Per sostituire una vecchia caldaia, anche nel 2024 sarà possibile usufruire del cosiddetto “bonus caldaia” nell’ambito di alcune agevolazioni edilizie ancora in vigore. Tali incentivi sono stati creati con l’obiettivo di trasformare le abitazioni in spazi sempre più ecologici e sostenibili.
Difatti, il bonus caldaia è un’agevolazione chiave per il passaggio ad impianti ad alta efficienza energetica e a zero emissioni. Possono fruire di tale detrazione tutti i contribuenti, indipendentemente dal loro reddito, quindi persone fisiche, professionisti autonomi, contribuenti titolari di reddito d’impresa, società semplici, associazioni, enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciali.
Per poter beneficiare del bonus caldaia 2024 è necessario effettuare i pagamenti tramite bonifico bancario o postale e nel relativo modulo di richiesta devono essere indicati la causale del pagamento, il codice fiscale del beneficiario, il codice fiscale o il numero di partita IVA del destinatario, nonché il numero e la data della fattura associata al bonifico.
Le aliquote della detrazione e le regole da seguire variano in base all’edificio su cui sono eseguiti i lavori. A tal proposito, per quanto concerne la sostituzione dell’impianto termico condominiale, è possibile fruire per tutto il 2024 della detrazione con aliquota al 70%. In questo caso l’agevolazione è calcolata su un limite di spesa di 20.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari presenti nell’edificio, mentre per quanto riguarda gli edifici che contengono sino a 8 unità immobiliari, il tetto di spesa è di 15.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari presenti. L’aliquota resterà al 70% sino al 31 dicembre 2024, mentre dal 2025 scenderà al 65%.
La sostituzione della caldaia sia all’interno delle singole unità immobiliari e sia in condominio, può essere agevolata anche con l’ecobonus con detrazione al 65% per coloro che installano caldaie a condensazione di classe energetica A o superiore. Per potere ottenere tale detrazione è necessario installare anche sistemi di termoregolazione evoluti o installare termovalvole per regolare il consumo dei termosifoni.
Sempre nell’ambito dell’ecobonus, per le singole unità immobiliari il bonus caldaie ha un’aliquota del 50% su un limite di spesa di 30.000 euro in caso di sostituzione di vecchi impianti con caldaie a condensazione di classe energetica A o superiore.
Sia per quanto riguarda i condomini e sia per le singole unità immobiliari, la sostituzione degli impianti termici con caldaie a condensazione e pompe di calore, può essere agevolata attraverso il bonus ristrutturazioni.
Difatti, fino al 31 dicembre 2024, l’agevolazione per coloro che eseguono interventi di manutenzione straordinaria, messa in sicurezza, risanamento e restauro conservativo è pari al 50% con un tetto di spesa pari a 96.000 euro per unità immobiliare. Dal 2025 l’aliquota scenderà al 36% con un tetto di spesa pari a 48.000 euro.
Per coloro che hanno già effettuato l’intervento entro il 17 febbraio 2023, è possibile fruire di sconto in fattura o convertire il credito d’imposta.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
La realizzazione di vetrate scorrevoli può dare diritto, nel 2024, sia al bonus ristrutturazioni, sia all’ecobonus:
• 1 – al bonus ristrutturazione (detrazione 50%) solamente se rientra in un intervento più ampio di ristrutturazione, oppure se si tratta di vetrata esterna realizzata con vetri antisfondamento, al fine di prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi;
• 2 – all’ecobonus (detrazione 50%) se gli interventi riguardanti le finestre, comprensive di infissi, determinano:
– a) un miglioramento delle caratteristiche termiche delle strutture esistenti con la fornitura e posa in opera di una nuova finestra comprensiva di infisso;
– b) un miglioramento delle caratteristiche termiche dei componenti vetrati esistenti, con integrazioni e sostituzioni.
L’intervento, rientrante nell’elenco delle casistiche di lavori effettuabili in edilizia libera, è agevolabile in base alle disposizioni del bonus ristrutturazioni con detrazione del 50% del costo suddivisa in 10 anni. Si tratta del cosiddetto “bonus vetrate“.
Si ricorda che l’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 906-209/2022, ha fornito parere positivo sulla possibilità di usufruire delle detrazioni fiscali per l’installazione delle vetrate panoramiche, cosiddette “VEPA”, se anti-sfondamento.
Nel caso specifico, un contribuente richiedeva chiarimenti in merito al beneficio delle detrazioni fiscali per l’installazione di vetrate panoramiche amovibili che intendeva posizionare sui balconi della propria abitazione. In particolare, il contribuente supponeva che le VEPA potessero beneficiare di detrazioni fiscali quali misure anticrimine in accordo al bonus ristrutturazioni, ovvero, eventualmente, qualora dotate di vetri idonei a garantire schermatura solare (e quindi tecnicamente utili all’efficientamento energetico dell’edificio) fossero agevolabili in accordo all’Ecobonus.
Nella sua risposta, l’Agenzia delle Entrate ha asserito che le vetrate panoramiche rientrano a pieno titolo tra i “Lavori, su singole unità immobiliari e su parti comuni, finalizzati alla prevenzione del rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi” di cui all’art. 16-bis, comma 1, lett. f del TUIR.
L’Amministrazione, richiamando la Circolare n. 28/E del 25/07/2022, ha ricordato come per “atti illeciti” si intendano quelli perseguibili penalmente come, ad esempio, il furto, l’aggressione, il sequestro di persona e ogni altro reato la cui realizzazione comporti il superamento di limiti fisici posti a tutela di diritti giuridicamente protetti.
L’Agenzia concludeva: “si ritiene che l’istante possa beneficiare della detrazione in parola qualora le Vetrate Panoramiche Amovibili che intende installare sui balconi siano costituite da vetri antisfondamento, in quanto finalizzati alla prevenzione del rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi”.
L’Agenzia delle Entrate ha approfondito la questione legata al bonus sicurezza (o bonus videosorveglianza), attraverso un quesito posto da una contribuente su “La Posta di FiscoOggi”.
Nel caso di specie, una contribuente si è rivolta al Fisco spiegando che per motivi di sicurezza personale ha intenzione di installare nella propria abitazione una fotocamera con collegamento a un centro di vigilanza privato. A tal proposito, la contribuente ha chiesto se attraverso il pagamento con bonifico parlante è possibile detrarre le spese per l’installazione e per la vigilanza.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che l’installazione di fotocamere o cineprese collegate con centri di vigilanza privati rientra tra gli interventi che danno diritto alla detrazione Irpef del 50% delle spese per il recupero del patrimonio edilizio e, in particolare, tra i lavori finalizzati alla prevenzione del rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi.
Tale detrazione, cosiddetta anche bonus sicurezza o bonus videosorveglianza, fa quindi parte del bonus ristrutturazione e consente una detrazione del 50% sui lavori di:
• rafforzamento, sostituzione o installazione di cancellate o recinzioni murarie degli edifici;
• apposizione di grate sulle finestre o loro sostituzione;
• porte blindate o rinforzate;
• apposizione o sostituzione di serrature, lucchetti, catenacci, spioncini;
• installazione di rilevatori di apertura e di effrazione sui serramenti;
• apposizione di saracinesche;
• tapparelle metalliche con bloccaggi;
• vetri antisfondamento;
• casseforti a muro;
• fotocamere o cineprese collegate con centri di vigilanza privati;
• apparecchi rilevatori di prevenzione antifurto e relative centraline.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito, quindi, che il bonus videosorveglianza è applicabile solo per le spese sostenute per realizzare interventi sugli immobili, pertanto non è possibile portare in detrazione anche gli importi pagati all’istituto di vigilanza.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Nel parere 2355/2024 del 26 febbraio, l’Ufficio giuridico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha risposto ad un quesito posto da un’impresa inerente al pagamento delle penali per il ritardo nei lavori affidati in un subappalto.
Nel caso di specie, un’impresa ha richiesto l’intervento del MIT in merito ad un ritardo nella consegna dei lavori, causato dal subappaltatore, chiedendo chiarimenti in merito al pagamento delle penali e alla ripartizione delle responsabilità.
Nello specifico, in merito al pagamento della penale, è stato chiesto se:
• la penale deve essere applicata ad entrambi i soggetti coinvolti nel ritardo (subappaltatore e appaltatore);
• se la penale possa essere detratta solo all’affidatario in sede di certificato di pagamento, pagando comunque senza ritardo il subappaltatore e rimettendo al rapporto tra gli operatori economici la compensazione intra-subcontratto.
In risposta, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha richiamato l’art. 126 del d.lgs. n. 36/2023 inerente alle penali nell’esecuzione del contratto, il quale prevede che: “I contratti di appalto prevedono penali per il ritardo nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte dell’appaltatore commisurate ai giorni di ritardo e proporzionali rispetto all’importo del contratto o delle prestazioni contrattuali”.
In caso di subappalto, al comma 6 dell’art. 119 del Codice dei Contratti Pubblici prevede una responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore per le prestazioni oggetto del contratto di subappalto, fatta eccezione per i casi di cui all’art. 119, comma 11, lettere a) e c).
La norma, difatti, prevede che:
“La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore ed ai titolari di sub-contratti non costituenti subappalto ai sensi del quinto periodo del comma 2 l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi:
a) quando il subcontraente è una micro impresa o piccola impresa;
b) in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore;
c) su richiesta del subcontraente e se la natura del contratto lo consente”.
Pertanto, nei casi in cui di pagamento diretto al subappaltatore, se si rientra nelle sopracitate categorie, la penale andrà applicata esclusivamente al subappaltatore, altrimenti andrà applicata ad entrambi data la sussistenza della responsabilità solidale.
Quindi, di conseguenza, nel caso di un pagamento diretto al subappaltatore e per le ipotesi di cui all’art. 119, comma 11, lett. a) e c), la penale va applicata mediante decurtazione sull’importo dovuto al subappaltatore.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Vorrei sapere quali sono i costi del riscaldamento dell’impianto centralizzato a distribuzione orizzontale, in regime di comunione tra una sola parte dei condòmini di un palazzo, perché installato successivamente alla costruzione, che possono essere imputati a un condomino distaccato dalla caldaia?
Ipotizzando che il lettore utilizzi il termine “comunione” per indicare un condominio disciplinato dagli articoli 1117 e seguenti del Codice civile, e una comunione parziale all’interno di un condominio, trova applicazione l’articolo 9, comma 5, del Dlgs 102/2014.
Esso prevede che, quando gli edifici sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, al raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l’uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l’importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 50% agli effettivi prelievi volontari di energia termica.
Gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadrati o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.
La quota relativa ai consumi involontari – che deve essere accollata anche al condòmino distaccatosi e che può anche essere pari al 22% del consumo totale dell’impianto – è da calcolarsi in base a una diagnosi energetica (e non a forfait o mediante tabelle millesimali errate).
Quanto ai riparti già approvati, decorsi i termini per l’impugnazione della delibera non possono più essere contestati. In proposito l’articolo 1137 del Codice civile dispone che avverso alle deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condòmino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.
Se invece il lettore si riferisce a uno stabile in regime di comunione in senso tecnico/giuridico, cioè a un edificio disciplinato dagli articoli da 1100 a 1116 del Codice civile, non trova applicazione il Dlgs 102/2014, con la conseguenza che per la ripartizione delle spese occorrerà esaminare i titoli o eventuali accordi contrattuali.
In mancanza di specifiche pattuizioni, l’articolo 1101 del Codice civile stabilisce che le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali. Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote.
L’Agenzia delle Entrate torna sul tema dei bonus edilizi rispondendo ad un quesito posto da un contribuente attraverso “La Posta di FiscoOggi”.
Nel caso preso in esame, un contribuente si rivolge al Fisco spiegando che intende realizzare dei lavori di ristrutturazione edilizia su un immobile accatastato attualmente come fabbricato rurale, ma che al termine dei lavori sarà utilizzato come abitazione. A tal proposito il contribuente chiede, quindi, se può usufruire del bonus ristrutturazioni, ovvero la detrazione del 50% delle spese sostenute per l’intervento.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che gli interventi di ristrutturazione edilizia sono quelli volti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, così come chiarito all’articolo 31, comma 1, lettera d, della legge n. 457/1978.
Il Fisco continua spiegando che per tali interventi è possibile usufruire della detrazione del 50% delle spese sostenute, anche se eseguiti su un immobile non residenziale e a patto che vengano rispettati tutti i requisiti previsti dalla relativa normativa.
Per la concessione dell’agevolazione, inoltre, è necessario che nel provvedimento amministrativo che autorizza gli interventi di ristrutturazione, risulti in modo esplicito che gli stessi lavori comportano il cambio di destinazione d’uso dell’immobile ristrutturato, ovvero da fabbricato rurale ad abitativo.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI