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IMU, stretta sulle dichiarazioni tardive: dopo 90 giorni scatta la sanzione piena

Ultima chiamata per i contribuenti in ritardo con la dichiarazione IMU. Entro lunedì 29 settembre sarà ancora possibile sanare le omissioni relative al 2024 beneficiando del ravvedimento operoso, che consente una riduzione significativa delle sanzioni. Ma dopo questa data, il conto sarà più salato.

La novità normativa: addio sconti oltre i 90 giorni
Il decreto Sanzioni (DL 87/2024) ha modificato l’articolo 13 del DLgs 472/1997, introducendo una stretta sui tempi per il ravvedimento. Per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024, lo “sconto” sulla sanzione sarà valido solo se la dichiarazione viene presentata entro 90 giorni dalla scadenza originaria. Superato questo termine, la sanzione sarà piena.

Scadenza cruciale: il 29 settembre
Poiché il termine dei 90 giorni dal 30 giugno cade di domenica, la scadenza slitta a lunedì 29 settembre. Dopo questa data, la dichiarazione sarà ancora valida, ma il contribuente dovrà pagare l’intera sanzione, archiviando la precedente interpretazione più flessibile che permetteva il ravvedimento fino all’accertamento.

Dichiarazione valida, ma più costosa
La nuova norma non invalida le dichiarazioni presentate in ritardo. Nei tributi locali, infatti, non esiste una distinzione netta tra “tardiva” e “omessa”. Tuttavia, l’aspetto economico cambia radicalmente: dopo il 90esimo giorno, si perde il diritto alla riduzione della sanzione.

Chi deve presentare la dichiarazione IMU
L’obbligo non riguarda tutti, ma si attiva in caso di variazioni che danno diritto a riduzioni o esenzioni non note al Comune, come nel caso di immobili invenduti o alloggi sociali. Se l’agevolazione azzera l’imposta, la sanzione è fissa (50 euro), ma anche questa non sarà più riducibile dopo il 29 settembre.

Verso una riforma strutturale
All’orizzonte si profila una trasformazione più profonda. Il decreto legislativo di attuazione della delega fiscale sui tributi locali prevede:
– l’obbligo di invio telematico della dichiarazione;
– l’efficacia “costitutiva” della dichiarazione per ottenere agevolazioni.
Se confermato, ciò significherà che la mancata presentazione comporterà la decadenza automatica dal beneficio, rendendo l’adempimento non più solo formale, ma sostanziale.

Il messaggio del Fisco: niente più ritardi
La stretta sui 90 giorni è solo l’inizio. Il nuovo approccio punta a semplificare i controlli dei Comuni, ma impone ai contribuenti maggiore precisione e tempestività. Dimenticare la dichiarazione IMU non sarà più una svista sanabile: potrebbe costare caro, anche in termini di agevolazioni perse.

Bonus tende da sole: tutti i requisiti per accedere alle detrazioni dell’Ecobonus

Anche nel 2025, chi acquista e installa tende da sole può beneficiare di una detrazione fiscale grazie all’Ecobonus, un incentivo destinato agli interventi di riqualificazione energetica.
Non esiste un bonus tende da sole specifico, ma queste schermature solari rientrano tra le spese agevolabili, purché rispettino determinati requisiti tecnici.
La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto alcune novità, differenziando la percentuale di detrazione tra prima casa e seconde abitazioni. Vediamo come funziona, quali sono le spese ammesse e come ottenere il rimborso fiscale.

Quali spese rientrano nel bonus tende da sole 2025
Le tende da sole sono considerate schermature solari, ovvero dispositivi che migliorano l’ efficienza energetica degli edifici riducendo l’irraggiamento solare e il consumo di climatizzazione.
Secondo l’Allegato M del decreto legislativo n. 311/2006, per accedere alla detrazione, le tende devono rispettare i seguenti requisiti tecnici:
• Essere installate in modo solidale con l’involucro edilizio, quindi non devono essere liberamente montabili o smontabili dall’utente.
• Proteggere una superficie vetrata, migliorando l’isolamento termico.
• Essere mobili, ovvero regolabili per adattarsi alle condizioni climatiche.
• Essere schermature tecniche, come tende da sole, veneziane, tende a rullo o tende a bracci.
Inoltre, l’installazione deve rispettare specifici orientamenti:
• Da Est a Ovest, passando per Sud – Agevolabili.
• Nord, Nord-Est e Nord-Ovest – Non ammesse alla detrazione.

Le nuove regole dal 2025: quanto si può detrarre
Dal 1° gennaio 2025, la detrazione varia in base alla tipologia di immobile:
• 50 per cento per la prima casa.
• 36 per cento per seconde case e altri immobili.
Il limite massimo di spesa detraibile è di 60mila euro per unità immobiliare, quindi il rimborso può arrivare fino a:
• 30mila euro per la prima casa.
• 21.600 euro per le seconde case.
La detrazione viene spalmata in 10 anni, suddivisa in 10 quote annuali di pari importo.
Quali spese sono ammesse
Secondo l’art. 5 del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 6 agosto 2020, rientrano nel bonus:
• Fornitura e installazione delle tende da sole.
• Smontaggio di dispositivi preesistenti.
• Prestazioni professionali necessarie per la progettazione e certificazione dell’intervento.
Il rimborso massimo dipende dal tipo di immobile e dalla spesa sostenuta, e non può comunque superare il tetto di 60.000 euro.

Come ottenere la detrazione e il bonifico parlante
Per accedere al bonus, il pagamento deve essere effettuato tramite bonifico parlante, che deve contenere:
• Causale del versamento, con riferimento alla normativa di detrazione.
• Codice fiscale del beneficiario della detrazione.
• Codice fiscale o partita IVA del destinatario del pagamento.
Inoltre, è obbligatorio trasmettere i dati dell’intervento all’ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori, tramite l’apposita piattaforma online.

Un’opportunità per migliorare l’efficienza energetica
Il bonus tende da sole 2025 rappresenta un’ottima occasione per chi vuole ridurre i consumi energetici e migliorare il comfort abitativo.
Prima di procedere con l’acquisto e l’installazione, è consigliabile verificare i requisiti tecnici e consultare un esperto per assicurarsi di rispettare le condizioni richieste.

Sostituzione condizionatori e agevolazioni fiscali

climatizzatore

L’Agenzia delle Entrate, rispondendo ad un quesito posto da una contribuente attraverso la “Posta di FiscoOggi”, ha affrontato la tematica relativa alle possibili agevolazioni per la sostituzione dei condizionatori.

Nello specifico, la contribuente si è rivolta al Fisco spiegando che vorrebbe sostituire il condizionatore con uno a più basso consumo energetico, ma il dubbio posto è quello inerente alla possibile fruizione di agevolazioni fiscali, anche in assenza di ulteriori lavori.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che l’agevolazione fiscale per gli interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici è disciplinata dall’articolo 14 del Decreto Legge 63/2013 e dall’articolo 16-bis, lett. h) del TUIR, ai sensi del quale questo tipo di interventi possono essere realizzati anche in assenza di opere edilizie propriamente dette, acquisendo comunque l’idonea documentazione attestante il conseguimento di risparmi energetici in applicazione della normativa vigente in materia.

Il Fisco chiarisce che la Legge di Bilancio 2025 (legge n. 207/2024) all’art. 1, comma 55, ha stabilito che tale detrazione spetta anche per le spese documentate e sostenute nel 2025, ad esclusione delle spese per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, nella misura fissa del 36% delle spese sostenute.

La detrazione sale al 50% delle spese sostenute nel caso in cui queste siano sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.

In base a quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2025, quindi, la detrazione fiscale spettante per il 2025 è pari al 50% per interventi come la sostituzione del climatizzatore con uno più efficiente, sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, mentre è pari al 36% per le abitazioni non principali.

Per quanto concerne gli anni 2026 e 2027 la detrazione fiscale spettante per questa tipologia di interventi scenderà al 36% per le abitazioni principali e al 30% per le altre tipologie di immobili.

L’Agenzia delle Entrate ha specificato che per poter fruire dell’agevolazione è necessario che i pagamenti vengano effettuati attraverso bonifico bancario o postale, indicando la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione, il numero di partita Iva o il codice fiscale del destinatario delle somme (ditta o professionista che ha effettuato i lavori) e il numero e la data della fattura a cui si riferisce il bonifico.

A tal proposito ricordiamo che è importante anche conservare le varie fatture e l’eventuale documentazione amministrativa inerente all’intervento effettuato, così da poterla esibire in caso di controlli da parte del Fisco.

A cura di Deborah Foti – Ufficio stampa Anapi

Bonus prima casa, più tempo per vendere l’immobile

Buone notizie per chi ha beneficiato del bonus prima casa: la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una proroga per la vendita dell’immobile, che consente ai proprietari di conservare le agevolazioni anche se hanno acquistato prima dell’inizio di quest’anno.
Grazie alla nuova norma sarà possibile vendere l’abitazione entro due anni, anziché uno, a patto che il termine precedente non sia già scaduto al 31 dicembre 2024.
A chiarire la portata di questa estensione è stata l’Agenzia delle Entrate, nell’Interpello numero 127 del 2025.

Più tempo per vendere e mantenere le agevolazioni
Il provvedimento modifica le scadenze previste dall’articolo 1, nota II-bis, comma 4-bis della Tariffa allegata al Testo Unico sull’imposta di registro (TUR), ridefinendo i tempi a disposizione dei contribuenti per la vendita del loro immobile senza perdere le agevolazioni fiscali.
Grazie alla proroga introdotta dalla Legge di Bilancio, chi ha già usufruito del bonus può accedere nuovamente all’agevolazione, versando l’imposta di registro al 2 per cento anche per un nuovo acquisto. Tuttavia, affinché il beneficio rimanga valido, la casa acquistata in precedenza deve essere venduta entro il termine dei due anni.
Ma la novità più interessante è che la proroga non riguarda solo gli acquisti effettuati dal 2025 in poi: la nuova finestra temporale ha effetto retroattivo, consentendo di procedere con la vendita entro 24 mesi anche a chi ha comprato casa prima di quest’anno, purché il termine di un anno non sia già scaduto al 31 dicembre 2024.

Il caso analizzato dall’Agenzia delle Entrate
L’estensione dei tempi di vendita è stata confermata anche in un caso specifico esaminato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’Interpello numero 127 del 5 maggio 2025.
Nel quesito, un contribuente che aveva effettuato il secondo acquisto con l’agevolazione prima casa il 25 gennaio 2024 ha chiesto chiarimenti sui termini di vendita della prima abitazione. Grazie alle nuove disposizioni, avrà tempo fino al 25 gennaio 2026 per completare l’operazione senza perdere il bonus.
Questo chiarimento conferma che la proroga non si applica solo ai nuovi acquirenti, ma riguarda anche chi ha acquistato casa negli anni precedenti, offrendo maggiore flessibilità per chi deve vendere il proprio immobile.

Una misura vantaggiosa
L’estensione dei termini per la vendita degli immobili acquistati con il bonus prima casa rappresenta un importante vantaggio per i proprietari, dando loro più tempo per gestire la transazione e conservare le agevolazioni fiscali, evitando le pressioni della scadenza originaria di 12 mesi.
La misura offre quindi maggior respiro ai contribuenti e facilita la gestione degli investimenti immobiliari, assicurando più flessibilità nel mercato della compravendita.

Il Decreto Omnibus 2025 è legge: IVA ridotta per l’arte e Superbonus prorogato nelle zone terremotate

Con la conversione in legge del decreto omnibus 2025, il panorama fiscale italiano si arricchisce di nuove misure che spaziano dall’arte alla ricostruzione post-sisma. Tra le novità più rilevanti, spicca la riduzione dell’IVA dal 22% al 5% per le opere d’arte, un intervento pensato per rilanciare il mercato culturale, e la proroga fino al 2026 del Superbonus 110% per gli immobili danneggiati dai terremoti nel Centro Italia.

Durante l’ultimo passaggio parlamentare, il Senato ha ampliato il perimetro dell’agevolazione, includendo anche i comuni colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, oltre a quelli già previsti per gli eventi successivi al 24 agosto 2016. La proroga riguarda esclusivamente i territori in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza e si applica alle spese sostenute nel 2026, per la parte eccedente il contributo pubblico destinato alla ricostruzione.

Il Superbonus resta accessibile anche attraverso le modalità alternative allo sconto diretto in dichiarazione: sarà possibile optare per lo sconto in fattura o la cessione del credito, grazie alla deroga al blocco prevista dal decreto legge n. 11/2023.

Il provvedimento estende inoltre, fino al 2025 e nel limite di 11,7 milioni di euro, le esenzioni fiscali per imprese e professionisti operanti nella Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia, che abbiano subito una significativa riduzione del fatturato a causa degli eventi sismici.

Infine, il decreto proroga fino al 31 dicembre 2025 i lavori del tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’Economia, incaricato di monitorare l’attuazione delle norme sul rimborso delle imposte per i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che interessò le province di Catania, Ragusa e Siracusa.

Il decreto omnibus 2025 si conferma così uno strumento poliedrico, capace di intervenire su settori diversi con misure mirate e di forte impatto sociale.

Superbonus, Enea ribalta la narrazione: le villette non sono il vero salasso

Per anni sono state additate come il simbolo degli sprechi, ma ora i dati parlano chiaro: le villette non hanno drenato le casse dello Stato. A dirlo è l’ultimo rapporto Enea, che smonta uno dei miti più radicati attorno al Superbonus 110%. Su oltre 160 miliardi di euro di spesa complessiva, solo il 10% è stato assorbito dai villini. Il vero peso? I grandi cantieri condominiali.

Secondo l’analisi, gli interventi sulle abitazioni in categoria catastale A/7 – i classici villini – hanno generato circa 13 miliardi di detrazioni fiscali. Una cifra tutt’altro che trascurabile, ma ben lontana dai 82,3 miliardi spesi per i condomini. Enea distingue per la prima volta le villette dalle altre case unifamiliari (categoria A/3), che da sole hanno generato 27 miliardi di investimenti. Il quadro che emerge è chiaro: le villette non sono state il motore della spesa pubblica.

Al 31 dicembre 2023, le unità unifamiliari di tipo “villino” ristrutturate con il Superbonus erano circa 106mila, su oltre un milione di edifici beneficiari. Una quota minoritaria, che smentisce la narrazione dominante. La gran parte degli interventi è stata agevolata al 110%, ma il loro impatto sul bilancio statale resta contenuto.

Molto più incisivi, invece, i lavori condominiali. Due terzi della spesa totale sono stati assorbiti da interventi su edifici plurifamiliari, con cifre che restano provvisorie ma difficilmente soggette a variazioni significative. E non è tutto: restano da contabilizzare circa 27 miliardi di euro, destinati a immobili indipendenti con accesso autonomo, spesso presenti in contesti condominiali o urbani, come le palazzine monofamiliari diffuse nei piccoli centri e in alcune zone delle grandi città.

La geografia del Superbonus racconta un’Italia a più velocità. La Lombardia guida per numero assoluto di villette ristrutturate (24.672), seguita da Lazio e Veneto. Ma se si guarda al rapporto tra interventi e abitazioni, il primato spetta al Friuli-Venezia Giulia. Anche per valore degli investimenti, la gerarchia resta stabile: Lombardia in testa con 2,8 miliardi, poi Lazio (1,6) e Veneto (1,4).

Il Superbonus, dunque, non ha premiato solo le villette. Anzi, i dati Enea dimostrano che il grosso delle risorse è andato altrove. Una verità che cambia prospettiva e invita a rileggere con più attenzione il bilancio di una delle misure più discusse degli ultimi anni.

Superbonus 110% confermato per il 2026 nelle aree colpite dai terremoti

Il cosiddetto Decreto Omnibus (Dl 95/2025) ha superato l’esame di Camera e Senato ed è stato convertito nella Legge n. 118, pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 8 agosto 2025 ed entrata in vigore il 10 agosto.

Il provvedimento contiene vari punti che mirano a rilanciare, su più fronti, l’economia del nostro Paese e tra questi punti un’importante novità riguarda l’estensione del Superbonus 110% per tutto il 2026 nelle aree del Centro Italia colpite dagli eventi sismici nel 2009 e nel 2016.

Tale beneficio riguarda più precisamente i Comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria e il prolungamento della maxi agevolazione, che spetta nelle aree in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza, è stato esteso agli eventi sismici risalenti al 6 aprile 2009, in aggiunta a quelli già previsti nella precedente stesura della normativa avvenuti a partire dal 24 agosto 2016.

Nei Comuni indicati dalla norma, i cittadini anche nel 2026 potranno continuare a richiedere il Superbonus al 110% sull’importo eccedente il contributo di costruzione e potranno scegliere se optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura.

Attraverso questa legge le zone terremotate potranno, quindi, usufruire del Superbonus al 110% con cessione del credito o sconto in fattura, anche nel 2026, misura che senza l’intervento di tale normativa sarebbe scaduta il 31 dicembre 2025.

È importante chiarire che la proroga della maxi agevolazione per tutto il 2026 riguarda solo l’incentivo fiscale fruito sotto forma di sconto in fattura e cessione del credito, perciò non mediante la dichiarazione dei redditi, che resta comunque ammissibile per le spese sostenute per interventi edilizi di ripristino, eccedenti il contributo di ricostruzione e sostenute entro il 31 dicembre 2025.

Inoltre, è necessario evidenziare che il Decreto Omnibus riguarda solo i Comuni e le Regioni citate, difatti la normativa non è intervenuta in merito a tutti gli altri territori colpiti da eventi sismici come ad esempio Molise, Campania, Sicilia ed Emilia Romagna per i quali il Superbonus al 110% resta confermato fino alla fine del 2025.

Per queste ultime Regioni il cosiddetto Decreto Agevolazioni fiscali (Dl 39/2024), successivamente convertito nella Legge n. 67/2024, ha eliminato le opzioni di sconto in fattura o cessione del credito dal 30 marzo 2024, stanziando al contempo un fondo pari a 35 milioni di euro per il 2025 per finanziare gli interventi relativi agli immobili danneggiati da eventi sismici avvenuti in tali aree, fondo che però non è ancora del tutto operativo.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Superbonus, nuove regole dall’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha ufficializzato, con il provvedimento firmato il 7 agosto 2025, l’aggiornamento del modello e delle specifiche tecniche per la comunicazione telematica delle opzioni legate al Superbonus.
Si tratta di un passaggio cruciale per chi intende beneficiare dello sconto in fattura o della prima cessione del credito per le spese sostenute nel corso dell’anno.

Cosa cambia
A partire dall’8 settembre 2025, sarà obbligatorio utilizzare il nuovo modello per trasmettere all’Agenzia delle Entrate le opzioni relative agli interventi edilizi agevolati dal Superbonus.
Le comunicazioni inviate fino al 7 settembre resteranno comunque valide.

Scadenze e vincoli
Le opzioni per lo sconto in fattura o la cessione del credito dovranno essere comunicate entro il 16 marzo 2026.
Attenzione: non sarà possibile avvalersi della “remissione in bonis” per invii tardivi, né cedere le rate residue della detrazione non utilizzate nella propria dichiarazione dei redditi.

A chi si applica
Le nuove regole riguardano esclusivamente gli interventi che rientrano nel Superbonus, come previsto dall’articolo 119 del Decreto Rilancio (Dl n. 34/2020).
L’accesso alle agevolazioni è subordinato al rispetto delle condizioni aggiornate, che hanno rimodulato le percentuali di detrazione e ristretto i casi in cui è possibile optare per lo sconto o la cessione.

Gestione delle rate
Il provvedimento chiarisce anche le modalità di circolazione e fruizione delle rate dei bonus edilizi, comprese quelle generate da opzioni esercitate negli anni precedenti.
Un quadro normativo più preciso che punta a garantire trasparenza e tracciabilità nei passaggi successivi alla scelta dell’opzione.

CILA-S incompleta: il Superbonus sfuma, ma ci sono alternative

Scoprire che la CILA-S (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata per il Superbonus) è incompleta può sembrare un colpo durissimo. In molti casi, questo errore formale fa perdere l’accesso alla maxi-agevolazione. Ma attenzione: non tutto è perduto!
Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 122/2025, spiegando che, se l’immobile è comunque legittimo e si regolarizza la propria posizione fiscale, è possibile ricorrere ad altre agevolazioni, come Ecobonus, Sismabonus e Bonus Ristrutturazioni.

Il caso: un errore nella CILA-S e la perdita del Superbonus
Un contribuente ha avviato lavori di riqualificazione energetica nel biennio 2021-2022, usufruendo del Superbonus tramite la cessione del credito a una banca. Dopo la presentazione della pratica, però, ha scoperto che la sua CILA-S era incompleta, perché mancava la compilazione del quadro F, necessario per certificare la legittimità edilizia dell’immobile.

L’interessato si è quindi chiesto:
– L’errore annulla del tutto l’agevolazione?
– È possibile sanare la situazione con il ravvedimento operoso?
– Se vende l’immobile, il guadagno sarà soggetto a tassazione?

Il Superbonus salta, ma ci sono Ecobonus e Sismabonus
L’Agenzia delle Entrate ha confermato che l’omessa compilazione del quadro F comporta la decadenza dal Superbonus . Tuttavia, il contribuente non perde ogni possibilità di agevolazione. Se l’immobile risulta comunque legittimo (ad esempio, per una sanatoria precedente), è possibile usufruire di:
– Ecobonus (art. 14 DL 63/2013) → Per interventi di efficienza energetica.
– Sismabonus e riqualificazione edilizia (art. 16 DL 63/2013) → Per lavori di messa in sicurezza e miglioramento strutturale.
– Bonus Ristrutturazioni → Per interventi generali sul patrimonio edilizio.
Il contribuente dovrà scegliere una sola agevolazione alternativa e rispettare i relativi obblighi documentali.

Cessione del credito indebita? C’è il ravvedimento operoso
Se il Superbonus è stato fruito in modo improprio , ad esempio perché il credito è già stato ceduto, l’Agenzia delle Entrate conferma che è possibile sanare la situazione tramite ravvedimento operoso.
Ciò significa:
– Restituire il credito indebitamente usufruito.
– Pagare gli interessi e le sanzioni ridotte, calcolate dalla data di invio del modello di cessione.

Vendita dell’immobile: la tassazione sulle plusvalenze
Se l’immobile viene venduto dopo aver perso il Superbonus, non si applica la nuova tassa del 26% sulle plusvalenze per gli immobili ristrutturati con il Superbonus (art. 67, comma 1, lett. b-bis TUIR).
Tuttavia, potrebbe comunque essere soggetta a tassazione se venduta entro 5 anni dall’acquisto o costruzione, secondo le regole ordinarie sulle plusvalenze immobiliari (art. 67, comma 1, lett. b TUIR).

Conclusione: anche senza Superbonus, ci sono soluzioni
Un errore nella CILA-S può far perdere il Superbonus, ma non tutte le detrazioni fiscali. Se l’immobile è legittimo, si può ancora ottenere Ecobonus, Sismabonus o Bonus Ristrutturazioni, a patto di regolarizzare la propria posizione fiscale.
Chi ha ceduto il credito in modo improprio può evitare problemi con il ravvedimento operoso, mentre la vendita dell’immobile potrebbe essere tassata solo in determinati casi.
Il consiglio? Verificare sempre la documentazione e, in caso di errori, sfruttare le agevolazioni alternative disponibili.

Agevolazione prima casa: proroga della vendita a due anni anche per gli acquisti del 2024

Buone notizie per chi ha acquistato casa con le agevolazioni fiscali: la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto un’importante modifica, concedendo più tempo per vendere la precedente abitazione senza perdere i benefici fiscali. Il termine per la vendita è stato raddoppiato, passando da uno a due anni. Grazie alla risposta ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, anche chi aveva acquistato nel 2024 potrà beneficiare della proroga, evitando la pressione della vendita immediata e potendo gestire l’operazione con maggiore strategia.

Più tempo per vendere senza perdere le agevolazioni
Prima di questa modifica normativa, chi acquistava un immobile con le agevolazioni prima casa aveva solo un anno per vendere la precedente abitazione, pena la perdita delle agevolazioni fiscali. Dal 1° gennaio 2025, però, il tempo a disposizione è stato esteso a 24 mesi, permettendo di gestire la vendita in modo più sereno e senza l’urgenza che spesso porta a svendere gli immobili.
Il nuovo termine vale anche per chi ha acquistato casa nel 2024 e si trovava già sotto il vincolo della scadenza annuale. Per questi contribuenti, la proroga rappresenta un’opportunità concreta di completare la vendita senza incorrere nella revoca dei benefici.

Il caso concreto: chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Un contribuente, che aveva acquistato un nuovo immobile il 25 gennaio 2024 con le agevolazioni prima casa, si è rivolto all’Agenzia delle Entrate chiedendo se la proroga si applicasse anche a lui. Il problema era evidente: il precedente termine di un anno sarebbe scaduto a fine gennaio 2025, mettendo a rischio i benefici fiscali.
Con la risposta n. 127 del 5 maggio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che la proroga si applica anche agli atti stipulati nel 2024, purché il termine annuale non fosse ancora scaduto al 31 dicembre 2024.
Nel caso specifico, la nuova normativa concede al contribuente tempo fino a gennaio 2026 per finalizzare la vendita del precedente immobile, evitando così la revoca delle agevolazioni.

Un vantaggio concreto per gli acquirenti della prima casa
Questa proroga rappresenta un cambio significativo per chi ha acquistato un immobile con le agevolazioni prima casa. La possibilità di avere due anni per vendere la precedente abitazione è un vantaggio reale, specialmente in un mercato immobiliare caratterizzato da fluttuazioni di prezzi e tempi di compravendita spesso lunghi.
Grazie a questa modifica, i contribuenti possono gestire con maggiore tranquillità la vendita del vecchio immobile, evitando decisioni affrettate e senza il timore di perdere i benefici fiscali.