Elemento centrale della nuova disciplina del trattamento dei dati personali, introdotta con il GDPR – REG. UE 2016/679, è certamente il registro dei trattamenti, un documento di autoanalisi che, se compilato con attenzione, permette di sapere precisamente quali dati vengono trattati e come questi vengono, e devono essere, protetti.
Non solo. Compilare bene il registro dei trattamenti significa, per il Titolare, avere una guida già pronta per la redazione delle Informative Privacy ai sensi degli articoli 13 e 14, GDPR.
L’articolo 30 del GDPR prevede, in capo ad ogni Titolare del trattamento e ad ogni Responsabile del trattamento, la tenuta di un registro delle attività di trattamento svolte sotto la propria responsabilità.
Tale registro deve contenere, come minimo:
• nome (o denominazione) del Titolare e suoi dati di contatto, nome (o denominazione) e dati di contatto del rappresentante del Titolare e, ove nominato, del Responsabile della Protezione dei Dati (DPO, Data Protection Officer);
• le finalità dei trattamenti;
• una descrizione delle categorie degli Interessati e delle categorie di dati personali (solo comuni o anche Particolari e Giudiziari);
• le categorie dei destinatari cui i dati verranno comunicati, compresi i destinatari collocati in Paesi terzi (rispetto all’UE) o le organizzazioni internazionali;
• l’eventuale trasferimento dei dati verso un Paese terzo o un’organizzazione internazionale, compresa l’identificazione del Paese terzo o dell’organizzazione;
• se possibile, i termini ultimi per la cancellazione delle diverse categorie di dati;
• ove possibile, una generale descrizione delle misure di sicurezza tecniche e organizzative adottate secondo l’articolo 32, GDPR
I soggetti obbligati alla tenuta del registro sono:
• aziende con almeno 250 dipendenti; tuttavia, sono obbligate anche le imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti qualora si tratti di:
• aziende che effettuino trattamenti che possono presentare un rischio per i diritti e le libertà dell’interessato;
• aziende che effettuino trattamenti non occasionali e che effettuino profilazione;
• aziende che richiedano particolari tipologie di dati (sulla salute, giudiziari ecc., descritti nell’art. 9 del GDPR).
Sebbene dalla lettura dell’art. 30 del GDPR l’amministratore di condominio, e il condominio stesso, sembrerebbe essere escluso dalla tenuta del registro, il Garante Privacy italiano è intervenuto indicando i soggetti che sono comunque obbligati alla tenuta del registro e tra questi troviamo:
• qualsiasi tipo di attività ed esercizi commerciali (bar, ristoranti, officine, negozi ecc.) con almeno 1 dipendente: in questo caso infatti, secondo il Garante, viene fatto un trattamento non occasionale;
• qualsiasi tipo di attività ed esercizi commerciali che trattino dati sensibili dei clienti (parrucchieri, ottici, tatuatori ecc.);
• liberi professionisti che trattino categorie particolari di dati (commercialisti, avvocati, fisioterapisti, notai ecc.);
• associazioni che trattino dati particolari, come dati sulla salute, giudiziari, sull’orientamento politico ecc.;
• tutti i condomini che richiedano dati sensibili (per esempio in caso di delibere per abbattimento delle barriere architettoniche ai sensi della Legge n. 13/1989, richieste di risarcimento danni per spese mediche in caso di sinistri).
L’amministratore di condominio è quindi tenuto a redigere il registro dei trattamenti qualora:
• tratti sinistri con lesioni a persone;
• vi siamo delibere relative all’abbattimento di barriere architettoniche;
• amministri almeno due condomini;
• abbia almeno un dipendente, sia che si tratti dell’ufficio dell’amministratore stesso o sia che si tratti di dipendente del condominio (per esempio, il portiere);
• svolga l’attività in forma societaria.
Il registro dei trattamenti deve essere tenuto in forma scritta, in formato cartaceo o elettronico.
L’amministratore di condominio dovrà quindi tenere due registri dei trattamenti, uno relativo ai trattamenti che egli svolge in qualità di Titolare del trattamento, come datore di lavoro in relazione alla sua attività professionale e ai suoi dipendenti o o fornitori, ed uno per i trattamenti eseguiti come Responsabile del trattamento, in qualità di amministratore dei condomini che gestisce.
Il registro dei trattamenti non deve essere solo predisposto una tantum, ma deve essere sempre aggiornato in relazione ai nuovi trattamenti di dati che l’amministratore effettua.
La mancata tenuta del registro dei trattamenti determina, a carico dell’amministratore di condominio, sanzioni amministrative pecuniarie importanti.
A cura di: Dott. Marco Massavelli – Consulente e Formatore Privacy
L’Agenzia delle Entrate torna sul tema del bonus ristrutturazione, in particolare sulla possibilità di usufruire di tale agevolazione da parte delle coppie di fatto.
Nel caso esaminato, una contribuente si è rivolta al Fisco, tramite “La Posta di FiscoOggi”, spiegando che in qualità di convivente di fatto, sosterrà le spese di ristrutturazione su un’abitazione acquistata dal compagno.
A tal proposito, la contribuente chiede se potrà usufruire dell’agevolazione prevista dall’articolo 16-bis del TUIR, anche se, al momento, lei e il suo compagno convivono in una casa diversa da quella oggetto di ristrutturazione. La contribuente specifica, infine, che la coppia è regolarmente registrata presso il Comune come “coppia di fatto”.
L’Agenzia delle Entrate, in risposta al quesito posto, ha spiegato che la normativa italiana dal 2016, in particolare l’art. 16-bis del TUIR, prevede che può richiedere la detrazione per il recupero del patrimonio edilizio, se sostiene le spese relative, anche il convivente di fatto del possessore o detentore dell’immobile oggetto degli interventi, anche in assenza di un contratto di comodato.
Tale agevolazione si applica alle spese sostenute per gli interventi effettuati su una delle abitazioni nelle quali si manifesta il rapporto di convivenza, anche se diversa dall’abitazione principale della coppia di conviventi.
Ciò nonostante è di fondamentale importanza rispettare il requisito della “stabile convivenza”. Per l’accertamento di tale requisito, la legge n.76 del 20/05/2016 definisce la “famiglia anagrafica” come l’unità che può essere dimostrata tramite i registri anagrafici comunali o, in alternativa, si può ricorrere all’autocertificazione, da rendere ai sensi dell’articolo 47 del Dpr n. 445/2000.
Ricordiamo che si intendono “conviventi di fatto” due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.
L’Agenzia delle Entrate, inoltre, evidenzia che è importante che lo status di convivenza sia già in essere al momento in cui si attiva la procedura o alla data di inizio dei lavori, ed è necessario che lo status di convivenza perduri durante tutto il periodo in cui si sostengono le spese ammesse in detrazione.
Pertanto, i documenti necessari che dovrà fornire il convivente che desidera fruire dell’agevolazione sono la registrazione anagrafica o l’autocertificazione che attesti lo status di convivenza e le ricevute, nonché la documentazione fiscale, relative alle spese sostenute.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
È stata depositata una nuova proposta di legge, a firma degli onorevoli Elisabetta Gardini e Augusta Montaruli, su iniziativa dell’avvocato Carlo Pikler, che mira a modificare l’articolo 1136 del Codice civile in materia di costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni.
Tale proposta introduce norme specifiche per la nomina dell’amministratore di condominio o di altro soggetto come responsabile del trattamento dei dati personali dei condòmini.
Il nuovo testo dell’articolo codicistico prevede quindi, al comma 4, il seguente periodo: “Con la medesima maggioranza (almeno 500 millesimi e maggioranza degli intervenuti) sono adottate le deliberazioni che disciplinano i trattamenti dei dati personali posti in essere dai soggetti che operano, per conto dell’assemblea, in qualità di responsabili del trattamento”.
La motivazione della norma è chiara: nell’esercizio del mandato l’amministratore di condominio si trova inevitabilmente a trattare numerosi dati personali dei singoli componenti la compagine condominiale, quali nominativi, indirizzi, recapiti telefonici, indirizzi e-mail, codici fiscali e altri dati rientranti nella definizione di dato personale di cui all’articolo 4 del Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr).
Tali trattamenti devono essere effettuati seguendo il Regolamento europeo sul trattamento dei dati personali (Regolamento Ue 16/679) e, quindi, devono avvenire in modo lecito e secondo correttezza, rispettando il principio di proporzionalità. D devono essere completi, ma non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati. Devono altresì essere raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi. Devono essere esatti e pertinenti e, se necessario, aggiornati.
Nella motivazione si specifica anche l’importanza della conservazione dei dati raccolti, siano essi in formato cartaceo o elettronico, dovendosi sempre rispettare l’obbligo di conservarli in un luogo sicuro, al riparo da indebiti accessi e di porre in essere adeguate misure di sicurezza per la loro protezione, tenendoli in una forma che ne consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali sono stati raccolti o successivamente trattati.
La necessità della norma trae spunto dalla circostanza che la nomina dell’amministratore o di altro soggetto quale responsabile del trattamento dei dati deve avvenire necessariamente secondo le indicazioni previste dall’articolo 28 del Gdpr.
Questo articolo non solo stabilisce gli obblighi che competono al responsabile, ma prevede anche che il rapporto con il titolare dei dati sia disciplinato da un contratto o altro atto giuridico che vincoli il responsabile del trattamento al titolare del trattamento e che definisca la materia disciplinata, la durata del trattamento, la natura e la finalità del trattamento, il tipo di dati personali e le categorie degli interessati, nonché gli obblighi e i diritti del titolare del trattamento.
Secondo il Garante della Privacy “l’amministratore deve sempre saper conciliare le esigenze di trasparenza nella gestione condominiale con la riservatezza dei singoli e l’assemblea può decidere di designarlo anche formalmente responsabile del trattamento dei dati personali dei partecipanti al condominio (proprietari, locatari, usufruttuari), attribuendogli uno specifico ruolo in materia di privacy”.
Attualmente, non vi è una normativa specifica che determini il quorum assembleare necessario per nominare l’amministratore o altro soggetto come responsabile del trattamento dei dati dei condòmini.
Questa mancanza di regolamentazione espone le delibere di nomina a rischio di impugnativa e incertezza sul risultato delle liti, stante l’incertezza della legittimità dei trattamenti svolti dall’amministratore o da altro soggetto che li effettui nell’ambito dell’amministrazione condominiale (si pensi ad esempio ai fornitori del condominio che trattano i dati dei condòmini).
La proposta di legge presentata si propone di ovviare a questa mancanza introducendo un quorum specifico: la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio per l’adozione di deliberazioni che disciplinano i trattamenti dei dati personali posti in essere dai soggetti che operano, per conto dell’assemblea, in qualità di responsabili del trattamento.
Secondo il Garante della privacy, in particolare del Dipartimento delle Attività Produttive, questa proposta “sembra in modo apprezzabile voler disciplinare tutte le ipotesi in cui l’assemblea deliberi in merito ai trattamenti effettuati dal responsabile del trattamento ai sensi dell’articolo 28 del Regolamento, non limitandosi alla questione dell’amministratore di condominio”.
La proposta di legge ha diverse implicazioni pratiche per gli amministratori di condominio e per l’assemblea condominiale. In primo luogo, va a determinare come si possa procedere per effettuare la nomina del responsabile del trattamento dei dati, riducendo l’incertezza giuridica e il rischio di impugnazione delle delibere assembleari. Inoltre, la definizione di un quorum specifico per tali deliberazioni garantisce che le decisioni importanti riguardanti la privacy dei condòmini siano prese con un ampio consenso.
L’introduzione di norme specifiche per la nomina del responsabile del trattamento dei dati rafforza anche la protezione dei dati personali dei condòmini.
La responsabilità dell’amministratore, come responsabile del trattamento, è definita e regolamentata, garantendosi ai soggetti amministrati che i dati personali siano gestiti in conformità con il Gdpr.
Questo include l’obbligo per l’amministratore di garantire la sicurezza dei dati, di conservare i dati solo per il tempo necessario e di rispettare i diritti degli interessati, come il diritto di accesso, rettifica e cancellazione dei dati.
Dall’altra parte si regolamenta, limitandola, la gestione dei dati illegittima da parte dei soggetti che operano nel settore condominiale. Se non si è responsabile (o sub-responsabile) del trattamento, si deve ottenere una specifica base giuridica per effettuare il trattamento come titolare.
L’installazione di una tenda da sole da parte di un singolo condomino potrebbe creare alcune perplessità inerenti, soprattutto, alle eventuali autorizzazioni da chiedere o alle regole da rispettare.
Prima di procedere con l’installazione, quindi, è bene chiarire quali sono le norme da rispettare e gli aspetti ai quali fare attenzione, in modo da non incorrere in eventuali problemi.
In primo luogo, è importante chiarire che l’installazione delle tende da sole rientra nell’attività di edilizia libera e ciò significa che non è soggetta ad autorizzazione. Questo perché trattandosi di una protezione retrattile, che serve per proteggere dal sole o dagli agenti atmosferici, non è considerata come “nuova costruzione”, pertanto non richiede alcun titolo edilizio.
Tale principio generale, però, può essere soggetto a variazioni nel caso in cui vi siano particolari vincoli locali indicati nei regolamenti comunali, poiché è possibile che in alcune zone di particolare interesse ambientale, monumentale o architettonico, la collocazione di tende da sole sulla facciata degli edifici sia subordinata all’autorizzazione del Comune.
Prima di installare una tenda da sole, è necessario anche consultare il regolamento condominiale contrattuale, ossia quello predisposto dal costruttore e accettato da tutti i proprietari. All’interno del regolamento condominiale contrattuale, difatti, per tutelare il decoro architettonico dell’edificio, è possibile che siano specificate delle caratteristiche inerenti al materiale, al colore o alle dimensioni delle tende da sole.
Qualora siano presenti all’interno del regolamento condominiale contrattuale determinate caratteristiche e queste non venissero rispettate dai condòmini, potrebbe essere disposta la rimozione della tenda da sole a causa della violazione del regolamento condominiale.
Nei casi in cui il regolamento condominiale contrattuale non preveda particolari norme da seguire in riferimento alle tende da sole, è consigliabile che il condomino interessato si adegui a quanto fatto dagli altri condòmini, oppure, nel caso in cui all’interno dell’edificio non fossero ancora presenti altre tende da sole, il condomino interessato potrà parlarne in assemblea in modo da informare gli altri condòmini e definire le regole alle quali tutti i condòmini dovranno poi attenersi.
Nell’installazione delle tende da sole un altro aspetto da considerare è quello relativo al rispetto delle distanze da mantenere con il piano superiore, così da non impedire il diritto di veduta al proprietario dell’appartamento sovrastante. Importante tener conto anche della struttura architettonica del balcone e dei relativi incassi.
Ad esempio, è utile sapere che nel caso di balconi incassati, la soletta è considerata di proprietà comune e non è necessario alcun consenso, mentre nel caso di balconi aggettanti, la soletta è di proprietà esclusiva, pertanto sarà necessario chiedere il permesso per il montaggio della tenda.
A tal proposito, per quanto concerne la fase di montaggio della tenda da sole, è consigliabile affidarsi ad operatori del settore competenti, così da non mettere a rischio la sicurezza dell’edificio e degli altri condòmini.
In linea generale, quindi, per l’installazione della tenda da sole è bene capire quali sono le regole da rispettare e i limiti da tenere in considerazione posti dalle norme generali e dal regolamento condominiale, dato che, come abbiamo visto, in tal caso l’assemblea di condominio ha poteri alquanto limitati.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Un recente sondaggio di VeryFastPeople sulle assemblee condominiali rivela che il 60% degli amministratori si considera un mediatore neutrale durante i conflitti, ma solo il 13% si sente adeguatamente preparato a gestirli. Creare un ambiente di dialogo aperto e costruttivo è essenziale, e programmi di formazione specifici sono fondamentali per modellare l’amministratore condominiale del futuro: empatico e diplomatico.
Milano, luglio 2024 – Le assemblee condominiali rappresentano un momento cruciale nella gestione efficiente di un condominio. Purtroppo, però, alcuni temi “scottanti” possono diventare teatro di conflitto. Approvazione e ripartizione delle spese, morosità, lavori di manutenzione ma anche una corretta amministrazione delle parti comuni, rumori molesti e convivenza serena in condominio sono tra le cause di litigio più frequenti.
È quanto emerge da un recente sondaggio di VeryFastPeople – società di consulenza specializzata rivolta agli amministratori condominiali – secondo cui i motivi di disaccordo più comuni nelle assemblee condominiali sono legati per il 54% alle regole di buona convivenza, per quasi il 20% ai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’edificio e per il 18% alle decisioni sulle spese condominiali.
Se si considera che per il 42% degli amministratori di condomini svolgere le assemblee in un clima armonioso sia fondamentale per una migliore gestione dell’unità immobiliare, quello che accade durante queste riunioni è spesso tutt’altro che pacifico. Il 24% delle assemblee condominiali, infatti, è caratterizzato da conflitti che, nel 66% dei casi, sfociano in una mancata collaborazione tra condomini, compromettendo così l’efficienza dell’intero condominio.
Ma qual è il ruolo dell’amministratore condominiale? Quasi il 60% ritiene che il proprio ruolo sia quello di mediatore neutrale. È importante, infatti, che l’amministratore non solo medi tra le diverse esigenze e opinioni dei condomini, ma deve anche trovare soluzioni che possano prevenire e risolvere i conflitti. Gestire con successo un condominio richiede, dunque, capacità diplomatiche, competenze legali e una buona dose di empatia.
In questo contesto, la figura dell’amministratore condominiale è, dunque, chiamata ad apprendere e comprendere non solo la burocrazia legale e amministrativa del condominio, ma i condomini stessi. Un ruolo sempre più “umano” che porta alla definizione di un ambiente armonioso dove i conflitti si trasformino in opportunità. E nonostante il 13% degli amministratori si senta molto preparato nella gestione dei conflitti, una significativa parte di loro (47%) ritiene che uno degli strumenti più utili per favorire un clima pacifico siano programmi di formazione ad hoc, insieme alla definizione di linee guida chiare durante le assemblee (46%).
La capacità di instaurare un dialogo costruttivo, basato su trasparenza e rispetto reciproco, è vista come una componente chiave per la risoluzione delle controversie e la promozione di un ambiente armonioso. Formazioni specifiche possono fornire agli amministratori strumenti e tecniche avanzate per affrontare e mitigare i conflitti, migliorando così l’interazione tra i condomini.
Se per decreto ministeriale, gli amministratori devono partecipare a eventi formativi per essere sempre aggiornati sulle nuove normative burocratiche e amministrative, resta una novità concreta quella di una formazione empatica e umana. Il 40% degli amministratori condominiali, infatti, ritiene abbastanza utile partecipare a corsi con psicologi o esperti: proprio in questo contesto VeryFastPeople, con il suo sguardo attento su oltre 2.300 studi di amministrazione condominiale e 100.000 condomini in tutta Italia, offre un ampio spettro di servizi in questo senso ponendosi come unico partner per una gestione immobiliare semplificata e moderna.
“Crediamo che l’amministratore condominiale svolga un ruolo cruciale nel rendere il condominio una comunità collaborative e sostenibile”, dichiara Francesco Paini, cofondatore di VeryFastPeople. “La formazione continua è la chiave per un’amministrazione condominiale di successo. Da diversi anni ci impegniamo a sostenere gli amministratori nella loro crescita professionale e personale, contribuendo a creare un ambiente condominiale più equilibrato e collaborativo”.
Proprio per questo motivo, VeryFastPeople, in collaborazione con ANACI, la principale associazione nazionale degli amministratori condominiali, organizza eventi formativi che vedono la partecipazione di esperti in vari campi, tra cui psicoterapisti, professionisti nel settore del digitale e della comunicazione. Figure che forniscono strumenti pratici e conoscenze utili per aiutare gli amministratori a gestire le assemblee condominiali e migliorare la qualità della vita nei condomini. Tra i temi trattati, la comunicazione efficace, la gestione dello stress, la capacità di parlare in pubblico e la trasformazione dei conflitti in opportunità. Con questi eventi, VeryFastPeople contribuisce a trasformare i condomini in comunità armoniose e collaborative, promuovendo un’amministrazione più consapevole, empatica e orientata al futuro.
Con l’approvazione della Legge di Bilancio 2024 sono state introdotte importanti novità anche nell’ambito delle locazioni a breve termine.
In Italia sono molti i proprietari che gestiscono immobili affittati a breve termine e date le novità apportate dalla Legge di Bilancio 2024, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti già con la Circolare n. 10/E del 10 maggio, ma è tornata sulla questione pubblicando una versione aggiornata della guida “Locazioni brevi: la disciplina fiscale e le regole per gli intermediari” in cui vengono approfonditi e chiariti i vari aspetti inerenti alla materia.
Innanzitutto è bene ricordare che rientrano nell’ambito delle locazioni brevi tutte le locazioni di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni. Tale durata viene determinata non solo attraverso la somma dei giorni consecutivi di godimento del bene da parte del conduttore, ma anche attraverso il computo di tutti i singoli rapporti di locazione, pur temporalmente distanziati, intercorsi tra le medesime parti lungo l’anno solare considerato.
È possibile affittare a breve termine gli immobili appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa la categoria A10) e le relative pertinenze, come ad esempio box, cantine, garage etc.
Per quanto concerne la parte contrattuale, è importante evidenziare che per i contratti di locazione di durata non superiore ai 30 giorni non vi è l’obbligo di registrazione e il contratto potrà essere stipulato direttamente oppure tramite intermediari immobiliari o intermediari che gestiscono specifici portali dedicati al turismo.
A tal proposito, con riferimento ai contratti di locazione tramite intermediari, vi è un obbligo di comunicazione dei dati relativi ai contratti conclusi entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello a cui fanno riferimento i dati delle locazioni concluse.
Tra le novità introdotte con la Legge di Bilancio 2024, la prima riguarda la cedolare secca. Difatti, dal 1° gennaio 2024, la cedolare secca sugli affitti brevi vede un’aliquota pari al 26%, a partire dal secondo immobile. Questa aliquota è ridotta al 21% per i redditi riferiti ai contratti di locazione breve stipulati per una sola unità immobiliare.
A tal proposito, l’Agenzia spiega che: “Con l’entrata in vigore della legge di bilancio 2024 (legge n. 213/2023), dal 1° gennaio 2024, in caso di opzione per l’imposta sostitutiva nella forma della cedolare secca, si applica l’aliquota del 26%. Questa aliquota è ridotta al 21% per i redditi riferiti ai contratti di locazione breve stipulati per una sola unità immobiliare per ciascun periodo d’imposta, a scelta del contribuente.
L’individuazione di tale unità immobiliare deve avvenire nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta interessato”.
Un’altra novità riguarda l’ambito inerente agli intermediari immobiliari. Sostanzialmente, al fine di evitare ulteriori adempimenti a carico degli intermediari che gestiscono la locazione, incassano o intervengono nel pagamento dei canoni relativi ai contratti di locazione breve, la Legge di Bilancio 2024 ha previsto che la ritenuta da applicare sia mantenuta al 21% e operata sempre a titolo di acconto, indipendentemente dal regime fiscale del proprietario.
Il contribuente, quindi, è tenuto a dover determinare l’imposta effettivamente dovuta e a versare l’eventuale saldo entro i termini ordinari di pagamento delle imposte sui redditi. Nello specifico, per quanto concerne gli intermediari non residenti in Italia, le regole da seguire sono:
• i soggetti non residenti (residenti Ue ed extra Ue), che hanno una stabile organizzazione in Italia, devono adempiere agli stessi obblighi di quelli residenti, attraverso tale stabile organizzazione;
• i soggetti residenti in uno Stato membro dell’Unione europea, riconosciuti privi di una stabile organizzazione in Italia, possono adempiere direttamente agli obblighi o nominare, quale responsabile d’imposta, un rappresentante fiscale in Italia;
• i soggetti residenti al di fuori dell’Unione europea, con una stabile organizzazione in uno Stato membro dell’Unione, assolvono agli adempimenti previsti tramite detta stabile organizzazione; in mancanza del riconoscimento di una stabile organizzazione nell’Unione europea, tali soggetti, in qualità di responsabili d’imposta, assolvono agli adempimenti nominando un rappresentante fiscale (individuandolo tra i soggetti indicati nell’articolo 23 del Dpr n. 600/1973).
Per i soggetti residenti al di fuori dell’Unione europea, riconosciuti privi di una stabile organizzazione nell’Unione europea, qualora non ottemperino alla nomina del rappresentante fiscale, opera la disposizione che prevede una responsabilità solidale dei soggetti residenti nel territorio dello Stato che appartengono al loro stesso gruppo (disposizione contenuta nel terzo periodo del comma 5-bis dell’articolo 4 del decreto legge n. 50/2017).
Infine, dal 3 giugno 2024 è possibile richiedere, attraverso il portale BDSR (Banca Dati Strutture Recettive) il CIN per la pubblicazione di annunci di strutture recettive destinate a locazioni brevi o turistiche.
Si tratta di un codice alfanumerico che identifica in modo univoco ogni immobile e ogni struttura recettiva destinato a locazione breve, così da garantire trasparenza e regolamentazione del settore. A questa fase sperimentale hanno preso parte le regioni Abruzzo, Calabria, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e Veneto.
Dato che le disposizioni inerenti alla piattaforma BDSR e l’obbligo di adeguarsi al CIN saranno applicabili a partire dal 60° giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’avviso di entrata in funzione della BDSR a livello nazionale, prevista entro il 1° settembre 2024, in questa prima fase sperimentale non si incorrerà in sanzioni.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI