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ARCHIVIO DEL CONDOMINIO

climatizzatore

Sostituzione condizionatori e agevolazioni fiscali

L’Agenzia delle Entrate, rispondendo ad un quesito posto da una contribuente attraverso la “Posta di FiscoOggi”, ha affrontato la tematica relativa alle possibili agevolazioni per la sostituzione dei condizionatori.

Nello specifico, la contribuente si è rivolta al Fisco spiegando che vorrebbe sostituire il condizionatore con uno a più basso consumo energetico, ma il dubbio posto è quello inerente alla possibile fruizione di agevolazioni fiscali, anche in assenza di ulteriori lavori.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che l’agevolazione fiscale per gli interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici è disciplinata dall’articolo 14 del Decreto Legge 63/2013 e dall’articolo 16-bis, lett. h) del TUIR, ai sensi del quale questo tipo di interventi possono essere realizzati anche in assenza di opere edilizie propriamente dette, acquisendo comunque l’idonea documentazione attestante il conseguimento di risparmi energetici in applicazione della normativa vigente in materia.

Il Fisco chiarisce che la Legge di Bilancio 2025 (legge n. 207/2024) all’art. 1, comma 55, ha stabilito che tale detrazione spetta anche per le spese documentate e sostenute nel 2025, ad esclusione delle spese per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, nella misura fissa del 36% delle spese sostenute.

La detrazione sale al 50% delle spese sostenute nel caso in cui queste siano sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.

In base a quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2025, quindi, la detrazione fiscale spettante per il 2025 è pari al 50% per interventi come la sostituzione del climatizzatore con uno più efficiente, sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, mentre è pari al 36% per le abitazioni non principali.

Per quanto concerne gli anni 2026 e 2027 la detrazione fiscale spettante per questa tipologia di interventi scenderà al 36% per le abitazioni principali e al 30% per le altre tipologie di immobili.

L’Agenzia delle Entrate ha specificato che per poter fruire dell’agevolazione è necessario che i pagamenti vengano effettuati attraverso bonifico bancario o postale, indicando la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione, il numero di partita Iva o il codice fiscale del destinatario delle somme (ditta o professionista che ha effettuato i lavori) e il numero e la data della fattura a cui si riferisce il bonifico.

A tal proposito ricordiamo che è importante anche conservare le varie fatture e l’eventuale documentazione amministrativa inerente all’intervento effettuato, così da poterla esibire in caso di controlli da parte del Fisco.

A cura di Deborah Foti – Ufficio stampa Anapi

Supercondominio e spese per le canne fumarie

Nel nostro supercondominio devono essere eseguiti interventi sulle canne fumarie, per il loro adeguamento alle normative vigenti. Si tratta di un supercondominio con diversi numeri civici e le canne fumarie servono i vari condomìni in misura diversa (più canne fumarie per ogni numero civico). Come devono essere ripartite le spese di ristrutturazione per l’adeguamento delle singole canne fumarie?

Fermo restando un diverso criterio di riparto eventualmente previsto nel regolamento di condominio, nel caso prospettato deve trovare applicazione la disciplina dettata dall’articolo 1123, terzo comma, del Codice civile.
In base a tale disposizione codicistica, qualora un edificio – nel caso in esame, il supercondominio – abbia beni o servizi che per sue caratteristiche intrinseche o per funzione siano destinati a servire una parte sola di condòmini, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità.
Questi beni o servizi rimangono oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo meno il presupposto per il riconoscimento di una titolarità condivisa di tutti su quello stesso bene (Corte di Cassazione, sentenza n. 12641 del 2016).
Mancano, in questi casi, i presupposti per definire quei beni come “parti comuni dell’edificio” a norma dell’articolo 1117 del Codice civile, dato che essi sono destinati all’uso o al servizio non di tutto il condominio, ma di una sola parte (o di alcune parti) di esso.
In questo caso si configura automaticamente il condominio parziale, che non ha bisogno di alcun atto costitutivo.
Si modifica, quindi, la composizione del collegio e delle maggioranze: il gruppo di condòmini che esercita una titolarità su quei beni e/o servizi rientranti nel condominio parziale ha un peso differente nella formazione della maggioranza rispetto al gruppo di condòmini che non ha la titolarità su quei beni e/o servizi.
Le spese necessarie per l’adeguamento delle canne fumarie in questione devono, dunque, restare a carico del gruppo di condòmini che ne trae diretto beneficio.

Bonus prima casa, più tempo per vendere l’immobile

Buone notizie per chi ha beneficiato del bonus prima casa: la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una proroga per la vendita dell’immobile, che consente ai proprietari di conservare le agevolazioni anche se hanno acquistato prima dell’inizio di quest’anno.
Grazie alla nuova norma sarà possibile vendere l’abitazione entro due anni, anziché uno, a patto che il termine precedente non sia già scaduto al 31 dicembre 2024.
A chiarire la portata di questa estensione è stata l’Agenzia delle Entrate, nell’Interpello numero 127 del 2025.

Più tempo per vendere e mantenere le agevolazioni
Il provvedimento modifica le scadenze previste dall’articolo 1, nota II-bis, comma 4-bis della Tariffa allegata al Testo Unico sull’imposta di registro (TUR), ridefinendo i tempi a disposizione dei contribuenti per la vendita del loro immobile senza perdere le agevolazioni fiscali.
Grazie alla proroga introdotta dalla Legge di Bilancio, chi ha già usufruito del bonus può accedere nuovamente all’agevolazione, versando l’imposta di registro al 2 per cento anche per un nuovo acquisto. Tuttavia, affinché il beneficio rimanga valido, la casa acquistata in precedenza deve essere venduta entro il termine dei due anni.
Ma la novità più interessante è che la proroga non riguarda solo gli acquisti effettuati dal 2025 in poi: la nuova finestra temporale ha effetto retroattivo, consentendo di procedere con la vendita entro 24 mesi anche a chi ha comprato casa prima di quest’anno, purché il termine di un anno non sia già scaduto al 31 dicembre 2024.

Il caso analizzato dall’Agenzia delle Entrate
L’estensione dei tempi di vendita è stata confermata anche in un caso specifico esaminato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’Interpello numero 127 del 5 maggio 2025.
Nel quesito, un contribuente che aveva effettuato il secondo acquisto con l’agevolazione prima casa il 25 gennaio 2024 ha chiesto chiarimenti sui termini di vendita della prima abitazione. Grazie alle nuove disposizioni, avrà tempo fino al 25 gennaio 2026 per completare l’operazione senza perdere il bonus.
Questo chiarimento conferma che la proroga non si applica solo ai nuovi acquirenti, ma riguarda anche chi ha acquistato casa negli anni precedenti, offrendo maggiore flessibilità per chi deve vendere il proprio immobile.

Una misura vantaggiosa
L’estensione dei termini per la vendita degli immobili acquistati con il bonus prima casa rappresenta un importante vantaggio per i proprietari, dando loro più tempo per gestire la transazione e conservare le agevolazioni fiscali, evitando le pressioni della scadenza originaria di 12 mesi.
La misura offre quindi maggior respiro ai contribuenti e facilita la gestione degli investimenti immobiliari, assicurando più flessibilità nel mercato della compravendita.

Comunità energetiche e autoconsumo collettivo: energia condivisa per un futuro sostenibile

Le forme aggregative per la produzione e l’autoconsumo dell’energia da fonti rinnovabili rappresentano un’opportunità unica per affrontare alcune delle sfide più urgenti del nostro tempo.
Consentono infatti di sostenere i redditi più deboli, ridurre i costi energetici e contribuire alla transizione ecologica, offrendo un supporto tangibile per il raggiungimento dell’obiettivo “immissioni zero” entro le scadenze fissate dalle politiche europee sul clima.
Per incentivare il più possibile la loro costituzione, la scadenza per i Comuni con meno di 5mila abitanti di presentare richieste di contributi per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), le Configurazioni di Autoconsumo per la Condivisione dell’Energia Rinnovabile (CACER) e gli impianti alimentati da fonti rinnovabili è stata prorogata dal 31 marzo 2025 al 30 novembre 2025.
Questa proroga, stabilita dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) con il DM 59/2025, nasce dall’esigenza di incentivare un maggiore numero di domande, dato che le risorse disponibili non sono state completamente utilizzate.
Parallelamente, il MASE ha avviato colloqui con la Commissione Europea per valutare ulteriori potenziamenti delle misure, di cui questa proroga rappresenta solo il primo passo.

Invio delle richieste e incentivi disponibili
Dall’8 aprile 2024 i piccoli Comuni hanno potuto presentare, attraverso il portale del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), richieste per accedere agli incentivi destinati alle CER e alle configurazioni di autoconsumo. Questi incentivi sono disciplinati dal DM 414 del 7 dicembre 2023 e dal Testo Integrato delle disposizioni per la regolazione dell’Autoconsumo Diffuso (TIAD) emanato dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente).
Le richieste possono riguardare impianti fotovoltaici già in funzione o a progetto.
Per questi ultimi, è possibile richiedere una verifica preliminare per accertarne l’idoneità al meccanismo di autoconsumo diffuso. Gli strumenti di supporto del GSE, come la “Guida all’applicazione SPC” e le Guide Interattive, semplificano la compilazione e l’invio delle richieste.

Contributi a fondo perduto: investimenti e PNRR
Per gli impianti a fonti rinnovabili e i relativi potenziamenti inseriti in configurazioni CER o CACER nei piccoli Comuni, il MASE ha pubblicato ad aprile 2024 un Avviso per i contributi in conto capitale, finanziato con 2,2 miliardi di euro dal PNRR nell’ambito della Missione 2, Componente 2, Investimento 1.2.
Questi contributi coprono fino al 40 per cento dei costi iniziali, con particolare attenzione ai Comuni sotto i 5mila abitanti.
Le richieste devono essere presentate tramite il Portale del GSE, seguendo le regole operative allegate al DM 22 del 23 febbraio 2024. La finestra di candidatura, inizialmente fissata al 31 marzo 2025, è stata prorogata al 30 novembre 2025, consentendo una maggiore partecipazione per accedere ai fondi rimanenti.

Supporto per consumatori e simulatore del GSE
Il GSE ha lanciato un simulatore online per aiutare piccole e medie imprese, pubblica amministrazione, gruppi di autoconsumatori e singoli cittadini interessati a installare impianti fotovoltaici a stimare i benefici economici e ambientali dell’autoconsumo.
Questo strumento, disponibile sul Portale autoconsumo fotovoltaico, consente simulazioni tecnico-economiche dettagliate.
Il supporto si estende anche agli impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, ampliando le opzioni per i consumatori.

Verso una transizione energetica partecipata
Secondo il Ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, “le CER rappresentano una svolta epocale: persone e territori diventano protagonisti delle scelte energetiche, affrontando anche problemi come lo spopolamento dei piccoli Comuni”.
Vinicio Vigilante, Amministratore delegato del GSE, ha sottolineato che le CER portano a un nuovo modello di condivisione dell’energia, trasformando il consumatore in un partecipante attivo del sistema energetico.
Paolo Arrigoni, Presidente del GSE, ha aggiunto che la configurazione delle CER e dell’autoconsumo diffuso stimola famiglie, imprese e pubblica amministrazione a utilizzare l’energia in modo più consapevole ed efficiente, consolidando i pilastri di una transizione energetica inclusiva e sostenibile

Autoconsumo collettivo e comunità energetiche
Tra le soluzioni emergenti, spiccano i gruppi di autoconsumo collettivo (AUC) e le comunità energetiche rinnovabili (CER).
Sebbene entrambi i modelli mirino a ottimizzare l’uso dell’energia rinnovabile locale, si differenziano per configurazione e ambito applicativo:
• Gli AUC si limitano a un singolo edificio o complesso con più utenze, come condomini o strutture aziendali;
• Le CER, invece, aggregano utenti distribuiti su un’area geografica più ampia e necessitano della creazione di una struttura giuridica specifica per coordinare la produzione e la condivisione di energia.
Grazie agli impianti fotovoltaici e ad altre soluzioni basate su fonti rinnovabili, gli AUC e le CER permettono di:
• Ridurre la dipendenza energetica dalla rete nazionale.
• Aumentare l’autonomia energetica e garantire maggiore stabilità nei costi.
• Promuovere un consumo più sostenibile e efficiente, diminuendo lo spreco di risorse e migliorando la resilienza locale alle fluttuazioni dei prezzi dell’energia.

Il ruolo del “prosumer” e dell’autonomia energetica
Elemento chiave di entrambi i modelli è la figura del “prosumer” (producer + consumer), ovvero un soggetto che produce e consuma energia. Questo nuovo ruolo segna una rivoluzione nel settore energetico, trasformando i consumatori in attori attivi e consapevoli, capaci di gestire l’energia prodotta autonomamente e contribuire direttamente alla sostenibilità ambientale.

Oltre la sostenibilità: vantaggi economici e sociali
La realizzazione di AUC e CER non comporta solo benefici ambientali, ma offre un valore aggiunto economico e sociale.
Tra i principali vantaggi si possono citare:
• Riduzione delle bollette energetiche, un aspetto particolarmente rilevante in un contesto di povertà energetica che colpisce fasce sempre più ampie della popolazione;
• Maggiore coesione sociale, con la creazione di reti collaborative tra famiglie, imprese e istituzioni locali;
• Sostegno all’economia locale, grazie all’utilizzo di energia prodotta “a chilometro zero” e agli investimenti in tecnologie innovative.

Un futuro energetico decentralizzato
L’adozione di queste soluzioni rappresenta un passo importante verso un modello energetico decentralizzato, dove la produzione di energia avviene vicino al punto di consumo.
Questo approccio riduce le perdite di trasmissione, minimizza l’impatto ambientale e migliora la resilienza complessiva del sistema energetico.
Inoltre, grazie a incentivi governativi e programmi di supporto come quelli previsti dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), la transizione verso AUC e CER è sempre più accessibile e sostenibile.
Promuovere e diffondere questi modelli non solo significa abbattere le emissioni di CO2, ma anche costruire comunità più solide, inclusive e orientate al futuro.
Gli AUC e le CER incarnano il passaggio da un consumo individualista a un sistema basato su responsabilità condivisa e collaborazione per il bene comune.

Privacy e dati personali in condominio

La protezione dei dati personali non è solo una questione tecnica, ma un tema che riguarda libertà, sicurezza e diritti, come ha sottolineato il premier Giorgia Meloni durante il Privacy Symposium di Venezia.
In un mondo in cui ogni attività digitale lascia una traccia, garantire la tutela delle informazioni significa difendere i diritti fondamentali dei cittadini, anche in ambiti meno evidenti ma altrettanto cruciali, come quello condominiale.

Privacy, una sfida quotidiana
La gestione dei dati personali è un tema sempre più rilevante anche negli edifici residenziali, dove documenti come elenchi degli inquilini, registri di videosorveglianza, codici di accesso digitali e persino gruppi WhatsApp condominiali possono diventare spazi di potenziale violazione della privacy.
Il Regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR), di cui l’Italia è tra i principali promotori, impone regole chiare: dalla responsabilità dell’amministratore nel trattamento dei dati alla necessità di ottenere il consenso esplicito per l’utilizzo di informazioni sensibili, come quelle sanitarie.

Videosorveglianza e dati sensibili
Uno degli aspetti più critici della privacy condominiale riguarda la videosorveglianza, spesso oggetto di contestazioni tra condòmini. Secondo la normativa vigente, l’installazione di telecamere deve avvenire con il consenso dell’assemblea, evitando di riprendere aree comuni non pertinenti o accessi privati.
Anche la gestione delle immagini rientra nel GDPR: devono essere protette, conservate per tempi limitati e accessibili solo da chi è autorizzato.
A questo si aggiunge la questione dei dati sanitari, spesso coinvolti nella vita condominiale, ad esempio per autorizzazioni legate alle barriere architettoniche o alla gestione di spazi riservati ai disabili. Qui, il principio della responsabilità del titolare del trattamento diventa fondamentale, garantendo che informazioni sensibili non vengano diffuse senza autorizzazione esplicita.

Il ruolo del Garante
La crescita della digitalizzazione, dai sistemi di apertura automatizzata alle piattaforme per la gestione delle spese condominiali, richiede un’attenzione costante alla protezione dei dati.
Il Garante per la protezione dei dati personali, come ricordato nel Symposium, ha il compito di presidiare l’equilibrio tra innovazione e tutela dei diritti, evitando che la tecnologia comprometta la sicurezza dei cittadini.
Nel contesto condominiale, è essenziale che gli amministratori adottino protocolli chiari, definendo chi può accedere ai dati, come vengono archiviati e per quanto tempo restano disponibili.

Una responsabilità condivisa
Meloni ha ribadito che l’Italia continuerà a promuovere strategie efficaci per garantire la sicurezza dei dati, non solo a livello europeo, ma anche nella vita quotidiana. La privacy nei condomini non è solo una questione burocratica, ma un tema che riguarda la tranquillità di migliaia di cittadini. Proteggere le informazioni personali significa difendere la sicurezza delle famiglie, delle imprese e dei singoli, in ogni ambito, dalle istituzioni ai luoghi di vita quotidiana.

La garanzia della pompa di calore e dei suoi pezzi di ricambio

Nel settembre 2023 ho dovuto far sostituire la scheda elettronica e il motore della ventola della pompa di calore, che era ancora in garanzia. Un anno dopo, quando la garanzia della pompa di calore era scaduta, si è guastato il motore sostituito l’anno precedente. Io sostengo che i pezzi sostituiti hanno una loro garanzia e che, quindi, mi devono essere cambiati in garanzia. Il servizio di assistenza, invece, nega che il pezzo sostituito abbia una sua copertura e afferma che, essendo nel frattempo scaduta la garanzia generale della macchina, la riparazione sarebbe a mio carico. Chi ha ragione?

In linea di principio, nel caso di beni complessi, composti da più parti, se durante il periodo di vigenza della garanzia viene esperita la sostituzione di una componente difettosa, tale intervento non fa decorrere dal principio un nuovo periodo di garanzia per il ricambio installato, continuando a decorrere soltanto l’originario termine di garanzia relativo all’intero bene riparato.
Il Codice del consumo (articolo 128 e seguenti del Dlgs 206/2005), in effetti, nel disciplinare la cosiddetta garanzia legale dei beni mobili compravenduti, si riferisce alla sola fornitura di beni di consumo “da fabbricare o produrre”, escludendo, quindi, i contratti di mera riparazione che vertono sul ripristino dei beni forniti.
Per lo stesso principio sono, invece, coperti da autonoma garanzia biennale i pezzi di ricambio installati dopo la scadenza del termine di garanzia del bene su cui vengono installati, così come i ricambi acquistati separatamente dal consumatore e indipendentemente da un intervento in garanzia.
Quanto detto, peraltro, non esclude che il ripetersi del guasto possa dipendere da una installazione inadeguata o male eseguita da parte del riparatore.
In tal caso, sarebbe invocabile la garanzia riguardante la qualità dell’opera prestata, in base alle norme generali del Codice civile (articoli 2226 e seguenti), ma con relativo onere della prova a carico del cliente.

Welfare condominiale: il ruolo chiave dell’amministratore per agevolare la coesione

Negli ultimi anni il condominio ha iniziato a trasformarsi, cercando soluzioni in grado di stimolare dialogo e collaborazione tra i residenti.
Da semplici zone di passaggio anonime, gli spazi comuni si reinventano per favorire la socialità, ridurre i conflitti e persino ottimizzare le risorse.
La vecchia guardiola del portiere abbandonata diventa così un’opportunità: uno spazio per installare una piccola biblioteca, dove adulti e bambini possano scoprire il piacere della lettura e del confronto. Ma non solo. Il condominio si anima di figure preziose come badanti condominiali, baby-sitter e infermieri, che offrono competenze, tempo e conforto in un’ottica di vera condivisione.

Il condominio solidale: una nuova forma di welfare
Il concetto di condominio solidale è ormai consolidato, tanto da aver trovato spazio anche nel Ddl Anziani, approvato in Parlamento.
Il disegno di legge prevede stanziamenti per circa 3,8 milioni di euro, da destinare ad anziani fragili attraverso servizi di cure domiciliari e coabitazione sociale (c-ohousing).
Progetti di questo tipo hanno già dato un salvagente alle famiglie alle prese con turni di lavoro serrati o ristrettezze economiche, permettendo loro di gestire figli e anziani grazie a persone di fiducia.
In questo, l’apporto delle associazioni di amministratori condominiali e proprietari immobiliari è stato cruciale: da Nord a Sud, da Milano a Messina, hanno promosso una sharing economy condominiale, dimostrando che può funzionare sia negli eleganti stabili storici del centro sia nei caseggiati periferici.

Badante di condominio: una soluzione concreta
Tra i servizi condivisi più richiesti spicca quello della badante condominiale, lanciato nel 2012 da Confabitare e poi esportato con successo in tutto il Paese. In edifici con molti anziani, una badante condivisa rappresenta un modello di supporto che concilia economicità e praticità. Non dipende dal condominio né dall’amministratore, ma viene retribuita direttamente dai condòmini che usufruiscono del servizio.
Alberto Zanni, presidente nazionale di Confabitare, spiega: “Se più condòmini hanno gli stessi problemi, trovare una soluzione condivisa favorisce amicizie e coesione, senza gravare eccessivamente sul bilancio familiare né sull’amministratore. Spartire una badante significa ridurre i costi per le famiglie e garantire alla professionista un lavoro ottimizzato, con piccoli part-time concentrati nello stesso edificio”.

Dal baby-sitter all’infermiere: servizi per tutte le generazioni
La sharing economy condominiale non si limita agli anziani. Baby-sitter condominiali, asili nido e persino infermieri sono tra i servizi condivisi che stanno riscuotendo grande successo.
A Milano, ad esempio, grazie al progetto WeMi, 42 famiglie possono contare su infermieri certificati che operano a domicilio o in spazi dedicati del condominio, con cadenza settimanale.
Gli asili nido condominiali, invece, offrono un’alternativa alle liste d’attesa infinite, purché rispettino le normative locali su sicurezza e capienza. Gruppi di famiglie selezionano il personale e ripartiscono equamente gli oneri, garantendo un servizio flessibile e accessibile direttamente sotto casa.

Condivisione che migliora il vivere quotidiano
L’attenzione al welfare condominiale si riflette anche in iniziative pratiche come gruppi d’acquisto solidali, bike sharing e connessione internet condivisa.
Compilando un unico ordine per la spesa settimanale, i condòmini possono risparmiare tempo e denaro.
Per il bike sharing, una semplice rastrelliera nel cortile permette di condividere biciclette senza compromettere il decoro dell’edificio.
Infine, l’installazione di un’antenna radio sul tetto comune può offrire internet ad un costo ridotto, benché con qualche limite in caso di numerosi utenti.

Spazi condivisi e il potenziale culturale
Tra le soluzioni più innovative ci sono il co-housing e le biblioteche condominiali. Modelli che, importati dalla Scandinavia e dagli Stati Uniti, stanno conquistando anche l’Italia. Le biblioteche, spesso integrate in progetti di coabitazione sociale, sono più di un semplice luogo dove scambiare libri: diventano microcosmi di interazione, ideali per superare barriere culturali e riscoprire il contatto umano.

Il ruolo dell’amministratore: per comunità più coese
In questo nuovo panorama condominiale, l’amministratore assume un ruolo chiave: da semplice gestore a vero e proprio facilitatore di relazioni e progetti condivisi. Promuovendo iniziative innovative, vigilando sul rispetto delle normative e fungendo da mediatore, l’amministratore può trasformare gli edifici in piccole comunità solidali e smart, capaci di rispondere alle esigenze moderne dei residenti.

Superbonus 110% confermato per il 2026 nelle aree colpite dai terremoti

Il cosiddetto Decreto Omnibus (Dl 95/2025) ha superato l’esame di Camera e Senato ed è stato convertito nella Legge n. 118, pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 8 agosto 2025 ed entrata in vigore il 10 agosto.

Il provvedimento contiene vari punti che mirano a rilanciare, su più fronti, l’economia del nostro Paese e tra questi punti un’importante novità riguarda l’estensione del Superbonus 110% per tutto il 2026 nelle aree del Centro Italia colpite dagli eventi sismici nel 2009 e nel 2016.

Tale beneficio riguarda più precisamente i Comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria e il prolungamento della maxi agevolazione, che spetta nelle aree in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza, è stato esteso agli eventi sismici risalenti al 6 aprile 2009, in aggiunta a quelli già previsti nella precedente stesura della normativa avvenuti a partire dal 24 agosto 2016.

Nei Comuni indicati dalla norma, i cittadini anche nel 2026 potranno continuare a richiedere il Superbonus al 110% sull’importo eccedente il contributo di costruzione e potranno scegliere se optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura.

Attraverso questa legge le zone terremotate potranno, quindi, usufruire del Superbonus al 110% con cessione del credito o sconto in fattura, anche nel 2026, misura che senza l’intervento di tale normativa sarebbe scaduta il 31 dicembre 2025.

È importante chiarire che la proroga della maxi agevolazione per tutto il 2026 riguarda solo l’incentivo fiscale fruito sotto forma di sconto in fattura e cessione del credito, perciò non mediante la dichiarazione dei redditi, che resta comunque ammissibile per le spese sostenute per interventi edilizi di ripristino, eccedenti il contributo di ricostruzione e sostenute entro il 31 dicembre 2025.

Inoltre, è necessario evidenziare che il Decreto Omnibus riguarda solo i Comuni e le Regioni citate, difatti la normativa non è intervenuta in merito a tutti gli altri territori colpiti da eventi sismici come ad esempio Molise, Campania, Sicilia ed Emilia Romagna per i quali il Superbonus al 110% resta confermato fino alla fine del 2025.

Per queste ultime Regioni il cosiddetto Decreto Agevolazioni fiscali (Dl 39/2024), successivamente convertito nella Legge n. 67/2024, ha eliminato le opzioni di sconto in fattura o cessione del credito dal 30 marzo 2024, stanziando al contempo un fondo pari a 35 milioni di euro per il 2025 per finanziare gli interventi relativi agli immobili danneggiati da eventi sismici avvenuti in tali aree, fondo che però non è ancora del tutto operativo.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Condominio, manutenzione ordinaria e straordinaria: tutto quello che c’è da sapere

La manutenzione di un condominio è una delle responsabilità fondamentali per garantire la sicurezza, l’efficienza e il benessere di tutti i residenti.
Essa si divide principalmente in due categorie: ordinaria e straordinaria, ciascuna con caratteristiche e modalità di gestione differenti.
La manutenzione ordinaria riguarda gli interventi regolari e preventivi che consentono di mantenere in buone condizioni le strutture e gli impianti, evitando che piccoli problemi si trasformino in guasti gravi e costosi.
Al contrario, la manutenzione straordinaria include lavori più complessi che, spesso, richiedono modifiche strutturali o miglioramenti significativi, e comportano costi maggiori e una pianificazione più attenta.
Ecco gli interventi per le tipologie di manutenzione, i processi di approvazione, e le responsabilità.
Le spese per i lavori comuni in condominio sono ripartite tra i condomini in base ai millesimi di proprietà.

Manutenzione ordinaria
La manutenzione ordinaria in condominio comprende gli interventi necessari a mantenere in buono stato le parti comuni senza alterare la struttura o la destinazione d’uso degli impianti.
Secondo l’art. 3, primo comma, lettera a) del D.P.R. 380/2001, la manutenzione ordinaria riguarda “gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti“.
Questi interventi hanno lo scopo di:
• prevenire il deterioramento delle aree comuni;
• ridurre il rischio di guasti tecnici;
• assicurare la sicurezza e il benessere degli abitanti.

Interventi di manutenzione ordinaria in condominio
I lavori di manutenzione ordinaria in condominio riguardano una serie di attività che assicurano il buon funzionamento degli impianti e la conservazione delle strutture.
Alcuni esempi comuni includono:
• tinteggiatura e riparazione di pareti e soffitti: interventi di routine per mantenere l’aspetto estetico e proteggere le superfici;
• controllo e manutenzione degli impianti elettrici e idraulici: verifica delle linee elettriche e degli impianti per ottimizzare il funzionamento, evitare guasti e prevenire cortocircuiti;
• sostituzione di infissi e serramenti danneggiati;
• manutenzione periodica degli ascensori e impianti di riscaldamento;
• riparazione di porte e finestre comuni;
• controllo delle grondaie e pluviali;
• impermeabilizzazione di tetti e terrazze: trattamenti periodici per prevenire infiltrazioni d’acqua e proteggere la struttura.
Questi interventi, pur essendo meno complessi rispetto alla manutenzione straordinaria, sono essenziali per evitare che piccoli danni evolvano in problematiche costose e complicate.

Manutenzione straordinaria
La manutenzione straordinaria in condominio riguarda quegli interventi necessari per affrontare problemi urgenti o guasti imprevisti, che spesso richiedono modifiche rilevanti alle strutture o agli impianti esistenti.
Ai sensi dell’art. 3, primo comma, lettera b) del D.P.R. 380/2001, gli “interventi di manutenzione straordinaria” riguardano tutte quelle opere necessarie per rinnovare o sostituire anche parti strutturali degli edifici, così come per realizzare o integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici.
Tali interventi non devono però modificare la volumetria complessiva dell’edificio né comportare cambiamenti rilevanti sotto il profilo urbanistico, come l’aumento del carico urbanistico o il cambio della destinazione d’uso.
All’interno di questi interventi si considerano anche le opere che riguardano il frazionamento o l’accorpamento delle unità immobiliari, inclusi i cambiamenti nelle superfici delle singole unità e l’incremento del carico urbanistico, a condizione che la volumetria complessiva dell’edificio non venga modificata e che la destinazione d’uso originaria resti invariata.
Inoltre, la manutenzione straordinaria può includere anche modifiche ai prospetti esterni degli edifici, purché queste siano necessarie per garantire l’agibilità dell’edificio o per consentirne l’accesso, senza compromettere l’aspetto architettonico.
Tali interventi devono essere conformi alla normativa urbanistica ed edilizia vigente e non devono riguardare edifici tutelati dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Lavori di manutenzione straordinaria condominio
Alcuni interventi di manutenzione straordinaria in un condominio sono:
• rifacimento del tetto: intervento che richiede una sostanziale modifica della struttura esterna per garantire l’efficienza e la sicurezza dell’edificio;
• sostituzione dell’impianto di riscaldamento: intervento che implica la completa sostituzione di un impianto tecnologico per migliorare l’efficienza energetica e ridurre i costi;
• consolidamento strutturale: lavori necessari per garantire la stabilità dell’edificio in caso di danni gravi o segni di degrado;
• installazione di ascensori o scale di sicurezza: interventi che migliorano l’accessibilità e la sicurezza dell’edificio;
• ristrutturazione di aree comuni: interventi volti a migliorare l’estetica e la funzionalità delle aree condivise, come ad esempio il rifacimento del cortile o del giardino condominiale;
• realizzazione di nuove luci, porte o finestre esterne: interventi che modificano l’aspetto esterno dell’edificio e migliorano l’illuminazione naturale;
• sostituzione di infissi esterni con modelli diversi;
• interventi di risparmio energetico: come l’installazione di pannelli fotovoltaici o solari per ridurre i costi energetici e migliorare la sostenibilità dell’edificio;
• frazionamento o accorpamento di unità immobiliari: interventi che modificano la distribuzione interna delle proprietà senza alterare la volumetria complessiva dell’edificio;
• creazione di cortili e giardini: interventi volti a migliorare l’estetica e la vivibilità delle aree esterne comuni.

Manutenzione ordinaria e straordinaria in condominio: a chi spetta?
La responsabilità della manutenzione ordinaria e straordinaria in condominio ricade principalmente sull’amministratore, che ha il compito di gestire e mantenere le parti comuni dell’edificio, come stabilito dall’art. 1130 del Codice Civile, il quale include tra i suoi doveri quello di “compiere gli atti conservativi dei beni comuni“, inoltre, l’amministratore di condominio deve “riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni“.
L’amministratore è chiamato a garantire l’integrità e la sicurezza dell’edificio, assicurandosi che vengano eseguiti gli interventi necessari, sia ordinari sia straordinari. In situazioni di pericolo imminente, può decidere autonomamente di avviare lavori urgenti, informando successivamente i condòmini.
La manutenzione ordinaria riguarda interventi di routine, come la pulizia delle scale, il controllo degli impianti tecnologici e la riparazione di piccoli danni alle strutture comuni, e può essere disposta autonomamente dall’amministratore, previa approvazione del preventivo annuale da parte dell’assemblea.
La manutenzione straordinaria, invece, include interventi più complessi che necessitano dell’approvazione dell’assemblea condominiale, a meno che non si tratti di emergenze, in cui l’amministratore può agire senza il preventivo consenso dell’assemblea, informandola successivamente (Art. 1135 del Codice civile).
I condòmini, dal canto loro, sono obbligati a contribuire alle spese di manutenzione in base ai millesimi di proprietà e partecipano alle decisioni relative alla manutenzione attraverso l’assemblea, ma non possono impedire i lavori già approvati dalla maggioranza qualificata.

Lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria in condominio: serve la maggioranza?
Per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria in condominio, la necessità di una maggioranza varia in base alla tipologia dell’intervento e alle circostanze specifiche.
Per la manutenzione ordinaria, l’amministratore può agire autonomamente senza bisogno di una delibera assembleare, purché gli interventi siano di routine e siano già previsti nel preventivo annuale approvato dall’assemblea.
In questo caso, non è necessaria una maggioranza specifica per l’approvazione, ma i costi devono essere discussi e approvati dall’assemblea quando viene approvato il rendiconto annuale.
Per la manutenzione straordinaria, invece, è necessaria l’approvazione dell’assemblea condominiale.
La maggioranza richiesta per approvare i lavori di manutenzione straordinaria è di almeno la metà del valore dei millesimi, insieme alla maggioranza dei presenti in prima convocazione.
In seconda convocazione, invece, basta un terzo del valore dei millesimi, pur mantenendo la maggioranza dei presenti.

Manutenzione ordinaria e straordinaria in condominio: ripartizione spese
La suddivisione delle spese per i lavori di manutenzione, sia ordinaria sia straordinaria, in condominio avviene solitamente in base ai millesimi di proprietà, secondo quanto stabilito dall’articolo 1123 del Codice Civile.
Il principio generale prevede che ogni condomino contribuisca in proporzione al valore della propria unità immobiliare, espresso appunto in millesimi.
Ai sensi dell’art. 1123 del Codice civile, le spese necessarie per mantenere in buono stato le parti comuni dell’edificio, per offrire servizi utili a tutti i condomini e per realizzare innovazioni approvate dalla maggioranza, devono essere sostenute da ciascun condomino in proporzione al valore della propria unità immobiliare, a meno che non sia stato stabilito un accordo diverso.
Se un bene comune è utilizzato in misura diversa dai vari condomini, le spese devono essere suddivise in base all’uso che ciascuno può effettivamente farne.
Nel caso in cui l’edificio abbia scale, cortili, terrazze o impianti che servono solo una parte dei condomini, le relative spese di manutenzione devono essere pagate solo da coloro che ne traggono beneficio.
Oltre alle regole generali previste dalla legge, è possibile stabilire modalità differenti di ripartizione attraverso il regolamento condominiale, purché approvato all’unanimità, o mediante delibere assembleari anch’esse con il consenso unanime di tutti i condomini.

Ripartizione spese manutenzione e sostituzione scale e ascensori in condominio
La manutenzione e l’eventuale sostituzione di scale e ascensori spetta ai proprietari delle unità immobiliari che ne fanno uso.
Le relative spese vengono suddivise tra questi ultimi seguendo un criterio misto: metà del costo è ripartito in base al valore millesimale di ciascuna unità, mentre l’altra metà si calcola proporzionalmente all’altezza di ciascun piano dal suolo.
Ai fini della suddivisione della quota basata sul valore, si considerano come piani anche cantine, soffitte, palchi morti, camere a tetto e lastrici solari, a condizione che non siano di proprietà comune.

Ripartizione spese per la manutenzione e ricostruzione di soffitti, volte e solai in condominio
Le spese per la manutenzione o la ricostruzione di soffitti, volte e solai che separano due appartamenti devono essere divise in parti uguali tra i proprietari dei due piani sovrastanti e sottostanti.
Tuttavia, alcune parti specifiche restano a carico dei singoli:
• il proprietario del piano superiore si occupa della copertura del pavimento;
• il proprietario del piano inferiore è responsabile dell’intonaco, della pittura e della decorazione del soffitto.

Ripartizione spese per lastrici solari ad uso esclusivo in condominio
Nel caso in cui un lastrico solare sia destinato all’uso esclusivo di uno o più condomini, le spese per la sua riparazione o ricostruzione non ricadono interamente su chi lo utilizza.
Chi ne ha l’uso esclusivo è infatti tenuto a sostenere un terzo del costo complessivo, mentre i restanti due terzi vanno suddivisi tra tutti i condomini dell’edificio – o di quella parte che beneficia della copertura fornita dal lastrico – in proporzione al valore delle rispettive unità immobiliari (art. 1126 del Codice civile).

Titoli abilitativi per la manutenzione ordinaria e straordinaria in condominio
Per la manutenzione ordinaria e straordinaria in condominio, esistono specifici titoli abilitativi edilizi da considerare.
In caso di manutenzione ordinaria, non è necessario alcun titolo abilitativo edilizio.
Questa categoria comprende interventi come la riparazione, il rinnovo o la sostituzione delle finiture, oltre alla manutenzione degli impianti esistenti (come riscaldamento, impianto elettrico, impianto idrico).
Tali lavori rientrano in edilizia libera e possono essere svolti senza bisogno di comunicare nulla al Comune o di ottenere autorizzazioni.
Al contrario, la manutenzione straordinaria richiede sempre un titolo abilitativo edilizio. Nel caso di interventi che non comportano modifiche al volume, alla sagoma o alla destinazione d’uso dell’edificio, sono previsti due tipi di procedura:
• CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) per lavori di manutenzione straordinaria leggera,
• SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) per interventi più complessi, che includono modifiche strutturali.
Se l’immobile o l’area si trova in una zona soggetta a vincoli paesaggistici, come edifici storici, aree protette o centri storici, potrebbe essere necessaria un’autorizzazione paesaggistica.
Questa autorizzazione deve essere richiesta presso l’ente competente, come la Soprintendenza o il Comune, e potrebbe essere obbligatoria tanto per gli interventi ordinari quanto per quelli straordinari, a seconda del contesto.
È sempre fondamentale consultare le normative locali e il regolamento edilizio comunale, poiché potrebbero esserci disposizioni specifiche o ulteriori adempimenti da rispettare.

Manutenzione ordinaria e straordinaria in condominio: le detrazioni
Attualmente, la detrazione per gli interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria è quella prevista dal bonus ristrutturazione.
In aggiunta, i lavori di manutenzione ordinaria possono dare diritto anche al bonus mobili.

FAQ manutenzione ordinaria e straordinaria in condominio

Di seguito alcune FAQ riassuntive sulla manutenzione ordinaria e straordinaria condominio.

• Qual è la differenza tra manutenzione ordinaria e straordinaria in un condominio?
La manutenzione ordinaria riguarda interventi di routine, come la riparazione di danni minori o la manutenzione di impianti e strutture comuni, mentre la manutenzione straordinaria implica lavori complessi che possono includere modifiche strutturali, rifacimento di impianti o ristrutturazioni importanti.

• Chi è responsabile della manutenzione in un condominio?
L’amministratore di condominio è responsabile della gestione delle attività di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, delle parti comuni dell’edificio. Tuttavia, le decisioni importanti vengono prese in assemblea condominiale.

• Quando è necessaria l’approvazione dell’assemblea condominiale?
Per la manutenzione ordinaria, l’amministratore può agire autonomamente se gli interventi sono già previsti nel preventivo annuale.
Per la manutenzione straordinaria, è invece necessaria l’approvazione dell’assemblea condominiale, che deve deliberare in merito all’intervento.

• Come vengono suddivise le spese di manutenzione tra i condomini?
Le spese per la manutenzione sono generalmente ripartite in base ai millesimi di proprietà di ciascun condomino, salvo accordi diversi presi in assemblea.
Alcune spese specifiche, come quelle per ascensori o lastrici solari, possono seguire criteri diversi.

• Cosa succede se un intervento di manutenzione comporta modifiche strutturali?
Gli interventi che richiedono modifiche strutturali, come il rifacimento del tetto o la sostituzione dell’impianto di riscaldamento, rientrano nella manutenzione straordinaria e necessitano dell’approvazione dell’assemblea condominiale.

• Sono necessarie autorizzazioni edilizie per i lavori di manutenzione?
La manutenzione ordinaria non richiede autorizzazioni edilizie, mentre la manutenzione straordinaria potrebbe richiedere titoli abilitativi come la CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) o la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), a seconda della complessità dell’intervento.

• Qual è la ripartizione delle spese per la manutenzione delle scale e degli ascensori?
Le spese per la manutenzione e sostituzione di ascensori e scale sono suddivise tra i condomini che ne fanno uso, utilizzando un criterio misto che considera il valore dell’immobile e l’altezza del piano.

• Come vengono ripartite le spese per il rifacimento del tetto o interventi strutturali simili?
Le spese per il rifacimento del tetto o altri lavori strutturali rilevanti vengono suddivise tra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà, a meno che non ci siano specifiche condizioni o accordi previsti dal regolamento condominiale.

• Posso fare dei lavori di manutenzione senza il consenso degli altri condomini?
I lavori di manutenzione ordinaria, se inclusi nel preventivo annuale, possono essere eseguiti dall’amministratore senza bisogno di approvazione preventiva.
Tuttavia, qualsiasi intervento straordinario o che comporti modifiche sostanziali necessita dell’approvazione dell’assemblea.
In caso di urgenza, come nel caso di danni immediati che mettono in pericolo la sicurezza dell’edificio, l’amministratore può avviare lavori urgenti senza il consenso dell’assemblea.
Ma dovrà comunque informare i condomini successivamente.

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