L’agevolazione prima casa spetta anche per l’acquisto della nuda proprietà di un immobile, a patto però che vengano rispettati i requisiti previsti dalla legge. Tra questi, quello che l’acquirente deve avere residenza nel Comune in cui acquista la casa o deve trasferirla entro 18 mesi dall’acquisto agevolato. In alternativa deve dimostrare che la propria sede di lavoro è situata nel Comune in cui acquista l’immobile.
Dunque, l’agevolazione prima casa spetta anche per l’acquisto della nuda proprietà, ovvero l’acquisto della proprietà privata senza il temporaneo diritto reale di godimento del bene cui è relativa. Dunque, non si dispone immediatamente dell’immobile ma lo stesso sarà a disposizione al verificarsi di determinate condizioni stabilite nel contratto di vendita, che spesso coincidono con la morte dei precedenti venditori usufruttuari.
Per rientrare nell’agevolazione devono essere rispettate le seguenti condizioni:
– l’acquirente non deve essere titolare esclusivo o in comunione col coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
– l’immobile deve trovarsi nel Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui lo stesso svolge la propria attività;
– l’acquirente non deve avere la titolarità, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata da egli stesso o dal coniuge con i benefici “prima casa”.
L’acquirente, all’atto dell’acquisto, deve dichiarare il rispetto dei requisiti appena citati, quindi anche dell’eventuale cambio di residenza.
La condizione relativa alla residenza potrebbe creare qualche problema di tipo organizzativo e logistico nel caso in cui si voglia beneficiare dell’agevolazione prevista per l’acquisto della nuda proprietà della prima casa.
Il codice civile, all’articolo 43, definisce la residenza come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
La residenza si lega quindi strettamente al luogo in cui si vive e si abita. Sebbene quindi l’acquirente abbia titolo per cambiare residenza, dal punto di vista pratico la condizione contrattuale di acquisto della nuda proprietà potrebbe prevedere che l’usufrutto per i venditori possa durare più di 18 mesi.
Tale condizione contrasterebbe con la dichiarazione dell’acquirente del rispetto dei requisiti previsti, all’atto dell’acquisto (escluso il caso in cui il Comune sia lo stesso in cui il soggetto svolge la propria attività).
Restano dunque alcuni problemi sul piano pratico per beneficiare delle agevolazioni in questione, che prevedono i seguenti vantaggi:.
– riduzione dell’IVA dal 10 per cento al 4 per cento per i contribuenti che acquistano casa direttamente dall’impresa costruttrice, pagando in misura fissa 200 euro per imposta ipotecaria e catastale;
– acquisti per successioni o donazioni con imposta ipotecaria e catastale in misura fissa, ovvero 200 euro;
– imposta di registro al 2 per cento, per gli acquisti da privati. Il bonus prima casa, in tali condizioni, permetterà di pagare l’imposta in oggetto sul valore catastale dell’immobile, sulla base del principio prezzo/valore. L’imposta catastale e ipotecaria previste sono dell’importo di 50 euro;
– credito d’imposta per i soggetti che vendono e riacquistano casa entro 12 mesi usufruendo delle agevolazioni. Gli stessi hanno la possibilità di sottrarre l’imposta da pagare con quella già pagata per l’acquisto della precedente abitazione.
Il pignoramento immobiliare è l’atto con cui un creditore espropria forzatamente un bene immobile di proprietà di un debitore insolvente.
In un momento difficile quale quello attuale, è bene ricordare che anche la prima casa è pignorabile. In particolare, è sempre possibile il pignoramento della prima casa quando il debito è di natura privata (una banca, un’azienda o una persona fisica). Quando invece il debito è di natura erariale, ed è dunque da corrispondere all’Agenzia delle Entrate, esistono dei limiti che impediscono il pignoramento della prima casa.
Il pignoramento degli immobili
Il pignoramento è il primo atto esecutivo con il quale prende avvio l’espropriazione forzata di un immobile, con il fine di bloccare il bene del debitore per soddisfare il diritto di credito del procedente.
Il creditore, o i creditori, per procedere con il pignoramento immobiliare della prima casa o di altri beni immobili, devono:
– essere in possesso di un titolo esecutivo: un documento che consente di accertare il diritto di credito (può essere una sentenza, un decreto ingiuntivo, un assegno o una cambiale);
– notificare al debitore l’atto di precetto: l’invito a pagare il debito entro 10 giorni;
– effettuare l’iscrizione dell’ipoteca: questo passaggio non è obbligatorio, ma consente al creditore di rifarsi sull’immobile anche nel caso in cui venga trasferito a terzi;
– notificare all’Ufficiale Giudiziario il pignoramento entro 90 giorni dall’atto di precetto.
Avviare la procedura di pignoramento comporta costi molto elevati per il creditore e, pertanto, risulta piuttosto improbabile che la prima casa venga pignorata in caso di debiti poco elevati.
La prima casa è pignorabile
In tanti regna la convinzione che la prima casa non sia pignorabile. Ma non è così. L’unico limite al pignoramento della prima casa è che il debito sia di natura erariale, e che dunque il soggetto creditore sia l’Agenzia delle Entrate. Negli altri casi la prima casa è sempre pignorabile: la prima casa è pignorabile in caso di debiti privati, ovvero debiti maturati nei confronti di banche, aziende o persone fisiche. Non esiste alcuna garanzia di impignorabilità della prima casa neppure se nell’abitazione ci sono minorenni o invalidi: nel caso di pignoramento della prima casa da parte di privati non esistono né limiti né tutele.
Nel caso del pignoramento della prima casa cointestata al coniuge, il pignoramento da parte del privato si effettua sull’intero immobile cointestato, non solo sulla quota che appartiene al debitore. Il comproprietario dell’immobile avrà diritto a una percentuale della somma ricavata dalla vendita della casa, equivalente al suo diritto di proprietà.
Il pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate
Per quanto riguarda l’impignorabilità della prima casa, la Cassazione ha stabilito, nel 2015, la validità di alcune condizioni per il divieto di pignorabilità dell’unico immobile di proprietà del debitore attraverso il Decreto-legge n. 69/2013. Secondo questa legge, l’Agenzia delle Entrate non può pignorare la prima casa quando:
– è l’unico immobile di proprietà del debitore (il debitore non deve essere titolare, neanche per quote, di altri immobili);
– è l’immobile dove il debitore ha residenza anagrafica;
– è un immobile accatastato come abitazione civile;
– l’immobile non è qualificabile come bene di lusso (secondo le indicazioni del decreto ministeriale del 2 agosto 1969).
Nel caso in cui il debitore abbia possesso (anche solo per quote) di un secondo immobile, e questo secondo immobile non sia sufficiente a coprire il debito, il pignoramento della prima casa da parte dell’Agenzia delle Entrate può avvenire solo a condizione che:
– il debito complessivo sia pari o superiore ai 120.000 euro;
– il valore totale delle proprietà immobiliari del debitore sia pari o superiore a 120.000 euro;
– sia stata notificata al debitore la possibilità di rateizzare l’importo dovuto.
Nel caso in cui il debito sia inferiore ai 120.000 euro, ma superiore ai 20.000 euro, l’Agenzia delle Entrate non può pignorare la prima casa, ma può effettuare l’iscrizione dell’ipoteca.
La nuova risposta n. 440 del 28 settembre 2023 fornita dall’Agenzia delle Entrate approfondisce e chiarisce cosa accade nel caso in cui siano stati commessi degli errori nella comunicazione della cessione del credito in relazione al Superbonus.
Nel caso analizzato l’Istante, beneficiario del Superbonus, dopo aver provveduto alla cessione del credito di un SAL relativo a un importo superiore al 30% delle spese agevolabili, si è accorto di alcuni errori relativi alle somme indicate nelle comunicazioni. Di conseguenza, il tecnico incaricato a redigere le asseverazioni, rilevando queste inesattezze, ha provveduto ad annullare la prima asseverazione sostituendola con una nuova.
A seguito di tale correzione si è creata una differenza tra i crediti relativi alla prima comunicazione fatta all’Agenzia delle Entrate e già ceduti e i crediti realmente maturati. Considerato che l’istituto di credito cessionario si trova nell’impossibilità di annullare l’accettazione dei crediti derivanti dalle comunicazioni di cessione non corrette e, quindi, di ridurre il plafond del credito compensabile a sua disposizione, l’Istante chiede al Fisco cosa può fare per regolarizzare l’errore commesso.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate, dopo aver richiamato il quadro normativo di riferimento, ha ricordato che la circolare n. 33/E del 6 ottobre 2022, in riferimento alla comunicazione della cessione del credito ha stabilito che: “L’errore ¬ o l’omissione ¬ relativo a dati della Comunicazione che incidono su elementi essenziali della detrazione spettante e quindi del credito ceduto può essere definito sostanziale (ad esempio, è un errore sostanziale l’errata indicazione del codice dell’intervento da cui dipende la percentuale di detrazione spettante e/o il limite dispesa, oppure del codice fiscale del cedente). Al fine di consentire la corretta circolazione dei crediti ed evitare difficoltà ai titolari delle detrazioni, oltre che ai cessionari e ai fornitori, è consentito l’annullamento, su richiesta delle parti, dell’accettazione di crediti derivanti da comunicazioni di prime cessioni o sconti non corrette”.
Nel caso di annullamento su richiesta da entrambe le parti, il credito utilizzabile dal cessionario è ridotto dell’importo annullato, pertanto sarà necessario inviare una nuova comunicazione. Nel caso in cui i termini fossero scaduti, si può procedere con la remissione in bonis pagando la sanzione pari a 250 euro.
L’Agenzia delle Entrate prosegue spiegando che: “Con riferimento alle criticità relative ai rapporti tra cedente e cessionario, si ricorda che l’Agenzia delle entrate è estranea al rapporto di natura privatistica intercorrente tra tali soggetti. Ciò comporta che l’Agenzia, tra l’altro, non può:
• sostituirsi al cessionario che non effettui l’accettazione o il rifiuto del credito;
• intervenire per annullare le comunicazioni delle opzioni (o i relativi effetti), in base a una richiesta unilaterale, dopo che i crediti sono stati messi a disposizione del cessionario”.
Ciò detto, quindi, nel caso in cui il contribuente segnalasse l’insussistenza dei presupposti per beneficiare della detrazione alla Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate, tale segnalazione verrà valutata nell’ambito delle attività di analisi del rischio ai fini dell’eventuale attivazione delle attività di controllo.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito anche che qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione, questa provvederà al recupero dell’importo dei crediti illegittimamente compensati. In tal caso rientra l’eventuale situazione in cui l’importo delle comunicazioni errate è superiore rispetto a quello corretto.
Di conseguenza, il beneficiario dovrà, quindi, riversare tramite modello F24 l’importo indebito maggiorato di interessi e sanzione. Gli interessi e la sanzione non vengono applicati solo nel caso in cui venga provato che il credito ceduto non è ancora oggetto di compensazione alla data del riversamento, difatti nell’ipotesi in cui non sia così, si dovrà provvedere al pagamento di interessi e sanzione in misura ridotta in applicazione dell’istituto di ravvedimento operoso.
In risposta al caso esaminato nel presente interpello, l’Agenzia delle Entrate ha quindi concluso affermando che: “Nel caso di specie, sarà interesse dell’istante, al fine di beneficiare dell’esimente sanzionatoria, recuperare e conservare la prova della non avvenuta compensazione del suddetto credito da parte del cessionario alla data del ”riversamento”, da effettuare mediante l’utilizzo del Modello F24, con l’indicazione del codice tributo 6921, esponendo le somme a debito nella sezione ”Erario” colonna ”importi a debito versati” (istituito con la risoluzione 28 dicembre 2020 n. 83/E)”.
Pertanto, visto che nel caso descritto il credito non è stato utilizzato in compensazione, ma il cessionario non collabora, il cedente dovrà comunque riversare tramite modello F24 l’importo dell’indebita detrazione ceduta e sarà suo onere e suo interesse dimostrare che il cessionario non ha utilizzato il credito in compensazione, così da non dover pagare gli interessi e la sanzione.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Per gli interventi finalizzati al risparmio energetico, con il Bonus Ristrutturazione è necessario, in genere, presentare idonea documentazione che attesti il raggiungimento dello scopo. L’intervento di installazione di impianti rinnovabili ad uso domestico rappresenta però un’eccezione: non vige, infatti, l’obbligo di dimostrare i risparmi conseguiti.
Nell’ambito degli interventi finalizzati alla riqualificazione energetica, il Bonus Ristrutturazione tende ad agevolare tutte le opere mirate al conseguimento del risparmio energetico, con particolare attenzione all’installazione di impianti basati sull’impiego di fonti rinnovabili. Si tratta di una categoria interventi che possono essere realizzati anche se non si interviene in alcun modo sulla struttura dell’unità immobiliare, e quindi senza effettuare opere edilizie vere e proprie.
In questi casi, per accedere all’incentivo è obbligatorio essere in possesso di documentazione idonea ad attestare il conseguimento dei risparmi. Tale documentazione può essere rappresentata anche soltanto dalla scheda tecnica del prodotto rilasciata dal produttore. Gli impianti che utilizzano fonti rinnovabili, infatti, una volta installati e in uso, garantiscono automaticamente la riduzione dei consumi in ambito energetico.
Pertanto non sarà necessario attestare il conseguimento di risparmi energetici, in quanto il requisito risulta dimostrabile anche solo per l’esistenza dell’impianto.
Per essere detraibili, gli impianti dovranno essere solo ad uso domestico e installati nelle abitazioni.
Ecco di seguito l’elenco delle tipologie di impianti ammessi al Bonus Ristrutturazione:
– Installazione ex novo di collettori solari per la produzione di acqua calda sanitaria e/o il riscaldamento degli ambienti;
– Sostituzione dell’impianto di riscaldamento con caldaia a condensazione per il riscaldamento degli ambienti (con o senza produzione di acqua calda sanitaria), o per la sola produzione di acqua calda sanitaria (ma solo se serve una pluralità di utenze);
– Sostituzione di generatori con generatori di calore ad aria a condensazione;
– Pompe di calore per la climatizzazione degli ambienti;
– Sistemi ibridi (caldaia a condensazione e pompa di calore);
– Microcogeneratori (Pe<50KWe);
- Scaldacqua a pompa di calore;
- Generatori di calore a biomassa;
- Installazione di sistemi di contabilizzazione del calore (solo per gli impianti centralizzati che servono una pluralità di utenze);
- Installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo;
- Impianti di teleriscaldamento;
- Installazione di sistemi di termoregolazione e Building automation.
Grazie al Decreto Anticipi (Dl 145/2023, articolo 4), più del 90% dei titolari di partita Iva, in particolare avvocati e commercialisti, potranno posticipare la seconda rata dell’acconto Irpef al prossimo anno. Questa misura è stata pensata per aiutare coloro che, nel 2022, hanno realizzato un fatturato o compensi fino a 170mila euro, fascia in cui ricade la maggioranza degli autonomi e degli imprenditori.
Secondo i dati delle Finanze, su 520.458 professionisti che hanno presentato la dichiarazione Iva – e quindi sono in regime ordinario – il 90% ha un volume d’affari entro la soglia fissata dal decreto.
Si tratta di 467mila soggetti ai quali vanno aggiunti i professionisti nel regime forfettario, ossia con ricavi entro gli 85mila euro, che si stima siano almeno 700mila, sugli oltre 2 milioni di forfettari.
In totale, i professionisti interessati dal rinvio dell’acconto sarebbero pertanto 1,2 milioni.
Il Decreto Anticipi, oltre a posticipare la scadenza del pagamento dal 30 novembre al 16 gennaio, offre anche la possibilità di suddividere la quota da pagare in cinque rate mensili, con l’applicazione di un interesse del 4%.
Secondo le stime fornite dalla Cassa Forense, saranno circa 208mila (il 94%) gli avvocati che coglieranno al volo l’opportunità del questo rinvio. La percentuale di commercialisti che opteranno per questa soluzione si attesta invece al 91%.
La guida “Ricostruzione post sisma Italia Centrale e Superbonus 110%”, pubblicata sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate nella sezione l’Agenziainforma e su Fiscooggi, si aggiorna e fornisce le indicazioni operative sulla fruizione combinata del Superbonus e Sismabonus.
In particolare, la pubblicazione fornisce chiarimenti ai cittadini, ai professionisti e agli operatori economici sull’utilizzo combinato della maxi-detrazione e degli altri incentivi fiscali vigenti con il contributo per la riparazione degli edifici danneggiati dal sisma del 2016/2017 per imprimere un’ulteriore accelerazione al processo di ricostruzione, alla luce degli sviluppi normativi intervenuti e dall’approvazione del Testo unico della ricostruzione privata, nonché dell’esperienza acquisita in seguito alla prima applicazione congiunta delle due discipline.
A seguito delle modifiche apportate in materia di Superbonus dal decreto “Rilancio”, le spese sostenute per la ricostruzione degli edifici privati delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpite dal sisma del 2016, possono beneficiare fino al 2025, in aggiunta al “contributo sisma”, anche del Superbonus nella misura del 110%, fermo restando le opzioni alternative dello sconto in fattura e della cessione del credito d’imposta.
Il Superbonus si aggiunge, dunque, ai contributi previsti per la riparazione o ricostruzione degli edifici danneggiati da eventi sismici.
L’articolo 119 del decreto “Rilancio” stabilisce, infatti, al comma 1-ter, che “Nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici, l’incentivo di cui al comma 1 [interventi di efficienza energetica ammessi al Superbonus] spetta per l’importo eccedente il contributo previsto per la ricostruzione”.
Inoltre, il comma 4-quater, prevede che nei territori colpiti da eventi sismici verificatisi a far data dal 1° aprile 2009 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, la detrazione spetta per l’importo eccedente il contributo previsto per la ricostruzione, nella misura del 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.
La misura di favore sulla maxi detrazione al 110%, introdotta dall’articolo 119 del Dl n. 34/2020, è stata più volte integrata e modificata, a partire dalla legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020), dalla legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021), dal Dl n. 176/2022, dalla legge di bilancio 2023 (legge n. 197/2022), dal Dl n. 11/2023 e da ultimo dal Dl n. 104/2023.
Le norme attuative sono state poi delineate dal decreto del ministro dello Sviluppo Economico del 6 agosto 2020 per quanto riguarda le asseverazioni e i requisiti tecnici per l’accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, e dal decreto del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 329/2020 (modifica al Dm n. 58/2017, recante “Sisma Bonus – Linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità per l’attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi effettuati”).
Numerosa è anche la prassi dell’Agenzia sull’applicazione del Superbonus (circolare n. 24/2020, risoluzione n. 60/ 2020, circolare n. 30/ 2020, risoluzione n. 8/ 2022, circolare n. 19/ 2022, circolare n. 23/2022, circolare n. 33/ 2022, circolare n. 3/ 2023, circolare n.13/2023, circolare n. 17/2023, circolare n. 27/2023).
Alla luce dell’evoluzione del quadro normativo la versione aggiornata della guida fornisce le indicazioni sulle modalità di fruizione del Superbonus in aggiunta ai contributi previsti per la riparazione o ricostruzione degli edifici danneggiati da eventi sismici.
Completa la guida una sezione con le risposte ad alcune domande poste dagli operatori del settore e con le definizioni di alcuni principali concetti, elaborate dalla struttura commissariale.
https://www.fiscooggi.it/guideagenzia/post-sisma-e-superbonus-110-guida-versione-aggiornata
Anche novembre è un mese ricco di appuntamenti con il Fisco. Le principali scadenze fiscali di questo mese si concentrano il giorno 16. Appuntamento da ricordare anche per gli amministratori di condominio.
I condomini, in qualità di sostituti d’imposta che hanno operato ritenute a titolo di acconto sui corrispettivi pagati nel mese precedente per prestazioni relative a contratti d’appalto, di opere o servizi effettuate nell’esercizio d’impresa, devono versarle con modello F24 con modalità telematiche, direttamente oppure tramite intermediario abilitato.
Sempre il 16 novembre gli artigiani e i commercianti iscritti alle relative gestioni speciali di previdenza obbligatoria sono tenuti al versamento della rata trimestrale della quota fissa di contributi Inps sul minimale di reddito tramite il Modello di pagamento F24.
I contribuenti Iva mensili devono versare l’imposta dovuta per il mese di ottobre.
I soggetti passivi che facilitano, tramite l’uso di un’interfaccia elettronica quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, le vendite a distanza di telefoni cellulari, console da gioco, tablet PC e laptop, devono provvedere alla liquidazione e versamento dell’Iva relativa al mese precedente.
I contribuenti Iva che hanno scelto il pagamento rateale del saldo Iva 2022 relativo al periodo d’imposta 2022 risultante dalla dichiarazione annuale, e hanno effettuato il versamento della prima rata entro il 16 marzo 2023, devono versare la 9° rata maggiorata dell’interesse dello 0,33% mensile.
I contribuenti titolari di partita Iva, le società di persone ed enti equiparati, tenuti ad effettuare i versamenti delle imposte risultanti dalle dichiarazioni dei redditi annuali delle persone fisiche, delle società di persone e degli enti ad esse equiparati e dell’Irap che hanno scelto il pagamento rateale e hanno effettuato il primo versamento entro il 30 giugno 2023, devono versare la 6° rata delle imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali.
Tra le scadenze mensili fisse vi è, infine, al 16 novembre la Tobin Tax e i versamenti di imposte su redditi di capitale per gli OICR (Organismi di investimento collettivo).
Nessun muro contro muro ma proposte concrete per fronteggiare la crisi di sfiducia dei proprietari di casa: l’UPPI ha rilanciato nei giorni scorsi, davanti alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, le sue idee per un fisco equo e sostenibile per la casa.
Il primo intervento è stato del Presidente Nazionale Fabio Pucci, che ha ricordato come l’82% dei 26 milioni di proprietari di casa siano lavoratori dipendenti e pensionati: “In questo disegno di legge di Bilancio per il 2024 non abbiamo qualcosa per loro – ha affermato Pucci – ma abbiamo dato suggerimenti molto concreti nella pubblicazione già diffusa il mese scorso: certo ci ha colpito l’attacco alla piccola proprietà immobiliare sul fronte degli affitti brevi, non è pensabile che il piccolo proprietario che affitta più di due o quattro case possa essere considerato un imprenditore, con tutti i problemi che ne conseguono”.
Il Segretario Generale Jean-Claude Mochet ha illustrato più in dettaglio le proposte dell’UPPI per semplificare e incentivare la piccola proprietà: “Nulla è stato previsto per prevenire lo scossone degli obblighi sulle case green, ormai imminente: questo, con il previsto incremento di 2 miliardi di imposte sulla casa, vuol dire far perdere fiducia ai proprietari e a chi vuole investire sul mattone. Quindi proponiamo interventi che incidono quasi zero sulle casse dello Stato per ridare questa fiducia: permettere agli eredi di proseguire con la detrazione fiscale sulla ristrutturazione, estendere la cedolare alle locazioni non abitative ridando fiato al piccolo commercio, ripristinare la deduzione del 15% per le spese manutentive a chi sceglie l’Irpef ed evitare la cedolare del 26% sugli affitti brevi”.
Quest’ultimo aumento, ha spiegato Mochet, verrà facilmente aggirato dai moltissimi proprietari, quasi tre su cinque, che hanno redditi sotto i 28mila euro e quindi con aliquota Irpef al 23%.
“Sentiamo – ha concluso Mochet – una diffusa preoccupazione tra le centinaia di migliaia di piccoli proprietari che noi rappresentiamo, per questo dal Governo ci aspettiamo segni di attenzione importanti che non danneggino l’Erario”.
Comunicato stampa U.P.P.I. – Il Segretario Generale dr. Jean-Claude MOCHET, il Presidente Nazionale avv. Fabio PUCCI
Con la Circolare n. 27/E del 7 settembre 2023 l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti riguardo le modifiche apportate dal DL 11/2023 convertito nella Legge 38/2023, in merito alle opzioni di sconto in fattura e cessione del credito riguardanti il Superbonus e le altre agevolazioni edilizie.
Inoltre, la circolare ha confermato anche la possibilità per i contribuenti di ricorrere alla remissione in bonis per sanare il mancato invio della comunicazione di cessione del credito per le spese 2022 entro il 31 marzo 2023. A tal proposito, infatti, entro il 30 novembre 2023 è possibile inviare la comunicazione, anche se alla data del 31 marzo il contribuente non aveva ancora un accordo di cessione.
Per quanto riguarda le opzioni di cessione del credito e sconto in fattura, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che dopo l’entrata in vigore del “Decreto Cessioni”, non è più possibile ricorrere a queste due opzioni, anche se queste sono ancora ammesse per alcuni soggetti, ovvero per gli istituti autonomi case popolari (IACP), per le cooperative di abitazione a proprietà indivisa e per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, a patto che questi enti risultino già costituiti alla data del 17 febbraio 2023, data in cui è entrato in vigore il DL Cessioni.
Sconto in fattura e cessione del credito sono ammesse anche per le spese sostenute e documentate dal 1° gennaio 2022 per interventi di abbattimento delle barriere architettoniche; per gli interventi effettuati su edifici danneggiati da terremoti avvenuti dal 1° aprile 2009 in poi e per interventi effettuati su immobili danneggiati da eventi metereologici verificatisi a partire dal 15 settembre 2022, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con le deliberazioni del Consiglio dei ministri del 16 settembre 2022 e del 19 ottobre 2022, siti nei territori della regione Marche.
La Circolare 27/E/2023 ha chiarito anche la questione della remissione in bonis introdotta dal DL Cessioni. Difatti, grazie a tale decreto, riguardo le spese sostenute nel 2022, nonché per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020 e nel 2021, i contribuenti che hanno effettuato interventi di ristrutturazione della propria abitazione senza però aver avuto la possibilità di cedere il credito entro il 31 marzo 2023, potranno avvalersi della remissione in bonis entro il 30 novembre 2023.
Ciò significa che l’opzione potrà essere comunicata all’Agenzia delle Entrate entro il 30 novembre 2023, pagando una sanzione pari a 250 euro. La remissione in bonis potrà essere usata anche se l’accordo di cessione del credito non è ancora concluso, a condizione che il cessionario sia un intermediario finanziario, una banca o un’assicurazione.
A tal proposito, la Circolare ha chiarito che è necessario che i contribuenti interessati ad utilizzare la remissione in bonis paghino la somma di 250 euro per ogni comunicazione di sconto in fattura o cessione del credito non effettuata entro il 31 marzo 2023. Pertanto, nel caso in cui il contribuente avesse già pagato la somma di 250 euro inviando più di una comunicazione in ritardo, dovrà pagare le restanti sempre entro il 30 novembre 2023.
Infine i chiarimenti forniti dalla citata Circolare dell’Agenzia delle Entrate hanno fatto luce anche sulla responsabilità dei cessionari, ovvero di coloro che rilevano il credito, e sulla responsabilità dei fornitori. Difatti il DL Cessioni ha fornito un elenco dei documenti che il cessionario deve possedere per non incorrere nei casi di dolo o colpa grave, stabilendo che il mancato possesso di alcuni di questi documenti non comporta di per sé la sussistenza del dolo o colpa grave del cessionario. Infatti, nel caso in cui il contribuente non sia in possesso di tutti i documenti necessari, ha la possibilità di fornire, con ogni mezzo, prova della propria diligenza o della non gravità della negligenza.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Il decreto anticipi sblocca 15 milioni di euro a favore del Superbonus per l’anno 2023. Tra le altre misure, provvedimenti per l’edilizia universitaria, riduzione delle accise sui prodotti energetici e agevolazioni per le partite Iva
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Dl 145/2023, battezzato “decreto Anticipi”. Questo decreto mira a introdurre urgenti misure economico-fiscali a sostegno degli enti territoriali, della tutela del lavoro e di esigenze indifferibili. Le principali tematiche trattate includono l’edilizia universitaria, il trasporto pubblico locale, la nuova Sabatini, la riduzione delle accise sui prodotti energetici e l’incremento del fondo per il Superbonus.
Superbonus
Al fine di consentire il perfezionamento delle regolazioni contabili del bilancio dello Stato delle agevolazioni per i bonus edilizi le risorse di cui all’articolo 119, comma 16 -quater, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni in legge 17 luglio 2020, n. 77 sono incrementate di 15.000 milioni di euro per l’anno 2023. Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 15.000 milioni di euro per l’anno 2023, in termini di saldo netto da finanziare, si provvede ai sensi del comma 7.
Edilizia Universitaria
L’articolo 11 del decreto ha creato un fondo complessivo di 261,84 milioni di euro, destinato al Ministero dell’Università e della Ricerca. Questo fondo mira a sostenere gli studenti dell’istruzione superiore e ad aumentare l’accessibilità agli alloggi e ai posti letto per gli studenti fuori sede. Questo avviene attraverso l’acquisizione di diritti di proprietà o l’instaurazione di contratti di locazione a lungo termine.
Riduzione delle accise sui prodotti energetici
L’articolo 7 “misure in materia di riduzione delle accise sui prodotti energetici” riguarda la riduzione delle accise sui prodotti energetici utilizzati come carburanti o combustibili per il riscaldamento civile, in relazione all’aumento dei prezzi internazionali del petrolio grezzo. Questa misura è un segno di adattamento alle condizioni economiche globali e al cambiamento dei mercati energetici.
Partite Iva
Per le persone fisiche titolari di partita IVA, il versamento della seconda rata di acconto per le imposte sui redditi è stato rimandato al 2023. Questa misura riguarda coloro che dichiarano ricavi o compensi fino a 170 mila euro. Il pagamento può essere dilazionato in cinque rate mensili, permettendo una gestione più agevole delle finanze.