Chiudono luce e acqua
per prendere spacciatori
Sospendere l’erogazione di acqua, luce e gas. Questa volta non per un problema di morosità ma per stanare un gruppo di spacciatori barricatisi in una casa della periferia di Torino. Lo stratagemma messo in atto dai carabinieri ha funzionato: i quattro malviventi, un 14enne e tre giovani di età compresa tra 19 e 21 anni, sono stati costretti ad uscire dall’abitazione, dove ad attenderli c’erano i militari dell’Arma. Durante la successiva perquisizione, sono state sequestrate dosi di cocaina, 2.330 euro in contanti, cellulari, tablet e 6 computer portatili, presumibilmente ricevuti in cambio della droga.
Il ladro funambolo
è arrestato dai militari
Un giovane di 26 anni, pluripregiudicato, è stato colto in flagranza e arrestato per tentato furto dai carabinieri di un comune in provincia di Cuneo. A dare l’allarme sono stati i vicini di casa che lo avevano notato rovistare all’interno di un appartamento, situato all’ultimo piano del proprio palazzo. Il 26enne aveva letteralmente scalato la facciata dell’edificio attraverso i tubi di scolo collegati alla grondaia. Una volta arrivati i militari, aveva tentato di nascondersi nei garage, ma senza risultato. Posto agli arresti domiciliari, se la caverà con 6 mesi di reclusione.
Esplode la lavatrice:
palazzina in fiamme
Due persone intossicate e 13 famiglie costrette a passare la notte fuori casa. Questo il bilancio del singolare incendio che si è sviluppato in uno stabile di Udine, a pochi passi dal centro città. Dai rilievi effettuati dai vigili del fuoco, la causa sarebbe imputabile allo scoppio di una lavatrice in un appartamento del quarto piano. A nulla sono servite le secchiate d’acqua lanciate dai residenti per domare il rogo. Le fiamme si sono sviluppate rapidamente, distruggendo l’intero alloggio e danneggiando quelli limitrofi. Soltanto una lieve intossicazione per i proprietari, trasportati in ospedale per precauzione.
Sorprende i ladri in casa:
accoltellato 14enne
Se l’è cavata con una notte in ospedale, 8 giorni di prognosi e tanto spavento il ragazzino di 14 anni aggredito nella sua casa di Milano da un commando di ladri d’appartamento. I malviventi, in due e a volto coperto, sono entrati in casa dalla finestra, pensando non vi fosse nessuno. Quando hanno visto il 14enne si sono appostati dietro al frigorifero e hanno tentato di afferrarlo. Durante la colluttazione, i banditi hanno tirato fuori un coltello e ferito il giovane al fianco sinistro, lasciandolo a terra per poi fuggire a gambe levate.
Nipote uccide la zia
con la sega elettrica
Ci sono volute lunghe ore di trattative da parte dei carabinieri per stanare e trarre in arresto l’uomo di 68 anni che, in preda a un raptus di follia, aveva ucciso nel pomeriggio la propria zia, a colpi di motosega. L’anziana viveva con lui in un condominio del centro di Mestre, in un appartamento a due piani di distanza dalla vittima. Sono stati gli stessi vicini di casa a dare l’allarme, dopo aver visto il 68enne andare su e giù per le scale, impugnando una motosega sporca di sangue.
[a cura di: avv. Chiara Magnani – associazione Foro Immobiliare]
Con la sentenza n. 305 del 12/01/2016 la Cassazione statuisce come la nullità della delibera possa essere rilevata d’ufficio, anche dal giudice innanzi al quale è stato promosso il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ancorché mai impugnata dal condomino. Nella fattispecie, due condòmini, destinatari di un decreto ingiuntivo per l’omesso pagamento di oneri condominiali come risultanti dal riparto delle spese straordinario regolarmente approvato in sede assembleare, si opponevano al decreto ingiuntivo azionato nei loro confronti dal condominio, rilevando come nella quota a loro ingiunta fossero inclusi anche importi relativi ad opere eseguite sul loro balcone e dai medesimi mai autorizzate.
Gli opponenti, che non avevano impugnato la delibera, rilevavano, infatti, come la delibera del 2003 mediante la quale era stata decisa di effettuazione di lavori straordinari nello stabile fosse affetta da nullità in quanto comprensiva anche di interventi da realizzarsi sulle parti di proprietà esclusive e come l’assemblea mai avrebbe potuto deliberare in materie coinvolgenti le proprietà individuali. La Corte, pertanto, accoglieva il ricorso dei condòmini evidenziando come la delibera del 2003 fosse chiaramente nulla (con la sentenza 4806/2005 la Cassazione ha ben individuato il discrimine tra le delibere nulle e annullabili e come “…debbono qualificarsi nulle….le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto, le delibere che incidono…sui diritti individuali o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini…), e come, in caso di delibera nullità, il vizio possa essere fatto valere in ogni stato e grado del procedimento nonché rilevato d’ufficio dal giudice in qualsivoglia sede adito: solo in caso di delibere annullabili e non ritualmente impugnate innanzi alla competente autorità è preclusa, al giudice dell’eventuale giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la rilevabilità del vizio. Siffatta preclusione, invece, non opera in caso di delibera nulla, tanto più se si considera come nella maggior parte dei casi, come è anche quello esaminato dalla Suprema Corte, proprio la delibera, poi successivamente dichiarata nulla, risulti essere dal condominio posta a fondamento del ricorso per ingiunzione.
“Nel mio
condominio è stato deliberato di sostituire le antenne televisive private con
un’antenna centralizzata. Tale spesa può essere detratta?”. Questo il quesito
posto da un contribuente all’apposito servizio dell’Agenzia delle Entrate. Di
seguito, la risposta di Gianfranco Mingione: l’esperto che cura la rubrica
della posta fiscale su “Nuovo FiscoOggi”, la rivista ufficiale delle Entrate.
“La sostituzione delle antenne private con un’antenna televisiva centralizzata
rientra tra le opere per le quali è possibile fruire del bonus ristrutturazioni
(circolare ministeriale n. 57/1998 e guida dell’Agenzia delle Entrate – Ristrutturazioni
edilizie: le agevolazioni fiscali). La detrazione spetta nella misura
maggiorata al 50% – invece dell’ordinario 36% – per le spese sostenute fino al
31 dicembre 2016, come stabilito dalle legge di Stabilità 2016”.
[Fonte: Assonime]
Ai fini della legittimità delle tariffe fissate dal Comune per la determinazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la decisione di legittimità in commento (Cassazione, 16972/2015) ribadisce un principio già espresso dalla propria giurisprudenza sull’irrilevanza della destinazione catastale e ne enuncia altri riguardo al calcolo della cennata tariffa da applicare ai fabbricati destinati all’attività di bed and breakfast da parte di privati.
Sull’irrilevanza della destinazione catastale viene in rilievo la normativa regionale su tale attività attuata con la legge regionale n. 5/2001, il cui articolo 1 statuisce che lo svolgimento di tale attività in un immobile non ne modifica la destinazione d’uso, con l’effetto di poter confermare la pronuncia di legittimità (citata da questa in commento) 10 agosto 2010, n. 18501, per la quale, se un Comune articola la Tarsu per fasce di utenza, distinguendo la tariffa domestica da quella non domestica, è soggetto passivo di Tarsu secondo la tariffa non domestica il proprietario di un immobile, pur classificato catastalmente come abitazione civile, che presti al locatario servizi eccedenti la locazione e propri dell’attività alberghiera.
Nella controversia oggetto della decisione del Supremo Collegio in nota si discute, poi, della legittimità della delibera commissariale di un Comune, in riferimento alle aliquote ivi previste per l’attività di B&B, svolta nell’immobile, legittimità ammessa dalla Commissione Tributaria provinciale e, invece, esclusa dal giudice di appello a favore dell’applicazione dell’aliquota fissata per gli immobili adibiti a civile abitazione.
In ordine al criterio di determinazione della tariffa per l’attività di bed and breakfast, la suddetta disciplina regionale, quindi, esclude alcuna discrezionalità per l’ente impositore come evincibile dall’articolo 49 del D. lgs n. 22/1997, il cui sesto comma prevede che il Comune possa istituire tariffe differenziate per fasce di utenza che distinguano l’uso domestico e quello non domestico, previo accertamento dell’uso effettivo dei relativi immobili.
La sentenza del Supremo collegio in rassegna conferma tale assunto ritenendo, altresì, come rientri nella nozione di comune esperienza – salva prova contraria da parte del contribuente – che l’attività di bed & breakfast dia luogo a un’attività di ricezione-ospitalità e somministrazione di alimenti e bevande, con produzione di rifiuti certamente differenti e superiori a un’utenza residenziale.
Ne consegue la legittimità della delibera del Comune, pur nell’ambito della destinazione a civile abitazione, di applicazione di una tariffa differenziata per l’uso che si fa di un immobile, “verificando l’utilizzo in concreto da parte del proprietario di servizi come il cambio della biancheria, la pulizia dei locali, la fornitura del materiale di consumo a fini igienico-sanitari, la manutenzione ordinaria degli impianti e gli altri analoghi, quando tali servizi non siano riferibili solo al proprietario, ma anche ai clienti della struttura adibita a bed & breakfast”.
In ordine alla commisurazione delle superficie da tenere in conto per la determinazione della tariffa, la decisione della Corte regolatrice del diritto in commento ha dichiarato l’illegittimità di una tassa applicata alle porzioni immobiliari destinate all’attività di bed & breakfast determinata con le stesse modalità di quella dovuta dagli alberghi, dovendosi escludere le aree scoperte pertinenziali o accessorie delle abitazioni a tal scopo utilizzate. Tale esclusione è giustificata dalla sentenza della Corte di legittimità in rassegna in forza della circostanza che per gli immobili destinati all’attività di bed & breakfast si rinviene un uso equiparato alle utenze domestiche, per le quali l’articolo 62 del D. lgs n. 507/1993 considera solo le aree coperte, con conseguente esclusione dal calcolo della Tarsu dei balconi, terrazze, posto macchina e altre aree scoperte.
Tale ultima affermazione pare, a nostro modesto avviso, contrastare col principio di diritto della legittima previsione di una sottocategoria (C4) con valori e coefficienti di quantità e qualità intermedi tra le sottocategorie di civile abitazione (C1) e alberghi (C4), che tenga conto della promiscuità tra l’uso normale abitativo e la destinazione ricettiva a terzi, ossia di una tariffa che si pone nella posizione mediana tra abitazioni e edifici commerciali, in quanto anche tali spazi vengono utilizzati dai fruitori di tale servizio di ospitalità e somministrazioni di cibi e bevande.
[A cura di: avvocato Marco Perrina – Uppi]
Con una recente pronuncia (n. 19131 del 2015), la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che, riguardo al computo delle maggioranze minime necessarie per la valida approvazione di una delibera assembleare, dette maggioranze sono inderogabili e non possono essere ridotte.
IL CASO PARTICOLARE
Il su menzionato principio generale è stato espresso dalla Corte di legittimità relativamente ad una controversia inerente l’impugnazione di una delibera assembleare avente a oggetto la promozione di un giudizio nei confronti di un condomino. Nel caso di specie, nel computo della maggioranza necessaria per l’attivazione del giudizio (500 millesimi) il condominio aveva eseguito il seguente calcolo: dai canonici 1.000 millesimi venivano sottratti quelli di pertinenza dei condòmini in conflitto di interessi (pari a 87,94 millesimi), sicché doveva considerarsi un valore complessivo dell’edificio pari a 912,06 millesimi. La maggioranza minima (ovvero il quorum) veniva, dunque, calcolato sul voto favorevole di tanti condòmini che rappresentavano 456,03 millesimi (ossia la metà di 912,06 millesimi).
La Corte d’Appello, ribaltando la sentenza di primo grado, avallava il ragionamento del condominio, poiché a suo avviso: non essendovi dubbio che i condòmini appellati fossero in conflitto di interessi (avendo gli stessi dichiarato a verbale di volersi astenere dal voto per avere un interesse proprio), si doveva ritenere che, ai fini del calcolo delle maggioranze, non si dovesse conteggiare il valore delle quote di partecipazione condominiale e i voti spettanti ai condòmini in conflitto di interessi con il condominio in relazione all’oggetto della delibera.
La Corte d’appello perveniva a tale conclusione (ravvisandone l’identità di ratio), ricorrendo all’applicazione analogica dell’articolo 2373, comma 1, del codice civile (nel testo antecedente a quello introdotto dal decreto legislativo n. 6 del 2003, di riforma del diritto societario), secondo il quale nel caso in cui un socio versi in situazione di conflitto d’interessi con la società e non possa, perciò, esercitare il diritto di voto nelle deliberazioni dell’assemblea a norma dell’articolo 2373, comma 1, del codice civile, il quorum deliberativo deve essere computato non già in rapporto all’intero capitale sociale, bensì in relazione alla sola parte di capitale facente capo ai soci aventi diritto al voto, con esclusione dunque della quota del socio che versi in conflitto di interessi, della quale, invece, deve tenersi conto ai fini del quorum costitutivo, ai sensi dell’ultimo comma del citato articolo 2373.
La Suprema corte, alla luce del principio sopra indicato, ha cassato la sentenza d’appello.
NIENTE RINVIO AL DIRITTO SOCIETARIO
La sentenza in esame ricorda, invece, che già nel 2002 una pronuncia della Suprema corte aveva affrontato la tematica relativa alla estendibilità della disciplina delineata per le società di capitali al condominio, pervenendo a una soluzione negativa (Cassazione 30 gennaio 2002 n. 1201).
La questione giuridica da affrontare era, in sintesi, la seguente: se, nel condominio, ai fini del computo del cosiddetto quorum deliberativo, in presenza di condòmini in conflitto di interessi, le doppie maggioranze (variabili in ragione dell’oggetto della delibera) vadano calcolate con riferimento a tutti i condòmini (elemento personale, variabile da condominio a condominio) e al valore dell’intero edificio (elemento reale, espresso convenzionalmente in millesimi); oppure se si debba tener conto soltanto del numero di condòmini e dei millesimi facenti capo ai condòmini che non versano in conflitto di interessi. In altri termini, si deve stabilire se dal numero di condòmini (come detto, variabile da caso a caso) e dal valore dell’intero edificio (pari sempre a 1.000 millesimi) si debba detrarre la quota (personale e reale) rappresentata da quei condòmini che si trovano in situazione di conflitto di interessi ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta per la valida approvazione della delibera.
L’arresto del 2002 era giunto a escludere l’estensione del principio affermato nell’ambito societario, evidenziando la diversa natura del condominio rispetto alle società di capitali: mentre le società di capitali perseguono un fine gestorio autonomo (ovvero uno scopo-fine, consistente nella ripartizione degli utili tra i soci), ciò non si verifica nel condominio in quanto la gestione delle cose e degli impianti comuni è fine a se stessa ed è strumentale esclusivamente al godimento individuale dei piani o porzioni di piano in proprietà solitaria.
INDEROGABILITÀ DELLE MAGGIORANZE
Conseguentemente, deriva la conferma che il computo delle maggioranze (specialmente di quelle qualificate) deve essere effettuato secondo le modalità stabilite dalla legge senza possibilità di deroga (verso il basso), poiché il principio maggioritario è stato fissato dal legislatore proprio al fine di garantire i diritti dei singoli partecipanti sulle parti comuni e sul godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
Oltretutto, l’inderogabilità (in meno) delle maggioranze richieste dalla legge (sia ai fini costitutivi sia a quelli deliberativi) si desume in modo incontrovertibile dall’articolo 1138, comma 4, del codice civile, laddove si stabilisce, altresì, che il regolamento contrattuale non può derogare alle disposizioni dell’articolo 1136 del codice civile (ovvero la disposizione che disciplina le maggioranze).
Pertanto, le maggioranze prescritte dalla legge (quorum costitutivi e deliberativi) non possono essere derogate in via negoziale neppure con il consenso di tutti i condòmini (in tal senso, Cassazione 9 novembre 1998 n. 11268).
IMPOSSIBILITÀ DI FORMAZIONE DELLA MAGGIORANZA
Qualora, a causa dell’elevato numero di condòmini in conflitto di interessi o dell’elevato numero di millesimi facenti capo anche a un solo condomino, non si possano raggiungere le maggioranze necessarie ai fini della valida approvazione di una delibera assembleare, ciascun condomino potrà rivolgersi all’autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 1105, comma 4, del codice civile (che, benché dettato in tema di comunione, si applica anche al condominio in forza del rinvio operato dall’articolo 1139 del codice civile “per quanto non è espressamente previsto” dalla disciplina condominiale).
Spetterà, dunque, al giudice valutare se la deliberazione richiesta sia funzionale o meno agli interessi della collettività condominiale.
Condòmino aggredito.
In manette un 56enne
Un uomo di 44 anni, residente in un condominio di Roma, è stato aggredito a martellate da un cittadino di 56 anni che si era introdotto nottetempo nel cortile del suo palazzo. Il 56enne aveva reagito alla richiesta di spiegazioni circa la sua presenza in quel luogo, colpendo il 44enne e provocandogli lesioni alla testa e alla mano. I carabinieri sono intervenuti poco dopo, riuscendo a rintracciare ed arrestare l’aggressore, trovato ancora in possesso del martello.
Rapina in alloggio
con pistola e machete
Sono ancora ricercati i tre uomini tra i 20 e i 30 anni che hanno messo a segno una rapina ai danni degli inquilini di un appartamento in provincia di Venezia. I tre malviventi, armati di pistola, machete e coltello, hanno fatto irruzione nell’abitazione in cui vivevano altrettanti giovani, e si sono fatti consegnare un televisore, un cellulare e una somma di denaro. Sull’episodio indagano i carabinieri. Probabilmente si è trattato di un regolamento di conti dal quale è scaturita la rapina.
Partorisce in casa
con un mese d’anticipo
Una storia a lieto fine per una mamma 39enne residente in una piccola comunità della provincia di Trento e per il suo bimbo appena nato. Protagonista, proprio il neonato, che ha “deciso” di venire alla luce all’improvviso, con un mese e mezzo di anticipo rispetto alla data prevista, e senza aspettare che la donna si recasse in ospedale. Ostetrici per un giorno sono stati il marito e la vicina di casa. Poco dopo l’arrivo dell’elisoccorso, madre e figlio sono stati portati in ospedale per accertamenti. Fortunatamente stanno bene.
Rincorre il ladro
incrociato sulle scale
Un ladro d’appartamento di 60 anni è stato arrestato dai carabinieri di Rieti grazie alla reazione dello stesso condomino vittima del tentativo di furto. Se il colpo non è andato a segno, infatti, è grazie al rientro a casa del proprietario che, dopo aver notato il 60enne allontanarsi di gran carriera, ha reagito prontamente mettendosi all’inseguimento e bloccando il topo d’appartamento, in seguito arrestato dai militari dell’Arma. È riuscito a far perdere le sue tracce, invece, l’altro complice.
Vicino di casa e ladro
Pizzicato da telecamere
Pensavano di aver riposto male o addirittura di aver smarrito gioielli, soldi e oggetti di valore. E invece a rubarli, giorno per giorno, un oggetto alla volta, era stato l’anziano vicino di casa di 69 anni. A cogliere il ladro con le mani nel sacco, la telecamera di videosorveglianza che i proprietari avevano fatto installare. La scoperta, mentre erano fuori città per le vacanze: le immagini della telecamera, trasmesse in diretta sul portatile, stavano immortalando il 69enne intento a introdursi in casa grazie al doppione delle chiavi (che gli avevano dato in passato), aggirandosi in cerca di qualcosa. L’uomo è stato denunciato dai carabinieri per furto aggravato e continuato.