il dirimpettaio è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio.

Installa telecamere

per spacciare al sicuro

Aveva installato un sofisticato sistema di videosorveglianza il 40enne arrestato nella sua abitazione di Messina per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’operazione, messa a segno dalla squadra mobile della città dello Stretto con la collaborazione della locale unità cinofila della Guardia di Finanza, ha portato al rinvenimento di un notevole quantitativo di cocaina, marijuana e hashish e al recupero di circa mille euro in contanti. Le 4 telecamere, posizionate sul tetto della palazzina e collegate a due televisori, in salotto e in cucina, servivano al “professionista della droga” per monitorare il flusso dei clienti e per controllare l’eventuale arrivo delle forze dell’ordine. Il sacchetto con lo stupefacente, non a caso, era stato lanciato dalla finestra poco prima del blitz.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Fingono un furto

L’assicurazione li becca

Sono accusati di simulazione di reato e truffa aggravata i due coniugi cinquantenni, reo confessi, residenti in un comune dell’Emilia, che hanno finto di essere stati derubati in casa per ricevere i soldi dell’assicurazione. In realtà un furto, i due, lo avevano subito per davvero, ma qualche mese prima. Ad accorgersi della messa in scena è stata la polizia che, raccogliendo la denuncia e analizzando la dinamica dell’effrazione, ha scoperto che le modalità della finta razzia erano del tutto identiche a quelle precedenti. In particolare, dopo il primo colpo, la finestra dalla quale erano passati i ladri non era mai stata riparata. La coppia dovrà rimborsare l’assicurazione di 20mila euro.

Apre finestra per il caldo

Gli entrano i ladri in casa 

Una donna di 89 anni, residente in un comune della provincia di Monza e Brianza, è stata aggredita nella nel cuore della notte dai tre rapinatori che le stavano svaligiando casa. L’anziana stava dormendo nel suo letto quando si è accorta dei rumori provenienti dalla zona giorno. Quando si sono accorti di essere stati scoperti, i ladri l’hanno raggiunta e immobilizzata legandola al letto e malmenandola. Alle urla di aiuto ha risposto il figlio 60enne che si trovava nella stanza accanto, finendo anche lui vittima della violenza dei banditi. Secondo la ricostruzione dei fatti, questi ultimi si sarebbero introdotti nell’appartamento approfittando della finestra lasciata spalancata per il caldo.

Fingono un furto

L’assicurazione li becca

Sono accusati di simulazione di reato e truffa aggravata i due coniugi cinquantenni, reo confessi, residenti in un comune dell’Emilia, che hanno finto di essere stati derubati in casa per ricevere i soldi dell’assicurazione. In realtà un furto, i due, lo avevano subito per davvero, ma qualche mese prima. Ad accorgersi della messa in scena è stata la polizia che, raccogliendo la denuncia e analizzando la dinamica dell’effrazione, ha scoperto che le modalità della finta razzia erano del tutto identiche a quelle precedenti. In particolare, dopo il primo colpo, la finestra dalla quale erano passati i ladri non era mai stata riparata. La coppia dovrà rimborsare l’assicurazione di 20mila euro.

Apre finestra per il caldo

Gli entrano i ladri in casa 

Una donna di 89 anni, residente in un comune della provincia di Monza e Brianza, è stata aggredita nella nel cuore della notte dai tre rapinatori che le stavano svaligiando casa. L’anziana stava dormendo nel suo letto quando si è accorta dei rumori provenienti dalla zona giorno. Quando si sono accorti di essere stati scoperti, i ladri l’hanno raggiunta e immobilizzata legandola al letto e malmenandola. Alle urla di aiuto ha risposto il figlio 60enne che si trovava nella stanza accanto, finendo anche lui vittima della violenza dei banditi. Secondo la ricostruzione dei fatti, questi ultimi si sarebbero introdotti nell’appartamento approfittando della finestra lasciata spalancata per il caldo.

L’USUCAPIONE DI UN BENE CONDOMINIALE OCCUPATO ABUSIVAMENTE

[A cura di: Mauro Simone, pres. APPC – ALAC Area Metropolitana di Bari – Giuseppe Simone vice segr. naz. APPC]
Talvolta si verifica un utilizzo abusivo dei beni condominiali da parte di taluni condòmini. Casi scolastici di alterazione e occupazione di parti comuni da parte del singolo condomino sono quelli del sottoscala o della cantina del pianerottolo inglobato nella proprietà individuale e sottratti al godimento degli altri condòmini. Quali sono gli obblighi dell’amministratore di condominio in simili circostanze?
Innanzitutto occorre premettere che il sostenere, come talvolta accade, che gli anzidetti spazi comuni non erano in precedenza mai stati utilizzati o che trattasi di spazi ritenuti all’apparenza di scarsa utilità per il condominio non giustifica la natura abusiva e illecita della condotta del singolo condomino. L’amministratore è tenuto ad intervenire tempestivamente per far cessare l’abuso, eventualmente anche ricorrendo all’Autorità Giudiziaria, sia per far terminare in via d’urgenza l’illegittimità, sia per ottenere il ristoro dei danni eventualmente subiti dalla compagine condominiale.
L’amministratore ha una duplice responsabilità, sia civile sia penale, e ne risponde personalmente se le dette condotte producono il verificarsi di danni per il condominio o per alcune persone. L’amministratore è penalmente responsabile per omissione, ad esempio, nel caso in cui l’utilizzo abusivo delle parti comuni pregiudichi la sicurezza dello stabile o si verifichino eventi di danno alle persone.
Non vanno neppure escluse conseguenze di carattere patrimoniale, nell’ipotesi in cui l’occupazione o l’annessione di una parte comune da parte del singolo sia diventata ormai definitiva e incontestabile, pregiudicando così la possibilità di intraprendere nell’interesse dei condòmini azioni cautelari e ogni altra possibilità di tutela. Infatti, il condominio se rimane a lungo inerte di fronte all’occupazione abusiva di uno spazio comune corre il rischio che il bene condominiale (sottoscala, pianerottolo o cantina, etc) venga usucapito dal singolo condomino. Ovviamente va accertato, nel caso concreto, che non si tratti di un uso più intenso o diverso da quello degli altri condòmini, ai sensi dell’art. 1102 c.c., in quanto ciò non sarebbe idoneo a mutare il titolo del possesso.
In vero, non sono ritenuti idonei a usucapire i beni comuni i semplici atti di gestione, ma occorre un comportamento tale da evidenziare inequivocabilmente da parte del singolo il possesso esclusivo e l’“animo domini” sulla cosa comune per la durata di 20 anni, così da escludere di fatto dal godimento di un bene gli altri condòmini.
Per alcuni beni come il sottotetto, quando non costituisce pertinenza dell’appartamento dell’ultimo piano e assolve all’esclusiva funzione di isolare i vani del sottostante alloggio, non è invece configurabile un possesso idoneo ad usucapirlo, poiché si qualifica come danno da “lucro cessante”, se manca il consenso unanime di tutti i partecipanti alla collettività condominiale (Cass. 11184/2017), l’utilizzazione in via esclusiva del bene comune da parte del singolo condomino.

DANNI CAUSATI DALLA CONDENSA: IL CONDOMINIO NON È RESPONSABILE

[A cura di: Maurizio Zichella – membro Acap e vice presidente nazionale Arco, Associazione revisori contabili condominiali]

La sentenza n. 15615/2017, depositata il 22 giugno 2017 dalla VI Sez. Civile della Corte di Cassazione, tratta una fattispecie che molto spesso accade in ambito condominiale: la richiesta di risarcimento dei danni riconducibili al fenomeno della condensa che si presenta all’interno dell’appartamento.

LA CONDENSA

Una premessa: che cos’è la condensa? L’umidità di condensa si origina quando, a causa di un repentino cambiamento di temperatura, il vapore acqueo passa bruscamente dallo stato aeriforme a quello liquido, formando una miriade di goccioline sulle superfici piane di pareti e soffitti. Il vapore acqueo proviene da varie fonti, e in particolare:

– dalla normale umidità della stanza;

– dalla respirazione delle persone presenti;

– dalle operazioni di cucina, e specialmente dalla bollitura dell’acqua;

– dalla saturazione di umidità che si ottiene in bagno ad esempio durante una doccia calda.

Il cambiamento di temperatura viene invece favorito da diversi elementi, tra cui:

– un cattivo o inefficiente isolamento termico delle pareti perimetrali o del tetto;

– spifferi e correnti d’aria causati da infissi vecchi o con guarnizioni inefficienti;

– presenza di ponti termici, soprattutto nei fronti esposti a nord;

pochi ricambi d’aria e/o ventilazione insufficiente;

– uso di materiali (pitture, rivestimenti o isolamenti) non traspiranti, tali cioè da non consentire l’evaporazione e/o dispersione verso l’esterno di una porzione dell’umidità normalmente contenuta nelle murature.

LA SENTENZA

Torniamo alla sentenza in esame. La VI Sez. Civile della Cassazione conferma la sentenza della Corte d’Appello di Catania, la quale ha condannato il condominio ad effettuare i lavori alla facciata condominiale eliminando le micro fessurazioni presenti sulla parete esterna. Allo stesso tempo ha rigettato la richiesta di risarcimento danni avanzata dai condòmini, per la tinteggiatura dei vani interessati.

La motivazione, confermata dalla Cassazione, è che si ritiene – riferendosi alle risultanze della C.T.U – che vi sia un significato diverso da quello preteso dai condòmini danneggiati, vale a dire che, piuttosto che un concorso di cause produttive di un unico danno, è stata ritenuta valida la tesi secondo la quale solo alcuni danni lamentati dagli attori fossero riconducibili a responsabilità del condominio ed erano quelli ascrivibili alle micro fessurazioni presenti sulla facciata condominiale.

Per quanto riguarda, invece, i danni provocati dalla condensa, la causa è consistita in un fatto naturale, che si sarebbe verificato comunque, anche se il condominio avesse provveduto alla manutenzione della facciata, escludendo, quindi l’esistenza di un nesso di casualità, tra l’assenza di manutenzione e la condensa, e arrivando alla conclusione che il condominio non è responsabile dei danni provocati all’interno dell’appartamento.

COSTRUISCE SU UN SUO TERRENO E SI TRASFERISCE NEL NUOVO ALLOGGIO: BONUS PRIMA CASA SALVO

[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – presidente centro studi Confedilizia]

L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 13/E del 26.1.2017, ha chiarito – alla luce del costante orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità sul punto – che il contribuente che vende entro cinque anni l’immobile acquistato con i benefici “prima casa”, ed entro un anno dalla cessione costruisca un altro immobile ad uso abitativo (diverso dalle categorie catastali A/1, A/8 e A/9) su un terreno di cui il contribuente sia già proprietario al momento della cessione dell’immobile agevolato, non perde l’agevolazione. Naturalmente, il tutto in presenza di utilizzo del nuovo immobile come dimora abituale del contribuente. 

In breve, le Entrate, contrariamente a quanto finora affermato (cfr. risoluzione n. 44/E del 16.5.2004 e circolare n. 38/E del 12.8.2005), precisano che quello che rileva ai fini del beneficio è il momento edificatorio. Infatti – come la Corte di Cassazione ha più volte sancito – non assume rilevanza il momento di acquisizione del terreno sul quale dovrà sorgere l’immobile da adibire ad abitazione principale, essendo sufficiente, affinché il contribuente conservi i benefici fiscali previsti per l’acquisto della c.d. “prima casa”, che “entro un anno dall’alienazione del primo immobile per il quale ne aveva fruito, abbia a realizzare su un proprio terreno un fabbricato, dando concreta attuazione al proposito di adibirvi effettivamente la propria abitazione principale”. 

Con questa risoluzione, l’Agenzia torna sui suoi passi e si uniforma alla Cassazione (da ultimo, cfr. sentt. n. 18214 del 16.9.2016 e n. 13550 dell’1.7.2016), con invito alle strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia in esame e, ove l’attività accertativa dell’Ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi a quelli espressi dai giudici di legittimità, ad abbandonare – con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio – la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni.

CONDOMINIO: I CRITERI PER RIPARTIRE LE SPESE DI MANUTENZIONE DELL’ASCENSORE

[A cura di: strudio legale MaBe & Partners]

Il regolamento condominiale prevedeva che le spese per la manutenzione delle scale avvenissero ai sensi dell’art. 1124 c.c.; negli atti di acquisto dei condòmini era altresì previsto che “la ripartizione delle spese condominiali verrà fatta in proporzione ai millesimi di proprietà e in conformità a quanto disposto dal regolamento di condominio”.

Dato che il regolamento de quo non prevedeva alcuna regola in tema di ascensore, le spese di bilancio sull’uso dell’ascensore erano state suddivise dal condominio soltanto secondo i millesimi di proprietà e non anche secondo l’altezza di piano. Un condomino aveva però impugnato tale computo delle spese lamentando una erronea ripartizione degli oneri relativi al servizio di ascensore. Tuttavia, sia Tribunale di Verona sia la Corte di Appello, respingevano nel merito tale impugnativa.

In sede di ricorso in Cassazione, il ricorrente rilevava nuovamente l’erroneità nella ripartizione delle spese e indicava altresì un altro vizio della decisione di secondo grado circa la celebrazione della assemblea e la partecipazione per delega dei condòmini. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8015 del 28 marzo 2017, ha ribadito il principio ormai consolidato secondo il quale la regola posta dall’art. 1124 c.c. in mancanza di criteri convenzionali, è applicabile per analogia, ricorrendo l’identica “ratio”, alle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell’ascensore già esistente.

Circa la clausola del regolamento condominiale che dispone che le spese di manutenzione delle scale vadano ripartite secondo l’art. 1124 c.c., la Corte ha affermato che “non può affatto essere intesa come convenzione contraria alla suddivisione delle spese di manutenzione degli ascensori secondo lo stesso criterio; né tanto meno vale quale deroga all’art. 1124 c.c. la clausola contenuta nell’atto di acquisto che prevede che la ripartizione delle spese condominiali avvenga secondo i millesimi e in conformità a quanto disposto dal regolamento”.

LOCAZIONI: DOPPIA IMPOSTA DI REGISTRO PER I CONTRATTI CON CLAUSOLE PENALI?

[A cura di: Achille Colombo Clerici – presidente Assoedilizia]
Alcuni soci di Assoedilizia, che hanno regolarmente registrato contratti di locazione negli anni scorsi, si sono visti notificare ad opera di alcuni dei sei ex Uffici del Registro di Milano, avvisi di liquidazione e di irrogazione delle sanzioni per omesso pagamento dell’imposta di registro relativa ai contratti di locazione stessi. 
È un orientamento degli uffici del tutto nuovo. Il motivo è che questi contratti conterrebbero delle “clausole penali” che prevedono una maggiorazione degli interessi legali in caso di ritardato pagamento del canone o degli oneri accessori. Si tratta, diciamo subito, di iniziative del tutto infondate, che mostrano, da un lato come il fisco si accanisca sempre e soprattutto su chi si preoccupa di esser ligio alla legge e di pagare le tasse (si tratta di contratti regolarmente registrati) e dall’altro come il rapporto con i contribuenti, nonostante le tante promesse e nonostante i proclami dello Statuto del Contribuente, non sia amichevole, ma veda nel Fisco una vera controparte, animosa e occhiuta, del contribuente stesso. 
LA REGISTRAZIONE
Ma vediamo meglio la questione. Per registrare un contratto di locazione si può procedere in via telematica mediante un software che l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei contribuenti, oppure materialmente in via cartacea presentando il contratto presso uno degli uffici dell’agenzia. Orbene, in nessuno dei due casi era possibile, fino a qualche giorno addietro, neppure volendolo fare, registrare tali clausole penali pagando la relativa imposta. Il software non solo non avvisava il contribuente, ma neppure gli consentiva il calcolo dell’imposta aggiuntiva; mentre agli sportelli gli impiegati accettavano le richieste di registrazione senza nulla segnalare. 
Non solo: non esisteva neppure un codice tributo con il quale pagare la pretesa imposta sulle pretese clausole penali. Come se ciò non bastasse, il sito dell’Agenzia delle entrate, nella sezione dedicata alla registrazione delle locazioni, nulla diceva a proposito delle clausole penali come pure nulla diceva la guida dell’Agenzia alla registrazione dei contratti di locazione. Il tutto con buona pace del rapporto con i contribuenti che non vengono informati preventivamente, ma sanzionati a posteriori. Senza contare del comportamento differente dei vari uffici: alcune sedi hanno applicato sanzioni, altre no. 
NUOVO MODELLO
Solo da qualche giorno l’Agenza delle Entrate ha diffuso un nuovo modello, attraverso il quale sarebbe possibile teoricamente (visto che il modello entra in funzione il 18 settembre prossimo) la registrazione di siffatte clausole penali. A fronte, dunque, delle notificazioni intervenute, quand’anche fosse corretta l’interpretazione di questi uffici, il che decisamente contestiamo, va rilevato come il contribuente non fosse stato tempestivamente informato del mutato orientamento degli uffici ed, anche se lo fosse stato, non avesse modo alcuno di procedere al pagamento dell’imposta. 
Ma il vero paradosso è che l’interpretazione di questi uffici è del tutto infondata. Gli uffici giustificano l’autonoma imposizione sulla base dell’art. 21 del TU sull’imposta di registro il quale prevede che “Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto.” Quindi se con un solo atto vengono stipulati più contratti, ciascuno di essi sarà soggetto ad un’autonoma imposta di registro secondo le regola specifiche per quel contratto. 
LA TASSAZIONE
Ma è sempre l’art.21 a stabilire che “Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa”. Quindi, in presenza di pattuizioni collegate tra loro e l’una derivante dall’altra, viene tassata solo quella che comporta la tassazione maggiore. Come è possibile stabilire se si è in presenza di disposizioni autonome ? Evidentemente quando presentano almeno uno degli elementi caratterizzanti diverso. Viene qui in considerazione il concetto di causa (nel senso giuridico del termine) che, in caso di pattuizione circa il pagamento di interessi di mora, non si configura in modo autonomo e distinto rispetto a quella dell’obbligazione principale del contratto di locazione, ossia del pagamento del canone e delle spese. La penale, nel caso in questione, non si configura come penale in senso tecnico-giuridico; in altri termini non è una pattuizione autonoma ma deriva direttamente dall’obbligazione di pagamento del canone e sta o cade con la stessa. 
In altri termini, questo patto non ha vita autonoma, non è cioè una autonoma disposizione. Quindi si è in presenza di un caso in cui le disposizioni derivano le une dalle altre e non possono essere autonomamente tassate. Ma la non autonoma tassabilità delle clausole in esame si fonda anche sul fatto che le stesse sono la fissazione convenzionale della misura degli interessi moratori già previsti per legge ex art.1124 c.c. Anche sotto questo profilo non possono considerarsi quindi autonome disposizioni.