COMUNICATO STAMPA
Il progetto HARP mette a disposizione uno strumento gratuito che stima l’efficienza energetica degli apparecchi installati e ne incentiva la riqualificazione
Nell’ambito del progetto europeo HARP e della relativa campagna di comunicazione, partita ieri in Italia, è stata creata un’applicazione online che permette a consumatori e professionisti di valutare l’efficienza energetica del proprio apparecchio esistente attraverso l’etichetta energetica.
Il modo in cui riscaldiamo le nostre case oggi pesa molto sull’ambiente e sui bilanci familiari. Il 50% degli apparecchi di riscaldamento installati sono vecchi e inefficienti, e con la volatilità dei prezzi del gas nell’UE attualmente in aumento il costo per le famiglie sarà sempre più elevato. Il tasso di sostituzione annuale degli apparecchi è fermo al 4%, e se proseguirà con lo stesso ritmo la situazione non è destinata a cambiare a breve.
L’applicazione HARPa, disponibile nella versione italiana sul sito di Assotermica, associazione partner del progetto federata ad Anima Confindustria, permette aI consumatori di Francia, Germania, Spagna, Italia e Portogallo, con l’aiuto dei professionisti, di stimare la classe energetica del proprio apparecchio obsoleto. Lo scopo è motivare i consumatori a pianificarne la sostituzione con un’alternativa più efficiente tra quelle presenti sul mercato.
HARPa accompagna i consumatori durante tutto il processo di sostituzione fornendo, oltre all’etichetta energetica:
– una panoramica delle diverse tecnologie alternative e dei loro principali vantaggi;
– una lista di professionisti che possono fornire assistenza tecnica agli utenti;
– una panoramica degli incentivi fiscali disponibili a livello nazionale.
Oggi, dei 129 milioni di caldaie installate nell’UE, più del 50% sono ormai inefficienti, ovvero classificate in classe energetica C o inferiore (75-82% di efficienza). HARPa diventa fondamentale nell’accompagnare il consumatore nel corso dell’intero processo decisionale, partendo proprio dalla sensibilizzazione degli utenti.
Joana Fernandes, coordinatrice del progetto HARP, ha dichiarato:
“Con l’inverno alle porte, siamo entusiasti di lanciare la nostra applicazione online con tutte le sue funzionalità, permettendo ai consumatori e ai professionisti di etichettare i sistemi di riscaldamento, compresi gli apparecchi per la produzione di acqua calda sanitaria e i sistemi combinati. Il team internazionale del progetto ha unito le forze per fornire uno strumento pratico per aiutare concretamente i consumatori a sostituire i propri vecchi apparecchi per il riscaldamento con soluzioni più efficienti presenti sul mercato. Stiamo ora lavorando per portare HARPa alle famiglie di tutta Europa: crediamo sia un contributo cruciale per abbassare il costo ambientale del riscaldamento e l’incidenza sui bilanci familiari”.
I sistemi di riscaldamento inefficienti hanno un enorme impatto sul consumo di energia e sulle emissioni di CO₂ dell’UE, considerando che:
– l’80% dell’energia utilizzata dalle famiglie va per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria;
– a causa dell’uso di alcuni apparecchi alimentati a combustibili fossili il 12% delle emissioni totali dell’Unione Europea proviene dal riscaldamento degli edifici;
– alcuni apparecchi possono durare più di 15 anni, e il loro tasso di sostituzione annuale è molto basso (4%). È quindi probabile che la maggior parte dei consumatori scoprirà che il proprio apparecchio è in classe C o inferiore.
Il progetto HARP (Heating Appliances Retrofit Planning) ha ricevuto un finanziamento dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea sotto l’accordo di sovvenzione N. 847049. I partner italiani del Progetto HARP sono Assotermica, ENEA ed Eurac Research.
Per maggiori informazioni:
Da ora è possibile sanificare tutti gli impianti idrici di ricircolo ACS contro la proliferazione della legionellosi senza utilizzare shock chimici o stress termici.
Il metodo Physico® a induzione elettromagnetica permette la prevenzione e la sanificazione continua di queste sezioni di impianto senza far subire all’utenza i conseguenti fermi impianto e gli alti costi di gestione che altre tipologie di sanificazione attuali comportano.
L’inserimento del dispositivo nella linea di mandata della sezione di ricircolo di ACS permette in modalità continua e costante l’abbattimento totale delle UFC di Legionella Pneumophila senza alterare la composizione chimica dell’acqua originaria.
Il trattamento, che si basa sul principio dell’induzione elettromagnetica, è di tipo fisico pertanto raggiunge l’obiettivo descritto senza l’ausilio di shock chimici o stress termici mantenendo inalterata la potabilità dell’acqua trattata.
Volendo verificarne l’efficacia su impianti reali di grosse e piccole portate abbiamo dimensionato e posto i ns dispositivi nei punti sensibili dei rispettivi impianti idrici
dotati di ricircolo ACS in varie località d’Italia.
Dopo circa un’ anno di verifiche abbiamo avuto la certezza che quanto avveniva in laboratorio avviene anche negli impianti a regime sia utilizzando acqua di rete che
acqua di pozzo anche in assenza di clorazione standard.
Physico® è il dispositivo che se installato nella linea principale di adduzione acqua porta a eliminare la formazione di incrostazioni calcaree negli scambiatori di calore e ad abbattere la carica batterica eventualmente presente nella misura dell’80/90%, non richiede alcuna manutenzione e mantiene inalterata la composizione chimica dell’acqua trattata.
Ora, qualora venga installato anche nella sezione di ricircolo di ACS, Physico Racs® permette l’abbattimento totale e permanente delle UFC di Legionella Pneumophila.
I vantaggi che si conseguono dall’impiego di questa tipologia di dispositivi sono marcatamente evidenti e così riassumibili:
– Biosicurezza permanente anti-legionella e batteri patogeni;
– Invariata potabilità dell’acqua adibita al consumo umano;
– Nessun residuo ambientale;
– Nessuna manutenzione ai dispositivi di trattamento acqua;
– Efficacia anche a basse temperature, con conseguente risparmio economico e minore impatto ambientale (produzione di CO2);
– Nessuna corrosione indotta ai metalli che compongono l’impianto;
– Nessuna interdizione all’utilizzo dell’acqua durante il trattamento;
– Eccellente alternativa al ricorso a biocidi chimici o shock termici utilizzati sinora
– Migliorata funzionalità e durata dell’impianto idrico trattato
TECNOACQUE
A cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Con la sentenza n. 1667 dell’8 aprile 2021, il Tribunale di Torino ha stabilito che è annullabile la delibera se il condomino non vi ha preso parte perché nella convocazione sono indicati mese ed anno errati.
Nella vicenda in esame, la condomina Tizia riceveva l’avviso di convocazione dell’assemblea che indicava quale data della riunione il giorno 30/04/2017 alle ore 18,00, sebbene l’assemblea si tenesse il giorno 30/05/2019. L’errore nell’avviso era evidente, in quanto il primo punto dell’ordine del giorno riguardava l’approvazione del bilancio consuntivo, gestione ordinaria 2018 e relativo riparto spese, mentre il terzo punto dell’ordine del giorno concerneva l’approvazione del bilancio preventivo gestione ordinaria 2019 e relativo riparto spese.
Pertanto, Tizia citava in giudizio il condominio per sentire dichiarare dal giudice l’invalidità della convocazione ricevuta per l’assemblea condominiale del 30/05/2019, nonché l’invalidità della delibera assembleare, assunta in data 30/05/2019 in ordine a tutti i punti all’ordine del giorno.
Le affermazioni di Tizia venivano contestate da parte convenuta; in modo particolare, i condòmini precisavano che l’errore materiale in cui era incorso l’amministratore nella convocazione dell’assemblea del 30/05/2019 era stato prontamente corretto mediante l’invio di altra raccomandata in data 23/05/2019, con avviso di giacenza in data 28/05/2019.
Il giudice torinese accoglieva la domanda di parte attrice e condannava i condomini al pagamento delle spese di lite.
Secondo lo stesso giudice, l’invio della raccomandata il giorno 24/05/2019, giacente all’ufficio postale dal giorno 28/05/2019, oltre a non avere sanato l’errore nella convocazione spedita con l’indicazione della data del 30/04/2017 per la riunione dell’assemblea condominiale, era da ritenersi tardiva, dal momento che, anche in caso di collaborazione del destinatario, sarebbe stata ricevuta fuori termine.
Inoltre, il giudice sottolineava che la diversa ricostruzione del condominio secondo cui usando l’ordinaria diligenza si sarebbe potuta individuare l’esatta data di convocazione dell’assemblea non era convincente, in quanto l’errore nell’indicazione della data (30/04/2017) poteva comunque indurre Tizia a considerare sbagliata anche l’indicazione dell’orario di convocazione in ordine al quale non vi erano elementi dai quali dedurre, con l’ordinaria diligenza, l’orario corretto.
A Cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Con la sentenza n. 20007/2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui termini entro i quali deve essere esperita l’azione possessoria contro il condominio.
Nella vicenda in esame, un condomino, mediante la collocazione di una sbarra, impediva ad alcune proprietarie di un edificio confinante di passare attraverso una stradella che collegava la proprietà delle stesse alla pubblica via. Le proprietarie, sostenendo di essere state spossessate dal condominio, si rivolgevano al Tribunale per domandare la reintegrazione nella disponibilità del viale di accesso posto sul retro del loro immobile, ma il giudice di prime cure non accoglieva la domanda.
La sentenza di primo grado veniva confermata dai giudici di merito, secondo i quali i testimoni escussi nel corso della causa avevano confermato la presenza di una catena di divieto di passaggio alla strada posta dal condominio molti anni prima del posizionamento della sbarra. La Corte territoriale riteneva che ciò fosse la prova che lo spossessamento era avvenuto da molto tempo e, di conseguenza, dichiarava le parti decadute dalla domanda.
A questo punto, il caso giungeva in Cassazione, davanti alla quale le proprietarie sollevavano i seguenti tre motivi:
Gli Ermellini dichiaravano il ricorso inammissibile, precisando che “nel caso di spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti, il termine utile per l’esperimento dell’azione possessoria decorre dal primo di essi se quelli successivi, essendo strettamente collegati e connessi, devono ritenersi prosecuzione della stessa attività, decorrendo, altrimenti, dall’ultimo atto quando ogni atto – presentando caratteristiche sue proprie – si presta ad essere considerato isolatamente”.
Inoltre, secondo il Tribunale Supremo, “l’amministratore di condominio, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, può essere convenuto in giudizio per ogni azione vertente su fatti di spoglio o turbativa concernenti le parti comuni dell’edificio ed ha facoltà di proporre tutti i gravami che successivamente si rendano necessari in conseguenza della vocatio in ius, avendo l’amministratore, tra gli altri, anche il compito di compiere gli atti conservativi – tra i quali rientrano altresì quelli a tutela del possesso – dei diritti inerenti ai beni condominiali, e perciò trattandosi di controversia compresa nell’ambito delle sue attribuzioni ex art. 1130 c.c.”.
Sconto Irpef del 90% per il recupero dell’involucro esterno di un edificio residenziale situato in prossimità della costa e visibile soltanto dal mare e non da vie, strade o suoli pubblici. Lo chiarisce l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 595 del 16 settembre 2021, sulla base del parere espresso dal ministero della Cultura.
Il fabbricato in questione rientra, secondo l’amministrazione comunale, all’interno della fascia B agevolabile, ma la nuova facciata potrà essere ammirata “solo a largo” e da questo nasce il dubbio del contribuente. L’istante chiede se potrà usufruire ugualmente del bonus del 90% e se lo specchio d’acqua antistante la proprietà o la scogliera demaniale da dove l’immobile è visibile rientrano tra gli spazi a uso pubblico.
L’Agenzia fornisce come di consueto le basi normative dell’agevolazione richiamata. In sintesi, il bonus facciate (articolo 1, commi da 219 e 223, della legge n. 160/2019) prevede una detrazione del 90% delle spese documentate sostenute nel 2020 e 2021 per interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti situati in zona A o B, delle città, secondo le indicazioni del decreto n. 1444/1968 del ministro dei Lavori pubblici. La misura è stata introdotta con lo scopo di rinnovare e restituire decoro alle città di particolare pregio storico, artistico e ambientale e favorire, in generale, il risanamento degli edifici situati nei centri urbani con determinate caratteristiche, oltreché incentivare i lavori di miglioramento dell’efficienza energetica dei fabbricati.
L’amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti sulla sua applicazione con la circolare n. 2/2020 (vedi articolo “Bonus facciate: è arrivata l’ora della circolare con i chiarimenti”).
L’agevolazione spetta per gli interventi realizzati esclusivamente sulle strutture opache della facciata, sui balconi, ornamenti e fregi, e quindi, per i miglioramenti riguardanti l’involucro esterno visibile dell’edificio, e, in particolare, sugli elementi che costituiscono esclusivamente la struttura opaca verticale.
Niente detrazione, invece, per i lavori effettuate sulle pareti interne del fabbricato, a meno che non siano visibili dalla strada o da suolo a uso pubblico, restano fuori anche la sostituzione di vetrate, infissi, grate, portoni e cancelli.
Per quanto riguarda il caso particolare descritto nell’interpello l’Agenzia delle entrate, in linea con il parere del ministero della Cultura, ritiene che l’istante, in presenza delle altre condizioni previste dalla norma, possa usufruire del bonus facciate per i lavori effettuati sull’edificio visibile solo dal mare e non da vie, strade o suoli pubblici. Nello specifico il Mic ha chiarito che l’ipotesi non rientrata tra le esclusioni previste dalla circolare n. 2/2020, riguardanti lavori su facciate interne di un fabbricato o su superfici confinanti con spazi interni.
Fonte: FiscoOggi
A Cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Per nuda proprietà si intende il valore di un immobile decurtato dell’usufrutto. Dunque, trattasi di un caso di proprietà privata a cui non si accompagna un diritto reale di godimento del bene al quale si riferisce.
La differenza fra nuda proprietà e piena proprietà sta nel fatto che nel primo caso l’immobile viene utilizzato e goduto da un soggetto diverso dal proprietario, cioè l’usufruttuario. Chi vende può continuare a vivere nella casa per tutta la vita e l’acquirente può prenderne possesso dopo la morte del venditore.
La piena proprietà si acquista anche nel momento in cui si verificano le seguenti ipotesi:
Colui che vende la nuda proprietà, conservando il diritto di goderne l’uso per tutta la vita oppure entro un certo periodo di tempo stabilito nel contratto, prende il nome di usufruttuario, mentre chi acquista la nuda proprietà è detto nudo proprietario, poiché detiene il diritto di proprietà del bene piuttosto che il diritto di usufruirne.
Di solito, per acquistare una casa in nuda proprietà ci si serve di un’agenzia immobiliare, la quale ha il compito di gestire tutte le pratiche occorrenti per il perfezionamento dell’acquisto. In tal caso, il prezzo di vendita del bene viene stabilito da una perizia professionale, che prende in considerazione due fattori:
È importante sottolineare che più anziano è il venditore, più alto è il valore della nuda proprietà e la tassazione da applicare all’atto di compravendita.
Dall’acquisto della nuda proprietà derivano alcuni importanti vantaggi. Innanzitutto, il nudo proprietario ha il vantaggio di acquistare a un prezzo più basso rispetto al valore di mercato e non gli non è richiesto di sostenere le spese di manutenzione ordinaria e generale dell’immobile.
Inoltre, un importante vantaggio consiste nel bonus prima casa, nel rispetto delle condizioni previste per l’acquisto della piena proprietà:
A colui che vende la nuda proprietà rimane, invece, il diritto di utilizzare e godere dell’immobile, acquisendo una liquidità economica immediata.
A cura di: Giorgio Cambruzzi – Presidente ANACI di Padova
Dal 2004 al 2012 il Senatore Franco Mugnai mise mano alla riforma del Codice Civile in materia di Condominio.
Si rese conto come ogni singolo articolo presentasse mille e più interpretazioni contrastanti che erano, di volta in volta, sviscerate dagli avvocati a seconda dell’indirizzo scelto nelle loro alterne vertenze.
Il Senatore Mugnai, con quanto stabilito al punto 4 dell’art. 13.2 della Legge 220/12 (ora punto 4 dell’art. 1135 Cod. Civ.) intendeva certamente tutelare l’Impresa esecutrice dei lavori straordinari, approvati dall’Assemblea, per la liquidazione dei lavori eseguiti, ma nel contempo intendeva garantire i condomini virtuosi a non essere coinvolti in controversie legali per il mancato rispetto economico.
Il Senatore Mugnai, negli anni dedicati alla riforma, aveva accertato con che faciloneria molti amministratori appaltavano lavori, anche economicamente importanti, senza l’accantonamento preventivo della spesa.
In quel tempo la naturale conseguenza era il Decreto Ingiuntivo richiesto dall’Impresa creditrice, non contro l’amministratore che incautamente aveva sottoscritto il contratto d’appalto perché semplice mandatario, ma contro il condominio.
Ottenuto il Decreto Ingiuntivo, l’Impresa notificava il precetto al condomino che palesemente sembrava essere il più facoltoso. Questi, prima insultava e contestava l’amministratore propagandandone la revoca, poi correva dai morosi per recuperare le singole quote,
Ora non è più così; l’Impresa che non ha incassato il saldo si fa rilasciare dall’amministratore l’elenco completo dei condomini morosi con la quota economica non corrisposta.
Singolarmente per ogni condomino moroso l’Impresa chiede ed ottiene il Decreto Ingiuntivo, comprensivo anche degli oneri legali, e notifica il tutto al moroso.
Se non ci saranno intoppi, entro un anno l’Impresa recupererà oneri legali e quota condominiale non corrisposta.
Se ci saranno intoppi, ossia: condomino nulla tenente; condomino fallito; condominio defunto; eccetera, allora la procedura inverte la rotta a 180°.
La procedura giudiziaria per accertare l’insolvenza, dura dai quattro ai sei anni.
Solo dopo la dichiarazione d’insolvenza, finalmente l’Impresa potrà rivolgersi al Condominio, richiedendo la quota del condomino moroso, oltre al rimborso di tutte le spese legali sostenute nei 4/6 anni di dibattiti.
Oltre alle varie problematiche discusse e dibattute dall’estate 2020 sul Bonus Fiscale 110%, da aprile 2021 tutti gli esperti (tecnici, opinionisti, legali, ecc. ecc.), nonché l’Agenzia delle Entrate, si sono dilettati a scrivere le interpretazioni più varie e fantasiose, nonchè esprimere giudizi imperiosi su come ci si deve comportare per risolvere l’imperativo “punto 4 art. 1135 Cod. Civ.”.
Che tristezza; volano talmente in alto che non ricordano la realtà terrena!
L’art. 1135 del Codice Civile è uno dei pochi articoli derogabili. In effetti non è elencato tra gli articoli inderogabili indicati nell’ultimo comma dell’art. 1138 del Codice Civile.
Perché accanirsi a scrivere teorie fantasiose prive di fondamento?
Perché aumentare la confusione interpretativa sul 1135.4 del C.C.?
Di che credibilità possono ancora vantarsi, constatata la loro superficialità macroscopica?
L’amministratore, sufficientemente preparato, come l’Associato ANACI Padova, indica all’ordine del giorno dell’Assemblea, tra gli altri punti:
Il verbale dell’Assemblea, che ha approvato la deroga, deve essere scrupolosamente conservato, per essere eventualmente esibito ai Funzionari che dovessero verificare i documenti atti a ottenere le agevolazioni fiscali.
Anche questo trabocchetto del Bonus 110 è superato.
Quanto rumore per nulla!
A Cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Il Tribunale di Venezia, con la sentenza n. 1416 del 7 luglio 2021, ha stabilito che, nel caso in cui manchi la delibera dell’assemblea, spetta al condominio richiedere la proroga della mediazione.
Nel caso in esame, il condomino Caio instaurava una controversia ai fini dell’annullamento/nullità di una delibera assembleare del condominio Alfa, il quale, a sua volta, sollevava eccezione di irregolarità della procedura di mediazione.
Il Tribunale rigettava l’eccezione, osservando che, se da un lato è vero che, ai sensi dell’art. 71 quater, commi 3 e 4, disp. att. c.c. “Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1135, secondo comma, del codice” e che “Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone…idonea proroga della prima comparizione”, dall’altro è anche vero che la predetta proroga deve essere richiesta “su istanza del condominio”.
Nella vicenda in esame, la documentazione allegata dal patrocinio del condominio metteva in luce il fatto che l’Organismo di mediazione, con nota del 5/9/2019, invitava il condominio ad aderire alla procedura e che lo stesso Organismo, a fronte della risposta dell’amministrazione condominiale, pregava l’amministratore non solo di voler convocare l’assemblea nei tempi d’urgenza, ma anche di voler fornire una risposta in breve tempo. A tale richiesta formulata dall’Organismo di mediazione seguiva la totale inerzia del condominio convenuto, tant’è che si provvedeva a fissare il primo incontro alla presenza delle parti per il giorno 16/10/2019, dunque a distanza di oltre un mese dalla missiva.
Evincendosi dall’inciso “su istanza del condominio” di cui al suddetto disposto normativo come ricadesse in capo al condominio l’onere di attivarsi per ottenere la proroga, in verità quest’ultimo non aveva fatto più pervenire alcuna risposta all’Organismo di mediazione, né tantomeno alcuna nota giustificativa.
A Cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 2008 del 30 giugno 2021, ha stabilito che ai singoli condòmini non spetta il diritto di appellare la sentenza pronunciatasi sulla validità della deliberazione assembleare impugnata.
Legittimato a ciò è solo l’amministratore, in quanto trattasi di controversie che non hanno ad oggetto i diritti su di un bene o su di un servizio comune, ma la gestione di esso.
Nel caso in esame, l’appellante ha invocato il principio enunciato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, secondo cui “Nelle controversie condominiali che investono i diritti dei singoli condòmini sulle parti comuni, ciascun condòmino ha, in considerazione della natura dei diritti contesi, un autonomo potere individuale – concorrente, in mancanza di personalità giuridica del condominio, con quello dell’amministratore – di agire e resistere a tutela dei suoi diritti di comproprietario “pro quota”, sicché è ammissibile il ricorso incidentale tardivo del condòmino che, pur non avendo svolto difese nei precedenti gradi di merito, intenda evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio senza risentire dell’analoga difesa già svolta dallo stesso” (Cass., Sez. Unite, n. 10934 del 18 aprile 2019).
I giudici di merito, richiamando una decisione della giurisprudenza di legittimità, hanno sottolineato che “laddove oggetto del ricorso sia un diritto afferente alla sfera di ogni singolo condòmino, ciascuno di essi può autonomamente far valere la situazione giuridica vantata. A tal fine può avvalersi personalmente dei mezzi d’impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio”.
Tuttavia, detto principio non si applica alle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di deliberazioni assembleari (Cass., sent. n. 29748/2017); essendo in discussione esigenze di carattere collettivo, la legittimazione attiva e passiva spetta in via esclusiva all’amministratore, la cui acquiescenza alla sentenza esclude la possibilità di impugnare da parte del singolo condòmino.
Poi ancora la Corte distrettuale ha fatto riferimento ad un’altra pronuncia della Cassazione, secondo cui nelle controversie aventi a oggetto l’impugnazione di deliberazioni assembleari, dal momento che unico soggetto legittimato passivo è l’amministratore, l’eventuale intervento del singolo condòmino è adesivo dipendente, sicché questi non è ammesso a proporre gravame avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio. “La legittimazione passiva esclusiva dell’amministratore del condominio nei giudizi relativi alla impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea promossi dal condomino dissenziente discende dal fatto che la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini, ancorché in opposizione all’interesse particolare di uno di essi” (Cass., ord. n. 2623/2021).
Nel caso in esame, la condòmina appellante non ha allegato di essere in alcun modo, direttamente o indirettamente, lesa nei suoi diritti dall’esecuzione dei lavori avviati dal proprietario dei locali sottostanti il tetto comune, né la stessa ha esposto di aver subìto una lesione dei suoi diritti da parte del predetto condòmino, nemmeno quale comproprietaria pro quota.
A Cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Il bonus facciate è un’agevolazione fiscale messa a disposizione dallo Stato per coloro che devono eseguire specifiche opere sulla facciata esterna di un edificio.
Più precisamente, trattasi di un’agevolazione consistente in una detrazione di imposta del 90% su determinati interventi eseguiti sulle parti esterne degli immobili.
Il bonus facciate riguarda esclusivamente gli immobili situati nei centri delle città, individuati come edifici urbani, che fanno parte dei centri storici o di zone contigue, e non trova applicazione durante la costruzione di nuovi edifici.
Per poter usufruire del bonus facciate, occorre specificare i dati dell’immobile al momento della dichiarazione dei redditi e presentare tutte le spese effettuate, con metodo tracciabile, per eseguire i lavori.
La detrazione consiste in un credito d’imposta applicato per il periodo di tempo di 10 anni, oppure è possibile richiedere l’accesso all’agevolazione attraverso i seguenti sistemi alternativi:
Possono beneficiare dell’agevolazione in questione i soggetti fisici, anche se svolgono attività professionale autonoma, ma anche gli enti e le società, dal momento che tale bonus è esteso anche nell’ipotesi in cui gli immobili vengano utilizzati come strutture per attività d’impresa.
Con Risposta ad interpello n. 482 del 15 luglio 2021, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il bonus facciate può essere esteso anche agli interventi da eseguire sui balconi.
L’interrogazione riguardava lavori da svolgere sui parapetti dei balconi di un hotel, con inclusa l’installazione di oggetti per l’illuminazione.
Questa la risposta fornita dall’Agenzia:
“Trattandosi di rinnovo degli elementi costitutivi dei balconi, l’Istante ritiene che l’intervento sui parapetti possa rientrare tra quelli agevolabili con il “bonus facciate” e pertanto sia consentita la detrazione delle spese relative al rifacimento dei parapetti stessi, secondo le ipotesi progettuali sopra descritte”. Inoltre, “Con riferimento all’installazione dei corpi illuminanti a soffitto o a parete, nel presupposto che si tratti di opere accessorie e di completamento dell’intervento sulle facciate esterne nel suo insieme i cui costi sono strettamente collegati alla realizzazione dell’intervento stesso (cfr. risposta n. 520 del 2020), il bonus facciate spetta nel caso in cui tali interventi si rendessero necessari per motivi “tecnici”.