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IMU E TASI: IL 16 GIUGNO SCADE L’ACCONTO 2017. ALIQUOTE E MODALITÀ DI PAGAMENTO

[A cura di: Andrea Cartosio – istituto nazionale tributaristi]
È fissato per il prossimo 16 giugno il termine ultimo per il versamento dell’acconto 2017 relativo alle imposte Imu e Tasi, e ad oggi non risultano novità significative da segnalare rispetto alle modalità previste per il periodo d’imposta 2016. 
Il calcolo per la corresponsione delle imposte dovute dovrà avvenire attraverso l’applicazione delle aliquote e la fruizione delle relative detrazioni, deliberate dai Comuni per l’anno di imposta precedente, ossia l’anno 2016. Ciò non implicherà il versamento di Imu e Tasi utilizzando i dati immobiliari dell’anno precedente, ma sarà necessario prendere in considerazione la situazione immobiliare per l’anno corrente 2017 considerando tutte le relative movimentazioni avvenute da inizio anno quali compravendite, locazioni agevolate, variazioni di utilizzo e così via. 
Viene concessa facoltà al contribuente di poter decidere se adempiere al pagamento delle imposte in una unica soluzione corrispondendole interamente in sede di acconto utilizzando, ove presenti, le aliquote deliberate per l’anno 2017 da parte dei Comuni ed eventualmente conguagliando la differenza con il saldo del 16 dicembre c.a.. 
MODALITÀ DI VERSAMENTO
Il versamento dovrà avvenire attraverso modello F24 con i seguenti codici tributo:
Imu:
* 3912 abitazione principale e relative pertinenze
* 3913 fabbricati rurali ad uso strumentale
* 3914 terreni
* 3916 aree fabbricabili
* 3918 altri fabbricati
Tasi:
* 3958 abitazione principale e relative pertinenze
* 3959 fabbricati rurali ad uso strumentale
* 3960 aree fabbricabili
* 3961 altri fabbricati
LE ALIQUOTE
La normativa originaria prevede che l’aliquota di base dell’Imu sia fissata nella percentuale del 0,76%, la quale può essere “movimentata” in aumento o diminuzione dai singoli Comuni con uno scostamento di 0,3 punti percentuali. Tradotto in termini numerici, potrà andare da un minimo impositivo dello 0,46% ad un massimo del 1,06%. 
Restano esenti dall’applicazione delle imposte, anche per l’anno 2017, l’abitazione principale e relative pertinenze ad eccezione dei fabbricati di lusso. L’aliquota di base, prevista dalla normativa, per la corresponsione della TASI è pari all’1‰. Viene concessa anche in questa occasione facoltà ai singoli Comuni flessibilità sull’applicazione fino a consentir loro l’azzeramento dell’imposta. 
I Comuni in sede di delibera dovranno considerare il limite imposto dalla normativa secondo cui la sommatoria delle due imposte Imu e Tasi per ciascuna tipologia di immobile non potrà essere superiore a quanto stabilito dalla legge statale al 31 dicembre 2016.
Importante ricordare che, per quanto concerne i fabbricati invenduti dalle imprese di costruzione rivolti alla vendita e non locati, pertanto esenti da Imu, è prevista l’applicazione di un’aliquota Tasi del 1 per mille che potrà essere azzerata o aumentata dai singoli Comuni sino al 2,5 per mille.

USUFRUTTO AL FIGLIO DEL NUDO PROPRIETARIO E INTERESSI PASSIVI SUL MUTUO

Se il nudo proprietario concede al figlio l’usufrutto della casa può continuare a beneficiare della detrazione degli interessi passivi relativi al mutuo? Questo l’oggetto di un quesito inviato da un contribuente alla rubrica di posta fiscale di FiscoOggi, l’organo di stampa ufficiale dell’Agenzia delle entrate. Di seguito la risposta:

Dall’imposta lorda è possibile detrarre un importo pari al 19% degli interessi passivi e relativi oneri accessori (nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione) pagati in dipendenza di un mutuo ipotecario contratto per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire, entro un anno dall’acquisto stesso, ad abitazione principale, per un importo non superiore a 4mila euro (articolo 15, comma 1, lettera b, Tuir). Il nudo proprietario che ha stipulato il contratto di mutuo per l’acquisto della piena proprietà dell’immobile, qualora ne conceda l’usufrutto al figlio può esercitare la detrazione in esame calcolandola in relazione a tutti gli interessi pagati, rapportati all’intero valore dell’immobile, sempre che risultino soddisfatte tutte le altre condizioni richieste dalla legge (circolare 20/E del 13 maggio 2011, paragrafo 1.5, come richiamata dalla circolare 7/E del 4 aprile 2017, pagina 67).

A MAGGIO 2017 PREZZI DELLE CASE ANCORA IN CALO DELLO 0,6%

[A cura di: Idealista] Secondo l’indice mensile delle case di seconda mano del portale idealista.it il prezzo delle abitazioni in Italia è sceso dello 0,6% a maggio rispetto ad aprile, a una media di 1.863 euro/m². In termini annuali il calo è del 5,7%, il che denota un trend ancora chiaramente negativo sul fronte delle quotazioni immobiliari.
L’ultima rilevazione di maggio 2017 conferma il ridimensionamento delle aspettative da parte dei proprietari dopo un primo trimestre anch’esso contrassegnato dai ribassi (-1,3%) dell’usato. 
Il rallentamento non è uniforme sul territorio nazionale, mentre sotto traccia si fa strada il processo di stabilizzazione dei valori, con i 2/3 dei centri capoluogo monitorati con variazioni comprese tra l’1% e il meno 1%. 

Regioni

In un mese contrassegnato da ribassi, il mercato registra contrazioni in 14 macroaree su 20:

nel Lazio (-1,7%) le svalutazioni maggiori, seguito da Friuli Venezia Giulia (-1,4%), Emilia Romagna (-1,2%) e Campania (-1,1%). In controtendenza, il rimbalzo maggiore è in Calabria (1,1%), timidi recuperi anche in Lombardia (0,5%) e Puglia (0,4%). 

Con una media di 2.639 euro al metro quadro, la Liguria è la regione più cara seguita da Lazio (2.487 euro/mq) e Valle d’Aosta (2.458 euro/mq). La Calabria (933 euro/mq) è la regione più economica davanti a Molise (1. 028 euro/mq) e Basilicata (1.183 euro/mq).

Province

A maggio avanzano le aree in saldo negativo – ora sono 59 contro le 54 del mese scorso -, con Rovigo (-7,8%), Trieste (-6,7%) e Verbano-Cusio-Ossola (5,5%) a comandare a graduatoria dei ribassi.

All’opposto, le il picco delle rivalutazioni provinciali si raggiunge a Macerata (5,1%), Sondrio (5%) e nel biellese (3,3%). Come per i capoluoghi province su 3 registrano variazioni minime, comprese tra l’1% e il meno 1%, segno che anche nei centri più piccoli si va verso una graduale stabilizzazione dei valori. 

Savona (3.331 euro/mq) e Bolzano (3.138 euro/mq) si mantengono in cima al ranking dei prezzi a livello provinciale. Tra Biella, fanalino di coda con 682 euro, e Rieti (988 euro/mq) troviamo altre 12 province con prezzi 1.000 euro al metro quadro (L’Aquila non è rilevabile).

Grandi città e capoluoghi

In trend negativo dei prezzi delle case si evidenzia nella maggior parte dei capoluoghi italiani, penalizzando in special modo i proprietari di Trieste (-6%), Teramo (-4,5%) e Cuneo (-4,3%). 

I capoluoghi che presentano la variazioni più sensibili a rialzo sono invece Pordenone (5,3%), Latina (4,1%) e Verona (4,3%). 

Non sono esenti dai ribassi del mese appena trascorso i grandi centri, quasi tutti in terreno negativo a maggio a eccezione di Bologna (0,9%), Bari (0,2%) e Venezia (0,2%). Torino è stabile, giù tutti gli altri capoluoghi di regione da Palermo (-0,4%), a Napoli (-1,6%), passando per i significativi cali di Roma (-1,2%) e Milano (-0,8%). 

La graduatoria dei prezzi continua a essere comandata da Venezia con i suoi 4.368 euro al metro quadro davanti a Firenze (3.421 euro/mq) e Milano (3.377 euro/mq). Ultima nella graduatoria stilata dal portale idealista è Biella (727 euro/mq) davanti a Caltanissetta (796 euro/mq) e Gorizia (831 euro/mq). L’Aquila, non è rilevabile, mentre Gorizia Isernia e Nuoro non presentano il dato della variazione tendenziale in quanto rilevate per la prima volta.

L’indice dei prezzi degli immobili di idealista

Il portale immobiliare idealista è attualmente una delle pagine web più utilizzate in Italia da privati e professionisti immobiliari per la vendita, l’acquisto e l’affitto di immobili. Con una base dati di circa 1 milione di immobili l’ufficio studi idealista realizza analisi e studi relative al prezzo delle abitazioni nel nostro Paese dal 2007. 

Per la realizzazione di quest’indice sono stati analizzati i dati di 401.420 annunci immobiliari pubblicati su idealista nel mese di maggio del 2017; questi immobili hanno superato il controllo di qualità basato su informazioni come prezzo, dimensione, distribuzione e non duplicazione.

Per permettere una sufficiente standardizzazione dei risultati sono analizzati soltanto i comuni che hanno mantenuto una media costante di 50 o più annunci di case di seconda mano in vendita, nel corso del periodo di studio. I comuni che non hanno raggiunto questa media sono stati esclusi dal campione di analisi, al pari di quelli che hanno registrato una variazione di più del 30% del numero di annunci nel periodo dato.

PROPRIETARI E PARTITE IVA: IN ARRIVO 100MILA LETTERE PER FARE PACE COL FISCO

Buone notizie per proprietari e partite Iva “onesti” che hanno bisogno di una seconda possibilità per mettersi in regola con le dichiarazioni dei redditi. In questi giorni, infatti, l’Agenzia delle entrate ha annunciato che, in questi giorni, sono in arrivo circa 100mila lettere, indirizzate ad altrettanti cittadini che, secondo i dati in possesso del Fisco, non hanno dichiarato, nel 2014, parte dei redditi percepiti l’anno precedente. Non si tratta di avvisi di accertamento, ma di semplici comunicazioni, che viaggiano via posta ordinaria o via pec, con cui l’Agenzia informa che, dall’incrocio delle informazioni presenti nelle proprie banche dati, risultano delle somme non dichiarate, in tutto o in parte. 

Come si legge nel comunicato stampa diffuso dalle Entrate, i destinatari delle lettere, tra cui per la prima volta figurano anche titolari di reddito di lavoro autonomo, potranno quindi giustificare l’anomalia o presentare una dichiarazione integrativa e mettersi in regola beneficiando delle sanzioni ridotte previste dal ravvedimento operoso. Con questa nuova tornata di comunicazioni, il Fisco continua a percorrere la strada del dialogo preventivo, con l’obiettivo di evitare che un errore o una dimenticanza possano trasformarsi, senza che il contribuente ne abbia consapevolezza, in un avviso di accertamento vero e proprio, che comporta il pagamento di sanzioni e interessi in misura piena. Novità in arrivo anche sul fronte dell’assistenza: chi riceve una di queste lettere, potrà trovare nel proprio cassetto fiscale la dichiarazione 2014, pronta da integrare sulla base di un prospetto precompilato (disponibile solo per alcuni tipi di reddito) o del prospetto di dettaglio. Potrà quindi fare le correzioni in modalità assistita, inviare l’integrativa e stampare l’F24 per versare gli importi dovuti.

L’identikit dei destinatari di questa tranche di invii

Nel dettaglio, le comunicazioni in partenza sono indirizzate a contribuenti persone fisiche e originate da anomalie relative a: 

* redditi dei fabbricati, derivanti dalla locazione di immobili, imponibili a tassazione ordinaria o soggetti a cedolare secca;

* redditi di lavoro dipendente e assimilati, compresi gli assegni periodici corrisposti dal coniuge o ex coniuge;

* redditi prodotti in forma associata derivanti dalla partecipazione in società di persone o in associazioni tra artisti e professionisti e redditi derivanti dalla partecipazione in società a responsabilità limitata in trasparenza

* redditi di capitale derivanti dalla partecipazione qualificata in società di capitali;

* redditi derivanti da lavoro autonomo abituale e professionale;

* alcuni tipi di redditi diversi e redditi derivanti da lavoro autonomo abituale e non professionale;

redditi d’impresa con riferimento alle rate annuali delle plusvalenze/sopravvenienze attive.

Prospetto precompilato e integrativa assistita, il Fisco aiuta a rimediare

Novità in arrivo per i contribuenti che ricevono una di queste comunicazioni. Non soltanto nella lettera troveranno indicati, in un dettagliato prospetto informativo, tutti gli elementi che hanno originato l’anomalia segnalata, ma un numero considerevole di contribuenti sarà indirizzato ad accedere a Fisconline per correggere la dichiarazione, direttamente online e in maniera assistita. Per la prima volta, infatti, nel cassetto fiscale sarà disponibile il link “scarica dichiarazione da integrare”, tramite il quale sarà possibile ottenere il file contenente la dichiarazione originaria presentata per il 2013. New entry nell’ottica di agevolare i cittadini anche il collegamento diretto “scarica il software di compilazione”, tramite cui i contribuenti potranno installare automaticamente il pacchetto UnicoOnLine necessario per richiamare la dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2013, importandola con l’apposita funzionalità, e integrare la dichiarazione, sulla base dei dati forniti con il prospetto di dettaglio. Per rendere il tutto ancora più semplice, nei casi in cui l’anomalia riscontrata riguarda redditi di lavoro dipendente e assegni periodici (quadro RC), redditi di partecipazione (se non è stato compilato il quadro RH) e altri redditi (se nel quadro RL del modello Unico Persone fisiche o nel quadro D del modello 730 non sono stati dichiarati redditi di capitale), verrà fornito anche il prospetto precompilato del quadro da rettificare o integrare. Una volta predisposta l’integrativa, il contribuente non dovrà far altro che inviarla e stampare l’F24 per il pagamento degli importi dovuti.

Cam e uffici pronti ad assistere i cittadini 

I cittadini che ricevono una di queste comunicazioni possono chiedere chiarimenti rivolgendosi a uno dei Centri di assistenza multicanale (Cam) dell’Agenzia, che rispondono ai numeri 848.800.444 da telefono fisso e 06.96668907 da cellulare (costo in base al piano tariffario applicato dal gestore), dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, selezionando l’opzione “servizi con operatore – comunicazione direzione centrale accertamento”. In alternativa, è possibile rivolgersi alla Direzione Provinciale di competenza o ancora a uno degli uffici territoriali della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate. Tutte le informazioni sulle lettere per la compliance sono disponibili in una nuova sezione dedicata sul sito dell’Agenzia, raggiungibile seguendo il percorso: Cosa devi fare > Compliance, controlli, contenzioso e strumenti deflativi > Attività per la promozione della compliance. 

OPZIONE CEDOLARE SECCA: COSA ACCADE SE NON SI COMUNICA

Da quando la cedolare secca è stata introdotta, ovvero dal pediodo d’imposta 2011, sono sempre di più i proprietari di immobili dati in locazione che scelgono tale opzione in alternativa al regime di tassazione ordinario.

Come noto, per non incorrere in sanzioni, la cedolare va confermata al termine del contratto di locazione. Ma, nel caso in cui ciò non avvenisse, come va versata la sanzione per la mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga della cedolare secca? Questo l’oggetto di un quesito inviato da un contribuente alla rubrica di posta fiscale di FiscoOggi: l’organo di stampa ufficiale dell’Agenzia delle Entrate. Vediamo che cosa hanno risposto:

In materia di cedolare secca, il decreto-legge collegato alla manovra di bilancio 2017 ha previsto che “la mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga del contratto non comporta la revoca dell’opzione esercitata in sede di registrazione del contratto di locazione qualora il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente con la volontà di optare per il regime della cedolare secca, effettuando i relativi versamenti e dichiarando i redditi da cedolare secca nel relativo quadro della dichiarazione dei redditi” (articolo 7-quater, comma 24, Dl 193/2016, che ha modificato l’articolo 3, comma 3, Dlgs 23/2011). La medesima disposizione prevede, inoltre, che “in caso di mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga, anche tacita, o alla risoluzione del contratto di locazione per il quale è stata esercitata l’opzione per l’applicazione della cedolare secca, entro 30 giorni dal verificarsi dell’evento, si applica la sanzione nella misura fissa pari a 100 euro, ridotta a 50 euro se la comunicazione è presentata con ritardo non superiore a 30 giorni”. La predetta sanzione deve essere pagata con il modello F24 Elide – Versamenti con elementi identificativi, utilizzando il codice tributo “1511” (cfr. risoluzione 30/E del 10 marzo 2017).

REPORT MEF/AGENZIA ENTRATE: IL 77,4% DELLE FAMIGLIE RISIEDE IN ABITAZIONI DI PROPRIETÀ

[Fonte: Agenzia delle Entrate]

Quasi 20 milioni di famiglie sono proprietarie della casa in cui abitano, il 77,4% del totale. L’abitazione vale in media nel 2014 circa 170 mila euro (1.450 /m2), valore però in calo del 2,4% rispetto al 2013. Gli italiani proprietari di un appartamento sono oltre 25,7 milioni (dipendenti e pensionati nell’81,7% dei casi) mentre i locatari sono 4,7 milioni. La superficie media di un’abitazione è pari a 117 m2. Oltre un miliardo di euro è l’ammontare delle agevolazioni fiscali erogate per quasi 3,7 milioni di interventi di ristrutturazioni, riqualificazione energetica e messa in sicurezza degli edifici effettuati nel 2014. È la fotografia del patrimonio immobiliare italiano al 31 dicembre 201 4 scattata dall’Agenzia delle Entrate e dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia, in collaborazione con il partner tecnologico Sogei, i cui dati sono riassunti nella sesta edizione del rapporto “Gli immobili in Italia”, presentato oggi a Roma presso Sala Polifunzionale del Mef.

Il volume analizza la distribuzione della proprietà e del patrimonio immobiliare sul territorio nazionale, in relazione alle caratteristiche sociodemografiche ed economiche dei proprietari, con approfondimenti sulla tassazione immobiliare e sulle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione edilizia, la riqualificazione energetica e per interventi antisismici.

La casa è di proprietà

Ipotizzando che ad ogni abitazione principale corrisponda una famiglia, nel 2014 in Italia il 77,4% delle famiglie risultano proprietarie dell’abitazione in cui risiedono. Questo dato è sensibilmente più elevato al Sud e nelle Isole (82,9%), prossimo al dato nazionale al Nord (75,3%), mentre è più basso al Centro (il 73,9%).


Come gli italiani utilizzano la propria abitazione

Nel 2014 la maggior parte delle abitazioni di proprietà delle persone fisiche sono utilizzate come abitazione principale (62,6%), il 17,9% sono a disposizione (le cosiddette “seconde case”) e solo l’8,8% dello stock abitativo è dato in locazione. Un ulteriore 2,8% è rappresentato dalle abitazioni date in uso gratuito a un proprio familiare.


Il valore delle abitazioni – Nel 2014 il valore medio nazionale di un’abitazione si attesta intorno ai 170 mila euro, con un valore unitario di 1.450 /m2, in calo del 2,4% rispetto all’anno precedente. A livello regionale la variabilità è abbastanza sostenuta e va dai circa 285 mila euro in Trentino Alto Adige ai circa 82 mila euro nel Molise. Nelle 12 maggiori città italiane con popolazione oltre i 250.000 abitanti, il valore medio delle abitazioni si è ridotto quasi ovunque, con un deciso calo a Torino (-11,4%). Le uniche variazioni positive si osservano a Milano (+4,5%) e, in maniera più contenuta, a Venezia (+0,9%). Per quanto riguarda invece le pertinenze, una cantina vale in media circa 6mila euro, mentre un box/posto auto vale circa 22mila euro.


Roma, Milano e Napoli – Lo studio analizza, in dettaglio, anche la situazione immobiliare nelle tre principali metropoli italiane. A Roma sono circa 900 mila le famiglie proprietarie della casa di residenza, quasi il 65% del totale. A Napoli e Milano la quota è più contenuta, 62% e 58% rispettivamente. A Roma la superficie media di un’abitazione è pari a 103 m2, con un valore medio di circa 354 mila euro (3.448 /m2); a Milano è di 88 m2, con un valore medio di circa 269 mila euro (3.058 /m2); a Napoli la superficie media di un’abitazione è 102 m2, per un valore medio di circa 250 mila euro (2.458 /m2).

L’identikit del proprietario…

Nel 2014, dei 40,7 milioni di contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi, oltre 25,7 milioni (il 63,2% del totale dei contribuenti) sono risultati proprietari di immobili o di quote immobiliari. I lavoratori dipendenti e i pensionati costituiscono l’81,7% dei proprietari: più della metà dei proprietari risiede al Nord (50,7%), il 23,1% al Centro e il 26,2% al Sud e nelle Isole. Le donne proprietarie di abitazioni sono circa 886 mila in meno degli uomini, ma il valore delle loro abitazioni è maggiore, nonostante il reddito imponibile sia nettamente inferiore. In crescita sono, invece, i proprietari senza figli a carico, che rappresentano il 76,6% del totale. Infine, i proprietari con età inferiore ai 35 anni rappresentano il 9% della popolazione, quelli con età superiore ai 65 anni sono il 32,6%, mentre quelli di età compresa fra i 35 e i 65 anni sono il 58,4%.

…e del locatore 

Complessivamente nel 2014 gli individui locatori di immobili, in Italia, sono 4,7 milioni, con un aumento di circa il 4,1% rispetto al 2012. Il canone annuo medio rimane invariato (circa 9,7 mila euro). Il 34,9% dei locatori (quasi 1,7 milioni) ha un’età compresa tra 51 a 70 anni, seguono i proprietari con età compresa tra 31 e 50 anni (il 23,1%) e gli ultrasettantenni (il 22,2%), mentre i locatori con meno di 30 anni sono il 2,4% del totale. Nel 2013, gli immobili locati a uso abitativo assoggettati a tassazione ordinaria erano il 61% circa, quelli con cedolare secca ordinaria il 34% e quelli con cedolare secca ad aliquota ridotta il 5%.

DAL 2016 LA TASSAZIONE SULLA CASA È DIMINUITA DI 4,4 MILIARDI 

Dal 2016 il prelievo sugli immobili si è ridotto di 4,4 miliardi di cui 3,6 miliardi riferibili all’abolizione della Tasi sulle abitazioni principali non di lusso. Ne hanno beneficiato 19,5 milioni di contribuenti (per il 75% lavoratori dipendenti e pensionati) per un risparmio medio pro capite di 175 euro annui L’Imu versata nel 2016 è pari a 18,8 miliardi e la Tasi sui servizi indivisibili a 1,1 miliardi, per un totale di 19,9 miliardi di euro di gettito complessivo Imu/Tasi. La composizione percentuale del gettito complessivo mostra che, nel 2016, del totale del prelievo

sugli immobili circa il 48% delle entrate deriva dall’Imu e solo il 3% dalla Tasi, per effetto dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sulle abitazioni principali. Il gettito da imposte di natura reddituale è pari al 21% del totale ed è in gran parte attribuibile all’Irpef (14% del totale) e alla cedolare secca sulle locazioni abitative (5%), il cui gettito cresce di anno in anno. L’Iva sulle compravendite di immobili rappresenta il 13% delle entrate complessive, mentre le imposte di registro e bollo costituiscono il 7% del totale.


Le agevolazioni fiscali per ristrutturazioni e riqualificazione energetica

Nel periodo 2005-2014 sono stati effettuati complessivamente 17,1 milioni di interventi per il recupero del patrimonio edilizio, con un ammontare di spesa totale pari a 94,3 miliardi di euro circa e una spesa media per opera pari a 5,5 mila euro. In particolare, nell’anno di imposta 2014, i contribuenti che hanno riportato in dichiarazione spese per ristrutturazione edilizia, sono 7,6 milioni. La detrazione media è pari a circa 542 euro per contribuente. Gli immobili su cui sono stati effettuati interventi di ristrutturazione sono 719,8 mila e la spesa media maggiore (10,6 mila euro) è sostenuta per gli immobili situati nei piccolissimi Comuni (fino a 5 mila abitanti). Riguardo al genere, i contribuenti di genere maschile che hanno dichiarato lavori di ristrutturazione sono 4,4 milioni, mentre le donne solo 3,2 milioni. La spesa media è di 13,2 mila euro per gli uomini e 11,3mila euro per le donne, mentre le detrazioni medie sono pari a 578 euro per gli uomini e 492 euro per le donne. Dal 2008 al 2014 sono stati effettuati 2,7 milioni di interventi di riqualificazione energetica, per una spesa totale pari a 19,3 miliardi di euro e una spesa media di 7,2 mila euro. Il 61,7% dei soggetti che richiedono una detrazione sono di sesso maschile e spendono in media 11,4 mila euro, contro i 9,2 mila euro di spesa dei contribuenti di genere femminile. Per entrambe le tipologie di bonus, la distribuzione per classi di età evidenzia che il numero massimo di lavori è sostenuto da contribuenti con più di 60 anni.


Le agevolazioni per interventi antisismici e messa in sicurezza degli edifici

Da agosto 2013, data di introduzione dell’agevolazione fiscale, a dicembre 2014 sono stati effettuati oltre 45 mila interventi relativi all’adozione di misure antisismiche. L’ammontare totale di spesa per questa categoria di opere è pari a oltre 300 milioni di euro e la spesa media è di circa 6,7 mila euro. Per questi interventi sono state richieste detrazioni per un importo totale pari a circa 19,7 milioni di euro, cui corrisponde un beneficio fiscale medio pari a 435 euro. I beneficiari sono, nella maggior parte dei casi, di genere maschile (61%) e spendono in media più delle donne (8,7 mila euro, contro i 7,3 mila euro circa spesi dalle donne): di conseguenza beneficiano di una detrazione più elevata (568 euro contro i 476 euro per le donne). Con riferimento alla classe di età, il numero maggiore di beneficiari si registra nelle classi tra i 30 e i 45 anni e oltre i 60 anni (rispettivamente 14,7 mila e 12,8 mila contribuenti).

Ulteriori approfondimenti – Il volume Gli immobili in Italia è disponibile gratuitamente in forma digitale sul sito www.agenziaentrate.gov.it, nella sezione
l’Agenzia comunica > prodotti editoriali > Pubblicazioni su catasto, cartografia e
mercato immobiliare, e sul sito www.finanze.gov.it, in > Dati e statistiche fiscali > Gli immobili in Italia.


SCHERMATURE SOLARI: LE ENTRATE CONFERMANO BONUS 2017

In periodo scadenze e dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle entrate torna ad occuparsi di agevolazioni Irpef per i contribuenti, rispondendo ad un quesito di carattere fiscale, nell’ambito della rubrica di posta fiscale di FiscoOggi (organo di stampa ufficiale dell’Agenzia). 

In particolare, il contribuente chiede se anche per le spese sostenute nel 2017 sia ammessa la detrazione Irpef del 65% per l’installazione di schermature solari.


Ecco la risposta: “Si ha diritto alla detrazione Irpef per interventi di efficienza energetica, nella misura del 65%, anche con riferimento alle spese (documentate e rimaste a carico del contribuente) sostenute per l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari. Sono agevolabili le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017, fino a un valore massimo della detrazione di 60mila euro (articolo 14, comma 2, lettera b), Dl 63/2013, come modificato dall’articolo 1, comma 2, lettera a, legge 232/2016). Si ricorda che è agevolabile l’installazione dei sistemi di schermatura solare di cui all’Allegato M al Dlgs 311/2006, in possesso di marcatura CE (se prevista) e che rispettano le leggi e le normative nazionali e locali in tema di sicurezza e di efficienza energetica. La detrazione spetta per le spese sostenute per la fornitura e la posa in opera delle varie tipologie di schermature e per le opere, anche murarie, eventualmente necessarie per la posa in opera. In ogni caso, sono comprese tra le spese detraibili anche quelle relative alle prestazioni professionali necessarie alla realizzazione dell’intervento (cfr circolare n. 7/E del 4 aprile 2017, pagina 260)”.

LA CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA DI CONDOMINIO: POTERI E DOVERI

[A cura di: avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com]

L’assemblea è il centro decisionale del condominio. Il codice civile non ne dà una definizione, la quale dunque dipende dalla qualificazione giuridica di condominio che si intenda abbracciare: sommatoria dei diritti dei singoli partecipanti o ente dotato di personalità giuridica. Nel primo caso l’assemblea si configura come semplice insieme dei condomini, nel secondo caso come organo dell’ente. La disciplina codicistica, come detto, omette la definizione di assemblea, ma è molto dettagliata nel descrivere la casistica relativa alla sua convocazione, sotto il profilo dei soggetti che vi possono o vi devono provvedere. Tale casistica è sparsa in più disposizioni; qui se ne propone una esposizione condotta sulla base dei criteri logici del tipo di assemblea e del soggetto convocante e della sua posizione soggettiva (potere, dovere).

ASSEMBLEA ORDINARIA E STRAORDINARIA

È anzitutto opportuno soffermarsi sulle nozioni di “assemblea ordinaria” ed “assemblea straordinaria”. L’art. 66, co. 1, disp. att. cod. civ. distingue infatti tra assemblea convocata “in via ordinaria” ed “in via straordinaria”. L’assemblea ordinaria è quella convocata annualmente per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 cod. civ., vale a dire: 1) la conferma dell’amministratore e la sua retribuzione; 2) l’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e la relativa ripartizione tra i condomini; 3) l’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e l’impiego del residuo attivo della gestione; 4) le opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni. L’assemblea straordinaria è quella convocata quando se ne presenti la necessità.

L’unica differenza tra i due tipi di assemblea risiede nei soggetti convocanti. Infatti, mentre l’assemblea ordinaria può (e deve) essere convocata soltanto dall’amministratore, quella straordinaria può essere convocata anche dai condomini.

In merito all’assenza di ulteriori differenze, si legga la massima di Cass. Civ. 1984/3456: “Ai fini della validità di una deliberazione di assemblea condominiale, è privo di qualunque rilievo il fatto che la delibera impugnata sia stata adottata in un’assemblea straordinaria piuttosto che in un’assemblea ordinaria, o viceversa, giacché non esistono, tra le competenze di questi due tipi di assemblee, differenze di sorta, né sono previsti differenti quorum per la legale costituzione delle assemblee medesime, l’assemblea straordinaria essendo menzionata, in opposizione a quella ordinaria, dall’art. 66 disp. attuaz. c.c., soltanto per disporre che l’assemblea ordinaria deve essere convocata annualmente, a differenza di quella straordinaria, che è convocata in qualsiasi momento in caso di necessità”.

L’assenza di ulteriori differenze è ribadita dalla irrilevanza, quanto alla validità delle delibere adottate, della correttezza dell’indicazione “ordinaria” o “straordinaria” nella convocazione dell’assemblea. Si legga la massima di Cass. Civ. 1975/2050: “Allorchè tutti i condomini di un edificio abbiano avuto tempestiva comunicazione della convocazione dell’assemblea e degli argomenti all’ordine del giorno, non ha rilevanza, al fine della validità delle delibere adottate, l’esattezza o meno dell’indicazione dell’assemblea, nell’avviso di convocazione, come ordinaria o straordinaria; tale distinzione, infatti, non ha altra giustificazione che quella di stabilire l’annualità ed obbligatorietà della prima, per la retta amministrazione del condominio, e l’eventualità e non periodicità della seconda, ma non attribuisce all’una od all’altra alcuna particolare natura o funzione”.

La convocazione dell’assemblea ordinaria

Soltanto l’amministratore ha il potere di convocare l’assemblea ordinaria; nessun potere spetta in tal senso ai condomini. La convocazione dell’assemblea ordinaria, oltre che un potere, è per l’amministratore un dovere (art. 1130, co. 1, n. 1, cod. civ.), la cui mancata osservanza costituisce grave irregolarità (art. 1129, co. 12, n. 1, cod. civ.) la quale è motivo di revoca giudiziale (art. 1129, co. 11, cod. civ.).

Nel caso in cui l’amministratore non vi sia, l’assemblea ordinaria può essere convocata da ciascun condomino (art. 66, co. 2, disp. att. cod. civ.).

Nel caso in cui l’amministratore cessi dall’incarico a causa della perdita dei requisiti indicati dall’art. 71 bis, co. 4, disp. att. cod. civ., l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore può essere convocata da ciascun condomino senza formalità.

Si noti una differenza nelle ultime due ipotesi in ordine alle “formalità” della convocazione: nella seconda (amministratore cessato per perdita dei requisiti) si precisa che il singolo condomino può convocare l’assemblea senza formalità, mentre nella prima (amministratore mancante) nulla viene precisato. Ora, se risulta evidente che nella prima ipotesi il condomino convocante dovrà osservare tutte le disposizioni in materia di convocazione (come modalità e termini), rimane il dubbio circa l’esatta portata dell’assenza di formalità della seconda ipotesi. In dottrina (V. Nasini, L’amministratore, in Il nuovo condominio a cura di R. Triola, p. 760, Torino, 2013) l’inciso in parola è stato ritenuto “previsione nebulosa e suscettibile di abusi e utilizzazioni strumentali, nonché foriera di rilevante contenzioso”.

La convocazione dell’assemblea straordinaria

Per quanto attiene all’assemblea straordinaria, la casistica è più articolata rispetto a quella ordinaria, potendosi suddividere le ipotesi di convocazione, a seconda del soggetto convocante, come segue: 1) quando l’amministratore ha il potere di convocarla; 2) quando l’amministratore ha il dovere di convocarla; 3) quando l’amministratore ha il dovere di convocarla su richiesta dei condomini; 4) quando più condomini insieme hanno il potere di convocarla; 5) quando il singolo condomino ha il potere di convocarla (mancanza dell’amministratore).

1) L’amministratore ha il potere di convocare l’assemblea straordinaria ogniqualvolta lo ritenga necessario (art. 66, co. 1, disp. att. cod. civ.).

2) L’amministratore ha il dovere di convocare l’assemblea straordinaria nei seguenti casi (A. Celeste, L’assemblea, in A. Celeste, A. Scarpa, Il condominio negli edifici, p. 356, Milano, 2017):

– quando abbia ricevuto una citazione o un provvedimento che esorbita dalle sue attribuzioni, per darne senza indugio notizia ai condomini (art. 1131, co. 3, cod. civ.);

– quando abbia ordinato lavori di manutenzione straordinaria che rivestono carattere urgente, per riferirne nella prima assemblea (art. 1135, co. 2, cod. civ.).

3) L’amministratore ha il dovere di convocare l’assemblea straordinaria su richiesta dei condomini nei seguenti casi:

– quando ne facciano richiesta almeno due condomini rappresentanti un sesto del valore dell’edificio, per deliberare su qualsiasi materia (art. 66, co. 1, disp. att. cod. civ.);

– quando ne faccia richiesta anche un solo condomino, per deliberare, nel caso siano emerse gravi irregolarità fiscali o nel caso di mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale, la cessazione della violazione e la revoca dell’amministratore (art. 1129, co. 11, cod. civ.);

– quando ne faccia richiesta anche un solo condomino, per deliberare una innovazione vista favorevolmente dal legislatore, ovvero una di quelle indicate dall’art. 1120, co. 2, cod. civ. (art. 1120, co. 3, cod. civ.);

– quando ne faccia richiesta anche un solo condomino, per deliberare sulla rettifica o modifica delle tabelle millesimali quando vi sia errore o alterazione, a seguito di mutamento delle condizioni dell’edificio, per più di un quinto del valore proporzionale di anche una sola unità immobiliare (art. 69, co. 1, disp. att. cod. civ.);

– quando ne faccia richiesta anche un solo condomino, per deliberare, nel caso di attività che incidono negativamente ed in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, la cessazione della violazione (art. 1117 quater cod. civ.).

4) Più condomini insieme hanno il potere di convocare l’assemblea straordinaria in questo caso: se almeno due proprietari rappresentanti un sesto del valore dell’edificio abbiano fatto richiesta all’amministratore di convocare l’assemblea straordinaria e questi non abbia provveduto, decorsi dieci giorni dalla richiesta i suddetti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione.

5) Il singolo condomino ha il potere di convocare l’assemblea straordinaria nel caso in cui l’amministratore non vi sia (art. 66, co. 2, disp. att. cod. civ.). Si ripete qui quando detto sopra a proposito delle formalità che devono essere osservate.

FABBRICATI CHE HANNO PERSO LA RURALITÀ: ULTIME SETTIMANE PER RAVVEDERSI CON LO SCONTO

[A cura di: FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]

Ultima occasione per regolarizzare, a prezzi scontati, cioè solo con un piccola sanzione, la classificazione catastale di quei fabbricati che hanno perso i requisiti della ruralità. La chance è offerta dagli avvisi bonari che l’Agenzia delle Entrate invierà, nelle prossime settimane, ai proprietari delle circa 800mila costruzioni, che risultano ancora da dichiarare al catasto urbano.

A tal proposito, si ricorda che l’obbligo di variare la categoria catastale dei fabbricati rurali è stato previsto dal decreto “Salva Italia” 2011 (articolo 13, comma 14-ter, Dl 201/2011). In particolare, la dichiarazione di aggiornamento doveva avvenire entro venerdì 30 novembre 2012, attraverso la procedura Docfa. Pertanto, gli alert scaturiscono, da un lato, dall’attività d’accertamento dell’amministrazione, e dall’altro dalla collaborazione con il cittadino/contribuente che si concretizza, in questo caso, in una campagna di sensibilizzazione all’adempimento, con il beneficio di sanzioni ridotte. Gli avvisi bonari consentiranno a ciascun titolare di conoscere la propria posizione e verificare quali immobili sono soggetti all’obbligo di dichiarazione. In ogni caso, è già possibile controllare lo stato delle cose connettendosi al sito dell’Agenzia, dove è pubblicato l’elenco dei fabbricati rurali ancora presenti nel catasto terreni.

LO SCONTO

I proprietari che presentano la dichiarazione di aggiornamento potranno beneficiare dell’istituto del ravvedimento operoso, con un notevole risparmio sulle sanzioni che, a titolo esemplificativo, si riducono da un importo compreso tra 1.032 e 8.264 euro, a uno di 172 euro (pari ad 1/6 del minimo). Nell’eventualità in cui l’avviso bonario dovesse presentare delle inesattezze, il destinatario potrà avvertire l’Agenzia compilando l’apposito “modello di segnalazione” allegato all’avviso o, in alternativa, utilizzando il servizio online disponibile sul sito.

LASTRICO SOLARE DI PROPRIETÀ ESCLUSIVA: COME SI RIPARTISCONO LE SPESE DI MANUTENZIONE?

[A cura di: Maurizio Zichella – membro Acap e vice presidente nazionale ARCO, Associazione revisori contabili condominiali]
La fattispecie della ripartizione delle spese riferite ai lavori di manutenzione del lastrico solare di proprietà esclusiva è stato oggetto di molte sentenze della Corte di Cassazione, la quale ha più volte richiamato il criterio secondo il quale, nel caso di manutenzione del lastrico solare di proprietà esclusiva, trova applicazione l’art. 1126 c.c.
Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condòmini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo alla spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condòmini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno”.
La sentenza n. 12578 del 7/4/2017 depositata in cancelleria il 18/05/2017 ritorna sull’argomento in quanto una condomina ricorre in Cassazione per chiedere l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Milano la quale, disattendo il richiamato articolo, stabilisce che nel caso in questione “essendo che i lastrici solari insistono su porzione d’immobile in seno alla quale si trovano parti di proprietà comune (galleria pedonale, portico pedonale, portineria, atrio, piano interrato, corselli box) costituendo quindi copertura non solo alle unità immobiliari site ai piani sottostanti ma anche a beni di proprietà comune, individuate nel regolamento di condominio, è corretto applicare il principio secondo il quale a concorrere alla spesa siano tutti i condòmini e non solo i condòmini proprietari delle unità immobiliari a cui il lastrico solare funge da copertura”.
La Cassazione accoglie la richiesta di annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Milano ribadendo la valenza dell’art. 1126 c.c. precisando che quando si legge “tutti i condòmini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico serve da copertura”, si riferisce evidentemente a coloro che appartengono alle unità immobiliari comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, escludendo i condòmini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto. L’obbligo di partecipazione alla riparazione dei richiamati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualità di partecipante al condominio, ma dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico in oggetto. 
La stessa Corte evidenzia come è del tutto inevitabile che la terrazza o il lastrico di uso esclusivo coprano una o più parti che siano comuni a tutti i conòomini, e non solo a quelli della rispettiva ala del fabbricato, come ad esempio, il suolo su cui sorge l’edificio, la facciata, le fondazioni, ma se bastasse questo a chiamare a concorrere alle spese tutti i condòmini, l’art. 1126 c.c. non avrebbe alcuna pratica applicazione. L’art. 1126 c.c. non rientra tra le disposizioni inderogabili richiamate dall’art. 1138 c.c., e quindi all’interno di un regolamento di condominio si può stabilire una ripartizione delle spese in misura diversa, ma a tal fine occorre che sia adottata una convenzione espressa che deroga al criterio legale.
In conclusione si può evidenziare che il criterio stabilito dall’art.1126 c.c. sia l’unico criterio da applicare nei casi in cui ci si trova a dover intervenire su elementi quale il terrazzo o lastrico solare di proprietà esclusiva, non trovando applicazione un criterio diverso per il solo fatto che tali elementi fungono da copertura anche altre parti comuni del condominio.