Con l’avvicinarsi della scadenza del 31 marzo 2023 per il Superbonus su unifamiliari e funzionalmente autonome che hanno fruito della proroga, rimangono ancora tanti gli interrogativi degli utenti nel merito.
Che cosa succede per chi entro il 30 settembre 2022 non ha raggiunto il 30% dei lavori per la proroga? Come calcolare tale 30% e come dimostrare di averlo conseguito? Entro quando occorre terminare i lavori? C’è un termine massimo per presentare la CILAS? Per le spese che non rientrano nel 110% è possibile fruire dei bonus minori?
A seguito della modifica introdotta dall’art. 9 del D.L. 176/2022 (comma 1, lettera a, n. 2), quanto al Superbonus per gli edifici unifamiliari e per le unità immobiliari funzionalmente indipendenti e autonome è prevista:
• una scadenza fissata al 30/06/2022;
• la possibilità di fruire di una proroga al 31/03/2023, a condizione di avere effettuato entro il 30/09/2022 lavori per almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo.
Con l’avvicinarsi della scadenza del 31 marzo 2023, vi è pertanto la necessità di capire alcuni aspetti molto rilevanti:
• Cosa succede a chi non ha potuto raggiungere entro il 30/09/2022 la quota di lavori effettuati minima (30%) per poter usufruire della proroga?
• Come calcolare la quota del 30% di lavori effettuati al cui raggiungimento scatta la proroga?
• Come dimostrare il raggiungimento della prevista percentuale del 30% dei lavori effettuati entro il 30/09/2022?
• In caso di fruizione della proroga, entro il 31/03/2023 occorre terminare tutti i lavori?
• C’è un termine massimo entro il quale presentare la CILAS o comunque avviare il procedimento edilizio?
• Le spese eventualmente sostenute dopo i termini di scadenza potranno usufruire dei bonus ordinari?
Le regole
Ai fini del Superbonus (e degli altri bonus, quando il contribuente è persona fisica) vige il cosiddetto “principio di cassa”, in base al quale le spese sono detraibili in base alla data in cui sono sostenute, che a sua volta coincide con la data dei bonifici, che pertanto devono essere eseguiti nel periodo in cui l’agevolazione è vigente.
La fruizione dei bonus fiscali per gli interventi edilizi è indissolubilmente vincolata all’esecuzione completa degli interventi stessi, secondo quanto indicato nei relativi atti abilitativi e nei tempi previsti dagli atti stessi. Le agevolazioni sono infatti concesse per l’esecuzione di interventi edilizi, per questo i suddetti interventi devono essere completati integralmente come descritti nella documentazione a fini edilizi (ad esempio nella CILAS), e pertanto nessuna agevolazione può essere fruita in caso di mancata ultimazione dei lavori.
Dunque, in estrema sintesi il concetto del sostenimento delle spese è legato al principio di cassa; mentre quello dell’ultimazione dei lavori è legato alla normativa edilizia.
Raggiungimento 30% entro il 30 settembre 2022
Per chi non è riuscito a raggiungere entro il 30/09/2022 la quota di lavori effettuati minima per poter usufruire della proroga – restano comunque in tutti i casi detraibili le spese relative a bonifici effettuati entro il 30/06/2022, a patto che i lavori vengano conclusi integralmente ed entro le tempistiche previste.
Resta la possibilità, per i casi che rientrano nei requisiti, di fruire del nuovo Superbonus 2023 al 90% per edifici unifamiliari e unità funzionalmente autonome.
Calcolo del 30% per fruire della proroga
La norma prevede che per poter fruire della proroga occorre che al 30/09/2022 “siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo”. Pertanto il riferimento è a tutte le spese derivanti dal quadro economico complessivo, senza distinzioni (non solo quelle oggetto di agevolazione, ma tutte le lavorazioni dedotte nel titolo edilizio), e comprensive delle spese tecniche.
Il comma 8-bis, art. 119 del D.L. 34/2020 dispone che nel computo del 30% “possono essere compresi anche i lavori non agevolati ai sensi del presente articolo”.
In altri termini, anche lavori non agevolati con il Superbonus (quindi eventualmente agevolati con altre fattispecie o non agevolati affatto), contano ai fini del raggiungimento della soglia.
Risultano rilevanti a proposito del calcolo del 30% in questione i chiarimenti forniti dalla Circolare Agenzia entrate 06/10/2022, n. 33/E, al paragrafo 7, sintetizzati qui di seguito.
Essendo facoltà (e non obbligo) per le persone fisiche includere nel computo anche i lavori non oggetto del Superbonus, il raggiungimento al 30/09/2022 della percentuale del 30% dell’intervento ammesso al Superbonus rende superfluo includere nel predetto computo anche i lavori non agevolabili.
Pertanto, ad esempio, nel caso di un intervento complessivo di costo pari a 100.000 euro di cui 60.000 euro per spese relative a interventi di ristrutturazione edilizia (per i quali spetta la detrazione del 50 per cento attualmente disciplinata dall’art. 16 del D.L. 63/2013) e 40.000 euro di spese relative a interventi ammessi al Superbonus, è possibile fruire di tale ultima detrazione anche per le spese sostenute entro il 31/03/2023 qualora al 30/09/2022 siano stati effettuati, per gli interventi ammessi al Superbonus, lavori pari a 12.000 euro.
Resta fermo, infatti, che ai fini del raggiungimento della percentuale richiesta dalla norma, non rileva il pagamento dell’importo corrispondente al 30% dei lavori essendo necessaria, stante il tenore letterale della disposizione riferito ai lavori realizzati entro la predetta data del 30/09/2022, la realizzazione di almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo.
Infine, l’art. 14 del D.M. 49/2018 (seppure riferito ai lavori pubblici) definisce lo Stato di avanzamento lavori come “il documento che riassume tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell’appalto sino ad allora”, confermando che possono essere validamente contabilizzate, ai fini del 30% utile per la proroga, anche le eventuali mere forniture di beni a piè d’opera, purché già ricevute e disponibili in cantiere (oltre che, come detto, le spese tecniche riguardanti le prestazioni fino a quel momento eseguite).
Proroga al 31 marzo 2023 e ultimazione dei lavori
Condizione necessaria per il bonus è l’esecuzione completa degli interventi, secondo quanto indicato negli atti abilitativi e nei tempi previsti dagli atti stessi.
Ne consegue che saranno detraibili le spese sostenute entro il 31 marzo 2023, mentre i lavori potranno essere ultimati anche oltre tale termine.
Il completamento deve riferirsi a tutti i lavori, e non solo a quelli oggetto di agevolazione. Ad esempio, in caso di Super-Sismabonus, non sarà sufficiente completare le sole opere strutturali con il relativo collaudo statico.
Quanto all’asseverazione a fine lavori, resta fermo che:
• per il Super-Ecobonus, l’asseverazione deve essere protocollata sul portale ENEA entro 90 giorni dalla fine lavori;
• per il Super-Sismabonus, ai sensi dell’art. 3 del D.M. 58/2017, comma 4-ter, occorre depositare l’asseverazione allo Sportello unico al completamento dell’intervento.
Termine ultimo per la presentazione della Cilas
In teoria, non vi è una data prefissata per presentare la CILAS o comunque avviare il procedimento edilizio, cosa che dunque potrebbe avvenire anche poco prima della scadenza del 31/03/2022. Tuttavia, per chi abbia presentato la CILAS dopo il 30/06/2022 ma non abbia poi colto l’obiettivo del 30% entro il 30/09/2022, non si potrà detrarre nulla. Mentre chi ha avviato i lavori prima potrà almeno detrarre le spese sostenute entro il 30/06/2022, a patto di ultimare i lavori, seppure dopo le scadenze.
Spese successive e bonus ordinari
Quanto alle spese sostenute dopo le scadenze (ad esempio dopo il 31/03/2023 in caso di fruizione della proroga), se l’intervento è assentito tramite CILAS si propende per la risposta negativa alla possibilità di fruire dei bonus “minori” (Ecobonus ordinario, Bonus ristrutturazioni).
L’intervento dovrebbe infatti rispondere integralmente a tutti i requisiti previsti per il bonus che si intende sfruttare, ivi compresa la conformità del procedimento alla normativa edilizia. Tale requisito non potrebbe essere rispettato dal momento che la CILAS non può essere sfruttata per interventi non ricompresi nel Superbonus.
Viceversa, in caso di procedimento assentito (quando possibile) con altro titolo, ad esempio Permesso di costruire o SCIA, sarebbe possibile fruire dei bonus minori, a condizione di rispettare tutti i presupposti e i requisiti di carattere tecnico-prestazionale previsti per la specifica fattispecie.
Lo stop alla cessione dei crediti comporterà non solo un danno economico per le imprese di tutto l’indotto, ma anche un danno sociale enorme.
In questi anni, infatti, sull’onda di bonus e superbonus, le aziende si sono lanciate con fiducia nella politica di riqualificazione energetica e hanno fatto investimenti su personale, macchinari e impianti.
Ora, dall’oggi al domani, dovranno tornare sui loro passi e ridimensionarsi, per riuscire a far fronte all’ondata di disdette o sospensioni degli ordini in essere, destinati a cantieri non ancora avviati nella fatidica data del 16 febbraio.
Da quel giorno ad oggi, infatti, il settore dell’edilizia ha registrato il blocco di molti cantieri e le aziende dell’indotto sono state tempestate da disdette degli ordini ricevute nei mesi scorsi
Il problema non è rappresentato solo dall’eliminazione della misura, ma anche dal modo repentino con cui è avvenuta e dall’incertezza che ha lasciato sul campo.
Nel settore degli infissi e dei serramenti, così come in quello delle tende e delle schermature solari, o porte e pavimenti, tra l’ordine e l’effettiva consegna del prodotto possono passare anche due o tre mesi. Con il risultato che adesso i magazzini sono pieni, ma i clienti non intendono ritirare la merce.
Fino al 31 dicembre 2024 si potrà fruire, a specifiche condizioni, del bonus fiscale per la sicurezza, ossia di una detrazione dall’Irpef al 50 per cento per l’acquisto di strumenti finalizzati a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi e quindi proteggere la propria casa da intrusi ed effrazioni.
Gli interventi agevolabili
Come ricorda l’Agenzia delle Entrate nella sua guida online, per “atti illeciti” si intendono quelli penalmente illeciti (per esempio, furto, aggressione, sequestro di persona e ogni altro reato la cui realizzazione comporti la lesione di diritti giuridicamente protetti).
La detrazione è pertanto applicabile unicamente alle spese sostenute per realizzare interventi sugli immobili. Non rientra nell’agevolazione, per esempio, il contratto stipulato con un istituto di vigilanza.
Tra le misure che invece possono fruire dell’agevolazione al 50% ci sono:
• rafforzamento, sostituzione o installazione di cancellate o recinzioni murarie degli edifici;
• apposizione di grate sulle finestre o loro sostituzione;
• porte blindate o rinforzate;
• apposizione o sostituzione di serrature, lucchetti, catenacci, spioncini;
• installazione di rilevatori di apertura e di effrazione sui serramenti;
• apposizione di saracinesche;
• tapparelle metalliche con bloccaggi;
• vetri antisfondamento;
• casseforti a muro;
• fotocamere o cineprese collegate con centri di vigilanza privati;
• apparecchi rilevatori di prevenzione antifurto e relative centraline.
Come ottenere il bonus sicurezza
Fino al 31 dicembre 2024, il limite massimo di spesa sul quale calcolare la detrazione del 50% è di 96 mila euro per ciascuna unità immobiliare. Questo limite è annuale e riguarda il singolo immobile e le sue pertinenze unitariamente considerate, anche se accatastate separatamente.
La detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo, nell’anno in cui è sostenuta la spesa e in quelli successivi. Il contribuente che, pur avendone diritto, non ha usufruito dell’agevolazione in uno o più anni (ad esempio, per incapienza o perché esonerato dalla presentazione della dichiarazione dei redditi), nei successivi periodi d’imposta può comunque beneficiare della detrazione, indicando in dichiarazione il numero della rata corrispondente.
Per ottenere la dtrazione è sufficiente indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile e, se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti per il controllo della detrazione.
Per fruire della detrazione inoltre è necessario che i pagamenti siano effettuati con bonifico bancario o postale (anche “on line”), da cui risultino la causale del versamento, con riferimento alla norma (articolo 16-bis del Dpr n. 917/1986), il codice fiscale del beneficiario della detrazione e il codice fiscale o numero di partita Iva del beneficiario del pagamento.
Al momento del pagamento del bonifico, banche e Poste Italiane Spa devono operare una ritenuta dell’8 per cento a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori.
I contribuenti che usufruiscono dell’agevolazione devono conservare ed esibire, a richiesta degli uffici dell’Agenzia delle Entrate una serie di documenti, quali:
• ricevuta del bonifico;
• fatture o ricevute fiscali relative alle spese effettuate per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione;
• domanda di accatastamento, se l’immobile non è ancora censito;
• ricevute di pagamento dell’imposta comunale (Imu), se dovuta;
• delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori e tabella millesimale di ripartizione delle spese, per gli interventi sulle parti condominiali;
• dichiarazione di consenso all’esecuzione dei lavori del possessore dell’immobile, per gli interventi effettuati dal detentore dell’immobile, se diverso dai familiari conviventi;
• abilitazioni amministrative richieste dalla vigente legislazione edilizia in relazione alla tipologia di lavori da realizzare (concessioni, autorizzazioni, eccetera) o, se la normativa non prevede alcun titolo abilitativo, dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in cui indicare la data di inizio dei lavori e attestare che gli interventi realizzati rientrano tra quelli agevolabili.
Il 2022 del mercato immobiliare italiano e internazionale si è chiuso con qualche scossone dovuto alle incerte condizioni legate all’inflazione e alla guerra. Cosa aspettarsi dal 2023?
“Quello che ci aspettiamo è un rallentamento del mercato, già in atto dalla seconda metà del 2022 e che sicuramente sarà confermato dai dati dell’ultimo trimestre”, commenta Dario Castiglia, Ceo e founder di Re/Max Italia. “Per il 2023 – PROSEGUE – non prevediamo una vera crisi immobiliare perché, nonostante gli aumenti, i tassi di interesse sono a livelli ancora interessanti se comparati ai picchi raggiunti in anni passati. Le condizioni sono sicuramente differenti rispetto ai minimi storici degli ultimi anni, ma crediamo che gli acquirenti si abitueranno al nuovo regime”.
Quali saranno le conseguenze dell’inflazione sul mattone italiano? “Sostanzialmente riteniamo che il mattone si confermerà bene rifugio contro l’inflazione in un mercato più equilibrato che tenderà a riallinearsi ai trend di crescita del 2019, con una buona domanda favorita da un appiattimento della curva dei prezzi”, risponde Castiglia.
Gli italiani compreranno ancora casa nel 2023? “Il dinamismo del periodo 2020 e 2021 è stato fin troppo esuberante, – spiega il Ceo di re/Max Italia. – Un’effervescenza che si è vista anche nei primi mesi del 2022 e che ha portato a chiudere l’anno con un numero di compravendite in linea con quello del 2021, nonostante la flessione dell’ultimo trimestre. In termini di transato per il 2023 prevediamo una contrazione dell’8/9 per cento rispetto al 2022 ma con un numero di compravendite superiori al 2019. Molto probabilmente il prossimo biennio vedrà una fase di rallentamento temporaneo che offrirà interessanti opportunità per investire nell’immobiliare. Questo perché sarà un mercato leggermente calmierato con condizioni più favorevoli per chi dispone di liquidità o ha la possibilità di accedere al credito”.
Un anno di incognite per l’immobiliare
“Mentre il 2022 ha confermato il trend positivo post pandemico cominciato nel 2021, – segnala Marco Speretta, direttore generale del Gruppo Gabetti, – e chiuderà probabilmente oltre le 700.000 compravendite, il 2023 è un anno che si apre con più incognite dettate da una situazione geopolitica, energetica e inflattiva volatile. Per il 2023, la determinante che più inciderà sull’andamento del mercato residenziale, è certamente l’andamento dei tassi di interesse sui mutui, il cui aumento registrato nel 2022 non ha per il momento inciso sulle compravendite. Questo a conferma del fatto che ci troviamo di fronte a un aumento dei tassi che però non è ancora ritenuto oltre il livello di guardia tanto da generare allarmismo tra investitori e potenziali acquirenti. Tuttavia, è chiaro che un ulteriore innalzamento della curva inflattiva, che spingerebbe ancora la BCE a aumentare i tassi, potrebbe determinare una contrattura nella domanda di acquisto”.
Cosa aspettarsi dal 2023? “Il mercato continuerà a essere guidato da chi cerca abitazioni più grandi (anche come conseguenza dello smartworking), – è l’opinione di Speretta, – da chi punta all’efficienza energetica cercando abitazioni più ecosostenibili e dalla crescente sensibilità verso la domotica e la tecnologia che spingerà molti verso l’acquisto di nuove costruzioni”.
Mutui e compravendite, previsioni 2023
Tiene il mercato immobiliare sostenuto dai mutui: secondo Nomisma il 2022 si chiuderà con 55,2 miliardi di euro di mutui erogati (contro i 55,7 preconizzati a febbraio), 44,4 miliardi nel 2023 (contro i 54,2 previsti a febbraio), 45 miliardi nel 2024 (contro i 58 previsti a febbraio) e 48,2 nel 2025.
A livello di compravendite, secondo l’istituto di Bologna il 2022 si concluderà con 767 mila compravendite, più delle 741 previste a febbraio, per poi calare bruscamente a 665 mila nel 2023 e 659 mila nel 2024 (contro la precedente previsione a 725 e 736 mila compravendite immobiliari).
Prezzi e canoni d’affitto, le previsioni 2022-2024
La crescita dei prezzi e dei canoni immobiliari reggerà nei prossimi anni nelle 13 città monitorate da Nomisma, e questo mette al riparo le città italiane dal rischio bolla. Nel 2022 si è vista una variazione semestrale del +2,1 per cento nei prezzi immobiliari e del +0,6 per cento annuo. Il 2022 si concluderà con un aumento del 2,7 per cento per la media delle 13 principali città italiane (con Milano a +5,9% e Venezia a -0,9).
Allo stesso modo si prevede un aumento del 2 per cento in media per i canoni di affitto (con Milano a +4,4 per cento e Palermo a -0.5 per cento) con un occhio al fenomeno degli affitti brevi che sottraggono alloggi alla locazione di lungo termine, meno redditizia.
Come si evidenzia nel rapporto Nomisma, infatti, per raggiungere la stessa redditività annuale di un contratto in affitto tradizionale per un appartamento da 50-70 mq, a Milano bastano 141 giorni di occupazione, a Venezia 116, a Bologna 119, a Firenze 125, a Roma 188, a Napoli 205.
In generale per i prezzi di compravendita delle abitazioni si prevede un aumento del 2,9 per cento nel 2022 per quanto riguarda le principali 13 città italiane; dello 0,7 per cento nel 2023 e dello 0,5 per cento nel 2024.
Per quanto riguarda il segmento uffici, l’aumento dei prezzi di compravendita sarà dello 0,5 per cento nel 2022 per poi passare a un calo dello 0,4 per cento nel 2023 e dello 0,1 per cento nel 2024 mentre per quanto riguarda i negozi si prevede un aumento dei prezzi dello 0,6 per cento nel 2022, dello 0,1 per cento nel 2023 e dello 0.3 per cento nel 2024.
Superbonus 90, previsioni per il 2023
Il 2023 è l’anno che vede ridursi il Superbonus, che tanto ha sostenuto il mercato delle ristrutturazioni, dal 110 al 90 per cento. Secondo Nomisma sono 2,4 milioni le famiglie che aderiranno nel 2023 alla nuova norma del superbonus con aliquota al 90%. Rispetto al 2022 i dati evidenziano un tasso di abbandono del 12% per la domanda che intende usufruire della nuova misura. Una riduzione che riguarderà quindi circa un terzo delle famiglie interessate rispetto alle previsioni di 3.613.000 che erano state fatte considerando la normativa in vigore fino al 25 novembre 2022.
“L’aliquota al 90% non determinerà un abbandono di interesse da parte delle famiglie italiane verso la misura”, sottolinea Marco Marcatili, Responsabile Sviluppo di Nomisma. “Dall’indagine del nostro 110% Monitor emerge come le famiglie abbiano incorporato la consapevolezza che il superbonus non sarà totalmente gratuito. Per recuperare parte delle famiglie rinunciatarie occorre garantire una copertura economica della quota di incentivo mancante, attraverso ad esempio prodotti finanziari dedicati o attraverso sistemi di remunerazione dell’investimento in modalità Esco, vale a dire attingendo ai benefici economici garantiti dai risparmi in bolletta. Ritengo che i tempi siano maturi per questo tipo di prodotto che potrà fornire una maggiore stabilità e incentivare una domanda reale. C’è da dire – prosegue Marcatili – che tutto ciò avverrà a condizione che venga reso nuovamente operativo il meccanismo dello sconto in fattura”.
Il real estate europeo: cosa succederà nel 2023
L’aumento dei tassi di interesse, mitigato dalla scarsa offerta di immobili residenziali in Europa, farà sì, secondo S&P, che i prezzi calino nell’area Euro ma non crollino. Per il 2023 il massimo calo di prezzo è previsto in Portogallo, -4,4 per cento, mentre in Svizzera – al di fuori dell’area Euro, – è previsto un lieve aumento dei prezzi dello 0,5 per cento. L’Italia vede una sostanziale stabilità con un aumento dell’1,5 per cento nei prezzi 2022 che sarà annullato completamente nel 2023, per poi vedere aumenti dell’1 per cento sia nel 2024 sia nel 2025.
Secondo Scenari Immobiliari, nel comparto residenziale si prevede che a fine anno 2022 i prezzi delle case nei cinque Paesi più industrializzati registreranno un aumento medio del 4,5 per cento, mentre la stima per l’anno successivo è fissata al +6,5 per cento medio annuo. Sul fronte delle transazioni immobiliari residenziali l’Italia, dopo l’eccezionale performance del 2021, si prevede che chiuderà già in leggero calo il 2022 con una diminuzione degli scambi del 5,3 per cento, attestandosi sulle 710mila compravendite. Per il 2023 si prevede una ulteriore discesa, che dovrebbe comunque restare inferiore ai 6 punti percentuali e circa 670mila compravendite.
Il comparto retail continua ad offrire un quadro piuttosto travagliato sul fronte dei prezzi, che nel 2022 registrano una crescita dello 0,8 per cento annuo, mentre la previsione per il 2023 è di un aumento del 4,3 per cento. Segnali positivi per il comparto retail arrivano dagli investitori che nella prima parte dell’anno corrente hanno aumentato, rispetto al primo semestre 2021, del 31 per cento i loro volumi giungendo a un totale di 10,3 miliardi di euro.
Nel 2024 inflazione
e real estate europeo
Secondo Daniel While, Head of Research, Strategy and Sustainability di Primonial REIM, il principale fattore d’incertezza per il 2023 riguarda l’inflazione.
La maggior parte degli osservatori ritiene che l’inflazione raggiungerà un plateau. Visti i pericoli per la sostenibilità del debito pubblico (ma anche di quello privato) e i rischi politici di una crisi sociale, ci si può aspettare che i rialzi dei tassi siano più moderati. Detto questo, non si vede alcun segno di perdita di interesse da parte degli investitori per il settore immobiliare, soprattutto per i settori aciclici come l’immobiliare sanitario o come, più in generale, i prodotti con driver demografici di performance, tra cui l’edilizia abitativa, dove non si assiste ancora ad un’inversione di tendenza. È possibile ritenere che, non appena il momento sarà adeguato, gli investitori torneranno, soprattutto perché il mercato degli affitti sta procedendo bene, anche nel settore degli uffici di alta qualità.
Le sfide del 2023
Prezzi in aumento del 2 per cento nel 2023 per l’immobiliare residenziale “prime” globale. È la previsione di Knight Frank, che corregge al ribasso la previsione di sei mesi prima fissata ad un aumento del 2,7 per cento.
L’inflazione si fa dunque sentire sui prezzi immobiliari, ma segnala comunque una crescita superiore a sei degli ultimi dieci anni nel segmento immobiliare di pregio.
Madrid è tra le città che più vedranno crescere i prezzi immobiliari nel 2023. Milano, è al momento al “sicuro” non solo da un aumento incontrollato dei prezzi che potrebbe portare a un rischio bolla, ma anche da una crescita dei prezzi immobiliari che collochi la città troppo fuori dal mercato.
Secondo Nuveen Real Estate nel 2022 il settore immobiliare ha registrato performance superiori rispetto alla maggior parte degli altri settori a livello globale, premiando gli investitori che nell’ultimo decennio hanno continuato ad incrementare la loro esposizione su questo settore.
Si prevedono tuttavia delle fasi di flessione nel 2023, con perdite di valore su alcuni mercati e segmenti. Ma anche in caso di rallentamento del mercato, continueranno a presentarsi opportunità nel real estate commerciale.
Tra i principali driver del settore, secondo Nuveen, il rallentamento della crescita: l’aumento dei tassi di interesse ha esercitato infatti una pressione al ribasso sui valori.
Per quanto questa non sia la dinamica ideale, ci sono però ragioni per nutrire un moderato ottimismo. L’apprezzamento significativo del capitale ha contribuito a generare rendimenti superiori negli ultimi anni, ma molti investitori puntano sul real estate privato per i rendimenti costanti, spesso attingendo ai loro portafogli investiti in reddito fisso per aumentare l’esposizione sul settore immobiliare.
Da questo punto di vista, il real estate è ben posizionato, con solidi fondamentali che supporteranno rendimenti stabili nel 2023.
La forte domanda sostiene inoltre i valori: i problemi delle catene di fornitura, che continuano a spingere l’inflazione, hanno anche un risvolto positivo per i proprietari degli immobili esistenti. Costruire nuovi edifici è stato complesso, e questa situazione ha comportato una minore attività di sviluppo e un rallentamento dei ritmi di consegna. Di conseguenza, in molti mercati il numero di posti sfitti è al di sotto dei livelli medi di lungo periodo, il che suggerisce un contesto in grado di continuare a sostenere la crescita degli affitti e la resilienza dei livelli di occupazione.
A cura di: Redazione IDEALISTA