Nel 2024 i consumi di energia sono aumentati dell’1% rispetto al 2023, trainati da trasporti (+3%) e settore civile (+2,5%). Le emissioni sono invece diminuite del 3% su base annua, ma sono tornate a salire dell’1,5% nell’ultimo semestre (+3,5% nei settori trasporti e civile), dopo due anni di valori in calo. È quanto emerge dall’Analisi ENEA del sistema energetico italiano, che registra prezzi dell’energia in altalena sui mercati all’ingrosso nel corso del 2024, con uno spread che si amplia rispetto al resto d’Europa, sia per l’elettricità (108 €/MWh la media annuale alla Borsa italiana, rispetto a 78 in Germania, 63 in Spagna, 58 in Francia) che per il gas (circa 3 €/MWh il differenziale tra il mercato italiano PSV e quello di riferimento europeo TTF).
“La nostra analisi ha rilevato una fase di estrema difficoltà nella transizione energetica nazionale, con un’Italia lontana dagli obiettivi di energia e clima al 2030”, commenta Francesco Gracceva che cura l’aggiornamento trimestrale dell’Analisi ENEA. “I pezzi di elettricità e gas sono entrambi diminuiti del 15% nel 2024, tuttavia nella seconda parte dell’anno hanno avuto un trend di crescita e restano ancora molto al di sopra della media del decennio 2010-2020 (+60% il gas e più che raddoppiato il prezzo dell’elettricità)”, aggiunge Gracceva.
In termini di fonti, il 2024 ha visto dimezzati i consumi di carbone, ridotti ormai a un ruolo marginale nella termoelettrica (quota dell’1%), mentre sono aumentati i consumi di tutte le altre fonti: petrolio, +1,2%, gas, +0,8%, rinnovabili, +12%, spinte soprattutto dalla ripresa dell’idroelettrico. Infine, le importazioni nette di elettricità sono rimaste pressoché invariate.
Dall’Analisi emerge anche un peggioramento dell’indice ENEA ISPRED (-25%, con valori al minimo storico), a causa della frenata nel calo delle emissioni e dell’insufficiente crescita delle fonti rinnovabili: nonostante il forte aumento delle istallazioni di impianti fotovoltaici (+6,8 GW), infatti, la quota delle rinnovabili sui consumi finali (20%) resta 2,5 punti sotto l’obiettivo PNIEC al 2024.
“Sul mimino storico raggiunto dal nostro indice ISPRED ha giocato un ruolo importante il dato molto negativo delle emissioni nei settori non-ETS : per rispettare i target, dovrebbero ridursi del 5% l’anno fino al 2030, a fronte del -1% della media degli ultimi cinque anni”, prosegue Gracceva.
Segnali positivi arrivano invece dalle tecnologie per la decarbonizzazione. Infatti, dopo 5 anni si ferma l’aumento del deficit commerciale italiano per l’importazione di tecnologie low-carbon, sceso da 6,4 a circa 5,5 miliardi di euro . “A determinare questo stop è stata la combinazione di dinamiche legate alla domanda e ai prezzi”, conclude Gracceva. Nel dettaglio, il continuo progresso tecnologico e l’eccesso di offerta sul mercato globale hanno fatto crollare il costo dei pannelli fotovoltaici importati (-37%), favorendo il dimezzamento del deficit nel settore, ora pari a poco più di 1 miliardo di euro, mentre il deficit commerciale per le auto a basse emissioni cresce da circa 1,3 a poco meno di 2,5 miliardi di euro.
Comunicato stampa
Oltre 23 miliardi di investimenti per rendere più efficienti e moderne le reti elettriche e favorire l’integrazione delle fonti rinnovabili, in linea con gli obiettivi di sostenibilità e indipendenza energetica fissati tanto a livello nazionale quanto europeo. È quanto prevede il Piano di sviluppo 2025-2034 presentato da Terna, con il quale la società “consolida il ruolo – si legge in una nota – al servizio del Paese per un futuro sostenibile e decarbonizzato”.
“Il Piano di Sviluppo risponde alle urgenti necessità che il contesto attuale impone. Investire nella pianificazione, nell’ammodernamento e nella digitalizzazione delle reti elettriche è infatti essenziale per far fronte alla crescente domanda di energia e all’integrazione delle fonti rinnovabili. Con 23 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, puntiamo ad assicurare al Paese un sistema affidabile, resiliente e sostenibile”, ha spiegato l’amministratore delegato e direttore generale di Terna Giuseppina Di Foggia, illustrando il Piano.
“Una rete di trasmissione adeguata e interconnessa, insieme alle attuali misure legislative e agli strumenti di incentivazione, è il fattore abilitante per raggiungere i target previsti dal Piano Nazionale per l’Energia e il Clima al 2030”, ha proseguito Di Foggia, ricordando che Terna ha già avviato la realizzazione di infrastrutture elettriche come il Tyrrhenian Link, l’Adriatic Link e il collegamento tra Sardegna, Corsica e Toscana e sottolineando l’impulso dato alla “programmazione territoriale delle nostre infrastrutture” a seguito dell’approvazione del cosiddetto decreto legge Sicurezza Energetica.
Il Piano di Sviluppo 2025, che prevede un incremento di investimenti del 10% rispetto al piano precedente, consentirà un aumento della capacità di scambio tra zone di mercato pari al 22% in più rispetto al Piano precedente. Inoltre, si prevede un aumento della capacità di trasporto con l’estero di circa il 40% rispetto ai valori attuali. Significativi anche i ritorni previsti dal punto di vista ambientale: entro il 2030 è prevista una riduzione complessiva delle emissioni di CO2 fino a circa 2.000 kt/anno, che si stima possa aumentare fino a 12.100 kt/anno entro il 2040. In termini percentuali si tratta di un miglioramento del 2,5% rispetto al Piano di Sviluppo precedente.
Le priorità di sviluppo sono state indicate sulla base di una scelta strategica che punta sugli “interventi che – spiega la società – offrono il massimo valore per il sistema, individuando soluzioni ‘capital light’ al fine di ridurre i costi e massimizzare l’efficacia degli investimenti necessari alla transizione energetica”.
Quattro le linee guida principali, finalizzate a dare risposte a lungo termine alle esigenze della rete:
– sviluppare infrastrutture abilitanti e innovative;
– risolvere le congestioni locali;
– rispondere in modo efficiente a tutte le richieste di connessione alla rete attraverso la definizione di un nuovo modello, la Programmazione Territoriale Efficiente;
– garantire la stabilità e la sicurezza della rete elettrica e l’integrazione dei mercati tramite le interconnessioni con l’estero.
L’azienda sottolinea come “la gestione delle richieste di connessione alla rete in alta tensione, principalmente concentrate al sud e nelle isole, permette a Terna di avere una visione sistemica delle future evoluzioni degli impianti rinnovabili e dei sistemi di accumulo, così da realizzare uno sviluppo sinergico delle infrastrutture e garantire la massima efficienza nella realizzazione delle opere di rete”.
I dati registrati parlano di un trend in crescita, anche per effetto dei fondi messi a disposizione nell’ambito del Pnrr.
“La gestione di questo ingente quantitativo di richieste di connessione, aumentate negli ultimi anni, ha causato congestioni amministrative e difficoltà autorizzative, oltre che un costo infrastrutturale più elevato per via della potenziale ridondanza di opere di rete», spiega ancora l’azienda, chiarendo che «per tali motivi, è risultato necessario adottare un approccio differente, per assicurare efficienza nella realizzazione delle opere abilitanti la connessione delle nuove risorse, minimizzando i costi per il sistema e l’impatto delle infrastrutture sul territorio”.
Terna, dunque, ha proposto alle istituzioni un nuovo modello chiamato “Programmazione Territoriale Efficiente” e lanciando, a giugno del 2024, il portale TE.R.R.A. (Territorio, Reti, Rinnovabili, Accumuli).
È stata inoltre avviata una revisione dei processi di programmazione territoriale per rendere più efficiente la realizzazione delle nuove infrastrutture elettriche. In questo contesto sono state definite 76 “microzone”, volte a favorire l’adozione di interventi mirati e calibrati sulle specifiche caratteristiche ed esigenze delle aree interessate.
Infine, sempre nell’ottica della programmazione territoriale efficiente, Terna sta lavorando con le Autorità in una prospettiva di aggiornamento del Tica – il Testo Integrato delle Connessioni Attive – per rendere operativo entro la fine di quest’anno un meccanismo di open season, un processo utilizzato per pianificare e allocare la capacità su nuove infrastrutture.
Le opere principali
La maggior parte degli interventi previsti entro il 2030 per l’architettura della rete ha già ottenuto l’autorizzazione o incardinato il processo per ottenerla, a partire dalle opere principali dell’azienda. Tra queste il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino che unirà la Sicilia alla Campania e alla Sardegna, consentirà una maggiore integrazione tra le diverse zone di mercato e un più efficace utilizzo dei flussi di energia proveniente da fonti rinnovabili e sarà completato entro il 2028; l’Adriatic Link, il collegamento tra Abruzzo e Marche lungo circa 250 km, di cui 210 km sottomarini, i cui cantieri terrestri sono partiti a fine 2024 con una entrata in esercizio prevista per il 2029; il Bolano-Annunziata, l’elettrodotto sottomarino che unirà la Sicilia e la Calabria e incrementerà la capacità di interconnessione tra la Sicilia e il Continente, a beneficio dello sviluppo e dell’integrazione delle fonti rinnovabili previsto nel Sud Italia; il Colunga-Calenzano, l’elettrodotto che si snoda per 84 km tra le province di Bologna e Firenze, già in fase di realizzazione.
Entro il 2034 sono poi previsti ulteriori rinforzi infrastrutturali tra cui l’elettrodotto Milano-Montalto; il Central Link, tra Umbria e Toscana; la Dorsale Adriatica, collegamento in corrente continua tra Foggia e Forlì; il nuovo collegamento Montecorvino-Benevento. E, ancora, la realizzazione di tre collegamenti a 380 kV in Sicilia (Chiaramonte Gulfi-Ciminna, Caracoli-Ciminna e Paternò-Priolo) e uno in Lombardia (Milano-Brescia). Le opere si giovano, grazie alla collaborazione con Arera e Mase, di iter di approvazione semplificati e saranno supportate anche da strumenti che assicurano e garantiscono la sicurezza e la flessibilità del sistema, come il Capacity Market, con cui Terna si approvvigiona di capacità tramite contratti aggiudicati attraverso aste competitive, e il Macse, il Meccanismo per l’approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico, ossia un meccanismo innovativo di contrattualizzazione a termine di nuova capacità di accumulo, che rappresenta un benchmark internazionale di regolamentazione dei mercati di grande stimolo per investimenti in questa tecnologia.
Le interconnessioni con l’estero
Sul fronte delle interconnessioni con l’estero Terna punta a valorizzare la naturale predisposizione dell’Italia a farsi ponte tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente, diventandone l’hub elettrico. Una prospettiva che negli ultimi anni ha visto un’accelerazione anche in relazione al Piano Mattei. In questo ambito, tra i principali progetti pianificati figurano il Sa.Co.I.3, un progetto di ammodernamento e potenziamento dell’attuale interconnessione tra Sardegna, Corsica e Toscana; l’Elmed, il progetto di interconnessione tra Italia e Tunisia è uno degli interventi previsti dal Piano Mattei per l’Africa, finanziato con oltre 300 milioni di euro dal programma comunitario Connecting Europe Facility; il raddoppio dell’interconnessione Italia-Grecia. Nel Piano di Sviluppo 2025, inoltre, sono presenti ulteriori progetti di interconnessione, noti come “Merchant Lines”, a cura di altri promotori e/o non titolari di concessioni di trasporto.
L’appuntamento con il ritorno dell’ora legale è per la notte tra sabato 29 e domenica 30 marzo. Come al solito, alle 2 di notte le lancette andranno spostate di un’ora in avanti e si passerà direttamente alle 3. Si “perderà un’ora di riposo”, ma dall’indomani sembrerà di poter disporre di giornate più lunghe, perché l’alba e il tramonto avverranno un’ora più tardi.
Il primo giorno con l’ora legale il tramonto sarà alle 19.35. Un bel salto in avanti se si pensa che sabato 29 marzo, l’ultimo giorno con l’ora solare, il sole calerà alle 18.34. A fine aprile il tramonto avverrà alle 20,00, mentre a fine maggio alle 20,35 e a fine giugno addirittura le 20,48. Insomma, i pomeriggi saranno sempre più lunghi e la notte tarderà sempre più ad arrivare.
Sono numerosi i Paesi in cui si spostano le lancette dell’orologio in avanti di un’ora durante i mesi più caldi per estendere la luce del giorno nelle ore serali. Questo cambiamento avviene sempre alla fine di marzo o all’inizio di aprile. Il ritorno all’ora solare, spostando le lancette indietro di un’ora, è invece previsto alla fine di ottobre o all’inizio di novembre, anche se le date esatte possono variare da Paese a Paese.
Uno dei promotori più noti dell’introduzione dello scambio tra ora legale e ora solare fu Benjamin Franklin, che nel 1784 propose qualcosa di simile in un saggio satirico, suggerendo che le persone avrebbero potuto risparmiare candele svegliandosi più presto al mattino. L’idea non fu presa sul serio fino alla Prima Guerra Mondiale, quando la Germania e i suoi alleati introdussero l’ora legale nel 1916 per risparmiare carburante riducendo la necessità di illuminazione artificiale. Altri Paesi, compresi gli Stati Uniti e vari Stati europei, adottarono poi questa pratica per ragioni simili. L’obiettivo principale dell’ora legale è quello di sfruttare meglio la luce del giorno durante i mesi estivi, riducendo così il consumo di energia elettrica per l’illuminazione.
Secondo i dati, con il ritorno dell’ora legale, nei prossimi sette mesi in Italia saranno registrati impatti positivi per il sistema energetico dal punto di vista elettrico, ambientale ed economico. Dal 2004 al 2023, secondo l’analisi di Terna, il minor consumo di energia elettrica per l’Italia dovuto all’ora legale è stato complessivamente di circa 11,3 miliardi di kWh e ha comportato, in termini economici, un risparmio per i cittadini di circa 2,1 miliardi di euro. I benefici dell’ora legale riguardano anche l’ambiente: il minor consumo elettrico ha infatti consentito di evitare emissioni di CO2 in atmosfera per circa 180 mila tonnellate.
Tuttavia, l’efficacia dell’ora legale nel risparmiare energia è stata oggetto di un ampio dibattito, che non si è ancora concluso. Alcune ricerche suggeriscono che i risparmi energetici sono minimi. Inoltre, l’ora legale è stata criticata per i potenziali effetti negativi sulla salute, come l’alterazione dei ritmi circadiani delle persone.
A causa di queste osservazioni, alcuni Paesi hanno cessato di osservare l’ora legale, mentre altri continuano a farlo. L’Unione Europea, ad esempio, ha votato nel 2019 per abolire l’obbligo di cambiare l’ora legale a partire dal 2021, lasciando ai singoli stati membri la libertà di decidere se mantenere in modo permanente l’ora legale o l’ora solare. La decisione finale riguardo l’attuazione, dunque, può variare a seconda delle legislazioni nazionali.
Si è concluso con successo il convegno istituzionale “Salute, Sostenibilità e Sicurezza nel Mondo Acquatico”, organizzato da Assopiscine, l’Associazione Italiana piscine e wellness, nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati. L’evento ha rappresentato un’importante occasione di confronto sulle principali sfide e opportunità nel settore delle piscine e degli impianti acquatici, con un focus particolare su sicurezza, innovazione e sostenibilità.
Uno dei temi centrali del convegno è stato l’urgenza di rafforzare le misure di sicurezza nelle piscine italiane, un argomento sempre più di attualità: secondo uno studio realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità che ha preso in esame il periodo 2019-2023 su un campione di 100 casi di annegamento fatale tra 0-19 anni, il 46% di questi eventi è avvenuto in piscine, principalmente domestiche; il 20% in mare e il 34% in acque interne. Dati questi che evidenziano la necessità di dotare tutte le piscine di dispositivi di sicurezza obbligatori.
Alla luce di questo, durante il convegno, Assopiscine ha ribadito la necessità di un intervento normativo immediato e di una legge che renda obbligatoria la dotazione di dispositivi di sicurezza nelle piscine.
L’incontro è iniziato con l’intervento del Presidente di Assopiscine, Ferruccio Alessandria, che ha ribadito l’importanza della collaborazione tra istituzioni e settore privato per garantire la sicurezza e la sostenibilità degli impianti acquatici: “Il dialogo con le istituzioni prosegue in maniera serrata e proficua, sulla base di una condivisione di obiettivi che si riassumono nella volontà di favorire l’avanzamento dell’iter parlamentare della proposta di legge in materia di sicurezza – ha dichiarato Ferruccio Alessandria – Una normativa che, una volta approvata, consentirà l’applicazione delle attuali disposizioni UNI, migliorando significativamente la sicurezza anche dal punto di vista impiantistico, specialmente nelle strutture ad uso collettivo, che ancora in molti casi non rispettano tali requisiti. Secondo una ricerca di mercato condotta nel mese di agosto 2024, il 7% della popolazione italiana utilizza impianti ludico-natatori, un dato che ci deve far riflettere sull’importanza di disporre di strutture sicure e adeguate. Assopiscine pone al centro della sua missione la salute, la sostenibilità e la sicurezza, ed è su quest’ultimo punto che chiediamo ancora più collaborazione da parte di istituzioni ed operatori del settore, impegnati in prima in questa sfida”.
Il tema della sicurezza è emerso in quasi tutti gli interventi e ha trovato supporto e riscontro nei dati raccolti dall’Indagine sul “rapporto degli italiani con l’elemento acqua” commissionata da Assopiscine e Acquatic Education all’Istituto Demoscopico Noto Sondaggi. La ricerca ha evidenziato che un terzo degli italiani (34%) dichiara di non saper nuotare e solo il 41% della popolazione si ritiene “abile al nuoto” ovvero si ritengono in grado di praticare correttamente lo stile libero o la rana per almeno 50 metri respirando correttamente. A fronte di questo quadro la quasi totalità degli intervistati (98%) giudica importante sensibilizzare i genitori rispetto al rischio di annegamento dei bambini, il target più esposto a questo pericolo.
La tavola rotonda ha visto la partecipazione di numerosi esperti e rappresentanti del settore privato e delle istituzioni e nel corso del dibattito è emersa la necessità di un’azione congiunta per migliorare la sicurezza e l’innovazione tecnologica nel settore, partendo da una puntuale regolamentazione normativa. La Senatrice di Noi Moderati – Centro Popolare Mariastella Gelmini nel suo intervento ha sottolineato che “La politica ha il dovere di intervenire su temi fondamentali come sicurezza, salute e sostenibilità, che non hanno colore politico. Un lavoro significativo è già stato svolto dai relatori al tavolo, e una proposta di legge è già presente nelle stanze ministeriali. Ora è necessario trovare una sintesi, tenendo conto dei costi e di tutti gli interessi coinvolti, per arrivare a una regolamentazione efficace. Il gruppo parlamentare di cui faccio parte è disponibile a raccogliere le istanze emerse dal confronto di questa mattina, con il contributo di tutti gli attori coinvolti”. Andrea Luberti, Vice Capo Ufficio Legislativo del Ministero della Protezione Civile e delle Politiche del Mare ha evidenziato che “Il Ministro fin dal suo insediamento, ha manifestato grande interesse per i temi dell’acqua. In particolare, ha dato attenzione al tema della sicurezza delle piscine, considerandolo una importante opportunità”. L’esperto del Ministero della Salute Andrea Costa ha dichiarato che “la sicurezza e la salubrità delle acque rappresentano una priorità per il Ministero della Salute. È fondamentale che la politica proceda nell’adozione di norme adeguate per il settore, ascoltando le esigenze dei diversi portatori di interesse e garantendo standard elevati di sicurezza e sostenibilità”.
Un momento significativo della giornata è stato l’intervento in collegamento dagli Stati Uniti della PHTA – Pool & Hot Tub Alliance, che ha fornito una prospettiva globale sulle migliori pratiche e le tecnologie emergenti per la sicurezza e la gestione sostenibile delle piscine.
Durante il convegno è stato inoltre dato un aggiornamento sull’iter di presentazione e discussione della proposta di legge in materia promossa da Assopiscine avente come obiettivo finale il miglioramento della sicurezza nelle piscine. L’evento si è concluso con un appello alle istituzioni affinché si adottino misure concrete per ridurre il numero di incidenti e garantire standard di sicurezza più elevati, partendo proprio dall’approvazione di una normativa adeguata alle sfide attuali.
Sul tema è intervenuto Alessandro Massimo Nucara, Direttore Generale di Federalberghi, esprimendo a nome dell’associazione “più di una perplessità in relazione allo schema di disegno di legge quadro sulla salute e la sicurezza delle piscine. Sottolineo la necessità di individuare un più opportuno equilibrio tra la ricerca di appropriati standard di sicurezza e igiene e la loro praticabilità operativa. Abbiamo inoltre segnalato che, in assenza della necessaria flessibilità, si rischia di determinare un incremento di costi incompatibile con l’erogazione del servizio da parte delle strutture ricettive, che finirebbe con il causare un impoverimento della qualità del sistema italiano di offerta turistica”.
Tra gli interventi che hanno animato il confronto nel corso dei lavori del convegno si segnalano quello di Alberto Granzotto, Presidente di FAITA-Federcamping, che ha confermato “l’importanza e la necessità di garantire livelli alti di qualità, tecnologia e sicurezza negli impianti presenti all’interno delle strutture ricettive, che ha stimolato campeggi e villaggi turistici a destinarne ingenti investimenti, tanto da caratterizzare tali impianti, quali elementi indispensabili per attrarre e fidelizzare ospiti nazionali ed internazionali. Non di meno e sempre in questa ottica, il criterio della inclusività e della accessibilità sono per gli imprenditori standard basici, con valori e caratteristiche ormai perfettamente integrate nell’offerta”.
Sull’importanza degli investimenti si è soffermato anche Ricard Madurell, Direttore di Pool Horizons: “Le piscine non sono solo luoghi di svago, ma potenti motori di salute, benessere e connessione comunitaria. Investendo in infrastrutture sostenibili e inclusive per le piscine, creiamo persone più sane, comunità più forti e felici, e un futuro più resiliente”.
Comunicato stampa
L’obbligo di stipulare una polizza assicurativa contro gli eventi catastrofali riguarda tutte le imprese, ditte individuali e società, iscritte nel Registro delle Imprese.
Sono esclusi i professionisti, sia quelli che operano in forma singola sia quelli appartenenti a studi associati.
Rimane invece incerto se l’obbligo si applichi anche alle società semplici, che pur essendo iscritte al Registro non svolgono attività d’impresa.
È certo, invece, che una società che gestisce, ad esempio, un poliambulatorio medico, essendo iscritta al Registro delle Imprese, sia tenuta a rispettare l’obbligo assicurativo.
Il termine ultimo per adempiere all’obbligo è il 31 marzo 2025, come stabilito dal D.L. 202/2024, convertito nella Legge 15/2025.
Il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 18 del 30 gennaio 2025, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2025, disciplina le polizze assicurative contro i rischi catastrofali.
• Articolo 3: definisce gli eventi calamitosi e catastrofali coperti dall’assicurazione, ossia alluvioni, terremoti e frane.
• Articolo 4: stabilisce che i premi assicurativi saranno soggetti ad aggiornamenti periodici.
• Articolo 6: prevede che, per polizze fino a 30 milioni di euro, lo scoperto a carico dell’assicurato non possa superare il 15% del danno indennizzabile. Per importi superiori a 30 milioni, le condizioni dello scoperto sono lasciate alla libera negoziazione tra le parti.
Secondo l’articolo 1, l’obbligo assicurativo riguarda le immobilizzazioni impiegate per l’attività d’impresa, come definite dall’articolo 2424 del Codice Civile, tra cui:
– 1. Terreni: fondi o loro porzioni con caratteristiche geografiche variabili in base alla posizione e conformazione.
– 2. Fabbricati: edifici e opere murarie, compresi fissi e infissi, fondamenta, impianti idrici, elettrici, di riscaldamento e condizionamento, ascensori, montacarichi, recinzioni e altre strutture pertinenti.
– 3. Impianti e macchinari: macchine di vario tipo, comprese quelle elettroniche e a controllo numerico, nonché impianti funzionali all’attività dell’impresa.
– 4. Attrezzature industriali e commerciali: macchine, attrezzi, utensili, impianti di sollevamento, pesa, imballaggio e trasporto, purché non iscritti al Pubblico Registro Automobilistico (P.R.A.)
Tra i dubbi ancora aperti c’è quello dell’assicurazione dei beni locati da soggetti non imprenditori (e quindi da proprietari non assoggettati all’obbligo). La norma prevede infatti l’obbligo a carico delle imprese, per tutte le immobilizzazioni di cui all’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile (e quindi 1) terreni e fabbricati, 2) impianti e macchinario e 3) attrezzature industriali e commerciali), a qualsiasi titolo impiegati per l’esercizio dell’attività di impresa, con esclusione di quelli già assistiti da analoga copertura assicurativa, anche se stipulata da soggetti diversi dall’imprenditore che impiega i beni. In base al tenore letterale quindi, in caso di locazione di immobile non già assicurato, il conduttore sarebbe tenuto a stipulare un’assicurazione per conto altrui.
Comprare una casa quando ci si trova fisicamente lontani dal venditore può sembrare un’impresa complessa. Tuttavia, grazie agli strumenti digitali e alle soluzioni offerte dalla moderna pratica notarile, oggi è possibile concludere l’acquisto di un immobile anche se le due parti si trovano a centinaia di chilometri di distanza. Ma come funziona?
L’importanza della consulenza notarile preliminare
Per prima cosa, per intraprendere qualsiasi percorso per l’acquisto di una casa a distanza, sarebbe sempre opportuno consultare un professionista. Attraverso piattaforme come NotaioFacile, il sito di riferimento per chi vuole trovare un notaio, è infatti possibile entrare in contatto diretto con notai qualificati che potrebbero fornire indicazioni preziose sulle migliori soluzioni per ogni caso specifico.
In tal senso, NotaioFacile è dunque una preziosa risorsa, perché consente anche a chi non possiede conoscenze in ambito notarile di comunicare direttamente con un professionista, fornendo informazioni dettagliate sull’atto da stipulare. Il servizio permette inoltre di richiedere un preventivo notaio online in modo gratuito e senza alcun obbligo di registrazione o di accettazione dell’offerta ricevuta.
La procura notarile: delegare in sicurezza
Tutto ciò premesso, si può ben sottolineare come uno degli strumenti più utilizzati per l’acquisto a distanza è certamente rappresentato dalla procura speciale, un documento con cui è possibile nominare una persona di fiducia come proprio rappresentante nell’atto di compravendita. La procura dovrebbe essere redatta in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, richiedendo pertanto l’intervento di un notaio che può essere anche diverso rispetto a quello che si occuperà della compravendita.
Ricordiamo che nella procura è fondamentale indicare con precisione i dati dell’immobile, il prezzo concordato e le modalità della compravendita. È altresì importante rammentare che la procura speciale ha efficacia limitata all’atto per cui è stata conferita: terminata la compravendita, perderebbe automaticamente valore senza necessità di ulteriori adempimenti.
La scrittura privata con autentiche separate
Un’alternativa funzionale all’acquisto di una casa a distanza è la scrittura privata con autentiche di firma separate, che consente alle parti di firmare lo stesso documento in momenti diversi e davanti a notai differenti.
Il processo generalmente funziona così: il venditore firma davanti a un notaio, che autentica la sua sottoscrizione. Il documento viene poi inviato all’acquirente, che firma davanti a un altro notaio nella propria città. L’atto si considera concluso solo con l’apposizione e l’autenticazione dell’ultima firma.
L’atto notarile informatico
Un’altra soluzione è quella di ricorrere a un software sviluppato dal Consiglio Nazionale del Notariato, che da diversi anni permette di stipulare atti di compravendita in formato completamente digitale, senza alcun supporto cartaceo.
Il sistema consente infatti alle parti di concludere la vendita quasi simultaneamente, pur trovandosi in luoghi distanti e davanti a notai diversi. L’acquirente e il venditore potrebbero apporre la propria firma digitale o grafometrica (mediante una tavoletta apposita), e il documento verrebbe trasmesso elettronicamente tra i notai in tempo reale.
Verifiche preliminari sull’immobile
In conclusione di questo breve approfondimento, non possiamo che condividere come un aspetto particolarmente delicato dell’acquisto a distanza riguardi le verifiche sull’immobile. In alcuni casi, infatti, il compratore potrebbe non essere nelle condizioni di prendere visione personale della casa: in questo scenario, diventa ancora più importante effettuare controlli approfonditi sulla sua situazione legale e tecnica.
Ebbene, anche se è sempre il notaio a effettuare le verifiche ipotecarie e catastali, in alcuni casi potrebbe essere utile integrare la consulenza notarile con l’incarico a tecnico di fiducia per un sopralluogo. Si consideri inoltre come la tecnologia viene in aiuto anche in questo ambito: molti professionisti oggi offrono la possibilità di effettuare visite virtuali degli immobili, consentendo di visualizzare la casa in dettaglio senza doversi spostare fisicamente.
Dal 20 al 23 marzo, la Fiera di Bergamo ospiterà Fiera Edil 2025, appuntamento di riferimento per il settore delle costruzioni. L’evento rappresenta un’occasione per imprese, professionisti ed enti pubblici di confrontarsi sulle nuove frontiere della sostenibilità, dell’innovazione e della rigenerazione urbana.
Uno dei momenti più attesi della fiera sarà la presentazione della ricerca «Bergamo e i suoi territori – Processi di rigenerazione urbana e sviluppo sostenibile», commissionata da Ance Bergamo a Scenari Immobiliari. Lo studio – che verrà illustrato nel convegno inaugurale di giovedì 20 marzo, dalle ore 10:00 alle 12:00 presso la Sala Caravaggio, con la partecipazione di esperti del settore e rappresentanti istituzionali – analizza le prospettive per il rinnovamento del patrimonio edilizio, l’efficienza energetica e le politiche di sviluppo urbano. In tale occasione sarà presentata la proposta Ance di un Piano di Housing Accessibile, che mira a coinvolgere pubblico e privati per affrontare in modo efficace le sfide legate all’emergenza abitativa, attraverso semplificazioni e incentivi urbanistici, strumenti finanziari adeguati e misure fiscali incentivanti.
Negli ultimi anni, Bergamo ha consolidato il proprio ruolo strategico a livello nazionale ed europeo, grazie alla capacità di attrarre investimenti e alla dinamicità del suo tessuto imprenditoriale. L’edilizia rappresenta oltre il 20% del valore aggiunto provinciale, confermandosi un pilastro dell’economia locale.
In questo contesto il territorio deve accellerare gli interventi di riqualificazione urbana e il potenziamento delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, elementi chiave per affrontare la transizione ecologica e digitale.
«La rigenerazione urbana – dichiara Vanessa Pesenti, Presidente di Ance Bergamo – non è solo una necessità, ma un’opportunità straordinaria per ripensare il nostro modo di abitare le città, migliorando la qualità della vita e promuovendo la sostenibilità. Negli ultimi anni, Bergamo ha dimostrato una grande capacità di adattarsi ai cambiamenti, consolidando la sua vocazione economica e infrastrutturale, ma le sfide del futuro richiedono una visione strategica condivisa tra istituzioni, imprese e cittadini.
La ricerca che presenteremo alla Fiera Edil 2025, dedicata ai temi della casa e dello sviluppo del territorio, offrirà spunti concreti per attuare più ampi e significativi processi di rigenerazione, sfruttando le opportunità del territorio bergamasco per offrire soluzioni in grado di rispondere alle nuove esigenze abitative. Rigenerare il patrimonio edilizio esistente, migliorare l’efficienza energetica e promuovere la sostenibilità ambientale non sono più solo obiettivi, ma vere e proprie urgenze che il settore deve gestire con competenza e determinazione, dando risposte alla crescente emergenza abitativa».
La Fiera Edil 2025 sarà quindi un’occasione per riflettere sulle sfide del settore e sulle strategie per un futuro sostenibile, con Bergamo come modello di innovazione e sviluppo urbano.
Il mercato energetico, dopo essersi messo alle spalle la crisi, deve fare i conti oggi con una nuova realtà, caratterizzata da prezzi più stabili rispetto ai picchi toccati negli ultimi anni, ma più alti rispetto ai livelli pre-crisi.
La nuova indagine dell’Osservatorio tariffe di Segugio.it mette in evidenza l’evoluzione del PUN, il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica, e del PSV, il prezzo all’ingrosso del gas, nel corso degli ultimi 12 mesi.
Questi due indici governano tutti i prezzi che, a cascata, i fornitori applicano ai consumatori finali.
Inoltre, Segugio.it analizza l’evoluzione della quota fissa, un vero e proprio canone a prescindere dal consumo, parte integrante delle tariffe luce e gas.
Energia elettrica: dopo un calo, il PUN rimbalza
Per il settore dell’energia elettrica si registra un’importante inversione di tendenza del PUN.
Nel primo quadrimestre 2024 si è registrato un calo del 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023. Tuttavia, nel corso dell’anno, il prezzo all’ingrosso è aumentato del 32 per cento, se confrontiamo novembre con gennaio 2024.
Negli ultimi mesi, inoltre, assistiamo al ritorno prepotente delle offerte a prezzo bloccato che, a novembre 2024, risultano più convenienti del -24 per cento rispetto alle tariffe indicizzate. Questo ovviamente basando le proiezioni delle offerte variabili sui prezzi previsionali, cosiddetti forward.
Gas: in aumento il PSV
Per il gas, lo scenario che si evince dall’analisi del prezzo all’ingrosso (PSV), è simile. Il PSV medio del primo quadrimestre 2024 è -44 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023. Tuttavia, negli ultimi mesi il valore dell’indice è aumentato. Il confronto tra novembre 2024 e gennaio, infatti, vede un aumento del PSV del +46 per cento. Come per la luce, inoltre, le offerte a prezzo fisso sono tornate più convenienti delle offerte a prezzo variabile del -10 per cento.
Aumenta la quota fissa mensile delle forniture
L’indagine dell’Osservatorio mette in evidenza un’ulteriore tendenza del mercato: nel confronto tra il 2021 e il 2024 si registra un netto aumento della quota fissa mensile delle forniture che rappresenta, di fatto, un canone. Incremento del +24 per cento per la luce e del +48 per cento per il gas.
Secondo Paolo Benazzi, managing director per il mercato Utilities&Banking di Segugio.it, “la crisi energetica del 2022 ha inflazionato le cosiddette quote fisse di commercializzazione. Si tratta di canoni che il consumatore corrisponde per l’offerta di energia e di gas, a prescindere dai consumi. Parliamo di importi in media di 9 euro al mese per punto di fornitura (dai 7/8 euro ai 12/14 euro), e questo considerando le migliori tariffe. Nel 2021, questi stessi importi erano in media di circa 7 euro al mese”.
Entro il 31 marzo 2025 tutte le imprese con sede legale o stabile organizzazione in Italia dovranno stipulare delle polizze assicurative relativamente ai danni causati da calamità naturali a terreni, fabbricati, macchinari, impianti e attrezzature commerciali e industriali.
Difatti, con la Legge 21 febbraio 2025, n. 15 di conversione con modificazioni del Decreto Milleproroghe 2024, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 24 febbraio 2025 ed entrata in vigore il 25 febbraio 2025, è stato confermato lo slittamento al 31 marzo 2025 dell’obbligo di stipula delle polizze catastrofali per le imprese, tranne che per le imprese della pesca e dell’acquacoltura il cui obbligo è stato slittato al 31 dicembre 2025.
A tal proposito è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2025 il Regolamento che stabilisce le modalità operative e attuative degli schemi di assicurazione contro i rischi catastrofali, così come previsto dalla Legge di Bilancio 2024, il quale entrerà in vigore il prossimo 14 marzo. Il Regolamento era stato presentato a settembre dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy e successivamente è stato rivisto e modificato dal Consiglio di Stato.
Tale Regolamento definisce la tipologia delle imprese che sono obbligate a stipulare le polizze catastrofali entro il 31 marzo 2025, l’oggetto della copertura assicurativa e le calamità naturali, così come gli eventi catastrofali da assicurare. Il Regolamento, inoltre, chiarisce anche come individuare gli eventi calamitosi e quali sono i criteri di determinazione dei premi assicurativi e i limiti alla capacità di assunzione del rischio per le assicurazioni.
Nel dettaglio, il Regolamento stabilisce che gli eventi coperti dalle polizze assicurative includono sismi, alluvioni, frane e inondazioni, i quali sono definiti con modalità precise per calcolare il danno e la determinazione di eventuali massimali.
Le imprese devono, quindi, assicurare tutti i beni, ossia terreni, fabbricati, attrezzature industriali e commerciali, impianti e macchinari iscritti nello Stato patrimoniale e impiegati per l’attività di impresa a qualsiasi titolo, con esclusione di quelli già assicurati da un’analoga copertura assicurativa.
Il Regolamento chiarisce che i premi assicurativi saranno calcolati in misura proporzionale al rischio e possono essere periodicamente aggiornati, tenendo conto di diversi fattori, come:
• ubicazione geografica del bene;
• vulnerabilità dei beni assicurati;
• serie storiche e mappe di rischio;
• modelli predittivi;
• misure di prevenzione;
• adeguamento periodico.
Per quanto concerne la capacità di assunzione del rischio, le imprese assicurative devono rispettare dei limiti alla capacità di assumere rischio e dovranno stabilire una “propensione al rischio” che deve essere aggiornata annualmente, in linea con i requisiti di solvibilità globale. Le polizze assicurative, inoltre, potranno includere una franchigia e dei massimali che variano a seconda della somma assicurata, con possibilità di personalizzazione per le grandi imprese.
Per quanto concerne i danni indennizzabili, sono stati specificati i criteri di indennizzo del danno, stabilendo che una parte del danno può rimanere a carico dell’impresa assicurata. Nel dettaglio, per una somma assicurata fino a 30 milioni di euro è previsto uno scoperto pari al 15% del danno indennizzabile e tale scoperto si applica solo se espressamente previsto dalla polizza, mentre per una somma assicurata superiore a 30 milioni di euro (quindi per le grandi imprese) la quota di danno a carico dell’impresa assicurata è stabilita attraverso libera negoziazione con la compagnia assicurativa.
Riguardo ai massimali e ai limiti di indennizzo:
• per polizze assicurative fino a 1 milione di euro il limite di indennizzo è pari alla somma assicurata;
• per polizze assicurative tra 1 e 30 milioni di euro il limite di indennizzo non può essere inferiore al 70% della somma assicurata;
• per polizze assicurative oltre i 30 milioni di euro i massimali sono concordati liberamente con la compagnia assicurativa;
• per quanto riguarda i terreni la copertura è prestata a primo rischio assoluto (ovvero fino al massimale concordato, senza l’applicazione della regola proporzionale).
È importante chiarire che è prevista l’esclusione dalla copertura assicurativa per i beni immobili che presentano abusi edilizi o che sono sprovvisti delle necessarie autorizzazioni edilizie.
L’adeguamento alla normativa relativa ai testi di polizza deve avvenire entro e non oltre 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto, mentre per quanto concerne le polizze già in essere, tale adeguamento deve decorrere a partire dal primo rinnovo o quietanzamento utile delle stesse.
Infine, il decreto stabilisce che le imprese che non rispettano l’obbligo di stipulare le polizze assicurative catastrofali entro la scadenza prevista, saranno soggette a sanzioni amministrative, esclusioni da benefici fiscali (incentivi, agevolazioni fiscali etc.) e inoltre saranno costrette a regolarizzare la propria posizione.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Aumenta la raccolta differenziata e diminuisce la produzione di rifiuti indifferenziati: anche per il 2023 si consolida dunque l’andamento positivo e si registra, a livello regionale, il raggiungimento di circa il 68% (67,9%) di raccolta differenziata superando così l’obiettivo del 65% previsto dalla normativa nazionale e dal piano regionale dei rifiuti, e si sta avvicinando all’obiettivo del 70% previsto da Piano Regionale Rifiuti Urbani per la fine del 2025.
La raccolta differenziata risulta in crescita, rispetto al 2022, di quasi un punto percentuale: ogni cittadino piemontese nel corso del 2023 ha separato con la propria raccolta differenziata 10 chilogrammi di rifiuti in più rispetto al 2022 (342 kg per abitante nel 2023 rispetto ai 332 del 2022) lasciando nell’indifferenziato 162 kg pro capite contro i 163 del 2022.
In Piemonte, nel 2023, sono state raccolte 2.140.901 tonnellate di rifiuti di cui 1.454.049 tonnellate in modo differenziato.
L’indicatore più significativo per verificare l’efficacia della raccolta differenziata e delle attività di riduzione della produzione di rifiuti è il quantitativo pro capite di rifiuto indifferenziato prodotto, il cui valore di riferimento per il 2023 era 159 kg pro capite: l’obiettivo è stato raggiunto in tutte le province, ad eccezione di Alessandria (che ha registrato un valore di 165 Kg/ anno per abitante, in miglioramento rispetto al 2022) e Città metropolitana di Torino (con 181 Kg/anno per abitante, il cui obiettivo è di 190 kg/anno per abitante).
«I dati ufficiali del 2023 dimostrano che il lavoro che stiamo portando avanti, in termini di piani e di investimenti, sta raccogliendo i frutti con risultati sempre migliori – afferma l’assessore regionale all’Ambiente Matteo Marnati – e passo dopo passo, dopo aver raggiunto quasi ovunque l’obiettivo del 65%, ci avviciniamo agli obiettivi fissati dal Piano Regionale dei Rifiuti Urbani entro la fine del 2025. Il costante aumento della raccolta differenziata, unita alla diminuzione della produzione di rifiuti indifferenziati indica che stiamo recuperando materiale da riciclare e quindi avere, da una parte un minore impatto sull’ambiente, e dall’altra andare nella direzione dell’economia circolare potenziando sempre più le filiere del recupero. Regione Piemonte sta diventando una regione dove si rafforza sempre di più l’economia circolare col potenziamento di tutta la filiera del recupero dei materiali. Questo sarà uno dei punti chiavi di sviluppo industriale piemontese».
Le frazioni maggiormente raccolte pro capite nel 2023 sono: la carta e il cartone (298.332 tonnellate circa pari a 70,2 kg pro capite; l’organico (267.885 tonnellate circa, 63 Kg pro capite); sfalci e potature (150.242 tonnellate, 35,3 kg pro capite; vetro (124.621 tonnellate, 29,3 kg pro capite e legno (110.155 tonnellate, 25,9 kg pro capite).
A livello di province l’obiettivo del raggiungimento del 65% di raccolta differenziata, previsto dalla normativa nazionale e dal piano regionale dei rifiuti, viene superato da tutte le province ad esclusione della Città Metropolitana di Torino che comunque registra un netto balzo migliorando di 2 punti percentuali rispetto alla rilevazione del 2022, attestandosi ora al 64% (contro il 62% del 2022).
A livello di comuni, quelli che nel 2023 hanno superato quota 65% di differenziata salgono a 757 pari al 64,1% (erano 714 nel 2022 pari al 60,5%) dei comuni piemontesi, la maggior parte dei quali – circa l’85% – ha meno di 5mila abitanti; 182 comuni hanno superato l’82% di raccolta differenziata.
Per quanto riguarda il dato di raccolta differenziata riferito ai comuni capoluogo, nel 2023 in testa troviamo Novara (77,18%) seguita da Biella (76,75) quindi Verbania (con il 76,71%), Vercelli (70,12), Cuneo (67,67), Asti (66,5). Torino, con il 57,2 e Alessandria, con il 47,8, registrano un miglioramento rispetto al 2022.
A livello di Consorzio di Area Vasta, per quanto riguarda la percentuale di raccolta differenziata, l’obiettivo del 65% è stato raggiunto, o superato, da 18 Consorzi su 21. Il podio spetta al Consorzio del Medio Novarese, a pari merito con il Chierese, (con l’84%) seguito dall’Albese Braidese (81%). Sei Consorzi di Area Vasta sono tra l’80 e il 70%; restano al di sotto del 65% i consorzi Alessandrino, Area Vasta Torino e Canavesano.
Sempre a livello Consortile, per quanto riguarda l’obiettivo di riduzione dei rifiuti indifferenziati pari a 159 kg/abitante, l’obiettivo è stato raggiunto da 12 consorzi su 21: il podio è occupato da Chierese (80kg/abitante), Medio Novarese (84 kg/abitante) e Basso Novarese (104 kg/abitante).
Comunicato stampa Regione Piemonte