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Sfratti: in arrivo uno tsunami

Dal 1 luglio riprendono le esecuzioni di sfratto in applicazione delle sentenze emesse fino al 29 febbraio 2020. Poi altre scadenze saranno dal 30 settembre 2021 e dal 31 dicembre 2021. Già dal 1 luglio saranno circa 80.000 le richieste di esecuzione che si riverseranno sui commissariati, solo a Roma 4500.

Si sappia: i Comuni italiani non hanno alcuna possibilità di affrontare questa ondata di sfratti, non hanno case popolari per garantire il passaggio da casa a casa e le risorse per contributi affitto e morosità incolpevole o non sono stati utilizzate o neanche ripartite alle Regioni”. Così Walter De Cesaris, segretario nazionale Unione Inquilini. “C’è una evidente responsabilità politica che si sono assunti Governo, Regioni e Comuni che nei scorsi 16 mesi da una parte non hanno previsto ristori per proprietari, facendo così ulteriormente incancrenire i rapporti tra inquilini e proprietari- denuncia De Cesaris- e, dall’altra, non hanno utilizzato questo tempo per definire un piano nazionale per realizzare, attraverso il recupero e senza consumo di suolo, le 500.000 case popolari di cui in Italia c’è necessità”.

Cosi dal PNRR “è scomparsa una voce di finanziamento per quella che sarebbe stata ed è una grande opera infrastrutturale strategica sociale, ovvero dotare l’Italia di un numero adeguato di case popolari”, prosegue il segretario nazionale Unione Inquilini, “oggi il tempo è scaduto ed è necessario mettere in atto iniziative per tentare almeno di ‘governare’ gli sfratti impedendo che siano derubricati a questione di ordine pubblico.

Per l’Unione Inquilini “è necessario che:

a) presso le prefetture si attivino tavoli di crisi per l’esecuzione degli sfratti garantendo il passaggio da casa a casa;

b) che gli enti pubblici o a partecipazione pubblica ad esempio Inps, Ferrovie, Ministero della difesa, Ipab etc mettano a disposizioni dei comuni anche temporaneamente il loro patrimonio inutilizzato che consta di decine di migliaia di alloggi;

c) che il Ministero delle infrastrutture ripartisca immediatamente le risorse dei fondi contributi affitto e morosità incolpevole stanziati dall’ultima legge di bilancio”. A medio e lungo termine “è necessario che la questione abitativa entri nell’agenda politica italiana e si proceda alla definizione di un vero piano nazionale di edilizia residenziale pubblica a canone sociale”, prosegue Unione Inquilini. Infine, Unione Inquilini “raccoglierà le richieste di sfrattati per chiedere un intervento sul Governo italiano da parte del Relatore Onu sul diritto alla casa in quanto l’Italia ha aderito a convenzioni internazionali nelle quali si esplicita il diritto alla casa e che questi in casi di sgomberi e sfratti si attua prevedendo prima il passaggio da casa a casa”.

Le detrazioni fiscali dipendono dall’uso del bonifico “parlante”

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Escrementi di colombi in condominio: problem solving.

A Cura di: Dott. Emanuele Mascolo

Una problematica che non può passare inosservata, soprattutto alla stregua dell’emergenza sanitaria Covid19 che stiamo vivendo, quella degli escrementi di colombi in condominio è relativa soprattutto all’igiene in condominio e alla salubrità delle parti comuni.

Spesso i colombi nidificano sui cornicioni o sulle terrazze e gli escrementi finiscono o sui balconi di degli immobili sottostanti il cornicione oppure nel cortile, finendo per sporcare le parti comuni.

In entrambi i casi, deve chiarirsi che la questione riguarda l’intero condominio, quindi le spese per addivenire all’istallazione di dissuasori, vanno ripartite tra tutti i condomini in base alla porzione millesimale di proprietà.

Infatti, la dottrina sul punto sostiene che “anche se si tratta di installare dissuasori su un cornicione divenuto ricettacolo per i colombi che, stazionandovi, sporcano il balcone sottostante, l’intervento può considerarsi doveroso e la spesa va ripartita in ragione del valore proporzionale[1]. Allorquando la situazione divenga esasperata, ogni condomino può chiedere all’Amministratore di Condominio, di convocare l’assemblea per discutere il da farsi, tenendo conto che l’installazione dei dissuasori è da ritenere innovazione a tutti gli effetti, al fine di garantire la salubrità condominiale.

Ne discende che l’assemblea condominiale, ai sensi dell’articolo 1136, comma 2, del codice civile,  deve deliberare con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

A parere di chi scrive, la situazione potrebbe anche degenerare – tenuto conto anche dell’era Covid19 e dei rischi di infezioni – un una vera e propria emergenza condominiale, a tal punto che l’Amministratore pro tempore possa intervenire senza l’autorizzazione del deliberato assembleare, trattandosi di urgenza, come dispone expressis verbis, l’articolo 1135, comma 2, del codice civile, dovendone riferirne nella prima assemblea.

Va precisato che, sia nel caso in cui l’assemblea non deliberi, ovvero nel caso in cui l’Amministratore di Condominio non vi provveda in caso di urgenza, ciascun condomino che vi abbia l’interesse, può provvedervi in autonomia, previa comunicazione all’Amministratore pro tempore, richiedendone successivamente il rimborso delle spese sostenute.

Sul tema, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che “il Condominio non incorre in responsabilità per i danni derivanti al condomino dalla presenza di piccioni, qualora, siano stati posizionati da parte del Condominio specifici offendicula”, non rilevandosi “alcuna condotta colposa idonea a dar luogo ad una ipotesi risarcitoria ex art. 2043 c.c.”, in quanto “tecnicamente altro non può fare per impedire molestie provenienti dall’esterno ed al di fuori della propria sfera di controllo”.[2]

Ex adverso, la giurisprudenza ha anche affermato “il dovere del proprietario di evitare che il proprio immobile diventi ricettacolo per piccioni, con pericolo di danni alla salute e ai beni dei vicini. Se i piccioni trovano rifugio in una parte comune, il dovere di intervenire graverà sul condominio”.[3]

Nel caso in cui, in Condominio si dovesse presentare una simile problematica e l’assemblea delibera favorevolmente, oppure l’Amministratore resta inerte o insensibile alla problematica, ciascun condomino può tutelarsi anche a mezzo diffida, rendendosi esente da responsabilità per danni a cose o persone causati dalla persistente situazione di fatto, poiché ogni condomino è obbligato anche a tener puliti gli ambienti di sua proprietà esclusiva.

 

 

 

[1] Spadaro C. P., “Quando i piccioni provocano danni. Privati e condomini, ecco come tutelarsi”, in www.retidigiustizia.it, 16 luglio 2018.

[2] Trib. Aosta, 14/07/2010.

[3] Trib. Bologna, 21/09/2005.

Per il meccanismo prezzo-valore l’asservimento pertinenziale va provato

Ai fini delle imposte di registro e ipocatastali la base imponibile può essere costituita dal valore catastale dell’immobile, solo se si dimostra che la pertinenza è funzionale al bene principale.

Una compravendita riguardante due immobili abitativi e i circostanti terreni agricoli potrà fruire della tassazione “prezzo-valore” limitatamente alle abitazioni, mancando per i terreni agricoli i necessari requisiti di pertinenzialità. È la sintesi del chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 420/2021.

Il notaio istante ritiene che nel caso in esame si possa applicare il regime “prezzo-valore”, secondo il quale per le sole compravendite nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, aventi a oggetto abitazioni e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore catastale dell’immobile a prescindere dal prezzo pattuito. In particolare, precisa l’istante, nella cessione in esame sussiste sia l’elemento soggettivo, cioè la volontà dell’acquirente di creare un vincolo di strumentalità e complementarietà funzionale tra due beni, sia l’elemento oggettivo essendo il terreno funzionale e a completo servizio dei fabbricati.

L’Agenzia ricorda la norma in base alla quale “per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5, del citato testo unico”, cioè dal valore catastale (articolo 1, comma 497, della legge n. 266/2005). La disposizione riguarda sia gli immobili a uso abitativo che le relative pertinenze.

L’Agenzia ricorda che per applicare il meccanismo del prezzo-valore alle pertinenze di un immobile abitativo devono ricorrere ulteriori condizioni, oltre al requisito oggettivo e soggettivo, così come chiarito dalla risoluzione n. 149/2008. In particolare l’atto di compravendita deve evidenziare il vincolo che rende il bene servente una proiezione del bene principale e, inoltre, la pertinenza deve avere una propria rendita catastale.

Secondo l’Agenzia, il fatto, riferito dall’istante, che la proprietà viene acquistata per concederla in comodato a un’associazione che si occupa di equini dedicati a bambini e disabili la cui rappresentante legale sarà proprio la futura acquirente, fa ritenere che il bene accessorio è servente rispetto al proprietario e non al bene principale. La stessa Cassazione ha più volte ribadito che nella relazione pertinenziale l’utilità deve essere arrecata dalla cosa accessoria a quella principale e non al proprietario (Cassazione, sentenza n. 11970/2018). La prova dell’asservimento pertinenziale, precisa inoltre la Suprema corte, grava sul contribuente e deve essere rigorosa, al fine di evitare il perseguimento della semplice attenuazione del prelievo fiscale

L’Agenzia in conclusione ritiene che nel caso prospettato per i terreni agricoli non sussistano i requisiti di pertinenzialità e, pertanto, il meccanismo del prezzo-valore potrà applicarsi alla sola compravendita degli immobili a uso abitativo.

Fonte: FiscoOggi

Bonus acqua potabile: le regole per lo sconto del 50 per cento

Definiti i criteri per la fruizione del credito d’imposta e approvato il modello di comunicazione che gli interessati devono trasmettere all’Agenzia dal 1° al 28 febbraio dell’anno successivo alla spesa.

Con il provvedimento del 16 giugno 2021, siglato dal direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, sono definiti i criteri e le modalità di fruizione del credito d’imposta per l’acquisto e l’installazione di sistemi utili a migliorare la qualità dell’acqua da bere in casa o in azienda e ridurre, di conseguenza, il consumo di contenitori di plastica. Approvati il modello di “Comunicazione delle spese per il miglioramento dell’acqua potabile” e le relative istruzioni, che i contribuenti devono trasmettere all’Agenzia delle entrate dal 1° al 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui hanno sostenuto la spesa, ai fini del riconoscimento del bonus fiscale. A febbraio 2022 la comunicazione delle spese sostenute nel 2021.

Di cosa si tratta
Per razionalizzare l’uso dell’acqua e ridurre il consumo di contenitori di plastica, l’articolo 1, commi da 1087 a 1089, della legge di bilancio 2021 ha previsto un credito d’imposta pari al 50%, fino a una disponibilità di 5 milioni di euro l’anno di spesa complessiva, delle spese sostenute tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2022 per l’acquisto e l’installazione di sistemi di filtraggio, mineralizzazione, raffreddamento e/o addizione di anidride carbonica alimentare E290, finalizzati al miglioramento qualitativo delle acque destinate al consumo umano erogate da acquedotti.

Il tax credit è riconosciuto alle persone fisiche e agli esercenti attività d’impresa, arti e professioni e agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, che sostengono le spese su immobili posseduti o detenuti in base a un titolo idoneo.

Come fruire dell’agevolazione
L’importo delle spese sostenute deve essere documentato tramite fattura elettronica o documento commerciale in cui sia riportato il codice fiscale del richiedente il credito. Per coloro che non sono tenuti a emettere fattura elettronica, invece, è considerata valida anche l’emissione di una fattura o di un documento commerciale nel quale deve essere riportato il codice fiscale del soggetto richiedente il credito.

Per l’imputazione delle spese, le persone fisiche, gli esercenti arti e professioni e gli enti non commerciali, nonché le imprese individuali e le società di persone in regime di contabilità semplificata, devono far riferimento al criterio di cassa (ossia alla data dell’effettivo pagamento), mentre le imprese individuali, le società, gli enti commerciali e quelli non commerciali in regime di contabilità ordinaria, al criterio di competenza.
Per i privati e in generale i soggetti diversi dagli esercenti attività d’impresa in regime di contabilità ordinaria, il pagamento va effettuato con versamento bancario o postale o con altri sistemi di pagamento diversi dai contanti.
In ogni caso, per le spese sostenute prima della pubblicazione dell’odierno provvedimento, sono fatti salvi i comportamenti in qualunque modo avvenuti ed è possibile integrare la fattura o il documento commerciale attestante la spesa annotando sui documenti il codice fiscale del soggetto richiedente il credito.

Le informazioni sugli interventi andranno trasmesse in via telematica all’Enea, per il monitoraggio e la valutazione della riduzione del consumo di contenitori di plastica per acque destinate a uso potabile conseguita a seguito della realizzazione degli interventi, in analogia a quanto previsto per le detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici. L’Enea elabora le informazioni pervenute e trasmette una relazione sui risultati degli interventi al ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, al ministro dell’Economia e delle Finanze e a quello dello Sviluppo economico.

Comunicazione per il riconoscimento del credito d’imposta
Per il rispetto del limite di spesa pari a 5 milioni di euro per ciascun anno, il provvedimento odierno stabilisce che coloro che intendono avvalersi dello sconto fiscale devono comunicare all’Agenzia delle entrate l’ammontare delle spese agevolabili sostenute nell’anno precedente. A tal fine, viene approvato il modello di “Comunicazione delle spese per il miglioramento dell’acqua potabile”, con le relative istruzioni.

In particolare, viene previsto che la comunicazione:
a) va presentata nel periodo dal 1° al 28 febbraio dell’anno successivo a quello di sostenimento delle spese, inviando il modello approvato
b) va inviata esclusivamente con modalità telematiche, direttamente dal contribuente o da un intermediario, tramite applicativo web disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia o trasmissione di un file nel rispetto dei requisiti definiti dalle specifiche tecniche allegate al provvedimento.
Una volta presentata la comunicazione, l’Agenzia rilascia, al massimo entro 5 giorni, una ricevuta, messa a disposizione del richiedente nella sua area riservata, che ne attesta la presa in carico o lo scarto, con l’indicazione delle relative motivazioni. E’ possibile inviare una nuova comunicazione, che sostituisce integralmente quella precedentemente trasmessa o presentare la rinuncia al bonus.

Modalità di utilizzo del bonus
L’agevolazione è utilizzabile:

dalle persone fisiche non esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento delle spese agevolabili e in quelle successive fino al completo utilizzo del bonus ovvero in compensazione tramite modello F24
dai soggetti diversi dalle persone fisiche, in compensazione tramite modello F24.
Per l’utilizzo in compensazione:
– l’F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, con l’apposito codice tributo che verrà istituito con successiva risoluzione
– se l’importo del credito utilizzato in compensazione è superiore all’ammontare massimo, anche tenendo conto di precedenti fruizioni, il modello F24 è scartato con comunicazione all’interessato
– non si applica il limite di cui all’articolo 34 della legge n. 388/2000.

L’ammontare del bonus
Il credito d’imposta, per ciascun beneficiario, è pari al 50% delle spese complessive sostenute risultanti dall’ultima comunicazione validamente presentata. L’importo massimo della spesa su cui calcolare l’agevolazione è fissato a:
• 1.000 euro per ciascun immobile, per le persone fisiche
• 5.000 euro per ogni immobile adibito all’attività commerciale o istituzionale, per gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni e per gli enti non commerciali.

Tuttavia, considerato che il tetto per la spesa complessiva è di 5 milioni di euro l’anno, l’Agenzia calcolerà la percentuale rapportando questo importo all’ammontare complessivo del credito d’imposta risultante da tutte le comunicazioni validamente presentate.

Il provvedimento, infatti, precisa che:
a) l’ammontare del credito d’imposta fruibile è pari all’importo del credito indicato nella comunicazione validamente presentata, moltiplicato per la percentuale ottenuta dal rapporto tra il limite complessivo di spesa e l’ammontare complessivo del credito d’imposta risultante da tutte le comunicazioni validamente presentate. Se l’ammontare complessivo dello sconto risulta uguale o inferiore al limite di spesa, la percentuale è pari al 100%
b) entro il 31 marzo di ciascun anno, con riferimento alle spese sostenute nell’anno precedente, è resa nota la misura percentuale.

I termini di presentazione della comunicazione sono fissati nell’anno successivo a quello di realizzazione degli interventi, per assicurare a tutti i destinatari della misura agevolativa di accedere al beneficio, anche se in misura ridotta rispetto a quella prevista dalla norma, qualora l’ammontare complessivo del credito d’imposta derivante dalle comunicazioni validamente presentate risultasse superiore alle risorse stanziate per ciascun anno, e di ottimizzare l’impiego delle risorse stanziate.

Fonte: FiscoOggi

Umidità negli ambienti e rivestimento a cappotto

Quale relazione c’è tra l’umidità negli ambienti interni e il rivestimento a cappotto? Nessuna! 

Grazie all’aiuto della fisica tecnica degli edifici spiegheremo quanto imputare al cappotto termico le cause di condensa e muffa negli alloggi è scorretto e privo di ogni fondamento.

Come già spiegato dettagliatamente nel precedente capitolo LA TRASPIRABILITÀ DELLE PARETI COIBENTATE da l’Ing. Carlo Castoldi l’umidità negli ambienti interni è principalmente causata dall’uso che si fa dell’alloggio, dalla scarsa ventilazione degli ambienti e dalle caratteristiche costruttive poco attente alla creazione di ponti termici nelle strutture non opportunamente isolate.

In questo 5° capitolo della guida essenziale sul cappotto termico l’Ing. Carlo Castoldi ci spiega come sfatare la leggenda metropolitana dei muri traspiranti.


Chi ci racconta che la forte presenza di umidità negli ambienti interni è dovuta alla scarsa traspirabilità delle pareti esterne, viene smentito dai calcoli e dalle considerazioni tecniche di chi ha studiato ampiamente la Fisica degli edifici.

Le successive considerazioni ed i valori che esplicito sono in parte ripresi da una pubblicazione dell’inizio anni ’80 scritta dall’Ing. Alessandro Cocchi – Professore emerito Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.

I ricambi d’aria normali (1/2 di finestre aperte in periodo invernale) consentono tra umidità che esce e quella che entra (considerando l’aria più fredda con minore contenuto di vapore ) un allontanamento di circa 1 kg del vapore contenuto nell’alloggio, in relazione alle condizioni termoigrometriche esterne.

La migrazione di vapore attraverso le pareti di tamponamento ( in relazione alle condizioni termoigrometriche esterne), se realizzate come si è usato fare sino agli anni ’80 con doppio tavolato 8 + 12 e camera d’aria vuota o con laterizio da 30 cm, viene valutata in 2,5 grammi di vapore/h per mq di superficie verticale opaca, ossia in 24 ore circa 3 kg.

Per un totale tra ricambi e migrazione di 4 kg di vapore eliminato in una giornata contro i 6 prodotti, il che significa che se non si interviene sui ricambi d’aria l’umidità negli ambienti interni aumenta di giorno in giorno ed è sicuro che sulle pareti dell’alloggio si possano trovare temperature prossime o inferiori alla temperatura di rugiada (soprattutto nei ponti termici non corretti) formando così condense che abbattono la presenza di umidità ma creano le condizioni per il proliferare sui muri di muffe ed alghe indipendentemente dalla capacità traspirante della parete.

L’esempio è stato fatto con la parete più traspirante che si possa trovare nelle nostre realtà costruttive, e poiché è facile trovare pareti o zone di parete (ponti termici ) con temperature inferiori o uguali alla temperatura di rugiada in quella specifica condizione igrometrica interna (che peggiora durante il cattivo uso dell’alloggio) non c’è traspirabilità di parete che tenga e la condensa, e di conseguenza le muffe, sono un fatto imprescindibile salvo intervenire su due fattori:

 

sulla T° interna delle pareti rivolte verso esterno 

sull’U.R. dell’alloggio riducendola 

Intervenire sulla T° interna delle pareti rivolte verso esterno alzandone il valore e omogeneizzando la temperatura della parete stessa significa isolare dall’esterno la parete con un cappotto termico che elimina buona parte dei P.T. tipici e innalza la temperatura interna della parete rivolta verso l’esterno rendendo il più uniforme possibile la temperatura della parete stessa.

E’ importante, con questo intervento, cercare la soluzione più idonea per la correzione dei ponti termici dell’edificio in esame. In particolare per quei ponti termici che manifestano presenza di condense/muffe all’interno degli alloggi.

Non sempre si riesce a correggere in modo definitivo i ponti termici presenti su un edificio esistente, progettato e costruito senza badare a queste problematiche poco studiate e poco considerate sino alla fine degli anni ’80.

Esempi tipici di difficile correzione con le solette dei balconi e i contorni delle finestre se non si vuole intervenire con invasivi interventi di demolizione.

Vedremo in successivo capitolo esempi e proposte di soluzioni possibili per correggere i Ponti Termici più comuni, mentre ora ci concentriamo sulle domande più ricorrenti sul tema umidità e muffe.

 

E’ SUFFICIENTE APPLICARE UN CAPPOTTO PER ASSICURARSI L’ELIMINAZIONE DELLE MUFFE?

Il cappotto applicato sulle pareti verticali opache dell’edificio è certamente in grado di alzare la temperatura interna della parete,e questo innalzamento avviene anche in corrispondenza dei ponti termici che sono stati corretti, quindi alzando la temperatura interna allontana il rischio di condensazioni sulla parete e nelle zone di ponte termico corretto, scongiurando così la formazione delle muffe.

Ma non tutti i ponti termici si possono correggere in modo soddisfacente, in particolare quando si interviene sull’esistente. 

inoltre non è detto che l’uso dell’alloggio su cui è stato applicato il cappotto sia corretto e vengano rispettati i parametri “standard” di temperatura e Umidità Relativa.

Capita di entrare in alloggi che sono particolarmente umidi U.R. > del 75% (non è così raro – bagni e camere da letto ove si vive per più ore), ed in tali casi si è al limite e non c’è cappotto che tenga.

Pertanto unitamente all’applicazione del cappotto l’umidità negli ambienti interni va ridotta con un ricambio forzato, recuperando il calore dell’aria umida espulsa, non solo per evitare condense ma per assicurare una confortevole abitabilità. Non solo si rende necessario progettare un cappotto risolvendo al meglio parete e ponti termici che penalizzano la parete stessa, ma è necessario valutare, in base alle condizioni che si verificano negli alloggi se è consigliabile intervenire anche adottando sistemi di Ventilazione Meccanica Controllata centralizzata o di tipo puntuale.

Qui occorre l’intervento del Progettista Termotecnico che può consigliare la soluzione più idonea intervento per intervento.

L’APPLICAZIONE DEL CAPPOTTO POTREBBE FAR CRESCERE L’UMIDITÀ ALL’INTERNO DELL’ALLOGGIO AGGRAVANDO IL PROBLEMA ANZICHÉ RISOLVERLO?

Mi rifaccio ai calcoli di permeabilità della parete senza e con cappotto per toccare con mano quanto un cappotto “normale” può incidere sulla traspirabilità dei muri.

RIPRENDO UNA TABELLINA CHE PORTO con me da anni e che nel lontano 1979 avevo rintracciato su una vecchia pubblicazione del Deutsches Institut für Bautechnik (DIBt) relativa ad uno studio del benessere all’interno di un alloggio.

Tra i vari fattori che incidono sul benessere dell’uso di un alloggio, riporta, riferendosi al muro di tamponamento:

TRE ESEMPI PER TOCCARE CON MANO LA PERMEABILITÀ DI UN TAMPONAMENTO

Nota A – Questa parete tipica delle costruzioni post belliche risulta essere una parete classificata insufficiente per il benessere di chi abita l’alloggio, e se facciamo mente locale (i più anziani) queste pareti unitamente a serramenti non a tenuta creavano situazioni interne di bassa umidità tant’è che si mettevano sui termosifoni contenitori d’acqua per alzare l’umidità degli ambienti interni onde evitare di alzarsi la mattina con la gola in fiamme.

Nota B – questa parete tipica delle costruzioni degli anni fine ‘60 – ’80 – con procedimento coffrage  tunnel è classificata NON AMMISSIBILE e gli alloggi in tali edifici hanno da subito mostrato una pessima qualità abitativa anche e soprattutto per un uso scorretto di alloggi fortemente predisposti ad accumulare l’umidità negli ambienti prodotta al loro interno dalle faccende domestiche e spesso da un sovraffollamento e dall’impossibilità di creare un corretto ricambio d’aria d’inverno durante la giornata.

COSA CAMBIA CON L’APPLICAZIONE DI UN ISOLAMENTO A CAPPOTTO

Nota C – lo schema rappresentato corrisponde ad uno degli interventi più diffusi quando si opera per riqualificare energeticamente una parete esistente. 

Prendiamo ad esempio la parete dello schema A, fortemente disperdente dal punto di vista termico, e consideriamo che sulla parete ci siano serramenti di vecchia generazione per fare una stima anche dal punto di vista igrometrico.

L’applicazione di un cappotto da 12÷14 cm di EPS, Lana Minerale, fibra di legno non fa altro che migliorare la qualità della parete, fermo restando tutte le considerazioni fatte e che faremo sui ponti termici, sulla necessità di migliorare i ricambi d’aria con sistemi meccanici.

La parete A da classificazione insufficiente, passa all’esempio C parete ottimale o quasi ottimale secondo la resistenza al passaggio del vapore aggiunta con l’applicazione del cappotto

Il cambio dei serramenti con prodotti di ultima generazione ad alta efficienza è assolutamente da prevedere unitamente ad una verifica della necessità di VMC.

A conclusione del mio approfondimento sulla traspirabilità delle pareti mi piace fare una riflessione semplice e personale: la resistenza offerta da un cappotto in EPS da 12 cm completo di rasatura e finitura – scartabellare tutti i Benestare ETA dei cappotti dei produttori Italiani ed Europei per avere conferma di quanto qui affermato – è pari alla resistenza costituita da meno di 5 metri d’aria.  Considerando che rischio di essere infettato stando a distanza di 2 metri come faccio a pensare che 5 metri siano una barriera al vapore?
– Ing. Carlo Castoldi – Comitato Tecnico Scientifico di Rete IRENE

Casa. Mercato immobiliare in calo: – 8,2%. Pubblicato il nuovo Rapporto Dati Statistici Notarili

Il 2020 segna una battuta d’arresto generale delle compravendite di beni immobili (fabbricati, terreni, pertinenze, cave, ecc.) pari a – 8,2% rispetto al 2019. Si scende infatti da 1.128.674 compravendite nel 2019 a 1.035.997 nel 2020. Analizzando in particolare i primi 3 mesi di lockdown 2020 si registra a marzo un calo del 51%, ad aprile si scende addirittura del 75% per ridursi a un -26% di maggio. Dai mesi a seguire i dati di raffronto tornano invece a essere in crescita.

Questa prima fotografia è quanto emerge dal nuovo Rapporto Dati Statistici Notarili relativo alle compravendite di beni immobili, mutui nell’anno 2020 pubblicato sul sito www.notariato.it. Così in un comunicato il Consiglio Nazionale del Notariato. I fabbricati in generale. Entrando più in profondità nei dati immobiliari si nota che nel 2020, anno caratterizzato dall’emergenza pandemica, si interrompe la crescita che si era manifestata negli anni precedenti. Il settore specifico dei fabbricati (uffici, abitazioni e pertinenze, immobili ad uso commerciale, ecc.) registra un calo del 7,8% delle compravendite (786.599 fabbricati nel 2020 rispetto agli 853.247 fabbricati scambiati nel 2019). Il primo semestre, come è noto, è stato caratterizzato anche dal lockdown e ciò si evince dal raffronto dei dati del II semestre 2020 quando sono stati scambiati 462.230 fabbricati, che corrisponde ad un aumento del + 42,50% rispetto al I semestre 2020, chiuso con lo scambio di 324.369 fabbricati. È interessante rapportare tale dato anche all’anno 2019, confrontando il primo semestre 2020 con lo stesso del 2019, il calo è stato del 12,7%, contrapposto al secondo semestre 2020 nel quale si è registrato un aumento del 6,5% rispetto allo stesso periodo del 2019

Immobili ad uso abitativo. Entrando ancora più nello specifico e analizzando la sola compravendita di Immobili abitativi si registra una variazione del +41,10% nel confronto tra le 212.123 transazioni del I semestre e le 299.308 del II semestre 2020. Gli Immobili abitativi oggetto di compravendite complessivamente nel 2020 sono stati 511.431, dato che ha fatto registrare una diminuzione del 7,2% rispetto al 2019, anno in cui ne sono stati compravenduti 551.122. L’andamento delle compravendite per regione. La regione nella quale sono stati scambiati più Immobili rimane la Lombardia, con il 19,3% degli Immobili scambiati sull’intero territorio nazionale, con un aumento nel II semestre del +42,6% rispetto al I semestre, seguita dal Veneto con il +9,5% e dal Piemonte con il 9,3%. La regione che nel II semestre 2020 ha fatto registrare il maggiore aumento, pari al +73,1% rispetto al I semestre, è l’Umbria, seguita dal Molise con un +68,5%. Il Veneto ha fatto registrare un +41,8% (contro il +8,3% fatto registrare tra il I e il II semestre 2019) e la Lombardia un +42,6% (contro circa un +1% fatto segnare tra il I e II semestre 2019). La regione che ha fatto segnare un aumento minore tra il I e II semestre 2020 è la Toscana con un +40,6%. La fascia d’età in cui viene effettuato un maggior acquisto di fabbricati si conferma quella tra 18-35 anni, con una percentuale nell’intero 2020 pari al 27,5% (dato in aumento rispetto al 26,8% registrato nel 2019). Le agevolazioni fiscali prima casa. L’agevolazione prima casa da privati e imprese, pur con una riduzione del mercato immobiliare, continua a rappresentare il 60% del totale degli acquisti fatti dagli italiani. Le analisi evidenziano che nel II semestre 2020 su 299.308 fabbricati abitativi, per 175.800 è stata richiesta l’agevolazione prima casa e nell’intero anno 2020, su complessivi 511.431 Immobili abitativi è stata chiesta l’agevolazione prima casa per 307.466

Le novità introdotte dal Decreto Semplificazioni: un breve riepilogo

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 28 maggio 2021 un nuovo decreto-legge cd “Semplificazioni”. Il nuovo testo del Decreto Semplificazioni ha confermato le modifiche all’art. 119 del D.L. n. 34/2020  relativamente al superbonus 110%.

 Ecco le principali novità introdotte.

  Barriere architettoniche. Rientrano, con il nuovo decreto, anche gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche realizzati da persone di età superiore a 65 anni.

Digitalizzazione e fibra ottica.  Il decreto legge semplifica il procedimento di autorizzazione per l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica e si agevola l’infrastrutturazione digitale degli immobili con reti in fibra ottica.

Fonti rinnovabili. Per accelerare il raggiungimento degli obiettivi nazionali di decarbonizzazione sono semplificate le procedure autorizzative che riguardano la produzione di energia da fonti rinnovabili, la installazione di infrastrutture energetiche, impianti di produzione e accumulo di energia elettrica e, inoltre, la bonifica dei siti contaminati e il repowering degli impianti esistenti.

Manutenzione straordinaria. Modificando quanto previsto dal comma 13-ter dell’articolo 119 del decreto Rilancio, tutti gli interventi che accedono al Superbonus, fatta esclusione per quelli che prevedono la demolizione e ricostruzione, sono considerati manutenzione straordinaria per la quel è sufficiente la presentazione di una CILA e non dovranno prevedere l’asseverazione di conformità edilizia-urbanistica.

La CILA relativa al Superbonus  per i lavori su edifici costruiti dopo il 1° settembre 1967 dovrà contenere gli estremi del titolo abitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile o del provvedimento di legittimazione.

È anche previsto che la decadenza del beneficio fiscale prevista dall’ art. 49 del Testo Unico Edilizia opera esclusivamente nei seguenti casi:mancata presentazione della CILA;interventi realizzati in difformità dalla CILA;assenza dell’attestazione dei dati;non corrispondenza al vero delle attestazioni.

Stato dei luoghi. iene abbandonato il principio di “stato legittimo degli immobili”; tuttavia, le eventuali irregolarità potranno essere segnalate nelle sedi opportune, ma non sarà il tecnico a doverle accertare preventivamente (in sostanza, non sarà più necessaria la doppia conformità, ossia l’attestazione di stato legittimo).

Limiti di spesa. Aggiunto il: “10-bis”. Secondo tale disposizione, il limite di spesa ammesso alle detrazioni, previsto per le singole unità immobiliari, è moltiplicato per il rapporto tra la superficie complessiva dell’immobile oggetto degli interventi di efficientamento energetico, di miglioramento o di adeguamento antisismico, e la superficie media di una unità abitativa immobiliare, che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) svolgano attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, e i cui membri del Consiglio di Amministrazione non percepiscano alcun compenso o indennità di carica; b) siano in possesso di immobili rientranti nelle categorie catastali B/1, B/2 e D/4, a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d’uso gratuito. Il titolo di comodato d’uso gratuito è idoneo all’accesso alle detrazioni di cui al presente articolo, a condizione che il contratto sia regolarmente registrato in data certa anteriore all’entrata in vigore della presente disposizione. Dunque, in questo modo, i limiti di spesa per le unità immobiliari sono rapportati alla loro superficie.

Esclusioni. Da quanto appreso dall’ultima versione del decreto, rispetto alle bozze precedenti, è stata eliminata l’estensione del Superbonus per Alberghi e pensioni con fine di lucro; eliminate anche la modifica della definizione di impianto termico; infine, è stata cancellata la questione/semplificazione su accessi autonomi e impianti termici.

 

Via privata ma a uso pubblico, il bonus facciate è salvo

Tra le condizioni per usufruire del beneficio è previsto che il “rinnovamento” sia visibile dalla collettività, quindi non è precluso in caso di strade accessibili a tutti i cittadini

Detrazione del 90% per gli interventi effettuati su tutto il perimetro dell’involucro esterno verticale della palazzina con affaccio in parte su strada comunale e in parte su una via interna al residence ma a uso pubblico. L’Agenzia delle entrate con la risposta n. 337 del 12 maggio 2021 chiarisce un altro dubbio in materia di bonus facciate, nell’eventualità di interventi su un immobile che risulta parzialmente visibile da una strada privata, non classificata come pubblica. In questo caso il quesito è di un condominio, che ha approvato la realizzazione di lavori di manutenzione straordinaria per il recupero dell’involucro esterno di un immobile situato all’interno di un residence costituito da palazzine con appartamenti e da ville isolate e a schiera.
Il lato nord del fabbricato oggetto dei lavori è visibile da una strada comunale, mentre il lato sud affaccia su una via interna al residence, ma non si tratta di una strada chiusa in quanto accessibile a persone e veicoli interni ed esterni al complesso, per cui ne deve essere riconosciuto un “uso pubblico” (sentenza n. 2999/2020, Consiglio di Stato).
La questione da sbrogliare è se i condomini possano usufruire dello sconto Irpef del 90% in relazione alle spese sostenute per rifare il look di tutto il perimetro esterno della palazzina o se l’agevolazione è preclusa per il lato visibile dalla strada interna.

L’Agenzia delle entrate ripercorre la disciplina della detrazione prevista dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi da 219 e 223, della legge n. 160/2019). L’agevolazione può essere applicata soltanto in caso di spese finalizzate al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici situati nelle zone A o B delle città, secondo le indicazioni del decreto n. 1444/1968 del ministro dei Lavori pubblici. La misura, ricordiamo, è stata introdotta per rinnovare e restituire decoro alle città di particolare pregio storico, artistico e ambientale e favorire, in generale, il risanamento degli edifici situati nei centri urbani con determinate caratteristiche.

L’Amministrazione ha fornito chiarimenti sulla sua applicazione con la circolare n. 2/2020 (vedi articolo “Bonus facciate: è arrivata l’ora della circolare con i chiarimenti”). Il documento di prassi ha specificato, tra l’altro, che la detrazione è riconosciuta esclusivamente per gli interventi effettuati sulle strutture opache verticali della facciata, sui balconi, ornamenti e fregi, dell’involucro “esterno visibile dell’edificio, vale a dire sia sulla parte anteriore, frontale e principale dell’edificio, sia sugli altri lati dello stabile (intero perimetro esterno)”.
Sono agevolabili, in pratica, tutti i lavori di consolidamento e rinnovamento del fabbricato, compresa la semplice pulitura e tinteggiatura delle facciate, raggiungibili dall’occhio dei passanti. Sono, quindi, detraibili al 90% le spese sostenute, ad esempio, per il rifacimento dei balconi, ornamenti e fregi, il rinnovo di grondaie, parapetti, e cornicioni e la sistemazione di tutte le parti impiantistiche che insistono sulla parte opaca della facciata.
Niente sconto, invece, per gli “abbellimenti” delle facciate interne dei palazzi, escluse quelle visibili da strade a “uso pubblico”. La detrazione non può essere applicata, di conseguenza, per gli interventi sulle superfici confinanti con chiostrine, cavedi, cortili e spazi interni a meno che non diano su strada o suolo a “uso pubblico”.
Il via libera al bonus per quest’ultima eventualità è confermata anche dal parere del Mibact, secondo il quale una strada vicinale è assimilabile a una strada comunale se a uso pubblico e, quindi, destinata al passaggio collettivo. Il ministero afferma, sull’argomento, che “costituendo l’edificio un organismo edilizio prospiciente strade destinate ad uso pubblico, i lavori finalizzati al recupero dell’involucro esterno possono essere ammessi alle agevolazioni previste dalla citata normativa ed essere ammessi al bonus facciate”.

L’Agenzia ritiene, quindi, sulla stessa scia, che gli interventi descritti nell’interpello, se la facciata è effettivamente visibile dalla strada o da suolo a uso pubblico, e se sono rispettate tutte le altre condizioni richieste dalla normativa, possono usufruire della detrazione del 90 per cento.

Con l’occasione l’Amministrazione ricorda le alternative offerte dall’articolo 121 del decreto “Rilancio” all’utilizzo diretto della detrazione in sede di dichiarazione dei redditi da parte di chi ha sostenuto la spesa. Il beneficiario può trasformare il beneficio in uno sconto in fattura anticipato dal fornitore e da questo recuperato tramite credito d’imposta o cessione ad altri inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.
Altra chance è la cessione di un credito d’imposta, equivalente alla detrazione, a terzi, banche e intermediari finanziari compresi, che, a loro volta, potranno cedere a terzi.
Le modalità applicative per esercitare le opzioni di cui sopra sono state definite con i provvedimenti dell’8 agosto 2020 e del 22 febbraio 2021 (vedi articoli “Superbonus 110%: via libera al modello per la cessione o lo sconto in fattura” e “Superbonus: per le spese 2020 più tempo per scegliere lo sconto”).

Fonte: FiscoOggi

Energia: non cresce nel 2020 la qualità energetica degli immobili

Dati stabili perl’efficientamento energetico degli immobili in Italia. Dall’analisi sul monitoraggio delle dinamiche del mercato immobiliare in funzione delle caratteristiche energetiche degli edifici – frutto della collaborazione tra l’ENEA, l’Istituto per la Competitività (I-Com) e la Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionisti (FIAIP) – condotta su un campione di oltre 550 agenti immobiliari professionali FIAIP e presentata oggi a Roma, emerge la tenuta del quadro generale del mercato. Un risultato forse determinato negli ultimi mesi del 2020 dall’introduzione del nuovo regime di incentivi fiscali per gli interventi di efficienza energetica e antisismici degli edifici e dal Superbonus del 110%.

L’indagine evidenzia come la percentuale di immobili appartenenti alla classe energetica G risulti ancora la maggiore nel corso del 2020, nel quale non si è ancora vista un’accelerazione della qualità energetica degli immobili in linea con le prospettive indicate dall’Unione europea. L’anno scorso si é registrato un calo delle compravendite accompagnato dallo stop parziale delle ristrutturazioni. L’arresto è arrivato dopo l’accelerazione registrata nel corso degli anni precedenti per quelle abitazioni e per gli edifici commerciali compravenduti, che invece avrebbero potuto già essere oggetto di retrofit energetico nel 2020.

Per il comparto del nuovo e del ristrutturato si assiste a un sostanziale consolidamento dei dati rispetto all’anno 2019. Raggiunge quasi un valore di saturazione la percentuale degli immobili compravenduti nuovi nelle classi energetiche A1-4 e B, che è pari all’80%. La dimostrazione che gli obblighi di legge sugli standard minimi hanno inciso notevolmente sui trend di mercato per questa tipologia di immobili. Leggermente in calo, invece, il dato relativo agli immobili di migliore qualità energetica sottoposti a ristrutturazione e immessi sul mercato, che passa dal 36% del 2019 al 30% del 2020.

Questa flessione, sebbene non preoccupante, interrompe la crescita registrata nei due anni precedenti nel settore degli edifici ristrutturati, cruciale per il tema dell’efficientamento energetico dello stock immobiliare italiano. La ristrutturazione rappresenta un’a importante finestra di opportunità per incidere anche sulla qualità energetica degli edifici. Sarà quindi interessante monitorare questo dato negli anni successivi, anche alla luce del possibile impatto delle misure del Superbonus 110%. 

Molto interessanti inoltre i dati relativi alla percentuale di edifici e alle classi energetiche maggiormente ricercate.  Quattro classi in termini di performance energetiche (G-D) coprono una percentuale che va  dall’85% dei monolocali al 74% delle villette a schiera. Spiccano le performance delle villette a schiera (16%) e delle ville unifamiliari (11%) in termini di edifici compravenduti nelle prime classi energetiche (A1-A4). Inparticolare, migliora il dato relativo alle villette a schiera, che cresce di 6 punti percentuali rispetto al 2019.

 

Si consolida il dato degli edifici di pregio compravenduti e che ricadono nelle classi energetiche A1-4, mentre cresce in maniera significativa il dato di quelli semicentrali, passando dal 5% del 2019 all’11% del 2020.

Ma quali sono le possibili barriere a una crescente presenza sul mercato immobiliare di immobili di qualitàenergetica sempre migliore? A parte le questioni strutturali di questo mercato, che sono evidenziate nel rapporto, è interessante notare come il fattore finanziario sia, nella percezione degli agenti immobiliari professionali, il principale ostacolo in termini sia assoluti (disponibilità di spesa, scarsa propensione a pagare un costo superiore) che relativi, in rapporto cioè al bilanciamento tra costi e benefici.

Tra gli agenti immobiliari prevale una valutazione prudentema positiva rispetto all’impatto effettivo del Superbonus 110% sul mercato immobiliare nel 2021. Il 36% del campione sostiene infatti che il Superbonus 110% ha già avuto un impatto sul mercato, nonostante la recente adozione, e il restante 12% reputa tale impatto di entità significativa.

“La tenuta del mercato immobiliare anche rispetto alla dimensione dell’efficienza energetica è un dato molto positivo se si considera che il 2020 è stato un anno particolare, segnato da consistenti arretramenti di molti indicatori economici e di benessere sociale causati alla pandemia. Se però guardiamo agli obiettivi per l’efficienza energetica al 2030 – ha sottolineato il Vicepresidente I-Com Franco D’Amore e, ancor di più, alla prospettiva della decarbonizzazione del parco immobiliare al 2050, il dato è largamente insoddisfacente”. La speranza comunque è che il 2021 possa rappresentare l’anno di svolta, come ha sottolineato lo stesso D’Amore: “Qualificazione della domanda immobiliare, effetti delle misure del Superbonus 110% ed entrata a pieno regime delle norme sugli edifici ad emissione quasi zero potrebbero essere l’innesco di un salto radicale nelle dinamiche del mercato immobiliare rispetto al tema dell’efficienza energetica”.

“Il rapporto conferma le aspettative degli operatori sul Superbonus per la ripresa del mercato immobiliare e, più in generale, del settore delle costruzioni dove la pandemia ha bloccato i segnali di ripresa da una crisi iniziata nel 2008. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza va esattamente in questa direzione con circa 15 miliardi di euro previsti per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici, ha evidenziato Alessandro Federici, Responsabile del Laboratorio Monitoraggio Politiche Energetiche per l’efficienza energetica di ENEA. “Il fatto di poter disporre di un meccanismo di incentivazione già noto e largamente utilizzato come l’Ecobonus, e ora il Superbonus, rappresenta sicuramente un vantaggio rispetto agli altri Stati Membri che non hanno a disposizione misure simili. Una best practice essenziale per contrastare l’impatto immediato della pandemia, emerso in questi ultimi mesi a livello europeo, in termini di lavori di riqualificazione energetica rimandati ai prossimi anni e con minore budget dedicato, o peggio abbandonati del tutto”, ha concluso Federici.