Il 28 febbraio scadono i termini per il “Bonus acqua potabile”: questa data rappresenta infatti il termine ultimo per l’invio all’Agenzia delle Entrate del modello di “Comunicazione delle spese per il miglioramento dell’acqua potabile” (provvedimento del 16 giugno 2021), per la comunicazione delle spese agevolabili sostenute nel 2023 per l’acquisto e l’installazione di sistemi di filtraggio, mineralizzazione, raffreddamento e addizione di anidride carbonica e per il miglioramento qualitativo delle acque destinate al consumo umano erogate da acquedotti, per la fruizione del credito d’imposta nella misura del 50% delle spese sostenute.
L’imposto massimo agevolabile è di 1000 euro per ciascun immobile per le persone fisiche e di 5000 euro per ogni immobile adibito all’attività commerciale o istituzionale per gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni e per gli enti non commerciali.
Le spese dovranno essere documentate da fattura elettronica o da un documento contenente il codice fiscale del beneficiario. I privati e in generale i soggetti diversi dalle imprese in contabilità ordinaria dovranno effettuare il pagamento tramite sistemi tracciabili.
Inizialmente introdotto per il biennio 2021-2022, il bonus è stato poi esteso al 2023 dalla legge di Bilancio 2022. A seguito della proroga, con il provvedimento delle Entrate del 9 gennaio 2024, sono stati disposti i relativi aggiornamenti.
Il contributo a fondo perduto riguarda le spese sostenute, per interventi relativi al Superbonus in condomini, tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2024. Per ottenere l’agevolazione, i beneficiari devono percepire redditi inferiori a 15.000 euro e aver raggiunto, al 31 dicembre 2023, uno stato di avanzamento dei lavori del 60 per cento.
Per sapere se l’importo “coprirà” l’intera quota di riduzione dell’agevolazione, che dal 1° gennaio 2024 passa dal 110 o 90 per cento al 70 per cento, si dovrà attendere il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Tale decreto dovrà essere adottato entro la scadenza del prossimo 28 febbraio.
I contributo a fondo perduto per alcune spese del superbonus sostenute tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2024 è stato introdotto dal decreto numero 212 del 29 dicembre 2023, il cosiddetto decreto Salva-spese.
Tale contributo, previsto nel caso di lavori in condomini, ha l’obiettivo di venire in contro a determinati contribuenti che hanno visto l’agevolazione ridursi dal 110 o 90 per cento al 70 per cento, a partire dal 1° gennaio scorso.
Secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 1 del DL n. 212 del 29 dicembre 2023, tale decreto deve infatti essere adottato “entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”. Si dovrà quindi attendere ancora ma, sulla base di quanto stabilito dalla norma, non oltre il 28 febbraio 2024.
Il decreto del MEF stabilità criteri e modalità per l’erogazione del contributo a fondo perduto. Tale contributo sarà erogato dall’Agenzia delle Entrate nei limiti delle risorse disponibili.
Dal punto di vista fiscale, in base al comma 2 dell’articolo 1 del DL n. 212/2023, “Il contributo di cui al presente comma non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi”. Dunque, le somme non saranno “tassate”.
Quando un debitore riesce a saldare il saldare i conti in sospeso e il creditore trasmette la comunicazione di estinzione del debito, come si fa a verificare la cancellazione di un’ipoteca?
A dare la risposta è Fisco Oggi, la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate. Per richiedere la cancellazione semplificata di un’ipoteca, il creditore deve inviare telematicamente una comunicazione di estinzione del debito al competente ufficio di pubblicità immobiliare dell’Agenzia – Servizio di pubblicità immobiliare.
Tramite il servizio gratuito dell’Agenzia “Interrogazione del Registro delle comunicazioni” è quindi possibile conoscere lo stato di lavorazione della cancellazione di un’ipoteca volontaria. Per accedere alle informazioni è sufficiente indicare il codice fiscale del debitore.
Si può richiedere il servizio telematicamente sia mediante l’area riservata del sito dell’Agenzia, sia attraverso il portale SISTER. È possibile ottenere la risposta anche rivolgendosi agli sportelli dei Servizi di Pubblicità immobiliare degli Uffici provinciali – Territorio, presentando l’apposito modello.
Il Fisco ricorda “che la banca dati dei registri immobiliari può contenere dati personali anche di natura sensibile e giudiziaria, tutelati in base al decreto legislativo n. 196/2003, e che l’uso improprio o eccessivo di queste informazioni è punibile ai sensi di legge”.
È utile ricordare quando viene a costituirsi un’ipoteca sulla casa. Come stabilito dall’articolo 2808 del Codice civile, “l’ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione. L’ipoteca può avere per oggetto beni del debitore o di un terzo e si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari”.
Si ricorda inoltre che l’articolo 2810 del Codice Civile stabilisce: “Sono capaci d’ipoteca: i beni immobili che sono in commercio con le loro pertinenze; l’usufrutto dei beni stessi; il diritto di superficie; il diritto dell’enfiteuta e quello del concedente sul fondo enfiteutico. Sono anche capaci d’ipoteca le rendite dello Stato nel modo determinato dalle leggi relative al debito pubblico, e inoltre le navi, gli aeromobili e gli autoveicoli, secondo le leggi che li riguardano. Sono considerati ipoteche i privilegi iscritti sugli autoveicoli a norma della legge speciale”.
La legge di Bilancio per il 2024 prevede un significativo inasprimento delle sanzioni pecuniarie nel caso di mancato rispetto degli obblighi anagrafici e delle prescrizioni in caso di trasferimento della residenza all’estero.
Obiettivo delle nuove disposizioni è quello di contrastare la condotta di chi mantiene illegittimamente l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente in Italia al fine di godere di benefici connessi.
Due specifici commi della Legge 213 del 2023, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 30 dicembre, sono infatti dedicati al tema.
In base alle nuove disposizioni le pubbliche amministrazioni che, nell’esercizio delle loro funzioni, acquisiscono “elementi rilevanti” che indichino la residenza di fatto all’estero da parte del cittadino italiano, devono comunicarli al Comune di iscrizione anagrafica e all’ufficio consolare competente, per i provvedimenti da assumere, anche ai fini della verifica dell’adempimento degli obblighi anagrafici e di comunicazione di residenza.
A sua volta, il Comune dovrà comunicare le iscrizioni e le cancellazioni d’ufficio dall’Anagrafe degli italiani all’estero (AIRE) all’Agenzia delle Entrate, per i controlli fiscali di competenza legati ad eventuali fenomeni di fittizia residenza fiscale all’estero.
In particolare, il comma 242 eleva l’importo della sanzione amministrativa pecuniaria per inottemperanza agli obblighi anagrafici e per quelli relativi al trasferimento di residenza all’estero o dall’estero introducendo, al contempo, una mitigazione della misura delle sanzioni nel caso di comunicazioni tardive, rese entro novanta giorni dal termine di legge.
Il comma 243 introduce invece i commi 9-ter e comma 9-quater all’articolo 6 della legge n. 470 del 1988, relativa all’anagrafe e censimento degli italiani all’estero. Nello specifico, prevede che le pubbliche amministrazioni comunichino al Comune di iscrizione anagrafica e all’ufficio consolare competente gli elementi “rilevanti” tali da indicare una residenza di fatto all’estero del cittadino italiano. Il Comune dovrà a sua volta comunicare all’Agenzia delle Entrate le iscrizioni e cancellazioni d’ufficio dall’anagrafe degli italiani all’estero per i controlli fiscali conseguenti.
Per quanto attiene alle violazioni degli obblighi anagrafici sanciti dalla legge n. 1228 del 1954 sull’Ordinamento delle anagrafi della popolazione nazionale, la sanzione amministrativa, che fino ad oggi era compresa tra 25,82 e 129,11 euro, dal 1° gennaio 2024 è elevata ad una somma compresa tra 100 e 500 euro.
È tuttavia prevista la possibilità di un abbattimento dell’onere sanzionatorio nell’ipotesi in cui il soggetto si adegui alle prescrizioni di legge entro con un ritardo non superiore a novanta giorni. In tal caso la sanzione è ridotta a 10 euro, ossia un decimo del minimo, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziate attività amministrative di accertamento delle quali l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza.
Per quanto invece riguarda la comunicazione della residenza nel caso di trasferimento dall’estero, l’articolo 11 della legge n. 1228 dispone una sanzione amministrativa pecuniaria in caso di inadempimento, per un importo che fino ad oggi era compreso tra 51,65 e 258,23 euro. L’obbligo di comunicazione in caso di trasferimento all’estero è disposto dall’articolo 6 della legge n. 470 del 1988 (“Anagrafe e censimento degli italiani all’estero”).
Anche per questo genere di obbligo di comunicazione, la Legge di Bilancio per il 2024 prevede un aumento della sanzione amministrativa pecuniaria, in cui importo è ora compreso tra 200 e 1.000 euro per ciascun anno in cui perduri l’omissione. È comunque prevista la riduzione della sanzione a un decimo del minimo (dunque a 20 euro), se la comunicazione ai fini dell’ottemperanza agli obblighi anagrafici sia effettuata con ritardo non superiore a novanta giorni. Sempre a condizione, però, che la violazione non sia già stata constatata e comunque non siano già state avviate attività amministrative di accertamento, delle quali l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza.
L’autorità competente all’accertamento e all’irrogazione della sanzione è il Comune nella cui anagrafe è iscritto il trasgressore. Mentre la notifica dell’atto impositivo deve avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui risulti il mancato adempimento o l’omissione dell’obbligo anagrafico o della comunicazione di residenza.
Un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate, attraverso la “Posta di FiscoOggi” chiedendo se è possibile usufruire della detrazione per le spese sostenute in merito a un intervento di sostituzione di un portone di un singolo appartamento con unica anta in legno, con portone blindato con due ante, intervento effettuato mantenendo la stessa dimensione del telaio blindato.
In risposta l’Agenzia delle Entrate ha chiarito al contribuente che nel caso analizzato è possibile fruire del bonus porte blindate il quale prevede le stesse condizioni del bonus ristrutturazione.
Difatti, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che è possibile fruire dell’agevolazione “qualora si rispettino gli adempimenti previsti dalla legge per richiedere la detrazione del 50% delle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio (tra i quali, ad esempio, l’obbligo di pagamento con l’apposito bonifico dedicato) e si possieda la relativa documentazione”.
Il Fisco ha proseguito chiarendo che il montaggio di porte blindate o rinforzate rientra tra i lavori effettuati sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni, finalizzati alla prevenzione degli atti illeciti da parte di terzi, così come stabilito dall’art. 16-bis, comma 1 del Testo unico sulle imposte sui redditi.
Ciò detto, quindi, il proprietario o il detentore dell’immobile sul quale è stato effettuato tale intervento, ha la possibilità di richiedere la detrazione delle spese in dieci rate annuali di pari importo.
A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che per “atti illeciti” si intendono gli atti perseguibili penalmente, ad esempio furti o aggressioni o qualsiasi altro reato che comporta il superamento di limiti fisici posti a tutela di diritti giuridicamente protetti.
Ricordiamo, infine, che il bonus per la sostituzione di una porta con una porta blindata, consiste in un’agevolazione del 50% delle spese sostenute e resterà tale sino al 31 dicembre 2024. Dal 2025 l’aliquota scenderà al 36%.
A cura di: Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Di norma, alla morte del beneficiario le agevolazioni fiscali legate alla casa si trasmettono agli eredi, che possono continuare a detrarre le rate residue. Questo è possibile a una condizione: che l’erede in questione conservi la detenzione materiale e diretta del bene.
Questo principio, però, non si applica indistintamente ai tutti i bonus edilizi.
L’Agenzia delle Entrate è intervenuta in più occasioni per fare chiarezza in merito, precisando i casi di trasmissione agli eredi dei bonus-casa e i requisiti da rispettare. In particolare, ha ribadito una limitazione importante per chi richiede il bonus barriere architettoniche: l’agevolazione non si trasmette agli eredi in caso di morte del beneficiario. Le rate residue non godute saranno quindi “perdute”, senza possibilità di compensazione o di recupero.
Con la Circolare n. 17/E del 26 giugno 2023, l’Agenzia delle Entrate ha infatti precisato: “In assenza di specifiche disposizioni, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte non si trasferisce in caso di decesso del contribuente che ha sostenuto le relative spese”.
Tuttavia in caso di compravendita, cessione o donazione (ma non successione mortis causa), chi ha eseguito i lavori sull’immobile e sostenuto le relative spese può continuare a detrarre la restante parte, nonostante la cessione.
Il divieto di trasferire la detrazione agli eredi, in vigore per il bonus barriere architettoniche, non si estende a tutti i bonus edilizi. Diverse agevolazioni si trasmettono infatti agli eredi alla morte del beneficiario originale. È il caso del bonus Ristrutturazioni, del Superbonus e dell’Ecobonus.
In queste tre ipotesi, le detrazioni richieste in vita si trasmettono per via ereditaria a figli, nipoti, coniuge superstite o altri soggetti indicati nel testamento nella misura in cui restano da fruire.
Tuttavia, affinché il bonus possa essere trasferito agli eredi, devono essere soddisfatti alcuni requisiti imprescindibili.
– Innanzitutto le rate residue si trasmettono unicamente all’erede che ha la disponibilità materiale dell’immobile. Questo vuol dire che chi eredita la casa su cui sono stati eseguiti gli interventi dovrà abitarvi, se vuole usufruire del bonus. Se invece l’immobile in questione viene affittato o venduto, il diritto si perde.
– Il secondo requisito, dispone che il beneficiario della detrazione debba essere a tutti gli effetti erede del defunto. Infatti l’agevolazione non si estende tra conviventi non sposati che non hanno legalmente la qualità di “erede”.
– Inoltre, i bonus non si trasmettono se un altro soggetto diverso dall’erede vanta un diritto reale di godimento sull’immobile, ad esempio un usufrutto.
Le cose cambiano nel caso di vendita dell’immobile o di donazione tra parenti. Infatti, in questa eventualità, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che le rate residue si trasferiscono automaticamente a favore dell’acquirente o donatario, al momento della sottoscrizione dell’atto notarile.
Il beneficiario originario della detrazione, cioè colui che ha sostenuto le spese di ristrutturazione, efficientamento energetico e così via, se vuole può però continuare a beneficiare della detrazione. Questa circostanza però deve essere espressamente specificata nell’atto di vendita o donazione.