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ARCHIVIO DEL CONDOMINIO

L’assemblea può decidere lo spostamento delle cassette postali

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Accesso agli incentivi edilizi per gli italiani residenti all’estero

Ho comprato una casa al mare e sto pianificando la ristrutturazione. Come italiano residente all’estero (iscritto AIRE) senza alcun reddito in Italia, a che incentivi posso accedere per la ristrutturazione (caldaia, finestre, condizionatori, zanzariere, stufa, etc.)?

A fini delle imposte sui redditi si considerano “residenti” le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del Codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

Devono iscriversi all’A.I.R.E. i cittadini che fissano all’estero la dimora abituale e quelli che già vi risiedono, sia perché nati all’estero sia per successivo acquisto della cittadinanza italiana a qualsiasi titolo.

Nel caso di specie, il contribuente afferma di non possedere alcun reddito in Italia, pertanto, dovendo presentare la dichiarazione dei redditi in Italia solo per dichiarare redditi ivi conseguiti, a parere di chi scrive non vi è alcuna possibilità di poter usufruire delle detrazioni fiscali previste in caso di ristrutturazione di immobili.

Al contrario, se il contribuente pagasse l’IRPEF all’Amministrazione finanziaria italiana potrebbe beneficiare della detrazione fiscale, legata agli interventi di ristrutturazione edilizia.

Autoconsumo collettivo, un’arma per combattere caro bollette e inquinamento

Che cosa sono le CER? Chi può farne parte? Quali sono i principali requisiti degli impianti di produzione che possono accedere alle CER?
Queste alcune delle risposte del Gestore dei Servizi Energetici alle domande più frequenti sugli impianti di produzione di energia rinnovabile regolati dal Decreto n. 414 del 7 dicembre 2023 del MASE, entrato in vigore il 24 gennaio 2024.
Il decreto CER individua due strade per promuovere lo sviluppo nel Paese delle Comunità Energetiche Rinnovabili. I due benefici sono tra loro cumulabili e si tratta di:
• un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili, finanziato dal PNRR e rivolto alle comunità i cui impianti sono realizzati nei comuni sotto i cinquemila abitanti che supporterà lo sviluppo di due gigawatt complessivi;
• una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa per tutto il territorio nazionale.

Cosa è una Comunità Energetica Rinnovabile
Una CER è un insieme di cittadini, piccole e medie imprese, enti territoriali e autorità locali, incluse le amministrazioni comunali, le cooperative, gli enti di ricerca, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale, che condividono l’energia elettrica rinnovabile prodotta da impianti nella disponibilità di uno o più soggetti associatisi alla comunità.
In una CER l’energia elettrica rinnovabile può esser condivisa tra i diversi soggetti produttori e consumatori, localizzati all’interno di un medesimo perimetro geografico, grazie all’impiego della rete nazionale di distribuzione di energia elettrica, che rende possibile la condivisione virtuale di tale energia.

Come si costituisce una CER
Per prima cosa è necessario individuare le aree dove realizzare gli impianti alimentati da fonti rinnovabili e gli utenti con cui associarsi e condividere l’energia elettrica.
È poi necessario costituire legalmente la CER, sotto forma di associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, consorzio, organizzazione senza scopo di lucro etc, ossia dotare la CER di una propria autonomia giuridica attraverso una qualsiasi forma che ne garantisca la conformità con i principali obiettivi costitutivi. Ogni CER è, pertanto, caratterizzata da un atto costitutivo e uno statuto.
L’adesione alla CER di un consumatore di energia o di un produttore di energia rinnovabile può avvenire nella fase di costituzione legale della CER, ovvero in una fase successiva, secondo le modalità previste negli atti e negli statuti delle stesse CER.

Chi può far parte di una CER
Una CER è una comunità che aggrega produttori da fonti rinnovabili e consumatori di energia. È quindi possibile partecipare alla CER in qualità di:
• produttore di energia rinnovabile, soggetto che realizza un impianto fotovoltaico (o di altra tipologia);
• autoconsumatore di energia rinnovabile, soggetto che possiede un impianto di produzione da fonte rinnovabile e che produce energia per soddisfare i propri consumi e condividere l’energia in eccesso con il resto della comunità;
• consumatore di energia elettrica, soggetto che non possiede alcun impianto di produzione di energia, ma che ha una propria utenza elettrica, i cui consumi possono essere in parte coperti dall’energia elettrica rinnovabile prodotta dagli altri membri della comunità. Rientrano in tale casistica anche i clienti cosiddetti “vulnerabili” e le famiglie a basso reddito.

I principali requisiti degli impianti di produzione che possono accedere agli incentivi previsti
Per poter accedere agli incentivi previsti per le CER gli impianti di produzione da fonte rinnovabile devono avere potenza non superiore a 1 MW.
Tali impianti sono generalmente di nuova costruzione, anche se possono far parte di una CER impianti già realizzati, purché entrati in esercizio successivamente alla data del 16 dicembre 2021 (data di entrata in vigore del D.lgs. 199/2021) e comunque successivamente alla regolare costituzione della CER. Inoltre, ai fini dell’accesso ai benefici previsti dal Decreto di incentivazione, gli impianti non devono beneficiare di altri incentivi sulla produzione di energia elettrica.

Gli incentivi statali previsti per la costituzione delle CER
Per tutte le CER sono previsti incentivi sull’energia autoconsumata sotto due diverse forme:
• 1 – Una tariffa incentivante sull’energia prodotta da FER e autoconsumata virtualmente dai membri della CER. Tale tariffa è riconosciuta dal GSE – che si occupa anche del calcolo dell’energia autoconsumata virtualmente – per un periodo di 20 anni dalla data di entrata in esercizio di ciascun impianto FER. La tariffa è compresa tra 60 €/MWh e 120€/MWh, in funzione della taglia dell’impianto e del valore di mercato dell’energia. Per gli impianti fotovoltaici è prevista una ulteriore maggiorazione fino a 10 €/MWh in funzione della localizzazione geografica. (Per informazioni dettagliate sulla valorizzazione economica della tariffa incentivante si rimanda al punto 13);
• 2 – Un corrispettivo di valorizzazione per l’energia autoconsumata, definito dall’ARERA – Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente. Tale corrispettivo vale circa 8 €/MWh.
Inoltre, tutta l’energia elettrica rinnovabile prodotta ma non autoconsumata resta nella disponibilità dei produttori ed è valorizzata a condizioni di mercato. Per tale energia è possibile richiedere al GSE l’accesso alle condizioni economiche del ritiro dedicato.
Infine, per le sole CER i cui impianti di produzione sono ubicati in Comuni con una popolazione inferiore a 5mila abitanti, è previsto un contributo in conto capitale, pari al 40 per cento del costo dell’investimento, a valere sulle risorse del PNRR.
Il contributo in conto capitale del PNRR è pari al 40 per cento delle spese sostenute per la realizzazione di impianti FER, nei limiti delle spese ammissibili e dei seguenti costi di investimento massimi in funzione della taglia di potenza:
• 1.500 €/kW, per impianti fino a 20 kW;
• 1.200 €/kW, per impianti di potenza superiore a 20 kW e fino a 200 kW;
• 1.100 €/kW per potenza superiore a 200 kW e fino a 600 kW;
• 1.050 €/kW, per impianti di potenza superiore a 600 kW e fino a 1.000 kW.
L’imposta sul valore aggiunto (IVA) non è ammissibile alle agevolazioni, salvo il caso in cui non sia recuperabile ai sensi della legislazione sull’IVA.

È possibile cumulare la tariffa incentivante con il contributo PNRR o altri contributi Regionali/provinciali in conto capitale?
Si, la tariffa incentivante è cumulabile con il contributo PNRR o altri contributi in conto capitale, nella misura massima del 40 per cento, a fronte di una decurtazione della tariffa incentivante del 50 per cento.
Pertanto, se un produttore ottenesse un contributo in conto capitale di qualunque tipologia superiore al 40 per cento del costo dell’investimento (calcolato sulla base dei massimali precedentemente illustrati), non sarebbe possibile ottenere la tariffa incentivante per l’energia elettrica prodotta dall’impianto in questione.

Una colonnina per la ricarica di veicoli elettrici può appartenere a una CER?
Sì, in una CER possono essere presenti anche infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici e l’energia assorbita per la ricarica di autoveicolo, tramite appositi algoritmi, viene considerata dal GSE ai fini del calcolo dell’energia condivisa all’interno della CER.

Cosa è un Gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile?
Un gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile è un insieme di almeno due autoconsumatori che si associano per condividere l’energia elettrica prodotta dall’impianto di produzione da fonte rinnovabile e che si trovano nello stesso edificio (ad esempio i condòmini facenti parte di un condominio in cui è installato un impianto fotovoltaico).

Cosa è un autoconsumatore individuale a distanza?
Un autoconsumatore individuale “a distanza” è un cliente finale che produce e consuma energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo utilizzando la rete di distribuzione. È costituito da almeno due punti di connessione di cui uno che alimenti l’utenza di consumo intestata al cliente finale e un altro a cui è collegato un impianto di produzione.

Assemblea di condominio e installazione delle telecamere

Al piano terra del condominio in cui vivo diversi alloggi sono stati destinati agli affitti turistici. Dato il continuo andirivieni, vorremmo installare una telecamera negli spazi comuni ma non riusciamo ad avere la maggioranza dei millesimi. Inoltre non riusciamo neppure a modificare i millesimi di quei locali, che prima erano negozi.

Si può fare ben poco, o meglio nulla. La Cassazione (con la Sentenza n. 14969 del 2022) ha chiarito che per l’installazione delle telecamere basta la maggioranza dei presenti in assemblea, che rappresenti, però, almeno 500 millesimi. Cosa che nel suo caso sembra impossibile.
Il singolo condomino può però installare una telecamera che controlli esclusivamente i suoi spazi privati.
Quanto alla revisione delle tabelle millesimali, è possibile solo se è stato fatto un errore nella loro compilazione o se cambia per oltre un quinto il valore delle unità interessate (per sopraelevazione o aumenti di superficie). Il semplice cambio di destinazione d’uso non fa scattare la revisione (Cassazione, sentenza 19797/2016) e in ogni caso servirebbe, oltre alla maggioranza dei presenti in assemblea, anche quella dei millesimi.

Soldi, rumori e odori: in condominio si litiga per tutto e spesso si finisce in Tribunale

litigio in condominio

Il vicino che guarda la televisione a tutto volume nel cuore della notte. La signora del piano di sotto che cucina piatti dall’odore insopportabile. Per non parlare dei costi sempre più alti. L’elenco potrebbe andare avanti a lungo. In condominio battibecchi, liti e dispetti sono all’ordine del giorno. Talvolta la situazione degenera: dalle parole si passa allo scontro fisico e i problemi tra vicini di casa finiscono in Tribunale.
“Basta poco per innescare la scintilla della lite quando diverse generazioni, tradizioni e culture si ritrovano a vivere sotto lo stesso tetto e condividere spazi comuni. Quando poi si tocca il portafoglio, anche la persona più affabile si trasforma in un demonio”, concordano le associazioni della proprietà edilizia e degli amministratori condominiali.
Certo esistono anche realtà nelle quali la convivenza tra vicini è pacifica e armoniosa. Però nel confronto con quelle dove la litigiosità imperversa sono davvero poche.

I numeri del fenomeno
Su circa 5 milioni di cause civili pendenti in Italia, secondo le statistiche del Ministero della Giustizia sarebbero 2 milioni quelle relative a liti condominiali. Di queste, poco più della metà trova una soluzione amichevole grazie all’istituto della mediazione. Tutte le altre finiscono in Tribunale, andando ad ingolfare le aule di giustizia.
A toccare con mano quanto il fenomeno della litigiosità condominiale in città sia in crescita esponenziale sono gli studi legali, che affermano senza titubanza: “Il lavoro in questo settore con conosce crisi”.

Le cause principali di lite
Ma quali sono i cinque motivi che provocano liti tra chi vive in condominio?
“Il mancato pagamento delle spese, quindi la morosità, e le spese condominiali in genere – non ha dubbi l’avvocato Anna Nicola, specializzata nel settore – ma si fa sempre più strada una vera e propria intolleranza verso i vicini e qualunque cosa mette in moto dispetti e denunce”.
Anche gli odori sgradevoli sono in grado di sollevare contrasti che sfiorano la rissa. Così come i rumori molesti in orari inadeguati. Gli amici a quattro zampe, poi, sembrano essere tollerati davvero da pochi. Infine, il non corretto utilizzo delle parti comuni è fonte di grandissime tensioni.

L’odore di cucina e le difficoltà di integrazione
Le esalazioni e gli odori che provengono dalle parti comuni o dalle singole unità immobiliari provocano spesso diverbi e addirittura querele.
Gli odori di cucina, in particolare, sono in grado di far saltare i nervi e scatenare vere e proprie guerre. Si tratta di contenziosi che spesso nascono dal contrasto tra culture e abitudini diverse, la fotografia della difficile integrazione tra italiani e stranieri. La maggior parte delle liti culinarie coinvolge infatti immigrati provenienti da India, Bangladesh e Pakistan, seguiti dai cinesi e maghrebini arrivati dalla Tunisia e dal Marocco. Utilizzano le spezie tipiche della cucina etnica, che risulta particolarmente indigesta a tanti, che nulla hanno da dire di fronte all’odore altrettanto intenso emanato dalla cottura del cavolo.
Liti sempre più “rumorose”
Tra i vari tipi di rumore, il ticchettio dei tacchi non conosce rivali per l’intolleranza che riesce a provocare. “Il tacco 12, regala qualche centimetro di altezza e slancia la figura, ma soprattutto dona una straordinaria sensualità ed eleganza all’incedere femminile. Ma gli esperti di acustica in edilizia sostengono che il ticchettio prodotto dai tacchi ha messo a dura prova non solo la resistenza di tanti e tanti solai, ma ha anche fatto litigare tanti e tanti vicini di casa”, precisa l’ingegnere forense Fabrizio Mario Vinardi, consulente tecnico in casi di contenzioso condominiale che si sono conclusi con la condanna di chi, camminando in casa con scarpe con il tacco, ha provocato “vibrazioni nocive e immissioni acustiche” così moleste da compromettere seriamente la salute di chi questi rumori li aveva dovuti subire.
Dopo il ticchettio dei tacchi, a provocare liti è il rumore degli elettrodomestici in orari di riposo, seguito dal volume troppo alto di musica e tv. A chiudere la classifica dei rumori meno tollerati sono lo schiamazzare dei bambini e i versi degli animali da compagnia.

Animali domestici poco tollerati
Proprio i nostri amici a quattro zampe sono al centro di tantissime controversie condominiali, che spesso finiscono all’attenzione dei giudici.
Nonostante la riforma del 2012 abbia cancellato il divieto di tenere animali domestici in condominio, la loro presenza provoca in molti malessere e intolleranza. Il disturbo causato dagli ululati dei cani, magari perché lasciati soli in casa per ore, è una delle ragioni di tante cause giudiziarie. Chi porta a spasso il cane e non pulisce quando sporca in cortile o davanti al portone rischia pesantissime ritorsioni.
Anche i gatti sono poco tollerati, pure loro colpevoli di provocare rumori e odori che compromettono l’igiene dello stabile.

L’utilizzo improprio delle parti comuni
A provocare accese discussioni e tanti procedimenti giudiziari è l’utilizzo delle parti comuni dell’edificio. Spazi come l’androne, il pianerottolo e le scale, il cortile, le aree parcheggio, il giardino quando c’è, l’isola per la raccolta differenziata, dovrebbero essere a disposizione di tutti, nel reciproco rispetto. Ma c’è chi abbandona la spazzatura fuori dal cassonetto o lascia in giro mobili e oggetti. Chi parcheggia l’auto dove non dovrebbe, la bicicletta o il monopattino nell’androne. Un aspetto molto conflittuale è l’abbandono delle calzature sul pianerottolo, usanza esplosa con la pandemia da Covid-19 perché gli infettivologi raccomandavano di togliersi le scarpe prima di entrare in casa. Molti hanno continuato farlo anche dopo, generando malumori per motivi di igiene e di decoro. “Fino a qualche anno fa il fenomeno era tipico dei paesi di campagna o di montagna: chi arrivava dal lavoro nei campi o da una giornata sulla neve lasciava le scarpe fuori. Ora molti lo fanno anche in città, e altrettanti protestano”, precisa un amministratore. Spiega: “Se il regolamento lo contempla, è possibile punire queste trasgressioni con una sanzione fino a 800 euro. Ma ricorrere a questo strumento vorrebbe dire gettare alcol sul fuoco”.

Spese e morosità in cima alla classifica
È legata al portafoglio la causa che in assoluto provoca il maggior numero di liti. Le spese di condominio sono in grado di trasformare l’assemblea in un campo di battaglia.
Si litiga, e anche tanto, quando qualche condòmino è in ritardo con i pagamenti. “Un litigio inutile – spiegano dall’Anaci, l’Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari – perché la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10929 del 18 maggio 2011, ha stabilito che non è possibile addebitare penali ai ritardati, nonostante la morosità provochi gravi problemi, a partire dal rischio che il creditore faccia pignorare il conto corrente condominiale. Questo significa che chi è stato diligente si vedrà privare di quanto ha pagato per colpa di chi invece diligente non lo è stato. Una situazione molto pericolosa, perché talvolta il moroso diventa vittima di stalking, ossia di vere e proprie molestie, persecuzioni e minacce da parte di chi invece è in regola con le quote”.
Il tema della morosità condominiale ha però anche un altro risvolto. Perché se qualcuno non è riuscito a far fronte a tutte le spese la colpa, in ultima istanza, è dell’amministratore. “Se i costi lievitano, la responsabilità – precisano dall’Anaci – non è della crisi energetica, del guasto all’ascensore o al portellone del garage e dei relativi costi di riparazione, ma è sempre dell’amministratore”. Le spese, in questo caso, da motivo di lite diventano ragione di ritrovata armonia tra i condòmini, che anziché accapigliarsi tra loro uniscono le forze e dichiarano guerra all’amministratore.

Dal Codice civile alla Mediazione, fino in Tribunale
In un contesto problematico quale quello condominiale la capacità di intermediazione dell’amministratore può fare molto, a meno che non sia proprio lui la causa scatenante dei dissapori. “La tempestività d’intervento è essenziale per evitare che le liti si prolunghino e si acuiscano nel tempo: talvolta le parole giuste possono fare miracoli nel dirimere le tensioni. Quando però vengono a mancare il rispetto e la volontà di capire che ogni condòmino ha diritto alla propria libertà, purché questa non danneggi quella altrui, l’amministratore può fare ben poco”, conclude un amministratore.

Per la telecamera a 360 gradi si configura l’illecito civile

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Obbligo di isolamento termico: le responsabilità del condòmino e dell’amministratore

Il DL 311 del 2006, allegato I, articolo 2 e il D.M. 26/06/2015 (Decreto dei requisiti minimi) impongono in alcuni casi di ristrutturazione o manutenzione straordinaria l’obbligo di realizzazione di un isolamento termico (nello specifico il raggiungimento di un target massimo di trasmittanza termica). Nel caso di un condominio che va a ristrutturare totalmente un terrazzo di copertura, cosa accade se l’assemblea delibera comunque il lavoro senza la realizzazione dell’isolamento previsto per legge? Vi sono nello specifico responsabilità imputabili all’Amministratore? Cosa rischia l’Amministratore e cosa rischia il singolo condòmino che abbia portato in detrazione fiscale la spesa condominiale deliberata?

L’amministratore di condominio ha il compito di assicurarsi che i lavori straordinari procedano correttamente e in conformità con quanto stabilito nel contratto di appalto da egli stesso sottoscritto con la ditta esecutrice, dietro approvazione dell’assemblea.
Tale impegno aggiuntivo giustifica il compenso extra che solitamente viene richiesto.
Uno dei principali compiti dell’amministratore è relazionarsi con l’eventuale direttore dei lavori.
Questo significa:
• monitorare il progresso dei lavori: l’amministratore deve verificare che i lavori avanzino secondo i tempi e le modalità stabilite nel contratto;
• garantire la sicurezza e l’integrità dei beni comuni;
• aggiornamenti regolari;
• gestione dei pagamenti e della contabilità in merito alla tracciabilità;
• riscossione coattiva: se uno o più condòmini non dovessero pagare le quote per i lavori straordinari, l’amministratore è tenuto ad avviare le azioni giudiziarie ed esecutive entro sei mesi dalla chiusura della gestione;
• relazionarsi direttamente con l’esecutore dei lavori, monitorare l’impresa incaricata, risolvendo eventuali problemi che possono sorgere;
• intervenire tempestivamente qualora sorgano criticità o ritardi, per garantire che i lavori procedano senza intoppi;
• verificare la qualità delle finiture e dei materiali utilizzati.
Se l’amministratore non adempie correttamente ai propri compiti durante i lavori straordinari, potrebbe essere ritenuto responsabile per eventuali danni subiti dai condòmini.

Mutuo o affitto? Vantaggi e svantaggi da considerare

Gli italiani vogliono vivere in una casa di proprietà. Circa il 73 per cento, infatti, vive nell’abitazione di cui è proprietario: in pratica 3 su 4. Un tasso al di sopra della media europea (70 per cento) e decisamente più alto degli inglesi (65 per cento), francesi (64 per cento), e tedeschi (53 per cento).
La decisione su cosa conviene tra comprare casa o affittarla è subordinata a considerazioni sia economiche, sia prettamente soggettive.
Entrambe le soluzioni hanno comunque vantaggi e svantaggi: anche essere proprietari, infatti, di questi tempi non è facile. Di fronte alle Direttive green, che impongono costose ristrutturazioni, sono in tanti che stanno pensando che vivere in affitto sia più conveniente.
Cosa scegliere tra mutuo o affitto impone una decisione che deve essere affrontata con cura.
La valutazione su cosa conviene tra comprare casa o affittarla è subordinata a considerazioni sia economiche, sia prettamente soggettive.
Nella lotta su vantaggi e svantaggi, non è possibile indicare una risposta valida per tutti. Si possono però fornire delle indicazioni che permettono di chiarire se sia meglio il mutuo o l’affitto per la propria situazione.
Comprare una casa con un mutuo è una scelta da considerare se si pensa di non cambiare immobile per lo meno per 10 anni.
Il passaggio di proprietà e i costi di accensione di un mutuo hanno infatti un impatto economico da non sottovalutare, che può essere ammortizzato solo con una permanenza di lunga durata.
Tra i vantaggi dell’affitto, al contrario, c’è quello di una maggiore autonomia, che garantisce la possibilità di cambiare immobile o addirittura città con una disdetta dal contratto se le condizioni (lavorative, affettive, ecc..) lo richiedono.
In una realtà economica come quella attuale l’affitto garantisce una maggiore flessibilità e minori vincoli.
Inoltre, chi affitta può stare un pochino più sereno di fronte a eventuali interventi di adeguamento e ristrutturazione dell’edificio in cui vive. Al limite subirà un ritocco sul canone, ma ad affrontare le spese dovrà comunque essere il proprietario, e non certo l’inquilino.
Per chi vuole comprare casa, può in ogni caso essere utile ricordare come è possibile richiedere l’accollo del mutuo ad un eventuale nuovo acquirente.
In materia di convenienza tra affitto e mutuo va considerato come quest’ultimo diventa attraente solo se si è in grado di anticipare una parte dell’acquisto della casa (circa il 30 per cento) e se si dispone di garanzie sufficienti per le banche.
Insomma, aprire un mutuo per comprare casa è di certo una scelta impegnativa e conviene soppesarla se si dispone di un buon grado di stabilità.
È però anche vero che il mattone è da sempre considerato da molti come una buona forma di investimento. Inoltre, è possibile fare richiesta del bonus prima casa, che permette di aumentare i vantaggi della scelta. Mentre l’affitto di un immobile porta sempre con sé la sgradevole sensazione di buttare i soldi dalla finestra e non costruire nulla per il proprio futuro.

Vendita seconda casa in Italia da parte di residente all’estero

Possiedo in Italia da più di vent’anni una seconda casa, che vorrei vendere. Sono cittadino italiano fiscalmente residente in Gran Bretagna fino al 2027, quando diventerò fiscalmente residente in Lussemburgo. Vorrei sapere se, alla luce dei trattati sulla doppia imposizione con Gran Bretagna e Lussemburgo, la plusvalenza è tassata.

Ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. f), del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), ai fini dell’applicazione delle imposte dirette ai non residenti, si considerano prodotti nel territorio dello Stato, tra l’altro, i redditi diversi derivanti da beni che si trovano nel territorio dello Stato.
Alla luce di queste disposizioni, quindi, le plusvalenze generate dalla cessione dell’immobile detenuto in Italia sarebbero soggette ad imposta in Italia ai sensi di quanto previsto dall’art. 67 del TUIR per cui:
• la plusvalenza è soggetta a tassazione, in quanto reddito derivante da bene immobile situato in Italia;
• se l’immobile è stato posseduto per almeno 5 anni la plusvalenza non è soggetta a tassazione;
• se si tratta di immobile con destinazione abitativa, adibito, per la maggior parte del periodo di possesso, ad abitazione principale di un familiare del soggetto alienante, anche se la rivendita ha luogo prima del quinquennio dall’acquisto la plusvalenza non è soggetta a tassazione.
Supponendo che tale reddito sia imponibile, secondo le normative fiscali vigenti, anche nel Regno Unito, occorre, dunque, analizzare la convenzione bilaterale tra l’Italia, Stato in cui è localizzato l’immobile, e il Regno Unito stato in cui lei è residente.
Da una lettura combinata degli arti. 6 e 13 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito si evince l’imponibilità delle plusvalenze da cessione onerosa di immobili nello Stato in cui questi sono situati, quindi, nel suo caso, in Italia.
Qualora lei vendesse l’immobile dal 2027 in avanti, essendo lei a questo punto residente in Lussemburgo, si applicherà la Convenzione contro le Doppie Imposizioni tra Italia e Lussemburgo che, anche in questo caso, prevede che la tassazione spetti allo Stato in cui è localizzato l’immobile, quindi, nel suo caso, in Italia.

Arriva “Biblio in Condominio”, per accendere la passione per i libri

Nei condomini, gli spazi comuni sono spesso percepiti come semplici zone di passaggio, anonime e poco valorizzate. In un contesto urbano sempre più frenetico, creare occasioni di socialità e condivisione tra vicini rappresenta, quindi, una sfida complessa. Ma cosa accadrebbe se questi luoghi, finora silenziosi e marginali, si trasformassero in luoghi di interazione e di scambio culturale?

Nasce con questo obiettivo Biblio in Condominio, un progetto pilota promosso da EnergyUp, società specializzata nella fornitura di energia elettrica e di gas per i condomini e singole unità abitative, compartecipata di VeryFastPeople, società di consulenza rivolta agli amministratori condominiali.
L’iniziativa punta a riqualificare gli androni condominiali installando mini-biblioteche per lo scambio di libri per ogni età, con l’ambizione di favorire il dialogo e il senso di comunità tra i residenti.

Una biblioteca sotto casa per riscoprire il valore della comunità
Il progetto si ispira al fenomeno del Book Crossing che consiste nel lasciare un libro già letto in un luogo frequentato: con Biblio in Condominio questa tendenza prende forma in modalità più comunitaria e meno anonima.
Partendo da questo presupposto, EnergyUp e VeryFastPeople portano nei condomini italiani un nuovo modo di vivere e interpretare gli spazi condivisi, trasformandoli in luoghi dinamici di aggregazione, dove il piacere per la lettura funge da collante tra le persone.

Biblio in Condominio diventa così un’opportunità concreta di incontro e dialogo: ogni condòmino può prendere in prestito o donare i propri libri, rendendo ogni titolo un’occasione per scambiare due parole con i vicini.

Ad oggi, 300 condomini in alcune città del Nord Italia, tra cui Milano, Varese, Torino e Bolzano, hanno già aderito all’iniziativa che punta a espandersi in tutto il Paese, facendo della lettura e della cultura un elemento distintivo della vita condominiale.

Un’App per un’esperienza interattiva e coinvolgente
Infine, un’app dedicata e gratuita consente una gestione ordinata della biblioteca: i residenti possono consultare i titoli disponibili, prenotare i libri e persino lasciare recensioni. Inoltre, un sistema di gamification coinvolge i condomini con sfide e obiettivi, rendendo l’esperienza ancora più divertente. In base al numero di libri letti, prestati o condivisi, gli utenti possono guadagnare badge virtuali, accumulare punti e accedere a premi, come promozioni speciali o servizi aggiuntivi per efficientare le utenze domestiche.

Biblio in Condominio si inserisce perfettamente nell’ambizioso percorso intrapreso da VeryFastPeople volto a migliorare la qualità della vita condominiale attraverso numerosi progetti. Dalle campagne di sensibilizzazione verso un futuro più eco-friendly alle iniziative come le Regole Stagionali del Buon Vicinato, per promuovere rispetto e armonia tra i residenti: la società di consulenza mira a creare condomini sempre più coesi, inclusivi e smart.

“Vogliamo trasformare i condomini in piccole comunità attraverso la passione per i libri, puntando tutto sul valore della cultura e dello scambio”, dichiara Francesco Paini, Amministratore Delegato di VeryFastPeople. “Siamo convinti che Biblio in Condominio possa favorire relazioni autentiche e un nuovo senso di appartenenza, dove è proprio la cultura a diventare motore di aggregazione e dialogo. Con questa iniziativa aggiungiamo un ulteriore tassello alla nostra visione di condominio sempre più moderno e dinamico. Il progetto è ancora in via di sviluppo ma sta già destando forte interesse tra gli amministratori che vogliono fare la differenza”.