L’incremento del costo del denaro e, in parallelo, delle rate dei mutui, non ha cambiato la situazione: comprare casa conviene molto più che affittarla.
Lo conferma un’analisi dell’Ufficio Studi di Telemutuo: al netto di un rialzo dei costi di un prestito ipotecario, la rata mensile relativa alla sottoscrizione di un mutuo acceso per coprire l’80 per cento del costo di finanziamento per l’acquisto di un’abitazione a Milano, Roma o Napoli continua a garantire chiari vantaggi in termini di risparmio, se confrontati col corrispettivo costo medio di locazione dello stesso immobile.
Prendendo in considerazione i finanziamenti della durata di 25 e 30 anni, la simulazione ha evidenziato come, in questa fascia, a Milano, Roma e Napoli, il costo della rata di un mutuo presenta un valore inferiore anche del 24 per cento rispetto al canone di affitto previsto per la stessa unità immobiliare.
E’ vero, infatti, che il livello dei costi di finanziamento per l’acquisto di un immobile si è alzato, ma sono saliti moltissimo anche i canoni di locazione.
L’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni per portare in detrazione, all’interno della dichiarazione dei redditi, le agevolazioni spettanti ai contribuenti che hanno utilizzato il bonus barriere architettoniche.
Lo ha fatto attraverso il provvedimento n. 34545 del 6 febbraio 2023, con il quale è stato approvato il Modello 730/2023 e sono state fornite le indicazioni sulla sua compilazione.
L’Agenzia delle Entrate, nel fornire le istruzioni per la compilazione del Modello 730, concentra principalmente l’attenzione sulle novità introdotte nel corso dell’ultimo anno fiscale, precisando che la dichiarazione dei redditi dovrà essere presentata entro il 30 settembre 2023. Cadendo di sabato, però, la scadenza è stata rinviata al 2 ottobre 2023.
All’interno delle istruzioni per la compilazione del Modello 730, l’Agenzia delle Entrate ha dato particolare importanza alle detrazioni che spettano ai contribuenti che hanno beneficiato del bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche, che fa il proprio debutto nel 2023.
A partire dal 1° gennaio 2022, i contribuenti che hanno sostenuto delle spese per interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche in immobili già esistenti, hanno la possibilità di beneficiare di una detrazione dall’imposta lorda pari al 75% rispetto al limite di spesa, che viene calcolato in funzione del tipo di edificio.
I contribuenti che hanno beneficiato dell’agevolazione e che abbiano intenzione di fruirne direttamente all’interno della dichiarazione dei redditi, devono provvedere a compilare la sezione III.A del quadro E del Modello 730.
Questa sezione è specificatamente dedicata alle “Spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio, per misure antisismiche, bonus facciate e superbonus”.
In particolare, all’interno della colonna 2 dei righi E41-E42 dovranno essere indicati i codici 21 e 22, i quali, rispettivamente, si riferiscono:
• agli interventi che i contribuenti hanno effettuato sugli edifici unifamiliari;
• ad eventuali interventi su singole unità immobiliari che sono situate all’interno di edifici plurifamiliari e che, almeno funzionalmente, risultino essere indipendenti: a tal fine devono disporre di uno o più accessi autonomi all’esterno. Il codice deve, inoltre, essere utilizzato per gli edifici composti da più unità immobiliari.
I contribuenti che dallo scorso 1° gennaio 2022 hanno sostenuto delle spese per realizzare interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche in edifici già esistenti, hanno la possibilità di accedere ad una detrazione che dovrà essere ripartita in cinque rate. La detrazione spetta nella misura del 75% rispetto al limite di spesa, che viene calcolato facendo riferimento direttamente al numero delle unità immobiliari di cui l’edificio è composto.
Per poter accedere alle agevolazioni, gli interventi che sono stati effettuati devono obbligatoriamente rispettare i requisiti che sono stati indicati all’interno del Decreto n. 236 del 14 giugno 1989 del Ministro dei Lavori Pubblici.
È possibile accedere alla detrazione anche quando sono stati effettuati degli interventi di automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari, che servono ad abbattere le barriere architettoniche. L’agevolazione spetta anche quando viene sostituito un impianto già esistente e copre le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dei materiali relativi all’impianto che è stato smantellato e sostituito.
I contribuenti devono prestare particolare attenzione al fatto che le spese sostenute durante il 2022 rappresentino o meno una continuazione di interventi avviati nel corso degli anni precedenti, per i quali i contribuenti avevano diritto ad accedere alla detrazione al 100%. Nel caso in cui si trattasse di una prosecuzione di lavori avviati in precedenza, ferme restando tutte le regole per accedere a questa agevolazione, il diretto interessato ha la possibilità di scegliere:
• se proseguire a usufruire del Superbonus nel limite massimo di spesa di 96.000 euro. Questo importo è comprensivo delle spese che sono state sostenute nel corso del 2021 per lo stesso intervento;
• accedere ad una nuova detrazione. In questo caso la detrazione prevista è del 75% delle spese sostenute e deve rimanere all’interno dei limiti di spesa previsti dalla norma.
Per accedere alla detrazione direttamente nella dichiarazione dei redditi, il contribuente deve essere in possesso di un titolo idoneo sull’immobile sul quale sono stati effettuati gli interventi di recupero. In altre parole ne deve essere il proprietario, l’affittuario o deve possedere un qualsiasi altro diritto reale sullo stesso.
Con 1.8 milioni di edifici che, in Italia, in base alla nuova Direttiva Ue sulle case green dovrebbero essere interessati da un adeguamento energetico, si deve necessariamente aprire un confronto.
Una norma di tale portata non può essere imposta – scrive Unioncasa in una nota – indiscriminatamente ed in così breve tempo (2030/2033 salvo alcune deroghe poco chiare).
Innanzitutto devono essere prese in considerazione le seguenti variabili:
• bisogna distinguere nazioni come l’Italia dove il patrimonio immobiliare è composto in ampia misura da immobili anche di pregio storico, architettonico, spesso sottoposto a vincoli contrariamente a quanto esiste invece, ad esempio, nei Paesi nordici interessati anche da condizioni climatiche differenti.
• l’impatto ambientale derivante dal riscaldamento/raffrescamento degli immobili italiani, se confrontato sia con quello di Paesi a clima più rigido, sia soprattutto con i noti Paesi ad alto tasso di inquinamento (Cina, India, Russia, USA che da soli inquinano per oltre il 65%) fa comprendere come tali interventi non rappresentino una priorità per il bassissimo contributo all’inquinamento;
• altresì si deve considerare l’impatto economico sulle famiglie. Un adeguamento comporterebbe in media una spesa tra i 30.000 ed i 65.000 euro per singolo appartamento, per una spesa complessiva che potrebbe agevolmente superare i 100 miliardi;
• si aggiunga l’anti economicità per certe abitazioni ubicate in territori dove i valori immobiliari sono minimi e per i quali l’investimento sarebbe sconsigliato superando, di fatto, il valore dell’immobile;
• l’allarmismo generato da una scarsa informazione ed ancor più da una norma mal congegnata sta già creando effetti negativi sul mercato immobiliare, generando diffidenza e distacco dall’acquisto di immobili energivori, e la conseguente perdita di valore a volte immotivata di un patrimonio immobiliare che da parte della proprietà, ed in caso di esigenza, verrebbe svenduto;
• non trascurabile anche l’impostazione che stanno assumendo le banche, restie a finanziare l’acquisto di immobili in classi elevate che, dal loro punto di vista, rappresenterebbero sterili garanzie.
Unioncasa, per voce del suo presidente Flavio Sanvito afferma che “tale norma per gli evidenti motivi sopra descritti non può trovare una logica ed un consenso delle parti coinvolte, ed auspica quindi possa essere rivista e sensibilmente modificata. Siamo tutti d’accordo dell’utilità di un patrimonio immobiliare composto da edifici energeticamente efficienti, ma applicando dei concreti distinguo, dando tempi congrui di intervento e con il coinvolgimento e la razionalità, non con l’imposizione”.
“Gli effetti del superbonus 110% – conclude il presidente Sanvito – dovrebbero servire da insegnamento sul fatto che interventi improvvisati e non pianificati possono solo portare ad aumenti indiscriminati di materiali e costi di ristrutturazione, su cui peraltro, nella fattispecie, nemmeno è previsto un intervento da parte dello Stato”.
Milano, febbraio 2022: un volo di oltre 15 metri, lungo 5 piani, poi lo schianto. Un operaio di 55 anni ha perso la vita dopo che un ascensore è precipitato in un palazzo di viale Monza, a Milano. Insieme a lui anche un secondo lavoratore, attualmente ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale Niguarda.
E non era che l’inizio dell’anno: nel 2022 in Italia ci sarebbero stati più di mille infortuni con esito mortale sul lavoro, una media di quasi 3 morti al giorno.
Il 28 aprile si celebra la Giornata Mondiale per sicurezza sul lavoro, avviata nel 2003 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) al fine di promuovere la salvaguardia della sicurezza e della salute sul lavoro a livello globale.
Questa celebrazione offre, come ogni anno, un’occasione per una riflessione sul tema degli infortuni sul lavoro.
Per dare una dimensione al fenomeno infortunistico, partiamo dai dati. In Italia le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’INAIL nel 2022 sono state 697.773, cioè il 25,7% in più rispetto al 2021. Mentre le denunce di infortunio con esito mortale sono state 1.090, ossia il 10,7% in meno rispetto al 2021. Si riscontra inoltre un aumento del 9,9% delle malattie professionali. Al netto dell’incertezza di questi dati, causata dal fenomeno Covid degli ultimi due anni, pare fuor di dubbio che il mondo del lavoro debba essere sottoposto a una seria analisi.
Da quasi vent’anni mi occupo di sicurezza sul lavoro, supportando numerose aziende italiane nell’analisi dei rischi e nell’applicazione in campo delle misure di prevenzione e protezione. Grazie al mio lavoro seguo sia la parte gestionale della sicurezza, lavorando a contatto con la Direzione aziendale, sia l’aspetto operativo, verificando l’applicazione delle misure di sicurezza nei reparti produttivi delle varie attività manifatturiere e nei diversi cantieri edili in cui opero.
Contrariamente a quanto molti pensano, la sicurezza sul lavoro non è solamente responsabilità dei Datori di Lavoro. Le istituzioni ed i lavoratori devono anch’essi farsi carico delle proprie responsabilità, ciascuno secondo le proprie mansioni e attività.
Certo esistono Datori di Lavoro spregiudicati che ritengono i costi per la sicurezza delle spese inutili, ma ce ne sono altrettanti che troppo spesso sono costretti ad accettare commesse a costi troppo bassi che non consentono di predisporre adeguate misure di sicurezza, imposti da un mercato fuori controllo.
Per tanti lavoratori scrupolosi e attenti ce ne sono altrettanti che, pur essendo dotati di tutti i dispositivi di sicurezza e le istruzioni del caso, ignorano le più elementari regole di sicurezza per un falso senso di sicurezza.
Ad ogni grave evento infortunistico segue naturalmente la puntuale manifestazione d’indignazione dei vari esponenti di partiti, sindacati e degli altri attori del panorama istituzionale e, talora, vengono introdotte o modificate le leggi in materia, solitamente aumentando le pene per le violazioni.
Il punto è che tutti si indignano per le morti sul lavoro ma nessuno vuole pagare i costi per prevenirle.
Se si vuole cambiare qualcosa, è indispensabile un cambio di atteggiamento da parte di tutti nei confronti dell’argomento sicurezza sul lavoro.
Le commesse sotto costo, ad esempio, non dovrebbero essere un’opzione del mercato: le aziende che si propongono con prezzi troppo concorrenziali e poco realistici “drogano” il mercato e ne dovrebbero essere escluse.
L’errata percezione della sicurezza nei lavoratori si può contrastare con una formazione adeguata alle reali problematiche del lavoro: una buona formazione non può semplicemente raccontare ai lavoratori i rischi che essi corrono durante il lavoro, anche perché quasi certamente già li conoscono, ma è necessario far capire loro il perché ognuno di noi tende sempre a sottostimare il rischio tanto più quanta più esperienza possiede in un determinato campo, parlando ad esempio dei “bias cognitivi”.
In uno Stato come il nostro poi, caratterizzato da tantissime regole e pochissimi controlli, le Istituzioni potrebbero iniziare a lavorare per invertire questo rapporto. I controlli degli enti dovrebbero essere sistematici e puntuali, di modo che sia datori di lavoro sia lavoratori, sapendo di essere regolarmente oggetto di un’ispezione, siano indotti a rispettare uno standard minimo di sicurezza. Al contempo dovrebbero essere semplificate e meglio comunicate le procedure a carico delle aziende per raggiungere la conformità legislativa.
Il problema è certamente culturale e va affrontato su più fronti contemporaneamente con prospettive di lungo termine, ma certamente ci sono tante cose che si possono fare per cambiare la mentalità.
Per ora mi limito a rilevare che il panorama non è incoraggiante considerando che, se cerchiamo sui siti istituzionali qualche pagina collegata alla “Giornata Mondiale per la Sicurezza sul Lavoro”, a un mese dalla data, ne troviamo non più di una manciata e la più recente parla del 28 aprile 2022.
A cura di Francesco Orsini