.

ARCHIVIO DEL CONDOMINIO

Attivare e gestire il sito internet del condominio

This content is for Subscribers Users

Installazione delle colonnine elettriche in condominio:

Come ormai chiaro, in questi ultimi anni tutti gli Stati Europei stanno lavorando per avvicinarsi all’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 per una necessaria tutela dell’ambiente e in quest’ottica si punta sempre più anche all’incremento delle auto elettriche. Questa strategia si inserisce in una cornice più ampia in cui ogni governo europeo sta adottando politiche per incentivare l’acquisto e l’uso di auto elettriche, inoltre, l’approvazione europea sul taglio delle emissioni di CO2 per auto e veicoli, imporrà, salvo altre modifiche, l’elettrificazione delle vendite sin dal 2035.
Di conseguenza, in molti edifici e condomini, anche grazie alle agevolazioni dedicate, sta crescendo sempre più la necessità di installare le colonnine elettriche.
L’installazione delle colonnine di ricarica elettrica in condominio è normata dall’art. 17-quinquies del Decreto legge 83/2012 rubricato “Semplificazione dell’attività edilizia e diritto ai punti di ricarica”, il quale stabilisce che: “Fatto salvo il regime di cui all’articolo 1102 del codice civile, le opere edilizie per l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica dei veicoli in edifici in condominio sono approvate dall’assemblea di condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo comma, del codice civile.”
Sostanzialmente, visto che l’installazione delle colonnine di ricarica per i veicoli elettrici può comportare delle modifiche all’impianto elettrico condominiale e perciò una variazione dell’immobile, in seconda convocazione è necessario ottenere il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio, ovvero i 333,33 millesimi.
Inoltre, visto che l’art. 1135 c.c. impone la costituzione di un fondo per opere che rientrano nella manutenzione straordinaria, in sede di assemblea si dovrà anche deliberare la costituzione di un fondo relativo all’installazione delle colonnine elettriche, senza il quale la delibera stessa è nulla. L’amministratore di condominio avrà, quindi, l’onere di dover riscuotere le quote previste prima dell’avvio dei lavori o a SAL (Stato Avanzamento Lavori).
Nel caso in cui la maggioranza richiesta in sede di assemblea non venisse raggiunta, il condomino interessato all’installazione delle colonnine elettriche (così come il gruppo di condòmini interessati), può decidere di procedere all’installazione a proprie spese. Difatti, l’art. 1102 c.c. riconosce a ciascun condomino la possibilità di usare le aree comuni per i propri scopi purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condòmini il pari uso. Se successivamente altri condòmini dovessero cambiare idea, potranno fruire dei vantaggi derivanti dall’innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera realizzata.
Ottenuta la delibera per l’installazione delle colonnine elettriche, qualora queste non fossero sufficienti per tutti i condòmini che dovranno fruirne, sarà necessario stabilire le modalità di utilizzo e individuare un criterio di imputazione e misurazione dei costi di ricarica in modo che l’amministratore di condominio possa addebitare correttamente le spese ai condòmini utilizzatori.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Le quote per la pulizia delle scale

La ripartizione della spesa per la pulizia delle scale va effettuata in base al criterio proporzionale dell’altezza dal suolo di ciascun piano o porzione di piano cui esse servono, in applicazione dell’articolo 1124 del Codice civile, il quale è espressione del principio generale posto dall’articolo 1123 del Codice civile, comma 2, e trova la propria ratio nella considerazione di fatto che i proprietari dei piani alti logorano le scale in misura maggiore rispetto ai proprietari dei piani bassi e, ugualmente, a parità di uso, i proprietari di piani più alti sporcano le scale in misura maggiore rispetto ai proprietari dei piani più bassi, per cui devono contribuire in misura maggiore alle spese di pulizia.
Va dunque applicato il criterio composito di ripartizione delle relative spese tra i proprietari delle unità immobiliari a cui servono: metà della spesa si ripartisce in base al valore delle singole unità immobiliari e l’altra metà, invece, in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.

Retribuzione dell’amministratore dimissionario

L’amministratore dimissionario non ha diritto all’intero emolumento, ma a una frazione che può essere stabilita in proporzione al numero dei mesi in cui abbia effettivamente amministrato il condominio o anche forfettariamente, in base all’attività effettivamente svolta.
Quanto all’amministratore subentrato, si ritiene che il compenso, secondo l’articolo 1129, quattordicesimo comma, del Codice civile, debba comprendere, in assenza di una diversa pattuizione, anche la redazione dei rendiconti relativi alle precedenti gestioni non predisposti dall’amministratore uscente (per i principi espressi, si veda Cassazione, 28 aprile 2010, n. 10204).
Nulla vieta al nuovo amministratore di ritornare in assemblea e di chiarire, in via di accordo da assumere a maggioranza, che la redazione dei rendiconti e riparti riguardanti le precedenti gestioni non è compresa nel preventivo e deve avere un costo da specificare.

Asseverazione sismica tardiva e fruizione di Superbonus 110% e Sismabonus

L’Agenzia delle Entrate torna a parlare di Superbonus 110% e Sismabonus tramite la Risposta n. 332/2023 con oggetto “Superbonus – omessa presentazione asseverazione – remissione in bonis – articolo 2-ter, decreto legge 16 febbraio 2023, n. 11” che ha fornito ulteriori chiarimenti sull’omessa presentazione dell’asseverazione sismica prima dell’inizio dei lavori.
Nel caso analizzato, l’istante spiega di aver avviato un intervento edilizio su un immobile di proprietà accatastato in categoria C/6, ma destinato ad essere trasformato in abitazione alla fine degli interventi mirati alla riduzione del rischio sismico, nel limite di spesa previsto dall’agevolazione di 96.000 euro.
A tal proposito, l’Istante chiarisce di essersi avvalso di un ingegnere asseveratore, il quale ha provveduto a predisporre e sottoscrivere digitalmente la documentazione richiesta dalle norme edilizie vigenti, trasmessa mediante l’applicativo informatico ”OpenGenio”.
Tuttavia, alla comunicazione di inizio lavori presentata al SUE (Sportello Unico Edilizia) del Comune competente, non è stata allegata né l’asseverazione di rischio sismico ante operam, di cui all’art. 3 del D.M. n. 58/2017, né la relazione illustrativa della classificazione sismica, mentre risulta asseverata ed inviata al Genio Civile con firma digitale la relazione dovuta al SUE del Comune competente della documentazione sismica.
L’istante si è quindi rivolto all’Agenzia delle Entrate per chiedere se la citata omissione possa essere assimilata ad una violazione meramente formale che non pregiudica la fruizione della detrazione Superbonus 110%.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha premesso che l’articolo 3, comma 3, del D.M. n. 58/2017 prevede l’obbligo di depositare l’asseverazione contestualmente alla presentazione del progetto dell’intervento. Difatti, il citato comma 3, come sostituito dall’articolo 1, del decreto ministeriale 9 gennaio 2020, n. 24, stabilisce che: “il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico e l’asseverazione di cui al comma 2, devono essere allegati alla segnalazione certificata di inizio attività o alla richiesta di permesso di costruire, al momento della presentazione allo sportello unico competente di cui all’articolo 5 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, per i successivi adempimenti, tempestivamente e comunque prima dell’inizio dei lavori.”
A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che la necessità dell’asseverazione secondo le modalità stabilite dal DM n. 58/2017 è stata ribadita anche nella Circolare n.28/E del 25 luglio 2022.
Inoltre, l’art. 119, comma 13, lettera b) del Decreto Rilancio ha stabilito che è necessario che l’efficacia degli interventi antisismici sia asseverata, utilizzando il modello contenuto nell’allegato B del richiamato decreto ministeriale, “dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, della direzione dei lavori delle strutture e del collaudo statico, secondo le rispettive competenze professionali, iscritti agli ordini o ai collegi professionali di appartenenza, in base alle disposizioni del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 58 del 28 febbraio 2017. I professionisti incaricati attestano altresì la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati. Il soggetto che rilascia il visto di conformità di cui al comma 11 verifica la presenza delle asseverazioni e delle attestazioni rilasciate dai professionisti incaricati.”
Come chiarito dalla Circolare 28/2022, la tardiva o omessa presentazione dell’asseverazione non consente l’accesso al beneficio fiscale, perciò non si tratta di una violazione meramente formale, ma di una violazione che può ostacolare l’attività di controllo. Per sanare questa violazione, infatti, non è possibile ricorrere alla cosiddetta “Tregua Fiscale” una forma di sanatoria che però non si applica alle comunicazioni necessarie a perfezionare alcuni tipi di opzione o l’accesso alle agevolazioni fiscali.
Bensì, per questo tipo di situazioni c’è una via d’uscita, difatti il legislatore ha previsto l’istituto della remissione in bonis che permette ai contribuenti di sanare la violazione entro il termine della prima dichiarazione utile e pagando una sanzione.
Affinché il proprietario possa avvalersi della remissione in bonis, è necessario che:
a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) effettui la comunicazione entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
c) versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista.
L’Agenzia infine chiarisce che laddove l’istante abbia esercitato per le spese sostenute nel 2022 lo sconto in fattura o la cessione del credito, la remissione in bonis andrà esercitata prima della presentazione della comunicazione dell’opzione, comunicazione che a sua volta, ove non eseguita entro il 31 marzo 2023, potrà anch’essere sanata mediante la remissione in bonis entro il 30 novembre 2023.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Vendita dell’immobile con contenzioso giudiziario in corso

This content is for Subscribers Users

La vendita dell’appartamento tra delibera e inizio lavori

compravendita

I lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio condominiale devono essere pagati dal soggetto che era proprietario dell’appartamento al momento in cui i lavori sono stati deliberati. Pertanto, in caso di compravendita di un appartamento che fa parte di un condominio,  successiva alla deliberazione dell’assemblea condominiale, i lavori, salvo diverso accordo tra le parti, restano a carico del venditore (articolo 63, comma 4, delle disposizioni di attuazione del Codice civile).

Il venditore e l’acquirente possono accordarsi in modo diverso in sede di compravendita. Ma la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 11199 del 28 aprile 2021, afferma: “Sono inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro”. Dunque l’amministratore del condominio dovrebbe comunque agire in forza dell’articolo 63 del Codice civile.

Ai fini dei bonus edilizi, compresa la detrazione del 50 per cento (ex articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 37, della legge 234/2021, di Bilancio per il 2022), se le spese sono sostenute dal venditore dopo il rogito, lo stesso, non essendo più proprietario, non ha diritto alla detrazione in dichiarazione dei redditi. Allo stesso modo, l’acquirente, non sostenendo le spese, non ha diritto alla detrazione.

In conclusione, è opportuno disciplinare, anche nel rogito, l’eventuale deroga al principio citato, prevedendo l’obbligo del pagamento delle spese a carico dell’acquirente. La deroga non è opponibile al condominio in caso di controversia, ma legittima il diritto alla detrazione a favore dell’acquirente che sostiene le spese dopo il rogito.

Pannelli fotovoltaici in edilizia libera

arera logo

L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha diramato le istruzioni per la compilazione del Modello Unico relativo ai pannelli fotovoltaici. Il format indicato è utilizzabile dal primo febbraio 2023.
Il Modello Unico impiegato per l’installazione degli impianti fotovoltaici fino a 200 kW e di microcogenerazione FER e CAR fino a 50kWe, introdotto nell’ultima formulazione dal Decreto del Ministero per la Transizione Ecologica 2 agosto 2022 n. 297, recante “Estensione del modello unico per la realizzazione la connessione e l’esercizio di impianti solari fotovoltaici di potenza fino a 200 kW”, attuativo dell’art. 10 del Decreto Legge 1° marzo 2022 n. 17/2022 (c. d. Decreto Energia), convertito in Legge n.34/2022, è stato oggetto di una recente, ulteriore, integrazione a seguito della delibera adottata dall’ARERA il 06 dicembre 2022.
La Delibera dell’AREA n. 674 del 06 dicembre 2022, rubricata “Modifiche al Codice Integrato Connessioni attive” dà attuazione al Decreto MiTe del 2 agosto 2022 e stabilisce che a partire dal 1° febbraio 2023, il Modello Unico previsto dal predetto decreto si applicherà per la realizzazione, la connessione e l’esercizio dei pannelli solari fotovoltaici di potenza fino a 200Kw e degli impianti di microcogenerazione FER e CAR fino a 50kWe, nonché alla modifica e al potenziamento dei medesimi impianti.
Per effetto di tale delibera, che semplifica enormemente le procedure per la totale gestione di simili impianti, l’utente finale che intenda procedere ad una della attività descritte (ora ricondotte nell’alveo dell’edilizia libera, sia pure nel rispetto delle prescrizioni imposte dal TU dell’edilizia, dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio e dalle disposizioni regolamentari locali), potrà inoltrare la richiesta direttamente online, superando le complesse procedure burocratiche di scambio di informazioni tra il Comune in cui l’immobile è ubicato e il Gestore della rete e del servizio energetico (GSE).
In particolare, nella delibera in commento sono analiticamente indicati i passaggi da rispettare per accedere correttamente alla procedura semplificata.
Nello specifico, l’ARERA prevede che:
• il richiedente (utente finale, già dotato di punto di prelievo attivo) dovrà compilare il Modello Unico semplificato e trasmetterlo via e-mail al gestore di rete competente sul territorio;
• quest’ultimo, protocollata telematicamente l’istanza, procederà alla verifica della correttezza formale della richiesta e della sussistenza dei necessari requisiti di legge;
• ove sia stata riscontrata la conformità alla previsione normativa, l’accoglimento della domanda sarà automatico.
Coerentemente con quanto già stabilito dal Decreto MiTe n. 297/2022, per poter usufruire dell’agevolazione amministrativa, gli interessati devono essere soggetti a richiesta di ritiro dell’energia elettrica da parte del GSE, ivi incluso il ritiro dedicato, o devono cedere l’elettricità prodotta al mercato, mediante sottoscrizione di un contratto di dispacciamento con una controparte diversa dal GSE.
Finalità della procedura, infatti, è proprio la stipula di contratti di ritiro dedicato, scambio sul posto e conferimento dell’energia a un’entità giuridica diversa dal GSE.
Sono esclusi coloro che condividono il punto di connessione con altri e differenti impianti di produzione.
A seguito dell’adozione della delibera da parte dell’ARERA, sul sito del Gestore dei Servizi Energetici sono stati pubblicati i nuovi modelli, che si potranno utilizzare dal 1° febbraio 2023, per la compilazione delle prime due parti del Modello Unico per gli impianti fotovoltaici fino a 200 kW e delle prime due parti per quelli di microcogenerazione FER e CAR fino a 50 kWe.
Il Modello Unico introdotto dal Decreto del MiTe, utilizzabile per la procedura on line utile all’installazione, alla modifica ed al potenziamento degli impianti da fonti rinnovabili oggetto di semplificazione, è costituito da due parti. Nella prima parte, sono indicati i dati da fornire prima dell’inizio dei lavori. Nella seconda, quelli da indicare ad ultimazione degli interventi.
Le informazioni minime che devono comunque essere presenti, sono:
• i dati anagrafici del proprietario dell’immobile o del bene oggetto dell’intervento, ovvero di chi abbia titolo per presentare il Modello;
• l’indirizzo dell’immobile o l’indicazione del luogo in cui si trova la struttura e la descrizione sommaria dell’intervento da effettuare;
• la dichiarazione, da parte del richiedente, di essere in possesso della documentazione rilasciata dal progettista circa la conformità dell’intervento alle regole e alle normative di settore, oltre ai dati funzionali alla connessione e all’accesso al mercato dell’impianto fotovoltaico che si vuole installare.

Gronde di balconi aggettanti: le spese sono individuali

I balconi aggettanti sono destinati all’utilità del solo appartamento del condòmino che vi ha accesso, non rappresentando alcuna utilità in favore di altre unità immobiliari. Al contrario dei lastrici solari (articolo 1126 del Codice civile), i balconi aggettanti non fungono infatti da copertura per alcuna parte dell’edificio. è per questo motivo che sono considerati di proprietà individuale.
La necessità, o anche la semplice opportunità, di realizzare una grondaia che raccolga e convogli verso le tubature di scarico le acque piovane che cadono sulla superficie del balcone, è connessa all’esistenza stessa del balcone, che arreca utilità a un solo condomino.
Al pari e insieme con il balcone, dunque, la gronda deve considerarsi oggetto di proprietà individuale fino al punto di innesto nelle tubazioni di scarico comuni. Il ripristino della stessa, pertanto, è di competenza del condòmino proprietario del balcone.

L’odore di sigaretta dall’abitazione del vicino

mozziconi sigaretta

La puzza di fumo che proviene dall’appartamento del vicino può costituire un illecito civile, ma anche un reato. Infatti può compromettere la quiete domestica e costringere a cambiare le proprie abitudini per evitare il fastidio.
In una determinata misura le immissioni sono consentite, perché si tratta comunque della libertà personale altrui che non può essere limitata arbitrariamente. Allo stesso tempo, però, anche la libertà dei vicini deve essere tutelata. è quindi necessario capire qual è la soglia entro la quale le immissioni devono essere sopportate, oltre cui si può agire legalmente per ottenere la cessazione e talvolta anche un risarcimento danni.
Il Codice civile, all’articolo 844, spiega che non possono essere impedite le immissioni provenienti dall’abitazione del vicino, a meno che non superino la soglia di normale tollerabilità. Nel termine immissioni sono inclusi: esalazioni; vapori; fumi; odori; rumori; scuotimenti; propagazioni. Il concetto di normale tollerabilità non ha invece un valore prefissato, perché dipende da circostanze specifiche come l’entità e la frequenza del fastidio.
In genere, perché le immissioni siano illecite è sufficiente che la loro portata sia tale da costringere il vicino a cambiare la sua routine per alleviare il fastidio persistente, come costringere a tenere chiuse le finestre, utilizzare ventilatori o depuratori.
Il vicino disturbato può rivolgersi a un avvocato che lo assista durante la causa civile, al termine della quale il giudice può ordinare la cessazione delle immissioni. Allo stesso tempo può essere presentata anche una richiesta di risarcimento danni. Questo per quanto riguarda il profilo civile.
Le immissioni moleste possono costituire anche reato, essenzialmente in due circostanze. La prima, quando il disturbo è percepito da un numero illimitato di persone (reato di disturbo della quiete pubblica previsto dall’articolo 659 del Codice penale, il quale stabilisce l’arresto fino a 3 mesi o l’ammenda fino a 309 euro). La seconda circostanza contempla invece i potenziali effetti nocivi delle immissioni. Si tratta del reato di getto pericoloso di cose, previsto dall’articolo 674 del Codice penale, che prevede l’arresto fino a un mese e l’ammenda fino a 206 euro.