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ARCHIVIO DEL CONDOMINIO

Mediazione condominiale, il nuovo tariffario

La “Riforma Cartabia” ha rivoluzionato radicalmente non solo le procedure civili e penali, ma anche gli istituti di risoluzione alternativa delle controversie, quali la mediazione e l’arbitrato, con effetti che incidono notevolmente sul mondo condominiale e immobiliare.

Il Condominio, infatti, si ritrova spesso coinvolto in procedimenti di mediazione obbligatoria, concepita per rappresentare un’effettiva opportunità nella gestione dei conflitti condominiali. I procedimenti di mediazione vengono infatti attivati sia nei casi di impugnazione di una delibera assembleare, sia in quelli di opposizione al decreto ingiuntivo promosso verso il singolo condòmino.

In questo contesto, lo scorso 31 ottobre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D.M. n. 150/2023, che disciplina gli organismi di mediazione, i requisiti per i mediatori e le nuove indennità di mediazione da corrispondere al momento del deposito della domanda e dell’adesione per il primo incontro. Le disposizioni del D.M. 150/2023 sono entrate in vigore il 15 novembre, cambiando le tariffe della mediazione in condominio per le procedure attivate a partire da tale data.

Il nuovo tariffario valorizza l’impegno e la professionalità dei mediatori, che d’ora in avanti percepiranno una remunerazione più adeguata per il loro impegno. Ma gli aumenti applicati potrebbero rappresentare un grosso problema per gli utenti.

Sulla base delle disposizioni della Riforma Cartabia, D.M. 150/2023 ha previsto il pagamento, all’atto del deposito dell’istanza e dell’adesione, di un importo composto da “indennità” e “spese vive”. L’indennità è, a sua volta, ripartita in due distinte voci: “spese di avvio del procedimento di mediazione” e “compenso per il mediatore”.

Le spese vive comprendono, a loro volta, ulteriori costi che consistono nel corrispettivo per i “servizi accessori” offerti dall’Organismo, quali le spese sostenute per la convocazione delle parti, per la sottoscrizione digitale dei verbali e degli accordi, per il rilascio delle copie dei documenti.

In caso di mancata conciliazione al primo incontro, non sarà dovuta alcuna spesa ulteriore. Quando invece già al primo incontro viene trovato un accordo, o nel caso la mediazione dovesse proseguire in incontri successivi, all’Organismo sarà dovuto un importo a titolo di “Spese di mediazione”. Importo che prevede una maggiorazione del 10%, nel caso in cui si raggiunga l’accordo conciliativo al primo incontro; una maggiorazione del 25%, nel caso in cui si raggiunga l’accordo conciliativo negli incontri successivi; nessuna maggiorazione nel caso in cui la mediazione prosegua in incontri successivi al primo, ma senza raggiungere alcun accordo conciliativo.

Infine, in base all’articolo 28, comma 8, del D.M. 150/2023, nel caso in cui la mediazione costituisca condizione di procedibilità della giudiziale, o fosse demandata dal giudice, l’indennità di mediazione e le spese di mediazione sono ridotte di un quinto.

Direttiva Case Green, l’intesa per la riduzione del consumo energetico degli edifici

La Direttiva Case Green è stata approvata. L’accordo raggiunto a Bruxelles prevede nuovi edifici a zero emissioni dal 2030, caldaie a gas vietate dal 2040, miglioramento energetico graduale degli immobili esistenti e obbligo di installare pannelli solari sui tetti dei nuovi edifici.
Il compromesso raggiunto, nato dal dialogo tra Parlamento, Commissione e Consiglio europeo, bilancia le esigenze ambientali con quelle economiche e infrastrutturali con l’obiettivo di disporre di un parco immobiliare climaticamente neutrale entro il 2050.
Tecnicamente, l’accordo è ad oggi soltanto provvisorio, in quanto dovrà essere confermato dal voto del Consiglio e del Parlamento europeo. La Plenaria nella quale sarà approvato l’accordo sulla direttiva Epbd è quella del prossimo febbraio. Se il calendario dei prossimi passaggi sarà rispettato, l’attuazione della direttiva inizierà a partire dal 2026.
Nella sua prima versione la Direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici (EPBD – Energy Performance of Buildings Directive) – ormai ribattezzata Direttiva Case Green – aveva seminato il panico a causa dei criteri stringenti previsti per l’efficientamento degli edifici che avrebbero letteralmente cambiato faccia al parco immobiliare delle nazioni più arretrate, Italia compresa.
Sennonché, quel testo approvato in prima istanza dall’Europarlamento, doveva poi divenire oggetto di una successiva fase di negoziazione fra Parlamento, Consiglio e Commissione europea (il cosiddetto trilogo).
Una negoziazione che si è conclusa lo scorso 7 dicembre, dopo sei mesi di trattative, con il raggiungimento di un compromesso sulle norme più critiche contenute nel provvedimento comunitario. Il compromesso raggiunto prevede una revisione delle agevolazioni per le ristrutturazioni, con una serie di misure che scatteranno già a partire dal 2025.

I principali punti dell’accordo
La revisione allenta alcuni dei paletti che tanto avevano fatto discutere l’Italia e creato non pochi malumori anche in Germania.
Si allungano così tempi e scadenze e vengono rivisti alcuni degli obblighi sui quali è stato incentrato il provvedimento:
• caldaie a gas;
• efficientamento energetico (edifici a emissioni zero);
• pannelli fotovoltaici.
Inoltre, ogni Stato potrà decidere:
• i propri obiettivi;
• la tabella di marcia;
• quali edifici ristrutturare e con quali tempistiche.

Caldaie a gas, nel 2040 la fine della vendita
Quanto originariamente previsto nel testo della Direttiva europea in relazione alle caldaie a gas rappresentava un punto particolarmente caldo.
Lo stop alla vendita previsto nel 2035 veniva infatti ritenuto da molti eccessivamente penalizzante per l’industria del settore, nonché troppo costoso per gli utenti visti i prezzi dei sistemi di riscaldamento alternativi, in particolare le pompe di calore.
Con l’intesa raggiunta nel trilogo lo stop alla vendita è stato posticipato di cinque anni, a partire dal 2040.
Già nel 2025 verranno invece eliminati tutti gli incentivi finanziari per l’acquisto delle caldaie a gas, con l’eccezione dei sistemi di riscaldamento ibridi, ovvero quelli che combinano una caldaia con una pompa di calore.

Nuovi criteri per l’efficientamento energetico
Un’altra novità importante uscita dalla negoziazione a tre riguarda il fulcro stesso della Direttiva Case Green, ovvero i criteri con cui eseguire l’efficientamento energetico degli edifici.
Per alleggerire la pressione sugli Stati più in difficoltà cambia innanzitutto la filosofia stessa del cambiamento, non più legato alla certificazione energetica richiesta ai singoli edifici, ma alle medie di riferimento del patrimonio immobiliare di ogni Stato membro dell’Unione.
Pertanto, il nuovo testo prevede che ogni nazione riduca del 16% il consumo medio di energia del patrimonio edilizio residenziale per il 2030, un taglio che dovrà salire fino al 20-22% nel 2035. Una riduzione dei consumi che per il 55% dovrà essere ottenuta attraverso l’efficientamento degli edifici con le prestazioni peggiori.
Per gli edifici non residenziali, il limite è del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033. Dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti a emissioni zero. Per gli edifici pubblici l’obbligo partirà dal 2028.

Cambiano le regole per i pannelli fotovoltaici
L’altro cambiamento di particolare rilevanza concertato nel trilogo è relativo ai pannelli fotovoltaici.
Se prima veniva previsto l’obbligo di installazione in tutti gli edifici, adesso la normativa non riguarda più gli immobili residenziali esistenti, per intenderci le comuni abitazioni. A doversi obbligatoriamente dotare di impianti di energia solare saranno quindi i nuovi edifici, gli edifici pubblici e quelli non residenziali esistenti di grandi dimensioni.

Porte blindate, come funziona il bonus

Un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate, attraverso la “Posta di FiscoOggi” chiedendo se è possibile usufruire della detrazione per le spese sostenute in merito a un intervento di sostituzione di un portone di un singolo appartamento con unica anta in legno, con portone blindato con due ante, intervento effettuato mantenendo la stessa dimensione del telaio blindato.

In risposta l’Agenzia delle Entrate ha chiarito al contribuente che nel caso analizzato è possibile fruire del bonus porte blindate il quale prevede le stesse condizioni del bonus ristrutturazione.

Difatti, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che è possibile fruire dell’agevolazione “qualora si rispettino gli adempimenti previsti dalla legge per richiedere la detrazione del 50% delle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio (tra i quali, ad esempio, l’obbligo di pagamento con l’apposito bonifico dedicato) e si possieda la relativa documentazione”.

Il Fisco ha proseguito chiarendo che il montaggio di porte blindate o rinforzate rientra tra i lavori effettuati sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni, finalizzati alla prevenzione degli atti illeciti da parte di terzi, così come stabilito dall’art. 16-bis, comma 1 del Testo unico sulle imposte sui redditi.

Ciò detto, quindi, il proprietario o il detentore dell’immobile sul quale è stato effettuato tale intervento, ha la possibilità di richiedere la detrazione delle spese in dieci rate annuali di pari importo.

A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che per “atti illeciti” si intendono gli atti perseguibili penalmente, ad esempio furti o aggressioni o qualsiasi altro reato che comporta il superamento di limiti fisici posti a tutela di diritti giuridicamente protetti.

Ricordiamo, infine, che il bonus per la sostituzione di una porta con una porta blindata, consiste in un’agevolazione del 50% delle spese sostenute e resterà tale sino al 31 dicembre 2024. Dal 2025 l’aliquota scenderà al 36%.

A cura di: Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Bonus barriere architettoniche, i lavori ammessi alla detrazione del 75%

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Ottenuti risparmi record dalle misure di efficienza energetica

Un risparmio record di 3 miliardi di euro nella fattura energetica nazionale del 2022 grazie agli interventi di efficienza energetica.
Lo ha stimato ENEA in relazione alle minori importazioni di petrolio e gas, che equivalgono a una riduzione delle emissioni di CO₂ di circa 6,5 milioni di tonnellate e a un risparmio di poco più di 2,5 milioni di tonnellate equivalenti petrolio (Mtep), un risultato che avvicina sostanzialmente l’Italia agli obiettivi della nuova Direttiva sull’Efficienza energetica.
È quanto emerge dal 12° Rapporto annuale sull’efficienza energetica e dal 14° Rapporto annuale sulle detrazioni fiscali per interventi di risparmio energetico e utilizzo di fonti di energia rinnovabili negli edifici esistenti, elaborati dall’ENEA e presentati nel corso di un convegno tenutosi a Roma, a Palazzo Valentini.
“Sono molte le sfide che nell’ultimo biennio hanno indotto la Commissione Europea ad avviare una serie di azioni legislative per sostenere la transizione energetica e a porre obiettivi più ambiziosi per la riduzione dei consumi e la crescita delle fonti rinnovabili”, ha sottolineato il presidente dell’ENEA, Gilberto Dialuce.
“In un quadro di trasformazioni profonde – ha aggiunto Dialuce – ENEA può svolgere un ruolo di guida tecnica nel processo di recepimento e nell’attuazione delle nuove politiche, fornendo il supporto necessario per interpretare correttamente le direttive europee, adattarle alle specificità nazionali e coordinare gli sforzi dei diversi soggetti coinvolti. Inoltre, attraverso le attività di monitoraggio, ENEA può contribuire a quel processo di policy learning che consentirà di aggiustare il tiro, laddove necessario, lungo il percorso di raggiungimento degli obiettivi”.

Gli obiettivi europei
Ai positivi risultati rispetto agli obiettivi UE hanno contribuito le detrazioni fiscali (Ecobonus, Bonus Casa e Superbonus) con un risparmio di 1,363 Mtep (54,3% rispetto ai nuovi risparmi 2022), pari al 98,1% del risparmio atteso secondo le traiettorie fissate dal PNIEC per il 2023.
A seguire gli incentivi per la mobilità sostenibile con 0,423 Mtep (16,8%) e i Certificati Bianchi, che hanno coperto il 12,6% del risparmio totale annuo.

Il bilancio delle detrazioni fiscali
Sul fronte dell’Ecobonus, il meccanismo per incentivare l’efficienza energetica negli usi finali introdotto nel 2007, i report ENEA evidenziano nel 2022 una riduzione degli interventi a poco meno di 940.700, contro gli 1,04 milioni del 2021, un valore comunque doppio rispetto a quello medio del periodo 2017-2019.
Gli investimenti associati corrispondono a 6.823 milioni di euro, contro i 7.537 milioni mobilitati nell’anno precedente, mentre il risparmio complessivo a 2.136 GWh/anno, in calo rispetto ai 2.652 GWh/anno del 2021.
La maggior parte degli interventi riguarda l’installazione di impianti di climatizzazione più efficienti (3,08 miliardi di euro, 64,7% degli interventi) e la sostituzione dei serramenti (2,38 miliardi di euro, 20,6% degli interventi).
Circa 605 milioni sono inoltre stati investiti per l’isolamento termico dell’edificio, 482 milioni per le schermature solari e circa 124 milioni per la riqualificazione globale degli immobili.
Dal 2007, anno di avvio della misura, il numero di interventi incentivati dall’ecobonus si aggira intorno a 6,4 milioni, con un risparmio complessivo di quasi 25 mila GWh/anno, derivanti soprattutto da interventi parziali su singole unità immobiliari e poco meno di 60 miliardi di euro di investimenti attivati.
Il Bonus Casa nel 2022 ha registrato 508 mila interventi con un calo del 42,36% rispetto al 2021. Tuttavia, in termini di risparmio energetico il decremento risulta inferiore (-10%), passando da 925.033 MWh/anno del 2021 ai 833.294 MWh del 2022, tendenza che indica un miglioramento qualitativo degli interventi sugli impianti.
Sul fronte Superbonus i dati ENEA evidenziano che al dicembre 2022 il numero totale di progetti è stato pari a 352.101, con 60,76 miliardi di euro di investimenti ammessi a finanziamento, di cui 45,2 miliardi per lavori già conclusi, e un risparmio complessivo pari a 9.050,04 GWh/anno.
I condomini hanno continuato a occupare la parte più rilevante con il 43%; seguono le tipologie di edifici unifamiliari con il 39,3% e le unità immobiliari funzionalmente indipendenti presenti all’interno di edifici condominiali con il 17,8%.
“Il risparmio record stimato in 3 miliardi di euro risente ovviamente anche della forte impennata dei prezzi dell’energia, ma allo stesso tempo è il segnale dell’importanza che l’efficienza energetica va assumendo nel nostro Paese. Il raggiungimento degli obiettivi presenti nella nuova Direttiva Europea, caratterizzata dal principio dell’efficienza energetica al primo posto, passa anche per il coinvolgimento attivo di cittadini, imprese e professionisti. Come Agenzia Nazionale per l’Efficienza Energetica, siamo in prima linea in questo campo anche attraverso una serie di attività di formazione e informazione per indirizzare le giovani generazioni verso i green jobs, che rappresentano il motore trainante per la transizione energetica”, ha spiegato Ilaria Bertini, direttrice del Dipartimento ENEA di Efficienza energetica.

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Bonus mobili: si può ottenere se non si effettua la ristrutturazione?

Un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate ponendo un quesito attraverso la Posta di FiscoOggi inerente alla fruizione del bonus mobili.

Nel caso analizzato, il contribuente ha spiegato al Fisco di aver avviato degli interventi di manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio nel quale è proprietario di due unità abitative sulle tre totali. I lavori realizzati nelle parti comuni riguardano il rifacimento dell’intonaco e la pittura interna del vano scale, si tratta quindi di interventi che non necessitano di alcun titolo edilizio.

Premesso ciò, il contribuente ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se può fruire del bonus mobili per l’acquisto di alcuni arredi destinati ad una delle due unità abitative di cui è proprietario.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che quando si effettua un intervento di recupero del patrimonio edilizio sulle parti condominiali di edifici residenziali, compresi gli interventi di manutenzione ordinaria, i condòmini hanno diritto a fruire del bonus mobili, ciascuno in base alla propria quota e solo se i beni acquistati sono destinati ad arredare tali parti comuni.

Difatti, il bonus mobili non è riconosciuto a coloro che, invece, acquistano mobili ed elettrodomestici da destinare all’arredo della propria unità immobiliare. Ciò detto, quindi, il contribuente non potrà fruire dell’agevolazione richiesta.
A tal proposito è utile ricordare che la Circolare n. 29 del 2013 dell’Agenzia delle Entrate in merito all’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici ha specificato, al paragrafo 3.2, che i contribuenti in questione devono sostenere “ulteriori spese documentate”, rispetto a quelle sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, per “l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione”.

Inoltre, la normativa inerente al bonus mobili stabilisce che al fine di ricevere l’agevolazione è necessario che si svolgano alcuni interventi quali:
• interventi di manutenzione straordinaria, restauro conservativo e ristrutturazione edilizia su singole unità abitative;
• interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria sulle parti comuni degli edifici residenziali;
• ricostruzione o ripristino di un immobile danneggiato da eventi calamitosi;
• restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia eseguiti da imprese di costruzione che venderanno l’immobile entro 18 mesi dal termine dei lavori.

Pertanto, la correlazione tra interventi edili e l’acquisto di mobili ed elettrodomestici per fruire della relativa agevolazione, è necessaria, anche se va specificato che gli interventi realizzati non devono obbligatoriamente qualificarsi come ristrutturazione edilizia ai sensi del Testo Unico edilizia (DPR n. 380/2001).

Infine, è importante ricordare che il bonus mobili, ovvero la detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici destinati ad arredare un immobile oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio, è calcolata su un massimale di € 8.000 per l’anno 2023 e di € 5.000 per l’anno 2024.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI