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CEDOLARE, RITENUTE CONDOMINIALI, PRE-COMPILATA: ECCO I CHIARIMENTI DELLE ENTRATE

Una serie di chiarimenti interpretativi relativi a quesiti posti dalla stampa specializzata, molti dei quali inerenti casa e condominio. A fornirli, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 8/2017, di cui riporteremo nei prossimi giorni ampi estratti. Di seguito, invece, una sintesi delle specifiche rilevanti. 

CEDOLARE SECCA 

* La cedolare secca con l’aliquota ridotta al 10%, prevista per gli affitti a canone concordato, si applica anche ai contratti transitori, cioè di durata da un minimo di un mese a un massimo di diciotto mesi, purché relativi ad abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative o in quelli ad alta tensione abitativa.

* La disposizione contenuta nel Dl 193/2016, secondo cui la mancata comunicazione della proroga del contratto di locazione per il quale si è scelta la cedolare secca non comporta decadenza dall’opzione, è applicabile anche alle comunicazioni che andavano presentate prima del 3 dicembre 2016, data di entrata in vigore del “collegato fiscale”, a condizione che il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente con l’applicazione del regime sostitutivo, effettuando i relativi versamenti e dichiarando i redditi da cedolare secca nel relativo quadro della dichiarazione.

* Analogamente, anche la nuova previsione sanzionatoria per la tardiva comunicazione della proroga del contratto (100 euro, ridotti a 50 in caso di ritardo non superiore a 30 giorni) si applica alle comunicazioni omesse alla data del 3 dicembre 2016.

RITENUTE CONDOMINIALI 

* La norma della legge di bilancio 2017 in base alla quale il condominio versa le ritenute effettuate in qualità di sostituto d’imposta nei confronti dell’appaltatore quando l’ammontare delle stesse raggiunge i 500 euro (altrimenti versa entro il 30 giugno e il 20 dicembre di ogni anno) ha effetto dal 1° gennaio 2017, pertanto riguarda anche le ritenute relative a dicembre 2016, da versare entro il successivo 16 gennaio 2017.

* La soglia dei 500 euro va verificata cumulando le ritenute mese dopo mese. Pertanto, se vengono effettuate ritenute a febbraio per 400 euro e altrettante a marzo, il 16 aprile vanno versate ritenute per 800 euro.

* È possibile continuare a versare le ritenute secondo la vecchia modalità (entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui sono state operate o avrebbero dovuto essere operate), anche se di importo inferiore a 500 euro.

BONUS CASA 

* Il pagamento delle spese per interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica di edifici esistenti deve avvenire con bonifico “parlante”; in caso di anomalia nella sua compilazione, non si decade dal beneficio se la ditta destinataria dell’accredito attesta con dichiarazione sostitutiva che i corrispettivi sono stati inclusi nella contabilità perché concorrano alla corretta determinazione del reddito d’impresa.

* L’orientamento espresso con la risoluzione 64/2016, che ha riconosciuto la possibilità di fruire del bonus ristrutturazioni per le spese sostenute dal “convivente di fatto” anche se non possessore o non detentore dell’immobile sul quale sono effettuati i lavori (come previsto per i familiari conviventi), è applicabile, considerato il principio della unitarietà del periodo d’imposta, alle spese sostenute a partire dal 1 gennaio 2016.

VERSAMENTI 

* Le nuove scadenze per il pagamento delle imposte “dichiarative” in vigore dal 2017 (30 giugno ovvero 30 luglio con la maggiorazione dello 0,40%) riguarda anche il saldo e il primo acconto della cedolare secca.

PRECOMPILATA 

* Nella comunicazione telematica per la trasmissione all’Agenzia delle Entrate delle spese attribuite ai condòmini per lavori effettuati sulle parti comuni (recupero edilizio, riqualificazione energetica, acquisto mobili e grandi elettrodomestici), gli amministratori di condominio indicano, per ogni unità immobiliare, la quota di spesa attribuita ai possessori o detentori dell’appartamento (proprietario, nudo proprietario, titolare di un diritto reale di godimento, locatario o comodatario). Qualora la spesa vada attribuita a un soggetto diverso dai precedenti, ad esempio, un familiare convivente del possessore o del detentore dell’immobile, gli amministratori indicano nella comunicazione il codice residuale che individua “altre tipologie di soggetti”.

* Nella medesima comunicazione, gli amministratori sono tenuti a fornire l’informazione relativa all’effettivo pagamento al 31 dicembre della quota di spesa attribuita a ciascun soggetto. A tal fine, deve essere compilato il campo relativo al “flag pagamento”, evidenziando se il pagamento è stato interamente corrisposto al 31 dicembre dell’anno di riferimento ovvero se lo stesso è stato parzialmente o interamente non corrisposto entro tale data. Nel primo caso, la relativa spesa va esposta direttamente nella dichiarazione precompilata. In caso contrario, la spesa va indicata esclusivamente nel foglio informativo e il contribuente, in presenza delle condizioni di detraibilità previste dalla legge, può modificare la dichiarazione aggiungendo tale onere qualora pagato entro la data di presentazione della dichiarazione.

CONDOMINIO: GLI ADEMPIMENTI DELL’AMMINISTRATORE DALL’INIZIO ALLA FINE DEL MANDATO

[A cura di: avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com]
La Legge 11 dicembre 2012, n. 220, cosiddetta di riforma del condominio, ha notevolmente ampliato gli obblighi e le attribuzioni dell’amministratore di condominio. Gli artt. 1129 e 1130 c.c., rispettivamente rubricati “Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore” e “Attribuzioni dell’amministratore”, contengono, nelle versioni novellate, il dettagliato – a tratti forse eccessivamente – elenco dei compiti del mandatario. Nell’esporli viene qui adottato il criterio – ritenuto utile a fini mnemonici – del momento nel quale l’obbligo deve essere adempiuto: all’inizio dell’incarico, durante l’incarico, alla fine dell’incarico.
INIZIO INCARICO
All’inizio dell’incarico, più precisamente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo, l’amministratore deve comunicare i propri dati anagrafici e professionali. Deve inoltre comunicare dove si trovano i quattro registri obbligatori (registro di anagrafe condominiale, registro dei verbali delle assemblee, registro di nomina e revoca dell’amministratore, registro di contabilità) e i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta, può prenderne gratuitamente visione e ottenerne copia, previo rimborso della spesa (art. 1129 co. 2 c.c.).
Ancora, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, l’amministratore deve specificare analiticamente l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta. Questa previsione è particolarmente importante, in quanto la mancata specificazione analitica comporta la nullità della nomina (art. 1129 co. 14 c.c.).
L’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione di una polizza individuale di responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato (art. 1129 co. 3 c.c.); l’art. 1129 co. 4 c.c. pone in capo al mandatario l’obbligo, in caso di deliberazione assembleare di lavori straordinari, di adeguare, contestualmente all’inizio dei lavori, i massimali della propria polizza in misura non inferiore all’importo di spesa deliberato.
Da ultimo, l’amministratore (non è espressamente stabilito il momento, ma è evidente che debba avvenire a seguito della nomina) deve affiggere, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, l’indicazione delle sue generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici (art. 1129 co. 5 c.c.).
DURANTE L’INCARICO
L’amministratore deve anzitutto curare l’osservanza del regolamento di condominio (art. 1130 co. 1 n. 1 c.c.). 
Quanto al rapporto con l’assemblea, questa deve essere convocata almeno una volta all’anno; si tratta dell’assemblea ordinaria, nella quale viene approvato il rendiconto condominiale; più precisamente, deve essere convocata entro centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio (art. 1130 co. 1 n. 10). L’amministratore, inoltre, deve eseguire le deliberazioni dell’assemblea (art. 1130 co. 1 n. 1 c.c.).
Il professionista deve disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condòmini (art. 1130 co. 1 n. 2 c.c.).
L’amministratore deve riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni (art. 1130 co. 1 n. 3 c.c.). Nel riscuotere le quote ed erogare le spese, il mandatario deve curare di osservare le disposizioni specifiche introdotte dalla riforma in tema di utilizzo e tracciabilità dei flussi: l’art. 1129 co. 7 c.c., infatti, lo obbliga a far transitare le somme ricevute a qualsiasi titolo dai condòmini o dai terzi, nonché quelle erogate a qualsiasi titolo per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio. Non è dunque possibile, ad esempio, ricevere denaro da un condomino ed utilizzarlo direttamente per pagare un debito condominiale; così come deve essere assolutamente evitato l’uso di un unico conto corrente per la gestione di più condomini. La legge precisa che ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.
Sotto il profilo della riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino, l’amministratore, salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, deve agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso (art. 1129 co. 9 c.c.). Si richiama in proposito quanto stabilito dall’art. 63 disp. att. c.c.: l’amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo; è tenuto a comunicare i dati dei condòmini morosi ai creditori del condominio che, non ancora soddisfatti, ne facciano richiesta. A proposito della comunicazione di tali dati, si precisa che la qualità di moroso deve essere valutata con riferimento a quello specifico debito condominiale per il quale il terzo creditore intende agire; sotto questo profilo non può essere fatta confusione, ad esempio, tra spese di natura ordinaria e di natura straordinaria.
L’amministratore deve compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio (art. 1130 co. 1 n. 4 c.c.). Si rinviene qui, oltre che nell’art. 1135, co. 2, c.c. (che prevede la possibilità di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente), il contenuto della posizione di garanzia del mandatario, che è investito del potere-dovere di agire per evitare situazioni pericolose e di rischio.
Il professionista deve eseguire gli adempimenti fiscali (art. 1130 co. 1 n. 5 c.c.). A titolo esemplificativo, si ricordano: il versamento delle ritenute d’acconto operate, la Certificazione unica (CU) per l’attestazione dei redditi di lavoro dipendente ed autonomo, la Dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770), il quadro AC del modello Unico, la Comunicazione delle spese di ristrutturazione edilizia e risparmio energetico su parti comuni condominiali.
L’amministratore deve curare la tenuta dei quattro registri obbligatori: il registro di anagrafe condominiale, il registro dei verbali delle assemblee, il registro di nomina e revoca dell’amministratore, il registro di contabilità (art. 1130 co. 1 nn. 6 e 7 c.c.). Soffermandosi in particolare sul registro di contabilità, si tratta di una previsione che deve essere inserita nel più ampio quadro delle disposizioni in tema di rendiconto. L’art. 1130 bis c.c., introdotto ex novo dalla riforma, specifica il contenuto del resoconto contabile annuale (voci di entrata e di uscita, situazione patrimoniale del condominio, fondi disponibili ed eventuali riserve) e la sua composizione (registro di contabilità, riepilogo finanziario, nota sintetica esplicativa; si dà per scontata la presenza del bilancio consuntivo e relativa ripartizione).
Il mandatario deve conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condòmini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio (art. 1130 co. 1 n. 8 c.c.). Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione (art. 1130 bis c.c.). L’amministratore deve fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso (art. 1130 co. 1 n. 9 c.c.).
CESSAZIONE INCARICO
Alla cessazione dell’incarico (art. 1129, co. 9, c.c.), il professionista è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condòmini. Deve inoltre eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni. La legge specifica che tali attività urgenti non danno diritto ad ulteriori compensi; ciò, evidentemente, nel caso in cui l’amministratore non abbia inserito la relativa voce nella specificazione analitica del compenso da effettuarsi al momento della nomina; in caso contrario, avrà diritto al compenso specificato ed accettato dall’assemblea.

BULGHERONI (AVI): “SOLO LA VISURA ULTRAVENTENNALE METTE AL RIPARO DA SORPRESE”

“Ho seguito con attenzione quanto è stato scritto in merito alla possibilità di reperire gratuitamente informazioni catastali e ipotecarie, e considero importante, per la tutela del cittadino, evidenziare alcuni punti informativi”. Lo ha dichiarato Mario Bulgheroni (nella foto), presidente AVI (Associazione esperti visuristi italiani) e vice presidente Confassociazioni, secondo il quale “è assolutamente funzionale quanto è stato definito lo scorso 24 marzo sulla circolare n. E/3 dell’Agenzia delle Entrate, in merito alle consultazioni gratuite delle banche dati ipotecarie e catastali possibili per i titolari di diritti di proprietà, comproprietà o di altri diritti reali immobiliari, ovvero per il singolo soggetto titolare. Ma è importante dire che, prima di tutto, tale concessione non è gratuita per soggetti terzi. Poi che la stessa visura catastale ottenuta gratuitamente dal soggetto titolare dei diritti non certifica la condizione sana dell’immobile. Per avere conferma di ciò è necessario e indispensabile passare alle visure ipotecarie e catastali ultra ventennali e darne una giusta interpretazione. Ovvio che per fare ciò bisogna avere una competenza specifica che può essere anche patrimonio personale del singolo cittadino. Quando, però, questa particolare conoscenza manca, l’unica cosa da fare per avere dati certi ed evitare, quindi, spiacevoli problemi futuri, è ricorrere all’intervento di un esperto visurista che, dopo l’interpretazione dei dati, può confermare o meno la condizione sana dell’immobile. Nel senso che può far emergere ipoteche volontarie, ipoteche giudiziali, ipoteche legali, sequestri, pignoramenti, citazioni come pure la spesso errata intestazione dell’immobile al Catasto”.

In sostanza, a giudizio di Bulgheroni, “è importante prestare attenzione a ciò che si deve chiedere e a ciò che si vuole ottenere. Indubbiamente quanto delineato nella circolare dell’Agenzia delle Entrate può essere utile al cittadino se il dato analizzato è pulito. Ma il mio ruolo di presidente AVI mi fa sentire in dovere di accendere i riflettori sulle probabilità di spiacevoli sorprese che possono essere dietro l’angolo. Infatti, da parte del cittadino è praticamente impossibile rilevare un’anomalia in quanto acquisisce di fatto una notizia rilasciata dall’Agenzia delle Entrate (Catasto e Conservatoria) che ritiene essere corretta. Ma, in assenza di ispezioni ipotecarie e catastali ultra ventennali, che sottolineo possono essere effettuate ed analizzate dal cittadino stesso qualora ne avesse le competenze, la notizia può essere clamorosamente sbagliata. Un esempio ricorrente? Il mancato aggiornamento in banca dati catastale potrebbe far risultare un proprietario non intestatario di immobili in proprietà oppure intestatario di immobili già venduti oppure l’accollo di un precedente mutuo. In sintesi, la circolare garantisce la gratuità della consultazione delle banche dati, ma non garantisce la certezza del dato. Solo con l’ispezione ipotecaria e catastale ultra ventennale, che per garanzia totale può essere affidata all’esperto visurista, si può avere una corretta analisi dei dati ipotecari e catastali e quindi la certezza del quadro della situazione immobiliare”.

In prospettiva, Bulgheroni si dice “fiducioso che la trasparenza vincerà su tutto, e comunque quanto fatto finora dall’Agenzia delle Entrate è un passo importante per tutelare il bene dei cittadini. Da parte dell’Associazione che rappresento confermo una totale apertura verso l’Agenzia pubblica volta ad una maggiore collaborazione professionale e un’ulteriore condivisione informativa. Abbiamo un obiettivo comune: stare dalla parte del cittadino per tutto quanto sia possibile fare con le rispettive competenze”.

IL CREDITORE DEVE NOTIFICARE IL TITOLO ESECUTIVO ANCHE AI CONDÒMINI DA ESCUTERE

[A cura di: Fulvio Graziotto – www.studiograziotto.com]
Il creditore provvisto di titolo esecutivo (ad es. decreto ingiuntivo munito della formula esecutiva) verso il condominio che intende promuovere l’esecuzione pro-quota verso i singoli condòmini deve notificare loro, separatamente o contestualmente al precetto, il titolo esecutivo. Vediamo il caso in esame, facente capo all’ordinanza 8150/2017 della Corte di Cassazione.
IL CASO
Un condomino proponeva ricorso per cassazione avverso una sentenza del tribunale pronunciata a seguito di trattazione orale, con la quale veniva rigettata l’opposizione a precetto proposta nei confronti di una società creditrice del condominio.Il ricorrente lamentava che, qualora si voglia agire esecutivamente nei confronti di un singolo condomino in forza di decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del condominio, occorre che il titolo esecutivo sia notificato al condomino esecutato, essendo il principio di cui all’art. 654 cit., secondo comma, secondo il quale ai fini dell’esecuzione non occorre una nuova notificazione del decreto ingiuntivo, applicabile solo nei confronti dell’ingiunto. 
La Cassazione ha ritenuto il motivo fondato.
LA DECISIONE
Su proposta del relatore, il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio in quanto ritenuto manifestamente fondato.
Il Collegio precisa, infatti, che «Il condominio è soggetto distinto da ognuno dei singoli condòmini, ancorché si tratti di soggetto non dotato di autonomia patrimoniale perfetta, e l’art. 654, comma 2, è da ritenere applicabile solo al soggetto nei confronti del quale il decreto ingiuntivo sia stato emesso ed al quale sia stato ritualmente notificato. Qualora il creditore intenda far valere la responsabilità patrimoniale di un soggetto diverso dall’ingiunto – pur se in ipotesi responsabile dei debiti di lui – a cui il titolo esecutivo non sia stato mai notificato, la norma dell’art. 654, comma 2, è da ritenere inapplicabile, dovendosi sempre riconoscere al soggetto passivo dell’esecuzione il diritto di avere notizia e piena cognizione della natura del titolo in forza del quale si procede nei suoi confronti. Erroneamente il Tribunale ha ritenuto che l’amministratore abbia la rappresentanza dei singoli condòmini ed, in quanto tale, sia legittimato a ricevere la notificazione di atti con effetti immediatamente riconducibili ai condòmini».
Ne consegue che «In caso di titolo esecutivo giudiziale, formatosi nei confronti dell’ente di gestione condominiale in persona dell’amministratore e azionato nei confronti del singolo condomino quale obbligato pro quota, la notifica del precetto al singolo condomino, ex art. 479 c.p.c., non può prescindere dalla notificazione, preventiva o contestuale, del titolo emesso nei confronti dell’ente di gestione».
La Suprema Corte ricorda che «Se infatti una nuova notificazione del titolo esecutivo non occorre per il destinatario diretto del decreto monitorio nell’ipotesi di cui all’art. 654 c.p.c., comma 2, detta notificazione, invece, è necessaria qualora si intenda agire contro il singolo condomino, non indicato nell’ingiunzione ma responsabile pro quota della obbligazione a carico del condominio. Costui, invero, deve essere messo in grado non solo di conoscere qual è il titolo ex art. 474 c.p.c., in base al quale viene minacciata in suo danno l’esecuzione, ma anche di adempiere l’obbligazione da esso risultante entro il termine previsto dall’art. 480 c.p.c.».
OSSERVAZIONI
In sostanza, la Cassazione ribadisce che non occorre una nuova notificazione del titolo esecutivo per il condominio, che è destinatario diretto del procedimento monitorio, ma è invece necessaria nei confronti del singolo condomino nei confronti del quale si vuole agire che risulta responsabile pro-quota delle obbligazioni a carico del condominio. E la notificazione nei suoi confronti è necessaria per due ragioni: affinché possa conoscere il titolo esecutivo posto alla base dell’azione nei suoi confronti, e anche per poter adempiere nei termini previsti nel precetto “all’obbligo risultante dal titolo esecutivo”. 
DISPOSIZIONI RILEVANTI
Codice di procedura civile
Art. 479 -Notificazione del titolo esecutivo e del precetto
Se la legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto.
La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purché la notificazione sia fatta alla parte personalmente.

CONDOMINIO: LE BARRIERE ARCHITETTONICHE VANNO ABBATTUTE A PRESCINDERE

[A cura di: Massimiliano Bettoni e Silvia Zanetta – Studio Legale MaBe & Partners]

Con sentenza n. 7938/17, la Corte di Cassazione ha sancito un importante e ormai consolidato principio, a tutela delle persone disabili, in merito all’obbligatorietà di eliminare le barriere architettoniche nelle aree condominiali a prescindere dalla presenza nell’immobile di persona affetta da invalidità. 

La vicenda della quale la Corte è stata investita trae origine dall’installazione di un ascensore da parte di una condomina anziana, con problemi di deambulazione, residente all’ultimo piano di un palazzo con più di tre unità abitative. Il condominio si opponeva, tuttavia, alla realizzazione dei lavori rilevando una duplice motivazione: 

a) il regolamento condominiale vietava l’esecuzione di opere su parti comuni; 

b) tali interventi comportavano una lesione del decoro architettonico del palazzo.

In primo grado, il Tribunale accoglieva la tesi del condominio, condannando gli eredi dell’anziana, deceduta nelle more del giudizio, al ripristino dello stato dei luoghi e al risarcimento. Allo stesso esito si perveniva in secondo grado. I soccombenti adivano alla Suprema Corte, fondando il proprio ricorso su una triplice motivazione. In primis, lamentavano che la Corte territoriale avesse omesso di valutare la legittimità delle opere, in relazione alla normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche e al dettato dell’art.1102 c.c..
Come secondo motivo di impugnazione, i ricorrenti ritenevano che la tesi dei giudici d’Appello circa la legittimità del divieto posto dal regolamento condominiale per l’esecuzione di opere a spese di un condomino ex articolo 1102 c.c., finalizzate a garantire un accesso agevole e dignitoso alla proprietà, fosse in contrasto con diritti costituzionalmente tutelati, ed in particolare il fondamentale diritto alla salute, di cui all’articolo 32 Cost..

Infine, i ricorrenti contestavano la circostanza che le opere fossero state realizzate in violazione del regolamento di condominio e comunque con lesione del decoro architettonico.


Nella sentenza in analisi, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma. Citando la sentenza n. 167/1999 della Corte Costituzionale, gli Ermellini osservano che l’obbligo di eliminare le barriere architettoniche, introdotto nella legislazione relativa ai portatori di handicap – ossia la L. 9 gennaio 1989, n. 13 recante “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” e la L. 5 febbraio 1992, n. 104, “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” – ha valore preminente per l’intera collettività.

L’obbligo di garantire l’accessibilità, adattabilità e visitabilità degli edifici, è previsto dall’art. 1 della L. 13/1989, il quale detta tale prescrizione per gli edifici costruiti dopo il 1989, ovvero gli edifici interessati da ristrutturazione. Inoltre, l’art. 3 della L. 13/1989, al punto c, prevede che gli immobili con più di tre livelli fuori terra devono installare un ascensore, o congegni similari, “per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini”. 

L’installazione di un ascensore deve quindi considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento e rientra, pertanto, nei poteri dei singoli condòmini, ai sensi dell’articolo 1102 c.c.. Tale articolo prevede che ciascun partecipante possa servirsi della cosa comune, apportando a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa, a condizione che non alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso.

Nel caso di specie, secondo la S.C., i giudici d’appello avevano omesso di considerare la natura dei lavori, dichiaratamente rivolti alla eliminazione di barriere architettoniche, e dunque coinvolgenti diritti fondamentali dei disabili. Infine, la Cassazione ha evidenziato che i divieti sanciti dal regolamento condominiale – ulteriori rispetto ai generali limiti stabiliti dall’articolo 1102 c.c. – devono essere superati al fine di garantire il rispetto del benessere abitativo e di piena utilizzazione della propria abitazione, in quanto le disposizioni in materia di eliminazione di barriere architettoniche costituiscono norme imperative ed inderogabili, direttamente attuative degli articoli 32 e 42 Cost. In particolare, il diritto alla salute ex art. 32 Cost., deve essere interpretato in senso ampio, in quanto per salute di intende non solo come assenza di malattia, ma anche stato di completo benessere fisico e psichico. Rientra in questa dimensione anche la tutela delle persone con età avanzata, che pur non essendo portatori di handicap, abbiano comunque disagi fisici e difficoltà deambulatorie.

L’eliminazione delle barriere architettoniche, è diretta “espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico volte a favorire, nell’interesse generale, l’accessibilità agli edifici”.

Ne consegue che sia del tutto irrilevante la morte della signora, o più in generale, l’assenza di un disabile nel condominio. Infatti, il principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale, prescinde dall’effettiva utilizzazione da parte di costoro degli edifici interessati.

L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO E LA PERIODICITÀ D’INCASSO DEL COMPENSO

[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – presidente Centro studi Confedilizia]

Circa il compenso dell’amministratore di condominio è ormai noto che, chi svolge tale attività, deve, ora, portare a conoscenza dell’assemblea (affinché l’accetti), in sede di conferimento (o di rinnovo) dell’incarico, la retribuzione richiesta, sia per le competenze relative a prestazioni di carattere ordinario sia per quelle relative ad attività di natura straordinaria. E questo, a seguito della riscrittura, ad opera della legge di riforma (l. n. 220/2012), dell’art. 1129 cod. civ., secondo cui l’amministratore, “all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo deve specificare analiticamente” l’importo dovuto a titolo di compenso; pena: la “nullità della nomina stessa”.

Ciò posto, è altrettanto importante sottolineare l’importanza di definire in sede assembleare la periodicità con cui l’amministratore possa incassare il proprio compenso. Infatti, in assenza di una decisione sul punto (oppure di una norma del regolamento che tratti della questione), deve ritenersi – anche sulla base della disciplina sul mandato, alla quale lo stesso art. 1129 cod. civ. rimanda per regolare i rapporti tra condòmini e amministrazione condominiale (e da cui non emerge, salvo naturalmente diverso accordo tra le parti, la possibilità di un pagamento frazionato del compenso concordato) – che l’amministratore non possa percepire quanto convenuto se non alla scadenza (annuale) dell’incarico. Con l’effetto che eventuali incassi in corso di mandato potrebbero essere ritenuti illegittimi e quindi causare all’interessato problemi di vario genere (anche di natura penale). Problemi che, necessariamente, si proietterebbero sulla compagine condominiale, la quale verrebbe ad essere coinvolta in complessi quanto delicati contenziosi.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Muore cadendo dal tetto

per sistemare l’antenna 

Tragedia domestica in provincia di Latina, dove un uomo di 50 anni ha perso la vita precipitando dal tetto della sua villetta a schiera. Da una prima ricostruzione dell’accaduto, sembra che la vittima fosse salito sul tetto della propria abitazione, un edificio di tre piani, per effettuare dei piccoli lavori di manutenzione o per sistemare un’antenna. A quel punto, per cause ancora da accertare, avrebbe perso l’equilibrio, cadendo rovinosamente al suolo. L’intervento dell’elisoccorso è stato tempestivo, anche grazie alla prontezza dei vicini di casa che hanno chiamato subito il 118, ma per il 50enne non c’è stato nulla da fare.

Inquilino sotto sfratto

mette la casa in vendita

Era già noto alle forze dell’ordine l’uomo di 55 anni, residente nell’hinterland genovese, arrestato per aver venduto l’immobile dove viveva in affitto e dal quale era appena stato sfrattato per morosità. Il truffatore, grazie all’aiuto di altri 4 complici, era riuscito a vendere l’immobile ad un ignaro assicuratore, per un ammontare di 180mila euro. Vittime del raggiro anche due notai, che avevano avallato l’atto di compravendita. A scoprire l’inganno è stato il vero proprietario, un medico di Vercelli, che si era recato nell’appartamento per rintracciare l’inquilino, trovandosi di fronte l’assicuratore.

Occupa un alloggio

e ruba l’elettricità

È stato denunciato dai carabinieri con l’accusa di furto aggravato, occupazione abusiva di abitazione e detenzione illecita di sostanze stupefacenti l’uomo di 30 anni, originario della Nigeria, che aveva preso possesso di un casolare in provincia di Frosinone, naturalmente all’insaputa del proprietario. A scoprirlo sono stati i militari dell’Arma, nel corso di un’operazione di prevenzione e repressione del commercio di droga. Nel corso della perquisizione è stato appurato che il 30enne, oltre a detenere 6 grammi di marijuana, aveva creato un allaccio abusivo alla rete elettrica pubblica. 

Faida condominiale

finisce a colpi di pistola

Se la caverà con un piccolo intervento chirurgico e qualche giorno di convalescenza il panettiere di 40 anni, residente in provincia di Siracusa, aggredito a colpi di pistola dal vicino di casa, un uomo di 46 anni, attualmente in carcere per tentato omicidio. Secondo quanto accertato dai carabinieri il gesto sarebbe scaturito al termine dell’ennesima lite condominiale. Già nel 2013 i due si erano resi protagonisti di un episodio simile ma a ruoli invertiti: in quel caso la vittima era stato il 46enne dirimpettaio, preso a coltellate dal 40enne. In casa dell’assalitore sono stati rinvenuti e sequestrati una pistola caricata a salve, una sciabola e una balestra.

Ladro d’appartamento

incastrato” dal vicino 

È stato scoperto e arrestato dalla polizia il giovane 17enne, proveniente dalla provincia di Foggia, ritenuto responsabile del furto perpetrato in un’abitazione di Campobasso. Il ladruncolo era stato individuato dalle forze dell’ordine nei giorni successivi il colpo, mentre si aggirava nei pressi di alcuni condomini del capoluogo molisano. Dopo una serie di pedinamenti il giovane è stato bloccato nella città d’origine, anche grazie ai rilevamenti della Scientifica. Decisiva ai fini del fermo la testimonianza del vicino di casa proprietario dell’appartamento svaligiato, che era stato addirittura minacciato con un piede di porco mentre tentava di ostacolare la fuga del ladro. 

LA REVOCA DELLA DELIBERA VIZIATA E LA TRANSAZIONE DEI DIRITTI IN CONDOMINIO

[A cura di: avv. Rodolfo Cusano]
Una delle possibili soluzioni del contenzioso condominiale riguarda la revoca di una delibera già impugnata con citazione in giudizio o che comunque è già materia del contendere, ad esempio perché è stata avviata la procedura di mediazione preventiva ed obbligatoria. In questi casi, è possibile bloccare il contenzioso condominiale, evitando le conseguenze del caso ma non le spese legali, attraverso l’applicazione dell’articolo 2377, ultimo comma, c.c. In forza di tale norma, palese dimostrazione di un intimo nesso tra comunione e società, per l’amministratore di condominio, che riceve un atto giudiziale di citazione da parte del tribunale, effetto dell’impugnazione di una delibera nulla o annullabile, è sufficiente convocare d’urgenza l’assemblea dei condòmini e far revocare la deliberazione oggetto del contenzioso oppure ratificarla eliminando i vizi già denunciati in corso di causa. 
In tal modo, il giudizio o il suo prosieguo è evitato, nel senso che si viene a determinare la cessata materia del contendere nel merito, rimane però la liquidazione delle spese. Detta liquidazione sarà operata in base al principio della soccombenza virtuale, nel senso che questa sarà posta a carico di chi sarebbe stato soccombente in base ai vizi già denunciati ed alla loro sussistenza o meno. (Il nuovo condominio – Ed. Giappichelli 2013 – Marco Andrighetti-Formaggini pagg. 666 e ss.)
LA TRANSAZIONE DEI DIRITTI
Risulta oltremodo difficile operare una panoramica di tutte le possibili difficoltà che potrebbero verificarsi in concreto nella transazione dei diritti nelle liti tra un condomino o un terzo che vedono i loro interessi contrapposti a quelli del condominio. 
In primo luogo, occorre precisare che è l’assemblea all’uopo convocata che deve esprimersi sul punto e che il condomino in conflitto di interessi non può nemmeno partecipare alla votazione. Ciò premesso, iniziamo a specificare che eventuali decisioni che avessero riguardo ai diritti propri del condomino sarebbero completamente nulle e come tali non possono essere oggetto di transazione alcuna. Vedi ad esempio la delibera assembleare con cui il condominio neghi ad un condomino l’autorizzazione ad allacciare il proprio immobile destinato a magazzino alla rete idrica. (Cass. N. 21832 del 17.10.2007). Ovvero è pure nulla la delibera con la quale l’assemblea addebiti al condomino le spese di una lite per la quale egli ha manifestato il proprio dissenso. (Cass. 11126 del 15.05.2006).
Come è completamente nulla la delibera che ponga a completo carico del condomino le spese del legale del condominio senza una sentenza che ne sancisca la soccombenza. (Cass. 3946 del 26.04.1994). Lo stesso dicasi per la delibera condominiale che autorizza l’amministratore a nominarsi un difensore in un giudizio penale contro di lui instaurato sulla cattiva gestione dei beni in comune (Cass. 5163 del 10.06.1997). Come sarebbe nulla la delibera che approva una spesa pluriennale obbligatoria per tutti i condòmini (Cass. 7706 del 21.08.1996). Per cui occorre preliminarmente stabilire che l’oggetto della trattazione deve essere nella disponibilità degli interessi delle parti. In particolar modo occorre stabilire che la disponibilità del diritto spetta proprio all’assemblea dei condòmini.
Vi è poi una seconda categoria di deliberazioni: quella che necessità dell’unanimità dei condòmini per poter essere valida. Ad esempio, occorre l’unanimità per approvare un’utilizzazione particolare da parte del singolo condomino di un bene comune qualora tale diversa utilizzazione rechi pregiudizi notevoli all’utilizzo da parte degli altri condòmini. (Cass. 9130 del 15.04.1994). Come è nulla la delibera dell’assemblea di esecuzione di opere, nell’interesse comune anche sulle proprietà dei condòmini senza il loro consenso (Cass. 13116 del 30.12.1997).
Possiamo quindi affermare che, in genere, le delibere anche se adottate nell’interesse comune o per adempiere un obbligo di legge, qualora violano i diritti del condomino sono completamente nulle. Per tale motivo anche se il condomino interessato vi ha partecipato senza sollevare obiezioni potrà sempre impugnarle in seguito (Cass. 9981 del 24.05.2004 cd. nullità relativa perché può essere eccepita solo da questi interessati). 
RECIPROCHE RINUNCE
Infine, può accadere che, nel corso dell’assemblea, le parti contrapposte assemblea e condomino operino rinunce reciproche consacrando così la loro volontà di accordo. In questi casi la votazione dell’assemblea deve pur sempre rispettare le maggioranze previste dalla legge con l’astensione del condomino interessato. Ad esempio è inefficace nei confronti del dissenziente la clausola del regolamento approvato dall’assemblea a maggioranza che reca il divieto di destinare gli immobili ad affittacamere (Cass. 1368 del 04.05.1954). Dissenso che potrebbe venire meno in un accordo transattivo successivo.
Può anche accadere che con una successiva delibera l’assemblea del condominio, al fine di operare una transazione, vada a revocare o modificare una precedente delibera. In questa evenienza occorre solamente che l’argomento sia riproposto all’ordine del giorno e non è nemmeno necessario scrivere revoca o modifica. In quanto l’effetto revocatorio determinato da una diversa manifestazione di volontà, validamente espresso con una delibera successiva, non è condizionato dal formale inserimento della questione della revoca tra gli argomenti posti all’ordine del giorno. (Sulla riproduzione della nuova manifestazione di volontà dell’assemblea allo scopo di revocare, modificare o innovare le precedenti determinazioni prese al riguardo vedi: Cass 1281 del 12.04.1976; Cass. 2246 del 19/10/1961). 
Sul punto ho riportate alcune pronunce giurisprudenziali, ma ritengo necessario al fine di una corretta informazione dei condòmini che l’amministratore con apposita relazione allegata alla convocazione assembleare illustri il perché e la posizione delle parti. Solo così ogni condomino sarà compiutamente informato e la relativa decisione sarà presa con più facilità e senza contestazioni successive. Al riguardo si sottolinea che le maggioranze per la revoca sono sempre le stesse maggioranze necessarie per l’approvazione. Ne consegue che se anche in prima battuta la deliberazione fosse stata approvata all’unanimità ciò non significa che si è elevata a rango di contratto. Per tale motivo per la revoca sarà sufficiente l’ordinaria maggioranza che era sufficiente per la sua approvazione.

CONDOMINIO E REGOLAMENTO CONTRATTUALE: PUÒ LIMITARE IL DIRITTO DI VENDERE?

Condominio e limiti imposti dal regolamento contrattuale. Un argomento sempre di stretta attualità quello oggetto di un quesito indirizzato da un amministratore alla rubrica di consulenza legale del Tg del Condominio. di seguito, una sintesi della vicenda e il parere fornito dall’avvocato Emanuele Bruno

IL QUESITO

Un regolamento di natura contrattuale (risalente al 1936) di un condominio che amministro, prevede quanto segue: “Il subaffitto totale o l’eventuale vendita degli alloggi deve avere la preventiva approvazione del consiglio degli inquilini, approvazione che potrà essere negata solo quando i nuovi inquilini subentranti non diano garanzie sufficienti di sottostare alle norme del presente regolamento”. In articolo successivo, viene poi stabilita la procedura da seguire in caso di subaffitto totale o vendita degli alloggi. Ora, la domanda è la seguente: a mio parere la disposizione in questione è, oggi, illegittima, e quindi da considerare “caducata”, perché in contrasto con un “principio generale dell’ordinamento giuridico dello Stato”, che è quello della “libera circolazione dei beni”. Che cosa ne pensate?

RISPONDE L’AVVOCATO E. BRUNO

Il regolamento condominiale dell’anno 1936 ha come presupposto la disciplina del diritto di proprietà normata dallo Statuto Albertino e dal Codice civile del 1865. 

Lo Statuto Albertino statuiva che “la proprietà privata è sacra, inviolabile, intangibile e solo in casi rarissimi ed eccezionali può essere sacrificata”; contestualmente, il codice civile del 1865, all’art. 436, affermava che “la proprietà è il diritto di godere e disporre delle cose nella maniera più assoluta, purché non se ne faccia un uso vietato dalle leggi o dai regolamenti”.

La seconda parte del periodo della clausola regolamentare è così formulata: “(…) deve avere la preventiva approvazione del consiglio degli inquilini, approvazione che potrà essere negata solo quando i nuovi inquilini subentranti non diano garanzie sufficienti di sottostare alle norme del presente regolamento”.

La norma limita certamente il libero trasferimento/godimento della proprietà; tuttavia, emerge con forza la volontà di regolamentare la cessione, ovvero, indicare ai condòmini presupposti e modalità per trasferire l’uso o la proprietà con l’obbiettivo espresso di salvaguardare l’equilibrio sociale già presente all’interno del condominio [(…) potrà essere negata solo quando i nuovi inquilini subentranti non diano garanzie sufficienti di sottostare alle norme del presente regolamento”]. 

La volontà di salvaguardare l’equilibrio condominiale o, meglio, lo status della proprietà, è lampante, tanto che il regolamento disciplina la procedura da seguire per vendere o subaffittare. 

Si osservi anche la non regolamentazione del subaffitto parziale, pratica estremamente diffusa all’epoca (locazione di una stanza), quasi a ritenere che il proprietario/conduttore garantisse per il conduttore/sub conduttore parziario. 

Dunque, la norma regolamentare pone limite al trasferimento della proprietà, ma tale limitazione lascia trasparire – con forza – la volontà di salvaguardare modalità di utilizzo degli spazi, quindi, si tratta di limitazione orientata a salvaguardare la destinazione d’uso dell’intero complesso. Sarebbe interessante capire, per esempio, se, come si è indotti a pensare, trattasi di immobile di particolare pregio. 

Quale possibilità di applicazione oggi?

L’art. 42 della Costituzione attuale afferma: “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. La libera circolazione della proprietà non è anarchica ma orientata alla funzione sociale. 

La norma citata è stata più volte applicata dalla Cassazione che riconosce al regolamento condominiale contrattuale la possibilità di limitare l’ampiezza del diritto di proprietà: “Il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condòmini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. In quest’ultimo caso per evitare ogni equivoco in una materia atta ad incidere sulla proprietà dei singoli condòmini, i divieti e i limiti devono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sé alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto proprietario corrisponda ad un interesse meritevole di tutela. Infatti, la compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condòmini deve risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo ad incertezze”, Cass. Civ. n. 21307/2016.

In conclusione, oggi, si può limitare in modo chiaro ed espresso la facoltà di godimento (perseguimento della funzione sociale) ma non si può semplicemente escludere la libera vendita della proprietà privata. Ciò vuol dire che il proprietario può vendere l’immobile inserito all’interno di un complesso condominiale a chi preferisce (indipendentemente dalla previsione regolamentare); tuttavia, l’acquirente potrà farne uso nei limiti previsti dal regolamento condominiale anche datato 1936 se espresso in modo chiaro e non abrogato (tacitamente e/o espressamente).

Sotto altro profilo, si può osservare che un regolamento del 1936 può, anche solo in parte, contenere regolamentazioni d’uso ancora valide ed efficaci ma, forse, non in linea con le esigenze attuali, quindi, perché non aggiornarlo?

VIDEOSORVEGLIANZA: CREDITO D’IMPOSTA PARI AL 100% DELL’IMPORTO RICHIESTO

[A cura di: FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]

Lo sconto fiscale, introdotto dalla Stabilità 2016 sotto forma di credito d’imposta per le persone fisiche che, lo scorso anno, hanno sostenuto spese per l’installazione di sistemi di videosorveglianza o di allarme, o per contratti stipulati con istituti di vigilanza, trova tutti gli strumenti per poter essere utilizzato. Con un provvedimento datato 30 marzo 2017, infatti, l’Agenzia delle Entrate, dopo aver esaminato le istanze presentate dagli interessati entro il 20 marzo (termine ultimo), ha fissato al 100% dell’importo richiesto la percentuale massima di credito spettante e, con parallela risoluzione n. 42/E, il codice tributo6874”, da indicare nel modello l’F24 per l’utilizzo in compensazione.

L’ITER

Con l’occasione ripercorriamo, in sintesi, l’iter normativo dell’agevolazione pensata e strutturata con lo scopo di venire incontro alla necessità di prevenire le attività criminali. “Madre” del credito d’imposta, come anticipato, è stata la Stabilità per il 2016 (articolo 1, comma 982, legge 208/2015), seguita dal propedeutico decreto attuativo del 6 dicembre scorso. Nell’ordine, poi, sono arrivati il modello di richiesta (provvedimento del 14 febbraio scorso) e, dopo pochi giorni, il software per trasmetterlo on line.

Oltre a comunicare la percentuale massima di credito spettante a ciascun richiedente, il nuovo provvedimento fornisce indicazioni sulle modalità di utilizzo del bonus, ricordando che l’unica via percorribile per usufruirne è quella offerta dai canali telematici dell’Agenzia (Entratel o Fisconline); in caso contrario, il versamento si considera come non eseguito. In alternativa, il contribuente persona fisica non titolare di redditi d’impresa o di lavoro autonomo può utilizzare il credito spettante in diminuzione delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi.

COMPILAZIONE

Le “dritte” su come compilare il modello di pagamento unificato, invece, sono dettate dalla risoluzione 42/2017, che ha istituito la “griffe” del credito, cioè il codice tributo che lo identifica inequivocabilmente: “6874” andrà riportato in corrispondenza dell’ammontare indicato nella colonna “importi a credito compensati” della sezione “Erario”, mentre nel campo “anno di riferimento” si dovrà scrivere 2016 (anno di sostenimento della spesa). Lo stesso codice serve anche in caso di riversamento dell’agevolazione indebitamente fruita; in tale ipotesi, bisogna far riferimento alla colonna “importi a debito versati”.