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SISMA CENTRO-ITALIA: L’AUTORITÀ SOSPENDE LE BOLLETTE DI ACQUA, LUCE E GAS

L’Autorità per l’energia ha approvato un provvedimento di urgenza che sospende dal 24 agosto scorso la fatturazione e il pagamento delle bollette di luce, gas e acqua a favore della popolazione delle zone colpite dal terremoto nell’Italia centrale. Con la delibera 474/2016/R/com approvata nel Consiglio del 25 agosto, l’Autorità ha così stabilito per la fornitura di energia elettrica, gas – compresi il gpl e altri gas distribuiti per mezzo di reti canalizzate – e del servizio idrico integrato.
Il provvedimento riguarda tutte le utenze nei Comuni danneggiati dagli eventi sismici, come individuati da successivi provvedimenti delle autorità competenti.
La misura verrà applicata dalla data di emanazione da parte delle autorità competenti dei provvedimenti per l’identificazione dei Comuni danneggiati dagli eventi sismici del 24 agosto e successivi, e dei provvedimenti straordinari che verranno adottati dal Governo a sostegno delle popolazioni interessate dagli eventi sismici.
La sospensione dei pagamenti delle bollette è un primo provvedimento di urgenza, in vista di nuovi interventi dell’Autorità che possano prevedere anche l’eventuale introduzione di agevolazioni di natura tariffaria come già fatto per il terremoto in Abruzzo del 2009 e per quello in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto del 2012.
La delibera è disponibile sul sito www.autorita.energia.it oppure qui.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Ladro d’appartamento

morde padrone di casa

È finito in manette e dovrà rispondere del reato di tentata rapina aggravata l’uomo di 32 anni che aveva tentato di svaligiare una casa in provincia di Olbia. I carabinieri sono risaliti al malvivente grazie alla testimonianza del padrone di casa, che dopo essersi accorto della presenza del ladro, aveva tentato di bloccarlo, senza esito. L’uomo, infatti, era riuscito a divincolarsi dalla presa del proprietario sferrandogli un morso sul braccio e costringendolo a lasciare la presa. Per fortuna, il malcapitato ha avuto la prontezza di allertare immediatamente le forze dell’ordine. 

Condominio in fiamme

a causa dei condizionatori

Pomeriggio di panico per gli abitanti di un palazzo situato nel centro di Bologna, che hanno dovuto abbandonare di corsa l’edificio a causa di un incendio, divampato al piano terra. A scatenare il rogo è stato, con ogni probabilità, il surriscaldamento dei condizionatori dell’aria di alcuni uffici, all’interno della palazzina. Sul posto sono subito intervenuti i vigili del fuoco che hanno fatto sgomberare l’immobile e messo in sicurezza l’area. Danneggiati numerosi terrazzi posti ai piani superiori e lambiti dalle fiamme, che hanno raggiunto il quarto piano dello stabile.

Ladro aggredisce donna

per svaligiare la casa

È stato arrestato in flagranza di reato l’uomo di 61 anni, pregiudicato, che dopo essersi introdotto in un appartamento in provincia di Caserta, ha tentato di zittire la moglie del proprietario afferrandola alla gola e minacciandola di morte. Il malvivente, nonostante la presenza della donna e dei due figli di 2 e 6 anni, ha continuato a rovistare l’alloggio in cerca di oggetti di valore, fino all’arrivo dei militari dell’Arma, che nel frattempo erano stati allertati dai vicini di casa.

Incendio in appartamento

Muore donna disabile

Incendio mortale in un comune alle porte di Roma, dove una donna disabile di 58 anni è rimasta vittima delle fiamme che, nel pomeriggio, hanno avvolto il casolare dove viveva assieme al marito 60enne. Il rogo è partito dai campi che circondavano l’abitazione. Inutile il tentativo dell’uomo di domare le fiamme e mettere in salvo la moglie, rimasta intrappolata in casa. Quando i pompieri sono giunti sul posto hanno trovato il cadavere della 58enne completamente carbonizzato, poco distante dalla porta d’ingresso.

Bimbo solo in casa

muore dissanguato

Tragedia domestica al terzo piano di una casa popolare di Bologna, dove un bambino di 8 anni è morto dissanguato dopo aver tirato un calcio alla porta finestra del balcone, per liberare il cuginetto di 3 anni, rimasto chiuso fuori. A rinvenire il corpo senza vita del bambino, ferito dai vetri in frantumi, è stata la madre, rientrata a casa dopo essere andata a fare la spesa assieme alla sorella. Come da prassi, le due donne sono state iscritte nel registro degli indagati, rispettivamente per omicidio colposo e abbandono di minore. 

Sfonda la porta e rompe

il naso della proprietaria

Ci sarebbe un movente sentimentale all’origine del comportamento di un uomo di 34 anni che, in piena notte, ha fatto irruzione in un condominio di Pisa, prendendo a calci e pugni le porte d’ingresso degli appartamenti, in cerca di una ragazza. Vittima del gesto inconsulto, una signora che si era alzata per vedere cosa stesse accadendo e si è vista crollare addosso la porta di casa, riportando la frattura al naso. L’uomo ha continuato a dare in escandescenza anche dopo l’arrivo dei carabinieri, che l’hanno arrestato per danneggiamento aggravato, violazione di domicilio, lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficiale.

Trattore sbanda su casa

I residenti restano illesi

Brusco risveglio per un 24enne e per i suoi parenti, che si trovavano con lui in casa, in provincia di Forlì-Cesena. Pensavano fosse un terremoto, ma la causa del boato che li ha buttati giù dal letto di prima mattina non era una scossa sismica, ma lo schianto di un trattore, letteralmente piombato in una delle camere da letto dell’abitazione, con il forcone anteriore alzato. Nonostante alcuni calcinacci abbiano lambito il letto dove dormiva uno degli occupanti, per fortuna, nessuno è rimasto ferito. La casa è stata dichiarata inagibile dai vigili del fuoco.

Incendia la casa della ex

38enne resta ustionato 

Lungo elenco di addebiti per l’uomo di 38 anni, ritenuto responsabile dalla polizia di Stato dell’incendio di un appartamento, al quarto piano di un condominio di Napoli. Il 38enne è stato intercettato all’ospedale dov’era ricoverato per le ustioni riportate. Gli agenti sono risaliti al piromane grazie alla testimonianza della proprietaria dell’immobile, che ha raccontato di aver avuto una relazione con lui. Agli arresti domiciliari, l’uomo aveva fornito al nosocomio le generalità del fratello ed è stato denunciato, tra l’altro, per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico.

LA CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA CONDOMINIALE QUALE ATTO UNILATERALE

[A cura di: avvocato Gian Vincenzo Tortorici – pres. Centro studi Anaci]

Il condominio, come è noto, è un ente di gestione così definito dalla prevalente giurisprudenza e dottrina in quanto la sua disciplina si trova nel libro Terzo del Codice Civile relativo ai diritti reali, ma presenta analogie con gli enti collettivi, disciplinati viceversa nel libro Quinto e ciò in relazione alla presenza di più comproprietari dei beni comuni che deliberano collettivamente la gestione dei medesimi in una apposita assemblea di condominio. 

L’assemblea di condominio deve essere convocata esclusivamente dal suo amministratore, organo esecutivo del condominio stesso, e in via eccezionale può essere convocata dai condòmini in due sole ipotesi: 

a) anche da uno solo se manchi l’amministratore, ad esempio se si tratta di uno stabile di nuova costruzione; 

b) da due condòmini, rappresentanti almeno un sesto del valore dell’edificio, che abbiano richiesto all’amministratore del condominio la convocazione di una assemblea per deliberare in merito ad un particolare ordine del giorno specificato e l’amministratore sia rimasto 

inerte a fronte di tale richiesta. 

Le leggi successive alla disciplina codicistica, in particolare emanate dopo il 1989, hanno sempre più professionalizzato l’attività dell’amministratore di condominio, in quanto al medesimo sono state attribuite responsabilità, anche di natura penale, per quanto attiene alla gestione latu sensu intesa dell’immobile e dei servizi condominiali; si pensi alla normativa inerente al corretto funzionamento dell’impianto di riscaldamento centralizzato finalizzato al risparmio energetico o alla disciplina inerente alla sicurezza dei luoghi di lavoro a tutela della salute dei lavoratori subordinati. Ma l’amministratore di condominio, pur dovendo conoscere le nuove leggi, non può dimenticarsi del codice civile che è la legge base su cui si fonda il diritto italiano. 

D’altronde la nullità o l’annullabilità delle delibere condominiali delle assemblee di condominio si evince proprio dalle disposizioni del codice civile, anche applicate in via analogica al condominio (combinato disposto degli artt. 2377 e 2379 c.c.), e che riguardano gli enti collettivi; così ad esempio l’assemblea è annullabile se l’amministratore di condominio non convoca un condomino in assemblea (Cass.5/05/2004, n.8493). La problematica delle modalità di convocazione dell’assemblea, che era stata precisata dalla Corte Suprema di Cassazione con sentenza n.8449/2008, si fondava sul presupposto che la convocazione di assemblea poteva essere “verbale”, ma in ogni caso l’amministratore doveva poter dimostrare di aver convocato in assemblea anche il condomino rimasto assente e che avesse eccepito di non essere stato convocato. Rileva in questa fattispecie, in particolare, la natura della convocazione d’assemblea e si deve rilevare che tra gli atti, che devono essere compiuti dall’amministratore di condominio, sussistono gli atti unilaterali tra vivi, vale a dire quelli atti che provengono da una sola parte e che producono effetti giuridici nella sfera patrimoniale dell’altra parte e che sono soggetti alla medesima disciplina dei contratti (art.1324 c.c.). 

Gli atti unilaterali producono gli effetti giuridici solo dal momento che vengono a conoscenza della parte alla quale sono stati indirizzati ex art.1334 c.c. (Cass.25/09/2006 n.20784); tali atti si intendono pervenuti a conoscenza del destinatario ex art.1335 c.c. allorché giungono al suo indirizzo e, nel caso lo stesso sia assente, sia stato rilasciato dall’incaricato alla distribuzione l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale(Cass.31/03/2016 n. 6246); al medesimo destinatario compete l’onere eventuale di dimostrare in modo rigoroso di essere stato assolutamente impossibilitato a ritirarlo (Cass.15/04/2006 n. 8649). 

Tra i principali atti unilaterali che l’amministratore compie vi sono quelli della denuncia di un sinistro all’assicurazione, il licenziamento disciplinare del dipendente del condominio (Cass.18/09/2007 n. 19343), la disdetta del contratto di locazione dell’ex alloggio di servizio del portiere, il recesso da un contratto di appalto, se previsto in contratto, la costituzione in mora del condomino moroso (Cass.16/02/2007 n. 9046), la denunzia dei vizi all’appaltatore ex art.1667 c.c. e appunto la convocazione di assemblea. 

Con riferimento alla convocazione di assemblea, che si rammenta deve pervenire a destinazione almeno cinque giorni prima dell’assemblea convocata in prima convocazione, salvo il maggior periodo previsto da una clausola contrattuale del regolamento, l’amministratore deve essere a conoscenza della normativa sugli atti unilaterali in quanto deve tenere in considerazione la data di arrivo a destinazione della raccomandata o comunque della avvenuta comunicazione inerente alla convocazione dell’assemblea, in qualsiasi forma proposta ai condòmini, e pertanto deve premunirsi per evitare possibili disguidi e ritardi. Ne discende quindi che il condomino rimasto assente dall’assemblea, perché non ha ritirato la raccomandata pervenuta a destinazione nei termini di legge, e tornata quindi al mittente per compiuta giacenza, non può impugnare la delibera assembleare che è perfettamente valida, né può farlo il condomino che abbia rifiutato la ricezione della raccomandata o l’abbia respinta al mittente. 

L’amministratore di condominio, una volta accertate le circostanze sopra indicate, può dar corso alle delibere condominiali da ritenersi perfettamente valide, non sussistendo alcun vizio nella formazione della volontà assembleare, senza correre il rischio che il condomino rimasto assente possa impugnare le delibere stesse e chiederne la sospensione giudiziaria, eccependo di non essere stato convocato. Il legislatore, con la legge 11 dicembre 2012, n. 220 ha agevolato il compito dell’amministratore stabilendo che la convocazione dell’assemblea può avvenire, oltre che con il tradizionale mezzo della raccomandata, con consegna a mano e con posta elettronica certificata, purché sia l’amministratore, sia il condomino ne siano in possesso. 

 

Rivende un alloggio e ne acquista un secondo dove prende residenza: bonus salvo

Compra un alloggio con il bonus prima casa, lo rivende e ne acquista un secondo dove entro un anno stabilisce la propria residenza. Per la Cassazione l’agevolazione fiscale, di cui l’Agenzia delle Entrate contestava la decadenza, è invece salva. Vediamo perché.

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Cassazione, Sez. V-Trib., 
sent. 7.10.2015, 
n. 20042
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.A. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 97/28/2009, depositata in data 19/05/2009, con la quale, in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di liquidazione relativo all’imposta di registro (dovuta secondo l’aliquota ordinaria e non agevolata) e di irrogazione delle sanzioni, per l’anno 2004, è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.
In particolare, i giudici d’appello hanno accertato che la contribuente aveva acquistato il 2/3/2004 un immobile sito nel Comune di Mozzate, chiedendo di potersi avvalere delle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa, con l’impegno di trasferivi la propria residenza entro 18 mesi dalla data del rogito, ma aveva poi deciso, per ragioni di ordine personale, di vendere la casa, nell’ottobre 2004, per acquistare il 1/4/2005 altra unità immobiliare, nel Comune di Francavilla a Mare, dove aveva trasferito la propria residenza il 7/3/2005, cosicché, stante il mancato adempimento dell’obbligo di trasferimento di residenza nel Comune di Mozzate, l’avviso di accertamento deve ritenersi legittimo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1, nota 2 bis della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, non avendo i giudici dato rilievo al fatto che comunque la contribuente, entro l’anno decorrente dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici, aveva provveduto a comprane un altro da adibire a casa come abitazione principale.
Con il secondo motivo, la stessa ricorrente lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c., avendo la C.T.R. omesso di pronunciarsi, sia sulla propria difesa concernente la circostanza sopra esposta (acquisto, successivo all’alienazione del primo, di altro immobile adibito ad abitazione principale, nel quale la contribuente aveva già trasferito la propria residenza), sia in riferimento all’eccepita erronea liquidazione dell’imposta.
La prima censura è fondata.
La C.T.R. ha applicato il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1 della tariffa, parte 1, nota 2 bis n. 1, lett. a), facendo leva sull’inosservanza da parte della contribuente dell’obbligo di trasferire la propria residenza nel comune dov’è ubicato l’immobile, oggetto delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto.
Effettivamente, la realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto e costituisce un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, il cui mancato assolvimento comporta la decadenza dell’agevolazione, salvo, tuttavia, che ricorra un’ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore (orientamento pacifico, per l’affermazione del quale, vedi, fra varie, Cass. 19 dicembre 2013, n. 28401 e Cass. 29 settembre 2013, n. 26674).
Tuttavia, la Nota 2 bis dell’art. 1, della prima parte della tariffa allegata al citato D.P.R. n. 131 del 1986 , nel testo vigente ratione temporis, così recita: “2 bis) 1. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 4 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso … devono ricorrere le seguenti condizioni: a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza … La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto; b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare; c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui …4. In caso di dichiarazione mendace, o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte … Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.
La contribuente lamenta che non si sia applicato il disposto del comma 4, della nota 2 bis dell’art. 1, avendo la C.T.R. ritenuto che fosse comunque maturata la decadenza della agevolazione goduta in relazione al primo acquisto immobiliare, per il solo fatto che la contribuente non aveva trasferito ivi la residenza, senza considerare che essa aveva trasferito la residenza nel secondo immobile acquistato, condizione questa imprescindibile per avere diritto a conservare l’agevolazione goduta per il primo acquisto (cioè dell’immobile rivenduto entro il quinquennio).
Ciò posto, va rilevato che viene qui in considerazione il tema dei plurimi atti di rivendita e riacquisto di immobili da adibire a prima casa di abitazione a seguito del godimento del beneficio in riferimento ad un acquisto originario, nell’ottica dell’integrazione dei requisiti necessari a conservare l’agevolazione originariamente goduta.
Sul punto, questa Corte ha già chiarito che “l’agevolazione prevista dalla norma di cui si tratta può essere mantenuta solo se l’acquisto sia seguito dalla effettiva realizzazione della destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione propria, anche in riferimento a ciascuno dei plurimi acquisti che il contribuente possa avere effettuato nell’arco del tempo previsto dalla legge dopo la rivendita dell’immobile originariamente acquistato, in termini tali che per ciascuno degli acquisti intermedi il contribuente sia onerato di dimostrare l’effettiva realizzazione dell’intento, in virtù del concreto trasferimento della propria residenza anagrafica nell’unità abitativa correlata. Ed invero, i benefici fiscali sono, per loro natura, subordinati al raggiungimento dello scopo per cui vengono concessi, sicché il raggiungimento dello scopo (abitativo) rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio, connaturato alla stessa ratio dell’istituto” (Cass. 8847/2015). Come evidenziato dalla Corte, dunque, “salvi i benefici goduti in riferimento al primo originario acquisto) i benefici richiesti in relazione agli acquisti successivi resteranno acquisiti a condizione che si maturi (entro il termine di mesi diciotto dal primo atto di acquisto) la condizione imposta dalla legge in relazione ai successivi atti di acquisto, e cioè la fissazione della residenza anagrafica in uno qualunque degli immobili oggetto di riacquisto dopo la rivendita del precedente”.
Ora, effettivamente, la contribuente, entro il termine di 18 mesi dal primo acquisto, allorché dunque non era ancora decaduta dall’agevolazione fiscale, essendo ancora in termini per adempiere all’obbligo, dichiarato nell’atto, di trasferire nell’immobile la propria residenza, ha alienato l’immobile in Comune di Mozzate (nell’ottobre 2004), entro il quinquennio dall’acquisto, ed ha acquistato, nell’aprile 2005, entro un anno dall’alienazione, altro immobile in Comune di Francavilla al Mare, trasferendovi la propria residenza, sin dal marzo 2005, in conformità alla disposizione normativa sopra richiamata. Nella specie, dunque, la contribuente, nei diciotto mesi dal primo acquisto, ha provveduto a fissare la residenza nel Comune ove, previa alienazione del primo, aveva acquistato il secondo immobile.
La seconda censura è assorbita.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va accolto il ricorso della contribuente. Le spese del giudizio di merito vanno integralmente compensate tra le parti, in considerazione delle peculiarità della vicenda processuale. Le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di merito; condanna la controricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Trasformazione di fienile in abitazione e bonus ristrutturazioni

La questione è alquanto ricorrente, dato che sono sempre di più i contribuenti che decidono di trasformare cascine e immobili rurali in unità abitative. Così, l’Agenzia delle Entrate ha colto al balzo la domanda posta da un lettore alla rubrica di consulenza on line per fornire alcuni chiarimenti, a firma di Gianfranco Mingione, che cura la sezione del sito dedicata alla posta fiscale. Ecco il quesito: “Sono comproprietario con mia sorella di un fabbricato rurale strumentale (fienile). Vorremmo eseguire dei lavori per trasformarlo in una unità residenziale. Possiamo usufruire della detrazione del 50%?”.
Ebbene, come spiega Mingione, “Come regola generale sono esclusi dal beneficio fiscale della detrazione di imposta per lavori realizzati su edifici a destinazione produttiva, commerciale e direzionale (paragrafo 3 della circolare 57/E del 1998). Tali interventi danno, però, diritto alla detrazione di imposta, qualora nel provvedimento amministrativo che autorizza i lavori risulti chiaramente che gli stessi comportano il cambio di destinazione d’uso del fabbricato, già strumentale agricolo, in abitativo (risoluzione 14/E del 2005).

Notariato: uno studio sulle previsioni fiscali delle cessioni immobiliari

[A cura di: Consiglio nazionale del Notariato] l’Area scientifica del Consiglio nazionale del Notariato ha approvato lo Studio n. 102-2016T “Cessioni immobiliari e/o aziendali e presunzione di maggior corrispettivo”. Nel decreto legislativo per la internazionalizzazione delle imprese (n. 147/2015) figura una norma che potrebbe comportare un sensibile cambio di rotta dell’Amministrazione finanziaria con riguardo agli accertamenti nell’ambito delle imposte dirette e ai fini IRAP prevedendo l’insufficienza, allo scopo, del riferimento al solo valore anche se dichiarato, accertato o definito per l’imposta di registro e per le imposte ipocatastali dovute per cessioni immobiliari e/o aziendali.
Sul sito internet del Notariato si può consultare l’intero studio, che contiene anche un’analisi dei risvolti pratici della norma di riferimento.

Unioni civili e detrazioni d’imposta: cosa cambia per le ristrutturazioni

[A cura di: Andrea Cartosio – Istituto nazionale Tributaristi] La Legge sulle unioni civili n. 76/2016 ha parificato al vincolo giuridico derivante dal matrimonio quello generato dalle unioni civili, pertanto l’Amministrazione finanziaria ha specificato che nonostante la legge appena citata non abbia previsto un’assimilazione tra convivenze di fatto e unioni civili, ai conviventi sono stati estesi alcuni diritti spettanti ai coniugi per esempio il diritto all’accesso alle informazioni sanitarie.
In quest’ottica, in sostanza è stato assegnato un valore alle coppie di fatto e al legame creato tra esse anche in funzione dell’immobile adibito ad abitazione. Tale interpretazione fa sì che il contratto di comodato (fino a ieri essenziale per poter utilizzare le detrazioni d’imposta) non sia più necessario per poter godere della detrazione Irpef sulle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio. Nella risoluzione emanata dall’Agenzia delle entrate n. 64 del 28/07/2016, la stessa conclude affermando che il coabitante more uxorio che effettua le spese di ristrutturazione edilizia può avvalersi della detrazione Irpef, alla maniera di quanto chiarito per i familiari conviventi. 

Prorogata al 15 settembre la scadenza per presentare il modello 770/2016

[A cura di: Andrea Cartosio – tributarista INT] Finalmente si ha l’ufficialità: è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che determina la proroga dei termini per l’invio telematico del modello 770/2016 e fissa la scadenza al 15 settembre 2016. Il termine originario per la presentazione del dichiarativo era fissato nel giorno di domenica 31 luglio ossia il 1° agosto poiché la scadenza risultava essere in festivo, al quale doveva aggiungersi il termine di  sospensione feriale fino al 20 agosto, che essendo nuovamente di giorno festivo slittava alla data di lunedì 22 agosto. La proroga era stata ritenuta necessaria dalle categorie professionali del settore poiché già oberate dai numerosi adempimenti fiscali al quale ottemperare per conto dei contribuenti e dei sostituti d’imposta, tra i quali anche i condomini.

IL BONUS PRIMA CASA SE UNO DEI CONIUGI RISIEDE IN UN COMUNE DIVERSO

[A cura di: Maria Rosaria Monsellato – Centro studi nazionale Appc]

Con sentenza num. 13334/16 del 28.06.2016 la Suprema Corte ha stabilito che il bonus prima casa spetta ai coniugi, anche nell’ipotesi in cui risiedano in luoghi diversi. Secondo la Cassazione, infatti, il cambio della residenza nei 18 mesi successivi all’acquisto dell’immobile può avvenire anche per uno solo dei coniugi, nel caso in cui nel predetto immobile sia la famiglia ad aver stabilito la sua residenza. Riprendendo, quindi, l’art. 144 c.c., la Corte di Cassazione ha ribadito l’autonomia della famiglia quale soggetto distinto rispetto ai due coniugi, trattandosi di fatto di un’altra entità.

Pertanto, fermo restando il fatto che l’immobile debba essere comprato dai due coniugi, le condizioni per ottenere le agevolazioni prima casa si avranno sia nel caso in cui entrambi risiedano nel comune dove l’abitazione è ubicata, sia nell’ipotesi in cui marito e moglie risiedano in due comuni diversi. In quest’ultima ipotesi è, però, necessario che:

* l’immobile si trovi in uno dei due comuni (quello in cui risiede il marito ovvero la moglie);

* nel Comune “scelto” la famiglia, considerata includendo gli altri componenti, ha sua residenza;

* si tratti di un acquisto compiuto in regime di comunione legale dei beni.

Porre quest’ultima condizione non è causale, poiché, sebbene possa sembrare ridondante, il nuovo immobile rientra nel patrimonio di entrambi.

Ora, il punto è capire se l’interpretazione data dalla Suprema Corte stravolge quanto disciplinato fino ad oggi o pone chiarezza. Sicuramente permette una maggiore estensione dei benefici fiscali e nel contempo fornisce un’interpretazione estensiva della norma che va a vantaggio del contribuente.

 

AFFITTACAMERE: LA CESSIONE D’AZIENDA SVOLTA IN UN IMMOBILE LOCATO

[A cura di: avvocato Gian Vincenzo Tortorici – pres. Centro studi Anaci]

L’art. 36 della legge 27 luglio 1978 n. 392 consente al conduttore di un immobile destinato ad uso diverso dall’abitazione di cedere il contratto di locazione, anche senza il consenso del locatore, allorché ceda o lochi contestualmente a terzi l’azienda, che è  definita, dall’art. 2555 c.c., il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per la produzione e il commercio di beni e servizi (Cons. Stato, Sez. IV,  29 febbraio 2016, n. 813; Cass. civ., Sez. III, 8 novembre 2007, n. 23287). Si deroga pertanto nella fattispecie de qua dal consenso del locatore ceduto, consenso che sarebbe viceversa necessario affinché sia valida la cessione del contratto ex art. 1406 c.c.; il locatore può solo opporsi per gravi motivi (Cass. civ., Sez. III, 20 febbraio 2014, n. 4067). 

Viene superata con questa fattispecie la rilevanza dell’intuitus personae sul quale si fonda il contratto di locazione con l’individuazione da parte del locatore del contraente conduttore. Non solo, il locatore deve opporsi entro il termine di trenta giorni, e non tre mesi come disposto dall’art. 2558 c.c., con precise e gravi motivazioni ostative, decorrenti da quando è venuto a conoscenza della intervenuta cessione della azienda, con qualunque mezzo ne sia stato informato. Il locatore ha il diritto di non liberare il conduttore cedente dalle obbligazioni stipulate con il contratto originario di locazione e conseguentemente di agire anche contro di lui per il recupero dei canoni non corrisposti dal cessionario. In questa fattispecie, infatti, sussiste tra cedente e cessionario un vincolo di responsabilità sussidiaria, indipendentemente che il contratto si sia rinnovato tacitamente, in quanto la rinnovazione di un contratto di locazione non determina la nascita di un nuovo contratto, ma solo la prosecuzione di quello precedente (Cass. civ., Sez. VI, 12 novembre 2015, n. 2311) e ciò anche se l’azienda ha subito plurimi trasferimenti. 

Non è, però, necessario che tra il conduttore cedente e quello cessionario sia stipulato un unico contratto che preveda la cessione dell’azienda e quella del contratto di locazione, ben potendo le due convenzioni essere pattuite in due atti differenti redatti anche non contestualmente tra loro; tra l’altro il conduttore può cedere l’azienda e limitarsi a semplicemente sub locare l’immobile. In questa fattispecie, qualora il conduttore alieni esclusivamente i singoli beni che formano l’azienda senza, peraltro, cedere anche questa ultima, non può sublocare l’immobile se tale operazione sia vietata dal contratto di locazione pattuito con il locatore, sussistendo nell’ipotesi precitata una violazione del divieto pattizio di sublocazione di cui all’art. 1594 c.c.. Può peraltro essere ceduto dal conduttore anche un ramo d’azienda, in quanto l’art. 2558, c.c. inerente a questa fattispecie non è incompatibile con l’art. 36 in esame; deve trattarsi della capacità, al momento dello scorporo, di provvedere con autonomia funzionale al conseguimento di uno scopo economico produttivo con propri mezzi e organizzazione aziendale. 

In questo contesto si inserisce la questione dell’attività di affittacamere, costituita dalla concessione di camere ammobiliate a fronte del pagamento di un corrispettivo, quale modalità di esercizio della locazione turistica da ultimo disciplinata dal D. Lgs.,  23 maggio 2011, n. 79, che demanda alle Regioni una organica emanazione di disposizioni maggiormente aderenti a soddisfare le realtà territoriali di interesse pubblico e privato. L’affittacamere si deve iscrivere all’Agenzia delle entrate ai fini dell’assunzione della partita iva e alla Camera di commercio presso il registro esercenti il commercio; deve, inoltre, predisporre annualmente il modello unico per l’assolvimento dell’imposta sui redditi percepiti. Deve, infine, presentare una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) presso lo Sportello per le attività produttive del Comune ove è ubicato l’immobile. Trattasi, pertanto, di una attività imprenditoriale con la conseguenza che anche il contratto stipulato tra proprietario dell’appartamento e gestore dell’attività di affittacamere è assoggettato al disposto dell’art 36 L. 392/1978 citata.