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Vendere la prima casa senza perdere i benefici fiscali

Acquistare un’abitazione usufruendo delle agevolazioni per la prima casa espone ad un rischio: quello di perdere il diritto al bonus nel caso si decida di rivendere l’immobile prima che siano decorsi cinque anni dall’acquisto. A meno che, nell’anno successivo, non venga acquistata un’altra prima casa. Oppure che la vendita non sia stata determinata da mutate condizioni economiche, ovvero da situazioni di “forza maggiore” che hanno imposto la cessione dell’immobile, ad esempio per l’impossibilità di pagare il mutuo.
L’agevolazione prima casa consiste in un bonus che spetta una tantum all’atto dell’acquisto. In particolare, l’acquirente può scontare l’Iva al 4% anziché al 10%; oppure, nel caso di acquisto da privato, l’imposta di registro al 2% anziché al 9% nel caso in cui:
– la casa non rientra tra le abitazioni di lusso (ossia nelle categorie A/1, A/8 o A/9);
– la casa è ubicata nello stesso Comune di residenza del contribuente (il quale ha 18 mesi dal rogito per completare il trasferimento della residenza) o del luogo ove questi lavora;
– il contribuente non ha altre abitazioni nello stesso Comune (che altrimenti andrebbero cedute prima del rogito);
– il contribuente non ha un’abitazione acquistata in precedenza con il bonus prima casa (diversamente ha un anno di tempo per venderla o donarla).
Per evitare fini speculativi, la legge subordina il bonus prima casa al divieto di rivendere l’immobile nei primi 5 anni dall’acquisto. Diversamente si perdono i benefici fiscali e il contribuente è tenuto a:
– versare le imposte risparmiate all’atto dell’acquisto (ossia la differenza tra quanto pagato a titolo di IVA o imposta di registro e quanto invece avrebbe dovuto pagare);
– versare una sanzione del 30% su tale importo.
La decadenza dell’agevolazione prima casa nel caso di vendita prima dei cinque anni dall’acquisto è soggetta ad una eccezione: il contribuente non perde l’agevolazione, e non è neppure soggetto al pagamento delle sanzioni, se entro un anno dalla vendita acquista o riceve in donazione un’altra casa da adibire ad abitazione principale, sempre che si tratti di “prima casa”.
Nel caso in cui, invece, il contribuente non possa riacquistare una nuova proprietà, ad esempio sopravvenute impossibilità economiche, per evitare di dover “risarcire” il bonus ottenuto a sua volta, è necessario presentare, prima che sia decorso l’anno dalla vendita, un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate presso il quale è stato registrato l’atto di compravendita, manifestando che non si intende procedere ad alcun nuovo acquisto. Con l’istanza si chiede la riliquidazione dell’imposta. L’Ufficio notifica apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta e degli interessi a decorrere dalla stipula dell’acquisto senza irrogare le sanzioni. Si dovrà quindi corrispondere la differenza tra l’imposta dovuta e quella versata all’epoca, ma si evita la sanzione del 30%.
Se invece il contribuente lascia trascorrere il termine di 12 mesi senza acquistare un nuovo immobile, oppure comunicare all’Agenzia delle Entrate di non voler più fruire dell’agevolazione, si verifica la decadenza dai benefici “prima casa” goduti. In questo caso, il contribuente dovrà versare non solo la differenza delle imposte, ma anche la sanzione del 30%. Se però non gli è ancora stato notificato un atto di liquidazione o un avviso di accertamento, può avvalersi del ravvedimento operoso e ottenere la riduzione delle sanzioni.

Il nuovo pavimento è agevolabile se è nuovo anche l’impianto di riscaldamento

Le spese per la demolizione del pavimento, e quelle relative alla sua sostituzione con posa in opera, sono detraibili ai fini dell’ecobonus in quanto strettamente connesse all’installazione dell’impianto radiale a pavimento, a condizione che tale opera sia parte di un più complessivo intervento sull’impianto di riscaldamento, implicante la sostituzione del generatore di calore (circolare 28/E/2022).

Rispettata questa condizione, tali spese possono rientrare nel massimale di detrazione ecobonus previsto per la sostituzione dell’impianto di climatizzazione invernale, pari a 30mila euro (articolo 14, Dl 63/2013) con aliquota di detrazione al 65 per cento, rappresentando plafond di detrazione a sé stante rispetto al separato massimale di spesa di 96mila euro, ex articolo 16-bis del Tuir (Dpr 917/1986), per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, agevolati al 50 per cento.
Viceversa, qualora l’intervento di collocazione dell’impianto radiale a pavimento non si connetta a un intervento agevolato con ecobonus, ma solo a uno di recupero del patrimonio edilizio esistente, la relativa spesa sarà detraibile al 50 per cento, in quanto parte del massimale di spesa di 96mila euro.

La comunicazione all’Enea delle informazioni relative ai lavori effettuati, compreso quello concernente l’impianto radiale a pavimento, è dovuta in ogni caso, sia che si fruisca della detrazione ecobonus al 65% sia che si fruisca della detrazione al 50% prevista dal citato articolo 16-bis (essendo opera che attiene a profili di risparmio energetico), con la precisazione che, nel primo caso, tale adempimento è condizione di spettanza della detrazione, mentre nel secondo caso la sua eventuale omissione non determina il venire meno della detrazione spettante, essendo previsto solo in funzione di monitoraggio (circolare 28/E/2022, pagina 22, e risoluzione 46/E/2019).

Asseverazione sismica tardiva e fruizione di Superbonus 110% e Sismabonus

L’Agenzia delle Entrate torna a parlare di Superbonus 110% e Sismabonus tramite la Risposta n. 332/2023 con oggetto “Superbonus – omessa presentazione asseverazione – remissione in bonis – articolo 2-ter, decreto legge 16 febbraio 2023, n. 11” che ha fornito ulteriori chiarimenti sull’omessa presentazione dell’asseverazione sismica prima dell’inizio dei lavori.
Nel caso analizzato, l’istante spiega di aver avviato un intervento edilizio su un immobile di proprietà accatastato in categoria C/6, ma destinato ad essere trasformato in abitazione alla fine degli interventi mirati alla riduzione del rischio sismico, nel limite di spesa previsto dall’agevolazione di 96.000 euro.
A tal proposito, l’Istante chiarisce di essersi avvalso di un ingegnere asseveratore, il quale ha provveduto a predisporre e sottoscrivere digitalmente la documentazione richiesta dalle norme edilizie vigenti, trasmessa mediante l’applicativo informatico ”OpenGenio”.
Tuttavia, alla comunicazione di inizio lavori presentata al SUE (Sportello Unico Edilizia) del Comune competente, non è stata allegata né l’asseverazione di rischio sismico ante operam, di cui all’art. 3 del D.M. n. 58/2017, né la relazione illustrativa della classificazione sismica, mentre risulta asseverata ed inviata al Genio Civile con firma digitale la relazione dovuta al SUE del Comune competente della documentazione sismica.
L’istante si è quindi rivolto all’Agenzia delle Entrate per chiedere se la citata omissione possa essere assimilata ad una violazione meramente formale che non pregiudica la fruizione della detrazione Superbonus 110%.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha premesso che l’articolo 3, comma 3, del D.M. n. 58/2017 prevede l’obbligo di depositare l’asseverazione contestualmente alla presentazione del progetto dell’intervento. Difatti, il citato comma 3, come sostituito dall’articolo 1, del decreto ministeriale 9 gennaio 2020, n. 24, stabilisce che: “il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico e l’asseverazione di cui al comma 2, devono essere allegati alla segnalazione certificata di inizio attività o alla richiesta di permesso di costruire, al momento della presentazione allo sportello unico competente di cui all’articolo 5 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, per i successivi adempimenti, tempestivamente e comunque prima dell’inizio dei lavori.”
A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che la necessità dell’asseverazione secondo le modalità stabilite dal DM n. 58/2017 è stata ribadita anche nella Circolare n.28/E del 25 luglio 2022.
Inoltre, l’art. 119, comma 13, lettera b) del Decreto Rilancio ha stabilito che è necessario che l’efficacia degli interventi antisismici sia asseverata, utilizzando il modello contenuto nell’allegato B del richiamato decreto ministeriale, “dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, della direzione dei lavori delle strutture e del collaudo statico, secondo le rispettive competenze professionali, iscritti agli ordini o ai collegi professionali di appartenenza, in base alle disposizioni del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 58 del 28 febbraio 2017. I professionisti incaricati attestano altresì la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati. Il soggetto che rilascia il visto di conformità di cui al comma 11 verifica la presenza delle asseverazioni e delle attestazioni rilasciate dai professionisti incaricati.”
Come chiarito dalla Circolare 28/2022, la tardiva o omessa presentazione dell’asseverazione non consente l’accesso al beneficio fiscale, perciò non si tratta di una violazione meramente formale, ma di una violazione che può ostacolare l’attività di controllo. Per sanare questa violazione, infatti, non è possibile ricorrere alla cosiddetta “Tregua Fiscale” una forma di sanatoria che però non si applica alle comunicazioni necessarie a perfezionare alcuni tipi di opzione o l’accesso alle agevolazioni fiscali.
Bensì, per questo tipo di situazioni c’è una via d’uscita, difatti il legislatore ha previsto l’istituto della remissione in bonis che permette ai contribuenti di sanare la violazione entro il termine della prima dichiarazione utile e pagando una sanzione.
Affinché il proprietario possa avvalersi della remissione in bonis, è necessario che:
a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) effettui la comunicazione entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
c) versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista.
L’Agenzia infine chiarisce che laddove l’istante abbia esercitato per le spese sostenute nel 2022 lo sconto in fattura o la cessione del credito, la remissione in bonis andrà esercitata prima della presentazione della comunicazione dell’opzione, comunicazione che a sua volta, ove non eseguita entro il 31 marzo 2023, potrà anch’essere sanata mediante la remissione in bonis entro il 30 novembre 2023.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

La vendita dell’appartamento tra delibera e inizio lavori

compravendita

I lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio condominiale devono essere pagati dal soggetto che era proprietario dell’appartamento al momento in cui i lavori sono stati deliberati. Pertanto, in caso di compravendita di un appartamento che fa parte di un condominio,  successiva alla deliberazione dell’assemblea condominiale, i lavori, salvo diverso accordo tra le parti, restano a carico del venditore (articolo 63, comma 4, delle disposizioni di attuazione del Codice civile).

Il venditore e l’acquirente possono accordarsi in modo diverso in sede di compravendita. Ma la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 11199 del 28 aprile 2021, afferma: “Sono inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro”. Dunque l’amministratore del condominio dovrebbe comunque agire in forza dell’articolo 63 del Codice civile.

Ai fini dei bonus edilizi, compresa la detrazione del 50 per cento (ex articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 37, della legge 234/2021, di Bilancio per il 2022), se le spese sono sostenute dal venditore dopo il rogito, lo stesso, non essendo più proprietario, non ha diritto alla detrazione in dichiarazione dei redditi. Allo stesso modo, l’acquirente, non sostenendo le spese, non ha diritto alla detrazione.

In conclusione, è opportuno disciplinare, anche nel rogito, l’eventuale deroga al principio citato, prevedendo l’obbligo del pagamento delle spese a carico dell’acquirente. La deroga non è opponibile al condominio in caso di controversia, ma legittima il diritto alla detrazione a favore dell’acquirente che sostiene le spese dopo il rogito.

Pannelli fotovoltaici in edilizia libera

arera logo

L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha diramato le istruzioni per la compilazione del Modello Unico relativo ai pannelli fotovoltaici. Il format indicato è utilizzabile dal primo febbraio 2023.
Il Modello Unico impiegato per l’installazione degli impianti fotovoltaici fino a 200 kW e di microcogenerazione FER e CAR fino a 50kWe, introdotto nell’ultima formulazione dal Decreto del Ministero per la Transizione Ecologica 2 agosto 2022 n. 297, recante “Estensione del modello unico per la realizzazione la connessione e l’esercizio di impianti solari fotovoltaici di potenza fino a 200 kW”, attuativo dell’art. 10 del Decreto Legge 1° marzo 2022 n. 17/2022 (c. d. Decreto Energia), convertito in Legge n.34/2022, è stato oggetto di una recente, ulteriore, integrazione a seguito della delibera adottata dall’ARERA il 06 dicembre 2022.
La Delibera dell’AREA n. 674 del 06 dicembre 2022, rubricata “Modifiche al Codice Integrato Connessioni attive” dà attuazione al Decreto MiTe del 2 agosto 2022 e stabilisce che a partire dal 1° febbraio 2023, il Modello Unico previsto dal predetto decreto si applicherà per la realizzazione, la connessione e l’esercizio dei pannelli solari fotovoltaici di potenza fino a 200Kw e degli impianti di microcogenerazione FER e CAR fino a 50kWe, nonché alla modifica e al potenziamento dei medesimi impianti.
Per effetto di tale delibera, che semplifica enormemente le procedure per la totale gestione di simili impianti, l’utente finale che intenda procedere ad una della attività descritte (ora ricondotte nell’alveo dell’edilizia libera, sia pure nel rispetto delle prescrizioni imposte dal TU dell’edilizia, dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio e dalle disposizioni regolamentari locali), potrà inoltrare la richiesta direttamente online, superando le complesse procedure burocratiche di scambio di informazioni tra il Comune in cui l’immobile è ubicato e il Gestore della rete e del servizio energetico (GSE).
In particolare, nella delibera in commento sono analiticamente indicati i passaggi da rispettare per accedere correttamente alla procedura semplificata.
Nello specifico, l’ARERA prevede che:
• il richiedente (utente finale, già dotato di punto di prelievo attivo) dovrà compilare il Modello Unico semplificato e trasmetterlo via e-mail al gestore di rete competente sul territorio;
• quest’ultimo, protocollata telematicamente l’istanza, procederà alla verifica della correttezza formale della richiesta e della sussistenza dei necessari requisiti di legge;
• ove sia stata riscontrata la conformità alla previsione normativa, l’accoglimento della domanda sarà automatico.
Coerentemente con quanto già stabilito dal Decreto MiTe n. 297/2022, per poter usufruire dell’agevolazione amministrativa, gli interessati devono essere soggetti a richiesta di ritiro dell’energia elettrica da parte del GSE, ivi incluso il ritiro dedicato, o devono cedere l’elettricità prodotta al mercato, mediante sottoscrizione di un contratto di dispacciamento con una controparte diversa dal GSE.
Finalità della procedura, infatti, è proprio la stipula di contratti di ritiro dedicato, scambio sul posto e conferimento dell’energia a un’entità giuridica diversa dal GSE.
Sono esclusi coloro che condividono il punto di connessione con altri e differenti impianti di produzione.
A seguito dell’adozione della delibera da parte dell’ARERA, sul sito del Gestore dei Servizi Energetici sono stati pubblicati i nuovi modelli, che si potranno utilizzare dal 1° febbraio 2023, per la compilazione delle prime due parti del Modello Unico per gli impianti fotovoltaici fino a 200 kW e delle prime due parti per quelli di microcogenerazione FER e CAR fino a 50 kWe.
Il Modello Unico introdotto dal Decreto del MiTe, utilizzabile per la procedura on line utile all’installazione, alla modifica ed al potenziamento degli impianti da fonti rinnovabili oggetto di semplificazione, è costituito da due parti. Nella prima parte, sono indicati i dati da fornire prima dell’inizio dei lavori. Nella seconda, quelli da indicare ad ultimazione degli interventi.
Le informazioni minime che devono comunque essere presenti, sono:
• i dati anagrafici del proprietario dell’immobile o del bene oggetto dell’intervento, ovvero di chi abbia titolo per presentare il Modello;
• l’indirizzo dell’immobile o l’indicazione del luogo in cui si trova la struttura e la descrizione sommaria dell’intervento da effettuare;
• la dichiarazione, da parte del richiedente, di essere in possesso della documentazione rilasciata dal progettista circa la conformità dell’intervento alle regole e alle normative di settore, oltre ai dati funzionali alla connessione e all’accesso al mercato dell’impianto fotovoltaico che si vuole installare.

Detrazione per l’acquisto del box pertinenziale

box auto

A Fisco Oggi, la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, è stato domandato: “Per acquisto di appartamento e box auto pertinenziale, per il quale il proprietario fruisce di detrazione, l’acquirente, attesa la pertinenzialità, può fruire delle quote residue di detrazione del box?”.
Nel fornire la sua risposta, il Fisco ha precisato che è possibile per l’acquirente fruire delle quote residue di detrazione del box pertinenziale, a patto che il venditore non abbia espresso nell’atto di vendita la volontà di continuare a usufruire della detrazione spettante per la costruzione o l’acquisto del box.
Se, dunque, nell’atto di vendita non figura la volontà del venditore di continuare a usufruire della detrazione spettante per la costruzione o l’acquisto del box, e se sempre nell’atto di vendita risulta il vincolo pertinenziale del box all’unità immobiliare a destinazione residenziale, l’acquirente può richiedere le quote residue di detrazione.

Come funziona la detrazione per l’acquisto di un box pertinenziale
La detrazione Irpef per il recupero del patrimonio edilizio spetta anche per l’acquisto o la realizzazione di posti auto pertinenziali. L’agevolazione è riconosciuta:
– per l’acquisto di box e posti auto pertinenziali già realizzati dall’impresa costruttrice (solo per le spese imputabili alla loro realizzazione);
– per interventi di realizzazione di parcheggi (autorimesse o posti auto, anche a proprietà comune), purché vi sia un vincolo di pertinenzialità con una unità immobiliare abitativa.
Come spiegato dall’Agenzia delle Entrate, la detrazione per l’acquisto del box spetta limitatamente alle spese sostenute per la sua realizzazione e sempre che le stesse siano dimostrate da apposita attestazione rilasciata dal costruttore.
L’agevolazione è possibile:
– se c’è la proprietà o un patto di vendita di cosa futura del parcheggio realizzato o in corso di realizzazione;
– se esiste un vincolo pertinenziale con una unità abitativa, di proprietà del contribuente;
– se l’impresa costruttrice documenti i costi imputabili alla sola realizzazione dei parcheggi, che devono essere tenuti distinti dai costi accessori (questi ultimi non sono agevolabili).
In caso di vendita del box pertinenziale, per il quale si è fruito della detrazione, il proprietario del bene principale (unità immobiliare a destinazione residenziale) può continuare a usufruire della detrazione spettante per la costruzione/acquisto del box a condizione che lo indichi espressamente nell’atto di vendita. In assenza di tale indicazione nell’atto, l’acquirente del box può usufruire delle quote residue della detrazione a condizione che nell’atto di acquisto sia indicato il vincolo pertinenziale del box a un’altra unità immobiliare a destinazione residenziale.
Per usufruire della detrazione per l’acquisto del box auto, il proprietario deve essere in possesso dell’atto di acquisto, o preliminare di vendita registrato, dal quale risulti la pertinenzialità; della dichiarazione del costruttore, nella quale siano indicati i costi di costruzione; del bonifico bancario o postale per i pagamenti effettuati.

Come detrarre l’acquisto del box
La detrazione deve essere indicata nel modello 730. In particolare, nel quadro E del modello 730, precisamente nella sezione III-A, la spesa sostenuta; nella sezione III-B i dati catastali dell’immobile.

Bonus barriere architettoniche per i sanitari

Il credito d’imposta del 75 per cento per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici esistenti sarà in vigore fino al 31 dicembre 2025.
La proroga non apporta modifiche per i beneficiari, che possono essere indistintamente persone fisiche, condòmini o imprese.
A poter beneficiare di tale bonus fiscale sono gli interventi che rispettano i requisiti previsti dal Dm 236/1989 (“Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”).
L’indicazione, piuttosto generica, è stata meglio definita con la risposta dell’Agenzia delle Entrate 461/2022. In tale documento di prassi viene fornita un’interpretazione estensiva dei requisiti previsti. Si spiega infatti che anche l’ampliamento delle porte e la sostituzione dei sanitari possono beneficiare del bonus 75 per cento, a condizione che siano rispettate le prescrizioni del Dm 236/1989.
Affinché si possa fruire della detrazione in questione, quindi, è contemporaneamente necessario sia che i sanitari possano essere raggiunti, ad esempio con l’ampliamento di una porta, sia che essi rispettino le caratteristiche previste per ciascun apparecchio sanitario dal Dm 236/1989.

Bollette luce e gas e studi professionali

Gli studi professionali che rientrano nelle categorie PMI e partite IVA dal 1° aprile 2023 hanno dovuto fare il loro ingresso nel mercato libero dell’energia, non potendo più accedere alle tariffe incluse nel mercato tutelato.
I professionisti, anche nel caso in cui condividano lo studio con altri colleghi, possono dedurre dalle tasse una quota delle bollette di luce e gas.

In linea generale le spese legate alle bollette di gas e luce possono essere deducibili ai fini IRPEF, nonché detraibili ai fini IVA, a patto che:
– le bollette riportino i dati del professionista, nonché l’indicazione del suo numero di partita IVA. Non è possibile, infatti, portare in deduzione il costo ai fini IRPEF, ovvero procedere alla detrazione dell’IVA, nei casi in cui le bollette riportino unicamente il codice fiscale del professionista;
– la deduzione IRPEF, nonché la detrazione IVA, saranno al 100%, qualora sia riferita allo studio professionale, quindi, spese inerenti. Viene fatta eccezione in caso di indeducibilità e indetraibilità soggettiva come nel caso dei contribuenti forfetari di cui alla Legge n. 190/2014; ovvero, con riferimento all’IVA i casi in cui la stessa per pro-rata di indetraibilità sia totalmente o parzialmente indetraibile – ad esempio per soggetti che pongono in essere operazioni esenti IVA quali i medici;
– nel caso in cui il professionista abbia un contratto delle utenze per uso promiscuo (abitazione e studio) potrà dedurre le spese al 50% indipendentemente dalle dimensioni dell’appartamento o da quante persone vi abitano.

Nel caso in cui più professionisti condividano le spese dello studio professionale, colui che supporta il costo complessivo deve poi ridistribuisce l’onere pro quota ai colleghi. Nel ri-addebitare la spesa, il professionista dovrà emettere nei loro confronti apposita fattura. Per trattare tali ri-addebiti, si deve fare riferimento ai chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria. È pertanto necessario precisare che:
– con la CM n. 58/E del 18 giugno del 2001 è stato chiarito che il r-iaddebito, da parte di un professionista, delle spese comuni dello studio utilizzato da più professionisti non costituiti in associazione professionale, da lui sostenute, deve essere realizzato attraverso l’emissione di fattura assoggettata ad IVA. Ai fini reddituali, le somme rimborsate dagli altri utilizzatori comportano una riclassificazione in diminuzione del costo sostenuto dal professionista intestatario dell’utenza;
– la CM n. 38/E del 23 giugno 2010 ha, inoltre, precisato che ai fini reddituali le somme incassate per il ri-addebito dei costi ad altri professionisti per l’uso comune degli uffici non costituisce reddito di lavoro autonomo e quindi non rileva quale componente positivo di reddito. In tal caso, è corretto ritenere che il costo sostenuto può essere dedotto dal professionista solo parzialmente, vale a dire per la parte riferibile alla attività da lui svolta e non anche per la parte ri-addebitata o da ri-addebitare ad altri. Infatti, la parte di costo ri-addebitata o da ri-addebitare non è inerente alla attività da questi svolta e quindi non assume rilevanza reddituale quale componente negativo. Nella imputazione delle componenti reddituali al periodo d’imposta il reddito di lavoro autonomo segue il criterio di cassa, principio che può essere derogato solo nelle ipotesi previste. Pertanto, il costo rimborsato al professionista dal collega per l’uso comune del locale di esercizio dell’attività nel periodo d’imposta successivo non può considerarsi rilevante ai fini reddituali per il professionista che lo riceve. Detto componente sarà invece rilevante per il professionista (collega), nel periodo d’imposta in cui effettivamente lo corrisponde per l’uso dei locali.

Nei casi in cui il ri-addebito avvenga tra professionisti che agiscono in regime forfettario, in considerazione del fatto che tali contribuenti non applicano IVA in fattura, non possono neppure dedurre i costi inerenti all’attività.

Detrazione del canone d’affitto nel modello 730/2023

La detrazione dell’affitto nel modello 730/2023 consente ai titolari di contratti di locazione di recuperare una parte delle somme sostenute. Il rimborso IRPEF è riconosciuto nel rispetto di determinati limiti di reddito e sono diverse le tipologie di detrazione spettante, sulla base di specifiche casistiche. A partire dalle spese sostenute nel 2022 è inoltre riconosciuta una particolare detrazione dell’affitto in favore dei giovani fino a 31 anni non compiuti. L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato una guida per chiarire chi ha diritto alla detrazione. Innanzitutto, viene indicato che è la sezione V del modello 730/2023 ad ospitare la detrazione per l’affitto, agevolazione riconosciuta agli inquilini titolari di contratto di locazione.
La normativa in materia prevede diverse tipologie di detrazione, modulate in base al contratto stipulato, alle condizioni soggettive del beneficiario e al reddito dichiarato. Inoltre, nel modello 730/2023 trova spazio la nuova detrazione dell’affitto riconosciuta ai giovani fino a 31 anni di età, che per i primi quattro anni di locazione di abitazioni o parti di esse possono fruire di un rimborso pari al 20 per cento del canone di locazione, fino ad un massimo di 2.000 euro e per un importo minimo pari a 991,60 euro.
Queste quindi le tipologie di agevolazione spettanti:
– detrazione per gli inquilini di alloggi adibiti ad abitazione principale;
– detrazione per gli inquilini di alloggi adibiti ad abitazione principale locati con contratti in regime convenzionale;
– detrazione per canoni di locazione spettante ai giovani di età compresa tra i 20 e i 31 anni non compiuti per l’abitazione destinata a propria residenza;
– detrazione per i lavoratori dipendenti che trasferiscono la residenza per motivi di lavoro;
– detrazione dell’affitto per gli studenti universitari fuori sede.

Le diverse detrazioni non sono cumulabili, ma il contribuente ha la facoltà di scegliere quella a lui più favorevole. Se, invece, nel corso dell’anno il contribuente si trova in situazioni diverse, può beneficiare di più detrazioni. In caso di incapienza della detrazione sull’IRPEF dovuta, la stessa sarà riconosciuta come credito d’imposta e, quindi, a titolo di rimborso fiscale.

Detrazione affitto 730/2023 per l’abitazione principale
La detrazione dell’affitto riconosciuta agli inquilini di alloggi adibiti ad abitazione principale, ovvero la prima casa (da indicare nel rigo E71 del modello 730 inserendo il cod. 1), come stabilito dall’articolo 16 del Tuir, spetta in misura forfettaria sulla base della durata della locazione e per il seguente importo:
– euro 300 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) non supera euro 15.493,71;
– euro 150 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) è superiore a euro 15.493,71 ma non a euro 30.987,41.
La detrazione affitto nel modello 730/2023 è suddivisa sulla base dei contestatari del contratto di locazione.
Ad esempio nel caso di marito e moglie cointestatari del contratto di locazione, la detrazione spetta nella misura del 50 per cento ciascuno in relazione al loro reddito. I documenti da controllare e conservare per beneficiare della detrazione sono il contratto di locazione registrato regolarmente e un’autocertificazione che attesti l’utilizzo della casa come abitazione principale.

Detrazione affitto modello 730/2023 per immobili locati con contratto a canone concordato
Per contratti di locazione stipulati in regime convenzionale (canone concordato) la detrazione fiscale dell’affitto dovrà essere richiesta compilando il rigo E71, cod. 2 del modello 730/2023.
In questo caso la detrazione sull’affitto riconosciuta è pari a:
– euro 495,80 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) non supera euro 15.493,71;
– euro 247,90 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) supera euro 15.493,71, ma non euro 30.987,41.
Sarà necessario conservare il contratto di locazione, registrato, stipulato ai sensi dell’art. 2, comma 3 e art. 4, commi 2 e 3 della Legge n. 431/98 e l’autocertificazione nella quale si attesti che l’immobile è utilizzato come abitazione principale.

Detrazione affitto nel modello 730/2023 per i giovani da 20 a 31 anni non compiuti
La detrazione dell’affitto per i giovani dai 20 ai 31 anni non compiuti è una delle novità al debutto nel modello 730/2023. Nel dettaglio, per i giovani titolari di un contratto di locazione per un immobile, o per una parte di esso (come nel caso di affitto di stanze), il rimborso IRPEF spettante è pari al 20 per cento del canone di locazione, fino ad un massimo di 2.000 euro e per un importo minimo di 991,60 euro.
Non sono previsti requisiti reddituali ma, per poter fruire dell’agevolazione, è necessario che:
– l’immobile sia adibito a propria residenza;
– che il contratto sia stipulato prima del compimento del trentunesimo anno d’età;
– che l’immobile affittato sia diverso dall’abitazione principale dei genitori o affidatari.
La detrazione dell’affitto del 20 per cento spetta per i primi quattro anni dalla stipula del contratto. Se quindi il contratto è stato stipulato nel 2022 l’agevolazione può essere fruita fino al 2025. A livello operativo, sarà compilando il rigo E71, indicando il codice 4, che sarà possibile fruire dello sconto o del rimborso IRPEF.

Detrazione affitto modello 730/2023 per lavoratori che trasferiscono la residenza per motivi di lavoro
I lavoratori dipendenti che hanno trasferito la proprio residenza nel Comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi hanno diritto alla detrazione con il modello 730/2023 dei canoni d’affitto, secondo regole specifiche. La detrazione dell’affitto per lavoratori fuori sede è pari a:
– euro 991,60 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) non supera euro 15.493,71;
– euro 495,80 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) supera euro 15.493,71, ma non euro 30.987,41.
Ai fini della detrazione bisognerà compilare il rigo E72 e sarà necessario rispettare alcuni requisiti specifici, ovvero:
– essere titolari di contratto di lavoro dipendente;
– aver trasferito la residenza nel Comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi che disti almeno 100 km e in una regione diversa da quella di provenienza.
La detrazione può essere fruita nei primi tre anni dal trasferimento della residenza. Per beneficiare della detrazione affitto con il modello 730/2023 il lavoratore dovrà aver cura di conservare la seguente documentazione:
– contratto di locazione registrato;
– contratto di lavoro dipendente, ovvero CU 2023 attestante la qualifica di lavoratore dipendente;
– autocertificazione nella quale si attesti la residenza, che l’immobile è utilizzato come abitazione principale e che risultano rispettate tutte le condizioni previste per beneficiare della detrazione.

Detrazione affitto modello 730/2023 studenti universitari fuori sede
Anche gli studenti universitari fuori sede titolari di contratto di locazione hanno diritto a richiedere la detrazione dell’affitto presentando il modello 730/2023, nel limite totale di 2.633 euro. La detrazione consente di recuperare il 19 per cento dell’importo sostenuto e, quindi, un massimo di 500 euro. Oltre ai limiti di spesa, la regola prevede che la detrazione sia concessa a patto che l’università presso cui lo studente è iscritto disti almeno 100 Km dal proprio Comune di residenza. È inoltre necessario che l’università si trovi in una provincia diversa da quella di residenza.

Guida al bonus prima casa under 36

Per orientarsi tra le agevolazioni fiscali previste per chi acquista la “prima casa”, ancor più consistenti per i giovani under 36, e non cadere in errore tra i vincoli da rispettare, viene in aiuto la Guida per l’acquisto della casa, aggiornata e pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione “l’Agenzia informa” e sulla rivista FiscoOggi. Restyling pure della brochure dedicata agli Under 36: le agevolazioni per l’acquisto della prima casa, presente nella pagina “Depliant e infografica”.

“Prima casa under 36”, consistenti i benefici
Chi ha meno di 36 anni di età e un Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) non superiore a 40mila euro annui, se acquista la prima casa con atto stipulato tra il 26 maggio 2021 e il 31 dicembre 2023, ha diritto a notevoli vantaggi fiscali.
La legge di bilancio 2023 (legge n. 197/2022, articolo 1, comma 74), infatti, ha rinnovato per un altro anno le agevolazioni “prima casa under 36” previste inizialmente dal decreto Sostegni bis.
In cosa consistono? In caso di acquisto non soggetto a Iva, sono azzerate le imposte di registro e ipocatastali. In caso, invece, di compravendita soggetta a Iva, oltre a non pagare le imposte di registro e ipocatastali, è concesso un credito di imposta di importo pari all’Iva versata al venditore per l’acquisto, che può essere utilizzato:
• per pagare le imposte (di registro, ipotecaria e catastale) sulle successioni e donazioni dovute su atti e denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito
• per compensare le somme dovute tramite modello F24, in cui va indicato il codice tributo “6928”
• per pagare l’Irpef dovuta in base alla dichiarazione da presentare dopo la data dell’acquisto agevolato.
La guida ricorda, come chiarito dalla circolare n. 12/E del 14 ottobre 2021, che il credito di imposta “prima casa under 36” può essere fatto valere in sede di presentazione della prima dichiarazione dei redditi successiva all’acquisto, o della dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui è stato effettuato l’acquisto.

L’acquisto con i benefici “prima casa”, senza errori
L’aggiornamento del vademecum è l’occasione per fare il punto sulle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della “prima casa”.
Chi la compra da un privato o da un’impresa che vende in esenzione Iva, versa l’imposta di registro nella misura del 2%, anziché del 9%, sul valore catastale dell’immobile, e paga le imposte ipocatastali nella misura fissa di 50 euro ognuna.
Chi, invece, acquista la prima casa da un’impresa soggetta a Iva, deve pagare l’Iva con aliquota al 4%, anziché al 10%, e pagare le imposte di registro e ipocatastali nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
Per beneficiare delle agevolazioni fiscali, però, bisogna rispettare determinati requisiti. Innanzitutto avere la residenza nel Comune dove si trova l’immobile o trasferirla entro 18 mesi dall’acquisto. Inoltre non essere titolare, nemmeno con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di un’altra casa nel territorio del Comune in cui si trova l’immobile da acquistare. Infine dichiarare, all’atto di acquisto, di non possedere un altro immobile, in tutto il territorio nazionale, acquistato con l’agevolazione prima casa o, in caso contrario, venderlo entro un anno dal nuovo acquisto agevolato.
La guida precisa, inoltre, i casi di insussistenza dei requisiti e le ipotesi in cui decadono le agevolazioni prima casa. Infine ricorda che gli immobili ammessi ai benefici sono quelli che rientrano nelle categorie catastali A/2 (unità civili), A/3 (economiche), A/4 (popolari), A/5 (ultra popolari), A/6 (rurali), A/7 (villini). Sono, infatti, esclusi gli immobili che appartengono alle categorie catastali A/1 (dimore signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio storico e artistico).

https://www.fiscooggi.it/guideagenzia/aggiornata-guida-lacquisto-della-casa-e-brochure-sul-bonus-prima-casa-under-36