.

CONTRATTI DI LOCAZIONE: LA CASSAZIONE DICE STOP ALL’ELUSIONE FISCALE

[A cura di: avv. Ermenegildo Mario Appiano – segretario Alac Torino]

Mediante due recenti sentenze (numero 18213 e 18214), entrambe rese il 17 settembre 2015, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno in buona sostanza tolto una volta per tutte ai locatori ogni interesse a non registrare i contratti di locazione per eludere il fisco. Nella prima di dette sentenza (la numero 18213), le Sezioni Unite hanno infatti chiarito che non è sanabile la nullità dei contratti locazione non registrati, perlomeno quando ciò accade nel contesto di un’operazione di elusione fiscale realizzata mediante la simulazione di un canone inferiore a quello reale.

Si tratta del caso “classico” in cui – al momento della stipulazione del contratto di locazione – il locatore richiede un certo canone (ad esempio 1700 euro mensili), ma desidera dichiararne al fisco uno inferiore (ad esempio 387 euro).

Per riuscire nello scopo, il locatore impone al conduttore di stipulare due contratti, tra loro connessi in modo nascosto:

* il primo è il contratto simulato (“finto”, per intenderci), con cui si stabilisce il canone da dichiarare al fisco, registrando il contratto;

* il secondo è il contratto dissimulato (quello “reale”), con cui si dichiara che il primo contratto non è in realtà quello voluto dalle parti, essendo il canone pattuito superiore a quello indicato al fisco: ovviamente questo contratto non viene registrato.

Tutto funziona, almeno sino a quando non insorge un contenzioso tra locatore e conduttore, solitamente in quanto quest’ultimo smette di pagare il canone maggiore portato dal contratto “dissimulato”. A questo punto, il locatore cerca di sfrattare il conduttore, appellandosi al contratto “dissimulato”: per farlo, il locatore procede a registrare il contratto “dissimulato”, così esponendosi ad un accertamento fiscale.

Questa è la situazione oggetto della sentenza resa dalle Sezioni Unite, che hanno ora vanificato tale tipo di elusione fiscale. In estrema sintesi, dalla sentenza discendono le seguenti conseguenze:

* anche se registrato tardivamente, il contratto “dissimulato” è nullo;

* resta valido il contratto “simulato” a suo tempo registrato (quello cioè con il canone “finto”);

* il fisco non può pretendere dal locatore le imposte commisurate sul canone indicato dal contratto “dissimulato”, perché nullo;

* il conduttore può però riavere dal conduttore tutte le somme nel tempo pagate in eccedenza rispetto al canone portato dal contratto “simulato”: in altre parole, resta dovuto solo il canone “finto”;

* nel ripetere le somme pagate in eccedenza, sul piano probatorio il conduttore potrà altresì giovarsi della presunzione di avvenuto pagamento dei canoni arretrati fino alla data in cui il locatore stesso abbia lamentato l’inadempimento della relativa obbligazione (così esonerandosi lo stesso conduttore dall’onere – ai limiti della materiale impossibilità – di dimostrare il versamento del canone in eccedenza fino a quella data rispetto a quello indicato nel contratto registrato, versamento del quale, comprensibilmente, egli non potrà dar prova, avendo sovente il locatore avuto cura di non lasciare tracce documentali di tale illegittima ricezione).

Nella seconda sentenza (la n.18213), invece, le Sezioni Unite hanno colpito i meccanismi fondati sulla stipulazione in forma verbale dei contratti di locazione. Secondo i giudici, infatti, il contratto verbale di locazione abitativa è viziato da nullità assoluta, salvo il caso in cui si provi che sia stato il locatore ad abusare della propria posizione di forza nell’imporre la mancanza di forma scritta. In tale ultima ipotesi è solo il conduttore il soggetto legittimato a far valere la nullità del contratto.

La mancanza di forma scritta nei contratti di locazione ad uso abitativo ne determina quindi la nullità relativa – invocabile dal solo conduttore – unicamente qualora venga dimostrato che sia stato il locatore ad aver preteso l’instaurazione del rapporto di fatto (e cioè non formalizzato con un contratto scritto), e che quindi la nullità del contratto sia a lui attribuibile, mentre il conduttore deve averla solo subita. Negli altri casi, invece, il contratto è afflitto da nullità assoluta: ciò comporta come conseguenza l’obbligo di restituzione dell’immobile con effetto immediato dalla dichiarazione di nullità del contratto, venendo meno il suo titolo giustificativo ad occupare l’immobile stesso.

In questo caso, dunque, si scoraggia anche il conduttore ad accettare di favorire il ricorso a pratiche elusive, in quanto egli può incorrere nel rischio di perdere la disponibilità dell’alloggio, salva sempre la possibilità di ripetere dal locatore le somme pagate in virtù dell’accordo viziato da nullità (il che comporta sempre un danno sensibile per il locatore).

In entrambe le sentenze in esame le Sezioni Unite hanno poi assunto toni molto fermi rispetto al fenomeno dell’elusione fiscale, così sancendo: “su di un più generale piano etico/costituzionale, e nel rispetto della essenziale ratio della legge del 1998, la soluzione adottata impedisce che, dinanzi ad una Corte suprema di un Paese Europeo, una parte possa invocare tutela giurisdizionale adducendo apertamente e impunemente la propria qualità di evasore fiscale, volta che l’imposizione e il corretto adempimento degli obblighi tributari, lungi dall’attenere al solo rapporto individuale contribuente-fisco, afferiscono ad interessi ben più generali, in quanto il rispetto di quegli obblighi, da parte di tutti i consociati, si risolve in un miglior funzionamento della stessa macchina statale, nell’interesse superiore dell’intera collettività”.

L’ECOBONUS? È FRUIBILE ANCHE SUI LAVORI NELL’IMMOBILE È DATO IN LOCAZIONE

[Fonte: Ance]

Riconosciuta l’applicabilità della detrazione Irpef/Ires del 65% per la riqualificazione energetica anche in caso di lavori eseguiti sui fabbricati locati dalle società. Lo prevede la sentenza della CTR Lombardia n. 2692 del 15 giugno 2015 che, confermando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, contrasta quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, nella R.M. 340/E/2008, in materia di applicabilità del bonus energetico del 65% nell’ipotesi di interventi eseguiti su fabbricati locati.

In particolare, nel caso di specie esaminato dalla sentenza, l’applicabilità del beneficio era stata negata ad un’impresa immobiliare che aveva effettuato i lavori di risparmio energetico su tre unità immobiliari possedute e destinate alla locazione. Al riguardo, gli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate avevano contestato la fruibilità della detrazione nel presupposto che gli immobili oggetto degli interventi non potessero essere qualificati come “strumentali”, anche se accatastati come uffici (A/10), poiché non venivano utilizzati direttamente nell’attività d’impresa.

L’Amministrazione finanziaria denegava la spettanza della detrazione sulla base dell’orientamento espresso con la R.M. 340/E/2008, con il quale è stato chiarito che, per i soggetti titolari di reddito d’impresa, l’agevolazione deve essere riconosciuta unicamente per i lavori effettuati su fabbricati “strumentali”. In sostanza, a parere dell’Agenzia delle Entrate, per le imprese il beneficio deve essere riferito esclusivamente agli utilizzatori dei fabbricati oggetto degli interventi, circostanza che non si verifica nell’ipotesi in cui gli immobili riqualificati sono locati a terzi. Sulla base di tale orientamento, pertanto, sarebbero esclusi dall’agevolazione gli interventi realizzati su tutti gli immobili concessi in locazione a terzi, siano questi a destinazione residenziale o strumentali.

Ora, con la sentenza n. 2692/2015, i giudici tributari respingono, ancora una volta, la posizione dell’Agenzia delle Entrate, affermando che, per le imprese, la citata limitazione alla fruizione del beneficio «non si ritrova né nella legge né nella normativa di attuazione, ed è frutto di un’interpretazione arbitraria dell’Amministrazione, priva di qualsiasi riscontro normativo».

Infatti, come sostenuto dall’Ance fin dall’introduzione dell’agevolazione, né la norma istitutiva  (introdotta dall’art. 1, commi 344-349, legge 244/2007), né le relative disposizioni attuative (contenute nel D.M. 19 febbraio 2007), pongono alcun vincolo, in capo ai soggetti titolari di reddito d’impresa, in ordine alla necessità di utilizzo diretto dell’immobile su cui eseguire gli interventi agevolati. Tenuto conto delle numerose e sempre più frequenti pronunce giurisprudenziali in tal senso, si auspica che l’Agenzia delle Entrate riveda il proprio orientamento, riconoscendo l’applicabilità della detrazione del 65% anche per i lavori eseguiti sui fabbricati delle società destinati alla locazione.

UDINE: UNA “CASA MODERNA” CON I CONSIGLI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Sono innumerevoli gli aspetti fiscali che hanno in qualche modo a che vedere con il comparto condominiale e residenziale. E altrettanto numerosi sono, inevitabilmente, i dubbi che affliggono quotidianamente i contribuenti. In pratica:serve informazione. Come quella che l’Agenzia delle Entrate sta offrendo nell’ambito della 62esima edizione della fiera “Casa Moderna”, in corso di svolgimento a Udine (si concluderà il prossimo 11 ottobre).

In quello che è diventato ormai un appuntamento fisso, i funzionari del-l’Agenzia saranno sempre a disposizione dei visitatori della fiera per fornire assistenza e informazioni su svariati servizi fiscali, ipotecari e catastali, proprio come in un normale sportello. La squadra presente in fiera è composta dal personale degli uffici di Udine, Cervignano del Friuli, Tolmezzo e della Direzione regionale.

Come nelle passate edizioni saranno disponibili anche guide e prodotti editoriali dell’Agenzia, in particolare quelli attinenti al tema della manifestazione, come la serie “Fisco e casa” (dedicata ad acquisti e vendite, locazioni, successioni e donazioni), nonché le guide aggiornate su agevolazioni per il risparmio energetico, ristrutturazioni edilizie, bonus mobili ed elettrodomestici. 

Allo stand dell’Agenzia, sarà inoltre possibile vedere i filmati presenti su Entrate in video, il canale YouTube dell’Agenzia delle Entrate nato per rispon-dere, in maniera corretta e immediata, alle richieste dei contribuenti. 

L’appuntamento con gli esperti dell’Agenzia delle Entrate è allo stand 2/19 del padiglione 4.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Sessanta rapine in casa

Sgominata la gang

Sono finite in manette le sei persone, tutte di origine albanese, che negli ultimi mesi avevano messo a ferro e fuoco i paesi della provincia di Torino. Entravano nelle case, incuranti della presenza dei proprietari, compivano la rapina e poi si dileguavano nella notte. I carabinieri di Torino li hanno fermati in seguito al ferimento di uno dei banditi, dovuto alla reazione di un uomo di 79 anni, proprietario di una villetta, che aveva esploso due colpi di pistola per mettere in fuga i malviventi. Il commando, formato da sei uomini, è ritenuto responsabile di almeno una sessantina di colpi, messi a segno in tutto il Piemonte.

Pensionata rapinata 

nel giardino di casa

Una donna di 87 anni, residente a Padova, è stata rapinata mentre ritirava la posta dalla buca delle lettere, nel giardino di casa. Era da poco passato mezzogiorno quando un’auto con a bordo due donne si è avvicinata al cancello d’ingresso dell’abitazione dell’anziana, apparentemente per chiedere indicazioni stradali. Approfittando della gentilezza della signora e senza neanche scendere dalla macchina, le ladre hanno allungato le mani e sono riuscite a sfilarle una collana e un bracciale con un orologio. Al loro arrivo, i carabinieri non hanno potuto fare altro che raccogliere le testimonianze della vittima e di alcuni vicini che avevano visto una macchina allontanarsi a gran velocità.

Due anziani coniugi 

sequestrati dai banditi

Li hanno tenuti in ostaggio per 30 minuti dopo averli malmenati e immobilizzati sul divano. Tanto è durata la rapina messa a segno da due uomini armati ai danni di una coppia di anziani (87 anni lui e 74 anni lei), residenti in una villetta isolata a Trieste. Dopo essere entrati in casa, in pieno pomeriggio, i malviventi hanno strattonato la donna e l’hanno legata al marito che si trovava in salotto. A quel punto hanno potuto agire indisturbati, rivoltando la casa da cima a fondo e portando via i pochi oggetti d’oro per un valore di circa 5 mila euro. Le ricerche da parte dei militari dell’Arma, non hanno portato, per il momento, ad alcun esito. 

Serra nel centro storico

per coltivare marijuana

Un uomo di 41 anni di Ragusa è stato denunciato dalla Squadra Mobile per aver trasformato parte della sua abitazione, in pieno centro storico, in una serra per la coltivazione di piantine di droga. Le forze dell’ordine avevano cominciato a tenere d’occhio il 41enne già da qualche giorno, proprio a causa del sospetto via vai di gente dal suo appartamento e dell’atteggiamento guardingo che adottava mentre si recava a lavoro. Una volta entrati nell’alloggio per la perquisizione, gli agenti di polizia sono stati investiti da un forte odore di marijuana. All’interno di una conca, ricavata da un vano scala, si trovava una vera e propria serra, con lampade, fertilizzanti e latro materiale per la coltivazione della marija.

Estorsione al condominio

e furto di energia

Un uomo di 47 anni, della provincia di Cosenza, è stato arrestato dai carabinieri in flagranza di reato, mentre cerava di recuperare del denaro, frutto di una estorsione ai danni di un intero condominio. Al momento del fermo, il 47enne si stava recando da un condomino per riscuotere i soldi. Quando lo hanno immobilizzato, i militari dell’Arma gli hanno trovato addosso una cartuccia (mostrata per intimorire le vittime) e una piccola plana in ferro all’interno di un sacchetto nero, utilizzata per simulare il possesso di un’arma da fuoco. I carabinieri hanno poi perquisito l’appartamento dell’uomo e hanno  scoperto che rubava anche la corrente elettrica condominiale.

REVOCATO UN TRUST IMMOBILIARE COSTITUITO CON PREGIUDIZIO DEL CREDITORE

La Banca di Piacenza (avv.ti Moja ed Accordino, rispettivamente presidente e vicepresidente di Assotrusts, aderente a Confedilizia) ha ottenuto dal Tribunale (in composizione monocratica: dott. Elisabetta Arrigoni) la revoca di un trust immobiliare di diritto inglese costituito con pregiudizio delle sue ragioni di credito. ne dà notizia Confedilizia, che riporta come nell’argomentata decisione si faccia presente che l’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua legittima esperibilità: 

1) l’esistenza di un valido rapporto di credito tra il creditore che agisce in revocatoria e il debitore disponente;

2) l’effettività del danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell’atto traslativo;

3) la ricorrenza, in capo al debitore, ed eventualmente in capo al terzo, della consapevolezza che, con l’atto di disposizione, venga a diminuire la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori.

Al proposito, il Tribunale sottolinea allora che il credito dell’istituto era già esistente al momento del compimento dell’atto di disposizione impugnato e che la giurisprudenza riconosce la revocabilità del trust ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 2901 cod. civ. e cioè che “il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni creditorie o che, in ipotesi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento”. 

Il Tribunale evidenzia poi che per gli atti di disposizione a titolo gratuito è sufficiente “la consapevolezza da parte del debitore, e non anche del terzo beneficiario, del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, si sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore”. Presupposti che il Tribunale ha riconosciuto tutti esistenti nella fattispecie al suo esame, anche evidenziando che la costituzione del trust era avvenuta contestualmente all’aggravamento della situazione finanziaria della società debitrice. 

Elemento, anche questo, che, insieme agli altri e di cui s’è già detto, lascia a parere del Tribunale fondatamente presumere che il trust – costituito per atto notarile – “fosse in concreto preordinato a mettere al riparo il patrimonio immobiliare” della debitrice.

Il Tribunale (che si è – che risulti – per la prima volta pronunciato in materia) ha conseguentemente dichiarato inefficace il trust in questione nei confronti della Banca, che potrà ora (art. 2902 cod. civ.) iniziare l’esecuzione immobiliare sui beni costituiti in trust, e così per la somma dovuta e per le intere spese di giudizio (pari, da sole, ad un terzo circa della somma inizialmente dovuta), che la società convenuta è stata dal Tribunale condannata a pagare. 

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Anziana raggirata in casa

Bottino da 500mila euro

Con l’autunno, anche i truffatori di anziani cambiano modus operandi. L’ultima pensata di due malviventi del torinese, è stata quella di fingersi tecnici della caldaia che dovevano controllare l’impianto di riscaldamento. Con questa scusa si sono introdotto in casa di una donna di 78 anni, che viveva da sola in un appartamento del centro di Torino. Dopo aver convinto l’anziana a raccogliere gioielli e soldi in una busta e a farseli consegnare con uno stratagemma, i due uomini si sono allontanati facendo perdere le loro tracce. Totale del bottino, un record: quasi mezzo milione di euro.

Sesso rumoroso: ferisce

il vicino che si lamenta

È stato condannato a 6 anni di carcere il 44enne residente nella provincia di Torino che lo scorso febbraio aveva accoltellato il vicino di casa, colpevole di essersi lamentato per il troppo rumore. La vittima, un uomo di origine polacca, stufo di ascoltare gli amplessi del dirimpettaio, era andato a bussare alla sua porta per chiedere di smetterla. L’amante focoso, disturbato da quella interruzione, aveva aperto la porta con in mano un coltello e aveva ferito il polacco con tre fendenti. L’aggressore era stato quindi fermato dalle forze dell’ordine per tentato omicidio, accusa poi confermata dal Gip durante il processo a rito abbreviato.

Rubavano nei box auto

Arrestati tre malviventi

Tre uomini, due 41enni e un 36enne, sono stati fermati nottetempo a Palermo, mentre tentavano di fare razzia in alcuni box auto di un condominio. Sono, invece, riusciti a dileguarsi gli altri due complici, sulle cui tracce si trovano le forze dell’ordine. I ladri erano stati colti sul fatto da una pattuglia che si trovava nelle vicinanze e, sentendosi intimare l’alt, avevano tentato di fuggire. Ma soltanto in due erano riusciti a far perdere le loro tracce. L’intento del gruppo era di svaligiare i box, caricando il bottino nelle due macchine parcheggiate all’esterno, anch’esse risultate rubate e restituite dalla polizia ai legittimi proprietari.

Fiamme in condominio 

Sgomberate 10 persone

Potrebbe essere stato un corto circuito a generare l’incendio di un residence in provincia di Udine, divampato in serata, intorno alle 21. In un locale adibito a lavanderia e situato al piano interrato, erano infatti ammassate un’asciugabiancheria insieme ad altri elettrodomestici a disposizione degli ospiti del residence. Dopo le scintille, le fiamme hanno generato una nube di fumo denso che ha avvolto i piani superiori. Dieci in tutto le persone evacuate, una delle quali è stata portata in ospedale a scopo precauzionale.

Truffata sul sito internet

La casa al mare non c’è

Il suo caso non è certo stato l’unico. Magra consolazione per una donna di Empoli, truffata, dopo aver prenotato e pagato 200 euro di caparra per una casa al mare, in provincia di Grosseto, trovata attraverso un annuncio su internet. Dopo qualche giorno senza avere notizie dei proprietari dell’alloggio, la donna si era insospettita e aveva deciso di andare a controllare di persona la veridicità dell’annuncio. Resasi conto che la casa al mare non esisteva, aveva denunciato la truffa ai carabinieri di Empoli che questa volta sono riusciti a risalire ai due responsabili: un 39enne e un 28enne della provincia di Matera.

Imprenditore sotto stress

si barrica in casa per ore

Un giovane imprenditore 38enne della provincia di Udine ha perso il controllo e, dopo una lite familiare all’ora di cena, si è barricato in casa per ore, imbracciando fucili e pistole. Pare che fosse reduce da un periodo difficile, particolarmente stressato a causa di incomprensioni con un socio e di una somma di denaro che mancherebbe all’appello. Vista l’escalation del litigio i familiari dell’uomo avevano chiesto l’intervento della guardia medica, che però era stata respinta dallo stesso imprenditore. A quel punto sono intervenuti i carabinieri del nucleo radiomobile, convincendo il 38enne a desistere.

Scoperta casa a luci rosse

grazie a lite condominiale

Un portone danneggiato, due condòmini che litigano animatamente e l’intervento della polizia. Fin qui niente di strano, o quasi. Se non fosse che a danneggiare il portone non sarebbero stati i due residenti, ma i clienti di una casa a luci rosse, allestita all’interno dello stesso stabile. Da una rapida indagine delle forze dell’ordine, infatti, pare che i danni alla porta dell’edificio fossero stati causati dai clienti notturni di due prostitute, di nazionalità cinese, che avevano tentato di forzarlo per incontrare le donne. 

EDILIZIA: NOVITÀ SU SILENZIO-ASSENSO E LIMITI ALL’AUTOTUTELA

[Fonte: Confappi]

Silenzio-assenso tra amministrazioni in caso di mancato parere entro 30 giorni dalla richiesta e l’impossibilità di contestare le opere effettuate con Scia o l’ok automatico al permesso di costruire dopo sei mesi. Sono due delle novità, immediatamente applicabili, che derivano dalla legge delega per la riforma della pubblica amministrazione, approvata il 4 agosto e approdata sulla Gazzetta Ufficiale il 13 agosto scorso. 

Primo effetto del testo, in materia edilizia, è contenuto nell’articolo 3 (che modifica l’articolo 17-bis della legge 241/1990). La norma stabilisce che, nel caso in cui un ente pubblico debba chiedere un’autorizzazione, parere o nulla osta a un’altra amministrazione (o a un gestore di beni o servizi pubblici) per emanare un parere, quest’ultima lo deve rilasciare in 30 giorni, prorogabili al massimo a 60 per esigenze istruttorie o richieste di modifica. Se così non avviene, scatta il silenzio-assenso. Una previsione che avrà un impatto certo sul procedimento per il permesso di costruire, che spesso si impantana per la mancata collaborazione di enti terzi come Asl, Vigili del fuoco, Soprintendenze. La regola, inoltre, vale anche per i pareri resi dalle amministrazioni preposte a tutela, tra cui le Soprintendenze per i beni soggetti a vincolo paesistico o storico-artistico (in questo caso però il termine è di 90 giorni). 

Seconda grande novità è quella dei limiti all’autotutela (contenuta nell’articolo 6, che agisce sull’articolo 21-nonies della legge 241/1990). In questo caso, il testo stabilisce che per tutti i provvedimenti amministrativi il potere della Pa di annullare l’atto può essere esercitato solo entro 180 giorni (prima si parlava di “termine ragionevole”). Ciò significa che dopo sei mesi non potranno più essere contestate opere edilizie eseguite con Scia mentre, per il permesso di costruire, scatterà il silenzio-assenso.

IMPOSTE CASA: LA CONTRO-PROPOSTA DI VISCO E BERSANI

Far pagare di più a chi possiede di più. In una sintesi molto estrema, è questo il succo della proposta alternativa alla semplice abolizione di Tasi ed Imu formulata dal “Nens – Nuova Economia Nuova Società”, l’associazione fondata nel 2001da Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco, insieme con Nicola Rossi, Giulio Sapelli, Giuseppe Farina e Paolo Ferro Luzzi.

I tre obiettivi della proposta per una nuova fiscalità sono:

* semplificazione, riduzione e razionalizzazione delle imposte sugli immobili;

* recupero di maggiore equità nella distribuzione del prelievo;

* recupero di efficienza.

Quanto, invece, agli strumenti per raggiungere tali obiettivi, l’associazione propone l’accorpamento delle imposte esistenti (in modo da semplificare e rendere trasparenti le procedure per contribuenti), la razionalizzazione delle basi imponibili,

 la riforma delle aliquote, 

la cancellazione delle imposte sugli affitti (Irpef e cedolare secca), la 

trasformazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali da prelievo percentuale in tassa fissa, ottenendone una sostanziale eliminazione, la

 modifica dell’imposta di successione lasciando inalterate le attuali soglie esenti e, infine, l’

introduzione di un’imposta progressiva su base familiare sui patrimoni immobiliari più consistenti.

Sommando gli effetti sul prelievo erariale e sul prelievo locale, si raggiungerebbe una riduzione del prelievo totale pari a 7,5 miliardi di euro.

Secondo SESecondo Nens, la potenziale detassazione della prima casa rappresenta una forzatura del sistema di tassazione: le prime case infatti non sono tutte uguali. C’è la casa popolare e la grande villa, la condizione economica degli affittuari è (spesso) peggiore di quella di chi è proprietario della casa di abitazione e i giovani hanno meno prime casa in proprietà rispetto agli anziani. Il rischio è di detassare i contribuenti più ricchi. Al contrario, può essere giusto (pratico) prevedere un’esenzione per le abitazioni di minor valore, ma non per tutte le prime case. 

Peraltro, occorre osservare che in tutta l’area OECD le case d’abitazione sono tassate nell’ambito della finanza locale. La scelta di affidare agli enti decentrati una forma di imposizione sugli immobili (incluse le abitazioni principali) trova sostegno nella letteratura sul federalismo fiscale (visibilità del prelievo, accountability degli amministratori locali e responsabilizzazione per la gestione efficiente della spesa).

D’altra parte, i valori degli immobili sono un appropriato indicatore per i Comuni:

* se i governi locali sono responsabili della tassazione immobiliare, sono incentivati a fornire servizi pubblici in modo più efficace ed efficiente perché questo tende ad accrescere le loro entrate;

* la qualità dell’amministrazione locale e gli investimenti da essi effettuati si riflettono sul valore degli immobili;

* la tassazione immobiliare contribuisce alla disciplina di bilancio dei governi locali, in quanto risulta “visibile” agli elettori, che possono tenerne conto al momento del voto o al momento di scegliere dove risiedere (vedo, voto, pago).

Ciò vale ovviamente per la casa dove abita il proprietario, che riceve un reddito in natura, già esente dall’imposizione sul reddito.

Af DAffrontando invece il delicato tema del catasto, il duo Visco Bersani sottolinea come, in teoria, i valori che risultano dalle rendite catastali dovrebbero riflettere il valore medio dell’immobile in un arco temporale di alcuni anni. Nei fatti, invece, le rendite catastali, rivalutate da ultimo nel 1989, non solo sono distanti dai veri valori di mercato, ma lo sono in maniera non uniforme tra territori e tipologie abitative. 

Con l’introduzione dell’IMU, i valori patrimoniali su cui si basano le imposte immobiliari sono aumentati in modo proporzionale e il moltiplicatore applicato alle rendite è stato aumentato da 100 a 160. L’aumento proporzionale dei moltiplicatori lascia inalterati tutti gli squilibri rispetto ai valori di mercato. . Mediamente, negli ultimi anni (dopo l’introduzione dell’IMU/TASI), il rapporto medio tra valori di mercato e valori catastali è leggermente superiore a 2. Il rapporto sale a 4 o 5 per gli immobili più vecchi e scende a 1 (o volte anche sotto 1) per quelli nuovi.

Ciò comporta effetti negativi in termini di equità orizzontale perché i contribuenti subiscono prelievi differenziati in relazione alle sperequazioni territoriali delle basi imponibili, equità verticale perché il differenziale tra i valori effettivi di mercato e quelli calcolati sulla base di rendite catastali e moltiplicatori tende ad aumentare per i proprietari più ricchi. E, da ultimo, in termini di efficienza: un prelievo commisurato alla rendita edilizia risulta più efficiente di un’imposta sul reddito o sul consumo e tiene conto delle rendite di posizione. 

Ora, un modo per tassare il patrimonio immobiliare in maniera davvero proporzionale al valore è quello di stimare la base imponibile ai valori di mercato, sia quando crescono che quando calano. Per raggiungere l’obiettivo, una strada è la riforma del catasto. Nell’immediato, l’altra strada è quella che fa riferimento ai valori per tipologia dell’immobile e zone omogenee rilevati dall’Osservatorio sul mercato immobiliare (Omi) curato dall’Agenzia delle Entrate, e utilizzandoli come parametri utili alla rivalutazione (differenziata) dei moltiplicatori.

TASSE E COMUNI

In ogni Comune la maggioranza degli immobili è costituita dalle abitazioni dove vivono i proprietari. Una quota di cittadini del Comune sono proprietari anche di altri immobili. Un’altra parte di immobili (seconde case) sono invece di proprietà di persone che risiedono in un altro Comune. 

Attualmente la pratica dei Comuni è quella di aumentare l’imposizione sugli immobili non residenziali e sulle seconde case e ridurre quella sulle “prime case”. Gli effetti distorsivi di questa tendenza sono però evidenti: essere proprietari di una casa ma spostare la residenza in un’altra (ad es. presa in affitto per cambio lavoro) porta ad aggravi fiscali, o a sotterfugi legali (ad es. l’uso strategico della residenza). La stessa cosa si verifica quando i coniugi dividono la residenza. Peraltro, i non residenti non votano (Comuni turistici e comuni interessati da fenomeni migratori).

In questo quadro, si aggiungono ulteriori complessità, a partire dal fatto che oggi esistono più soggetti impositori (Stato e Comuni) sulle stesse basi imponibili dell’IMU. 

Lo Stato si riserva circa 4 miliardi di gettito dell’IMU sugli immobili produttivi (capannoni industriali). Sempre lo Stato fissa l’aliquota standard del prelievo IMU (al 7,6 per mille) e TASI (all’1 per mille). Per la TASI, i Comuni decidono esenzioni, riduzioni del prelievo e detrazioni e possono aumentare l’aliquota di base (fino al 2,5 per mille nel 2014 per le prime case; fino al limite di 10,6 per mille complessivamente per IMU+TASI sulle seconde case e su immobili produttivi e commerciali). Non tutti i Comuni, però, hanno applicato le detrazioni TASI (sulla prima casa) che erano previste centralmente per l’IMU (200 euro fisse e 50 euro per ogni figlio minore di 26 anni): quindi anche i proprietari di case di modesto valore (popolari) hanno pagato.

Ma c’è di più. Le molteplici scadenze di versamento (e la giungla di aliquote, detrazioni e agevolazioni) e i ritardi nelle delibere dei Comuni fanno aumentare i costi di compliance per i contribuenti. 

La prima cosa utile sarebbe, dunque, un sistema più semplice e razionale, che separi prelievi e basi imponibili di Stato e Comuni. 

Comuni

*Un’unica imposta locale immobiliare, su valori vicini a quelli di mercato e aliquote basse (con esenzione di circa un terzo delle abitazioni – prima casa – nei comuni).

* Trasformazione delle addizionali regionali e comunali in sovra-imposte, eliminando alcune incongruenze esistenti ed accentuando la progressività.

Stato 

* Imposta personale progressiva sul patrimonio immobiliare (basi imponibili valutate a valori di mercato, ma con franchigia e aliquote basse in modo da esentare di fatto i patrimoni di valore medio e di ottenere un prelievo moderato su quelli di valore medio-alto) per conseguire una corretta progressività eliminando la discriminazione per le seconde case che poco ha a che fare con la progressività.

* Riduzione del peso fiscale sui trasferimenti immobiliari, trasformando le imposte di registro, ipotecarie e catastali in tasse fisse.

* Abolizione dell’Irpef e della cedolare secca sugli affitti. 

* Revisione delle altre imposte statali. 

* Un sistema equo ed efficiente semplifica il prelievo, persegue una corretta progressività e riduce la pressione fiscale complessiva.

IMU E TASI GUIDANO IL SALASSO DELLE “PATRIMONIALI”

Mentre ferve il dibattito sull’abolizione delle tasse sulla prima casa, la Cgia di Mestre fa i conti in tasca all’impatto delle cosiddette patrimoniali sulle finanze degli italiani, evidenziando che nel 2014 tali imposte – capeggiate proprio di Imu e Tasi – sono costate ai contribuenti quasi 50 miliardi di euro. Un dato di per sé impressionante. Mai, però, come quello relativo al loro incremento, tale che negli ultimi 25 anni, l’incidenza delle patrimoniali sul Pil è raddoppiata, mentre in termini assoluti il gettito è aumentato di quasi 5 volte. 

Un peso, insomma, difficilmente sostenibile, e che, peraltro, dovrebbe confermarsi nell’anno in corso, mentre solo dal 2016, complice proprio la potenziale abolizione del carico fiscale sulle abitazioni principali, si potrebbe registrare una decisa inversione di tendenza. “Se il Governo confermerà l’abolizione delle tasse che gravano sulla prima casa, dell’Imu agricola e quella sugli imbullonati – commenta Paolo Zabeo della CGIA – nel 2016 dovremmo risparmiare 4,6 miliardi di euro: vale a dire uno sconto che sfiora il 10 per cento”. 

LE PATRIMONIALI

Ma quante sono,nel dettaglio, le patrimoniali che pesano sui portafogli degli italiani? La Cgia ne ha contate una quindicina. “Anche se – precisa ancora Zabeo – le due imposte che gravano sulle abitazioni e sugli immobili strumentali, ovvero Tasi e Imu, garantiscono da sole oltre la metà del gettito complessivo. L’anno scorso, ad esempio, per onorare questi due tributi famiglie, imprese e lavoratori autonomi hanno versato ben 24,7 miliardi di euro”. 

Facciamo, però, un passo indietro. Innanzitutto: che cosa sono le imposte patrimoniali? Sono quelle che di fatto gravano sulla ricchezza posseduta dalle persone in un determinato momento. La ricchezza è intesa in senso ampio e comprende i beni immobili (case, terreni), i beni mobili (auto, moto, aeromobili, imbarcazioni), gli investimenti finanziari, etc. Di solito, nei manuali di diritto tributario, le imposte patrimoniali sono classificate come imposte dirette. Queste ultime sono quelle che colpiscono direttamente la capacità contributiva del contribuente senza attendere che si verifichino fatti o atti particolari. Mentre le imposte indirette richiedono, per poter essere applicate, il verificarsi di un determinato evento. L’Iva, ad esempio, si applica quando avviene la cessione di un bene o la prestazione di un servizio. Le imposte sulle successioni e sulle donazioni, sebbene classificate come imposte indirette, vengono considerate come una forma di imposizione patrimoniale, in quanto colpiscono la ricchezza. Si tratta delle uniche imposte indirette che i testi di diritto tributario includono tra le il imposte di carattere patrimoniale. 

L’ANALISI CGIA

La prima parte dell’ analisi della Cgia è stata dedicata ad individuare le imposte il cui gettito complessivo sia espressione di imposizione patrimoniale in modo da studiarne l’evoluzione nel tempo. Il criterio seguito è stato quello di considerare quelle forme di imposizione che colpiscono la ricchezza nelle diverse forme in cui questa si manifesta (ad esempio immobili, auto, barche, aeromobili, disponibilità finanziarie) sia che la tassazione riguardi la semplice detenzione che il suo trasferimento. Ebbene, le imposte patrimoniali considerate in questa serie storica da Cgia sono: 

1) Imposta di registro e sostitutiva; 

2) Imposte di bollo; 

3) Imposta ipotecaria; 

4) Diritti catastali; 

5) Ici/Imu/Tasi; 

6) Bollo auto; 

7) Canoni su telecomunicazioni e Rai Tv; 

8) Imposta sulle transazioni finanziarie; 

9) Imposta sul patrimonio netto delle imprese; 

10) Imposta su secretazione dei capitali scudati; 

11) Imposte sulle successioni e donazioni; 

12) Imposta straordinaria sugli immobili; 

13) Imposta straordinaria sui depositi; 

14) Imposta sui beni di lusso. 

GETTITO E TREND

Se l’indagine della Cgia è partita dal 1990, colpisce che nel 2012 l’imposizione patrimoniale è cresciuta, rispetto al 2011, di 13,7 miliardi di euro (un balzo di oltre il 43 per cento), mentre nel 2013 si è avuta una temporanea flessione dovuta all’abolizione dell’Imu sulle abitazioni principali. In termini di gettito, le imposte più pesanti per le tasche degli italiani sono l’Imu/Tasi: nel 2014 hanno garantito alle casse dello Stato e dei Comuni ben 24,7 miliardi di euro. Seguono l’imposta di bollo (7,9 miliardi di euro), il bollo auto (6,1 miliardi di euro) e l’imposta di registro (4,6 miliardi di euro). 

Ma l’andamento del gettito delle imposte patrimoniali è contrassegnato anche dall’istituzione o dall’abolizione di alcuni tributi. Alcuni esempi. 

Anno 1992

Nel 1992 il gettito è cresciuto di 8,6 miliardi di euro, passando dai 11,7 miliardi del 1991 a 20,3 miliardi, con una crescita di oltre il 73 per cento. In quell’anno, per risanare le finanze pubbliche, sono stati introdotti dei prelievi straordinari di carattere patrimoniale sulla ricchezza finanziaria, sugli immobili e su alcuni beni di lusso. In particolare, il DL 333/1992 aveva previsto una imposta straordinaria immobiliare (I.S.I.) e un prelievo straordinario sui depositi e conti correnti. L’I.S.I. si calcolava applicando l’ aliquota del 3 per mille al valore catastale degli immobili. Il prelievo sui depositi è avvenuto sulle consistenze in essere alla data del 9luglio 1992. Inoltre, nel settembre del medesimo anno, è stato introdotto un ulteriore prelievo straordinario a carico delle persone fisiche che possedevano auto di grossa cilindrata, aeromobili, imbarcazioni da diporto. 

Anno 1993

Nel 1993 il gettito è cresciuto di ulteriori 4,4 miliardi di euro per effetto della sostituzione dell’ISI con l’Ici (imposta comunale sugli immobili) che pur applicandosi sulla medesima base imponibile, prevedeva delle aliquote più elevate. Inoltre, fece sentire i suoi effetti anche la nuova imposta sul patrimonio delle imprese che, con aliquota del 7,5 per mille, è stata in vigore sino al 1997. 

Anno 2008

Nel 2008, la flessione del gettito delle imposte patrimoniali è dipesa dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa. 

Anno 2012

Nel 2012, il DL “Salva Italia” ha inasprito fortemente la tassazione patrimoniale, introducendo diverse forme di tassazione: l’Imu sugli immobili; prelievi che hanno interessato i beni di lusso, come le auto di grossa cilindrata, i natanti e gli aeromobili; l’applicazione dell’imposta proporzionale di bollo sulle disponibilità finanziarie. 

Anno 2014

Nel 2014, infine, è stata introdotta la Tasi che assieme all’Imu e alla Tari costituiscono la Iuc, ovvero l’Imposta unica comunale. Il presupposto della Tasi, pur essendo collegato all’erogazione e alla fruizione di servizi comunali, si basa sul possesso o la detenzione di un immobile, anche ad uso abitativo. Pertanto, questa nuova tassa viene percepita da tutti come una imposta patrimoniale e come tale è stata inserita nell’elenco della Cgia.

DESTINAZIONE PARTI COMUNI. COME EVITARE LE VIOLAZIONI

[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – pres. centro studi Confedilizia]

 

Con l’art. 1117-quater c.c. il legislatore della
riforma condominiale ha disposto che, in caso di attività che incidano
“negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti
comuni”, l’amministratore o i condòmini, anche singolarmente, possano diffidare
l’esecutore e chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la
violazione, pure mediante azioni giudiziarie.

L’assemblea delibererà in merito alla cessazione di
tali attività con la maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c..
Vale a dire con un quorum
deliberativo, in prima e seconda convocazione, costituito da un numero di voti
che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore
dell’edificio (fermo restando il quorum costitutivo
formato – ai sensi dell’art. 1136, primo e terzo comma, c.c. – da tanti
condòmini che rappresentino: in prima convocazione, la maggioranza dei
partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio; in seconda
convocazione, un terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del
valore dell’edificio).

In argomento c’è da precisare che la norma nulla
aggiunge a ciò che già prima della riforma si riteneva sulla possibilità così
dei condòmini come dell’amministratore.

In dottrina è stato, anzi, sottolineato come sia difficilmente
comprensibile la suddetta previsione dell’obbligo per l’amministratore (a
seguito di richiesta di un solo condomino, in deroga al disposto dell’art. 66,
primo comma, disp. att. c.c.) di convocare un’assemblea che deliberi sulle
azioni giudiziarie da intraprendere a tutela della destinazione delle parti
comuni quando chi amministra sarebbe comunque legittimato ad esperire tali
azioni in base al combinato disposto degli artt. 1130, primo comma, n. 4, e
1131, primo comma, c.c. (vertendosi in tema di atti conservativi a tutela dei
diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio).